Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 21

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N. 21 - 22 maggio 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 21

DOMENICA
22 Maggio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


CRITICA BIBLIOGRAFICA. Qunlelie osservazione intorno all’Ojiiiseolo «lei sijs. Giism’i’E Borio, intitolato Sitila otijHH’tanità ili una nuova Segnalava musicate. ’f i questo ingegnoso ragionatóri mento abbiamo giù tenuto breJve discorso nel precedente no>stro foglio, ed abùeiichè ci siano s-rjMw-o -corse dalla penna alcune misurate ma giuste parole di lode sul merito di esso, non possiam tuttavia tacere per amore di verità che i principii del sig. fiorio, come già accennammo, sono tutt allatto contrarii alla nostra maniera di pensare, e in complesso a quella di pressoché tutto l’odierno mondo artistico musicale. Era dapprima nostro pensiero di esaminare partitamente da capo a fondo tutto il ragionamento del sig. Borio; ma siccome egli mostra appoggiarsi, come dicemmo, a basi ben poco solide, cosi ne sarebbe stato forza di postillare di lunghe e tediose osservazioni pressoché ogni periodo dell’autore. Perciò abbiam cangiato di parere e non toccheremo invece se non se complessivamente de’ primordiali principii dell’autore, dietro i quali egli si erige a propugnatore della Riforma del sig. Gambale. Osserva l’autore, che il sig. Gambale avvertì, o almeno gli sembrò dover avvertire, che Li musica trasferitasi dalla chiesa all’espressione degli affetti, andò mano mano dilungandosi dalla severità del genere diatonico, passando indifferentemente da quello al cromatico, Jino a seiyirsi quasi esclusivamente di quest ultimo. Considerò quindi i dodici suoni cromatici racchiusi nell’ottava come i suoni elementari della nostra musica. Che il sig. Gambale, senza averne ancora in persona mai parlato chiaramente sullo spirito del suo sistema, dia a divedere d essere d’opinione irremovibile, che la nostra musica si aggiri su d’un sistema tutto affatto cromatico e tale da stabilire un’assoluta egual distanza ed indipendenza de’ dodici suoni cromatici, è cosa che non ci riesce menomamente nuova; basta dare un’occhiata alla sua Riforma, per vedere che vi è abbandonata al tutto ogni possibile figurazione enarmonica, tanto dietro il sistema antico che moderno, e che amalappena vi si rinvien tracciata la diatonica. Base sua fondamentale è dunque un sistema cromatico assoluto, il quale quanto possa convenire col nostro cromatico apparente, è quello che ora ci faremo ad osservare. Il sig. Borio asserisce adunque che la musica moderna si aggira quasi esclusivamente sul genere cromatico, ossia, come osserva in altro sito, sull attuai sistema temperato; aggiunge (niente meno) esser assolutamente falso, che affiggendo un diesis o un bemolle a una nota, si debba considerare il suono risultante come modificazione del suono prossimo: che anzi ciò non è: (sono sempre parole sue) mentre ciascun suono è stato dal sistema del temperamento reso indipendente da ogni altro. - I)a queste idee sul cromaticismo attuale e sul temperamento ricava il sig. Borio le più belle ragioni a difesa -della Riforma musicale. Àlfuopo di meglio spiegarci su questo punto, ci si permetterà di fissare due generi di cromaticismo. L’uno, come già accennammo, apparente, l’altro reale. Il genere cromatico apparente, e che è quello che, come vedremo, si adopera comunemente, scorgesi risultare.: L" dalla mistione assai usitata al presente de’ due modi maggiore o minore: 2." dall’introduzione di certi raddolcimenti, serventi all’oggetto di tórre la durezza del passaggio da un tuono all’altro, dal che deriva l’introduzione de’ suoni degradati od accresciuti, sì nelle parti armoniche come nelle melodiche. Da queste due cagioni semplicissime nasce il bisogno di que’ due semplicissimi segni di accrescimento o di diminuzione, i quali chiamansi diesis e bemolle, e che tanto rettamente indicano e all’occhio ed alla mente qualunque mossa o andamento armonico e melodico. L’introduzione di codesti segni od accidenti ( che non sono appunto che accidentali, come il loro nome lo indica ) fa sì che tal genere di musica sia stato chiamato, abbenchè impropriamente, cromatico, per distinguerlo dal puro diatonico: il quale per noi, a dir vero, e anche pei nostri antenati fu sempre poco men che imaginario, perchè la sola adottazione del tuono minore secondo alcuni allontanerebbe il diatonicismo dalla severità delle sue regole. Meno ancora può chiamarsi cromatico (intendiamoci sempre di quella specie di cromatico al quale vuole il sig. Borio che siasi appoggiata la Riforma del sig. Gambale) il nostro attuale sistema armonico, checché ne dica l’autore, il quale parla in codesto opuscolo di accordi cromatici. Se ci parlasse di qualche transizione così detta enarmonica, di qualche altra detta cromatica, allora saremmo sulla strada di poter intenderci. Ma l’accordo cromatico non si sa davvero concepire quale sia, nè nessuno di noi,nè il sig. Borio istesso saprebbe darci un trattato forse d’armonia cromatica. Le nostre regole armoniche vertono interamente sul sistema diatonico, vale adire non troviamo accordo che non si componga di suoni diatonici puri o modificati’, nè transizione che non sia chiamata da relazioni diatoniche; accordi e transizioni che appartengono, è bensì vero, a modi maggiori e minori, e vengono mischiati con rapida successione, ma che perù non sono che di pura sostanza diatonica, quando ne si conceda che i sette suoni della scala de’modi maggiore e minore si debbano pur chiamare diatonici. - Per ultima prova che il nostro sistema così detto cromatico, non è, salvo rarissime eccezioni, che tutto affatto diatonico, noi pregheremo il sig. Borio a levare gli accidenti a qualunque suono alterato di un pezzo (scritto correttamente) tanto negli accordi come nella melodia, e vedrà che ne resterà ancora tutta intera l’essenza melodica ed armonica; non constando tali accidenti, che, come abbiam già detto, di semplici accrescimenti o diminuzioni accidentali latte allo scopo di render meno duro l’intervallo di un tuono intero. Dal che si vuol inferire che un sistema musicale, che de’ suoni diminuiti ed accresciuti volesse farne degli assoluti ed indipendenti, noii collimerebbe in giustezza di suono con quelli, perchè l’acustica ne lo prova a sufficienza, e sarebbe anche pel solo oggetto di figurazione musicale appoggiato a base falsa. Eppure il signor Borio non esita menomamente ad osservare tali suoni accidentali essere tutt’altro che modificazioni del suono antecedente ed anzi non doversi qualificare che affatto indipendenti gli uni itagli altri! Ecco però che ripetendo queste ultime parole dell’autore veniamo alla precisa distinzione del sistema cromatico reale, quale lo intendiamo e quale deesi intendere in fatto. - Allorché i dodici suoni raccolti nell’ottava formeranno appunto, come dice il sig. Borio, una serie di suoni tutt’all’alto indipendenti gli uni dagli altri ed equidistanti, allora soltanto avremo il reale sistema cromatico. Ma come rarissime volte ciò ha luogo! e se mai si riscontra, egli è nella sola Melodia: nell Armonia, come già accennammo, non si saprebbe neppur imaginare R). (I) Per meglio essere compresi, portiamo qualche esempio della melodia realmente cromatica quale da noi si intende. Tale sarebbe il crescendo in do precedente la sirena del primo finale de’Capiènti, qualche brano del secondo studio di Chopi» dei dodici dedicati a Liszt, parte del primo c secondo rigo della quinta pagina di una melodia sacra di Schubert, ridotta da Liszt ed intitolata!«IS I ill?5l [p. 94 modifica]In quanto agli elogi che fa il sig. Borio alf odierno temperamento, ed alla soi guata eguaglianza di tal temperamento e j nelle voci e ne’cembali ed in qualunque stromento, ed ancora più all’impossibilità della sua- futura alterazione, lo preghiamo a dare un’occhiata all’articolo del signor Lichtenthal (Dizionario della musica, alla parola temperamento) dove leggiamo, che se il cembalo ha un temperamento, anche, i differenti stramenti da corda, da fiato con bachi, hanno essi pure il loro differente temperamento; il corno, la tromba, ed in certo modo anche il clarinetto, hanno il medesimo temperamento, o piuttosto nessuno. al pai i della voce umana. E facciamo attenzione a queste ultime parole, o /liuttosto nessuno al pari della voce umana, mentre il signor Borio dice nientemeno che Vintonazione dei cantanti che sono educati sul piano forte., si svolge, s’informa e si stabilisce sulla distribuzione equabile del temperamento. Questo temperamento della voce umana è affatto impossibile. A sola prova dell’impossibilità del temperamento nella voce umana vorrei che il sig. Borio, facesse il solo esperimento di trascinare la sua voce, a modo d’esempio, da un re bemolle a un c/o, e poi dal do diesis portarsi sul re bequadro, e ponesse attenzione a quella differenza sensibilissima che anche involontariamente si fa passare tra il re bemolle e il do diesis, che è pure, anche acusticamente parlando, d una intera comma o di una nona parte di un tuono. Considerando ancora di nuovo che tutto il ragionamento del sig. Borio si appoggia principalmente ed anzi interamente sulle due basi del da lui supposto sistema cromatico attuale e attuai temperamento; sulla poca esattezza delle quali opinioni ci pare d’aver discusso abbastanza; ne sembra di non essere obbligati a confutare tutte le altre ragioni che l’autore deduce da cotali falsi principii. In quanto alle obbiezioni che egli riporta intorno al merito della Riforma, e alle quali risponde, persuaso di avere raccolte in esse tutte quelle che si son fatte e si potranno fare in seguito, ci è forza dichiarargli che ben pòche e forse le meno valide egli ha citate, ed assicurare in pari tempo che altre non meno lievi se ne potranno promovere e si promoveranno all’occasione opportuna. Per ora osserveremo soltanto che il sistema Gambale non solo, come già ahhiam detto a principio, si fonda affatto sul genere cromatico, e tiene il diatonico per secondario, ma abbandona interamente l’idea e chiude il campo a qualunque futura innovazione dell’arte, la quale, checché ne asserisca il sig. Borio, non è poi tanto impossibile. Su questo ultimo punto faceva pure delle lettissime osservazioni anche il sig. Grassi ultimamente nel N. 59 della Fama., alle opinioni del quale sottoscriviamo pienamente. Scintillo Celesti (edizione Ricordi) c qualche altro rarissimo brano. Infatti ogni qualsiasi melodia, la quale sia costituita in modo che sia impossibile,col togliergli accidènti, di ridurla diatonica, c che perciò induca con sé il bisogno del temperamento vale a dire della perfetta divisione del tuono in due scmituoni eguali, sarà la sola clic possa dirsi reale melodia cromatica, c alla quale la Riforma Gambale sia giustamente applicabile. Confessiamo per ultimo al sig. Borio che tanto nel quartetto dello Stabat come in tutte le opere di Mcycrboer e di Merendante, ch’egli accenna a prova delle sue opinioni, nulla ci venne fatto di vedere clic abbisogni menomamente di tale temperamento, essendo in tali musiche sostanzialmente diatoniche sì ie melodie, che le armonie, c facendo esse parte soltanto di quel sistema cromatico che noi abbiamo appellato apparente. Del resto non s’intendano queste nostre osservazioni come una guerra che noi vogliamo movere al presente al sig. Gambale. Noi non ahhiam voluto che rispondere in parte al ragionamento del sig. Borio, e se per incidenza ci cadde dalla penna qualche opinione avversa alla Riforma, è d’uopo incolparne l’opuscolo suaccennato, del qualela nostra Gazzetta lui creduto di far cenno, come di lavoro, lo ripetiamo, ingegnoso e dotto: e che con tale sua apparenza avrebbe potuto forse trascinar qualcuno fuori della retta strada. Non chiuderemo il nostro articolo senza far osservare al sig. Borio che la fonte da dove ritrasse la sua storia di Guido è un po’ diversa dalla nostra. Asserisce egli che Guido, tenendo calcolo degli spazj e delle linee, le ridusse a cinque, cambiò i punti in note quadrate; e di queste moltiplicò le forme a segnare le suddivisioni del tempo. Quindi ebbe origine la musica figurata., ec. - Noi, veramente, abbiamo imparato questa storia altrimenti, E vero che Guido tenne calcolo per il primo non solo degli spazj ma anche delle linee, ed introdusse anche delle note quadrate o per meglio dire in forma di rombo, ma le differenti figure di note con i differenti valori non furono introdotte che alcun tempo dopo da Franco di Colonia. E neppure il nostro rigo di cinque righe fu, per quanto è a noi noto, tracciato da Guido, che anzi non fu che nel secolo decimoquinto che questo ebbe origine, vale a dire circa quattrocento anni più tardi. E siccome trattasi di cose di fatto, notiamo pure, anche la seguente. Il sig. Borio fa questa considerazione: «La scala diatonica del tuono minore «tiene nella segnatura di Guido o due «diesis ascendendo o un bemolle ascendi dendo e tre discendendo. Dunque an«cora in una delle scale naturali è lieti cessarla la mistione del diatonico e del «cromatico». Ecco che il sig. Borio fa diventar cromatica la scala (che però 1111 momento prima chiama diatonica) del tono minore. Continua il sig. Borio «E quindi «una alterazione fatta in progresso di tem«po al sistema di Guido, la quale non «poteva certamente esser da lui preveduta, «non dovendo egli far altro che racchiu«dere nella sua segnatura tutto il sistema «di musica ecclesiastica, ove ognuno sa «che i tuoni differiscono soltanto pel suono «da cui si comincia, e in cui si finisce la «solita serie diatonica». Dal che ne pare voler egli inferire che i tuoni della musica ecclesiastica ai tempi di Guido erano tutti maggiori. Eppure riteniamo d’essere ben certi del fatto nostro in asserendo che gli otto toni ecclesiastici introdotti sul tema de Modi greci, parte da Sant’Ambrogio nel secolo quarto, e parte da S. Gregorio nel secolo sesto e che sussistevano al tempo di Guido e sussistono tuttavia, sono quattro minori e quattro maggiori. Dichiariamo però una volta per sempre, che anche intorno a que’ periodi del signor Borio sui quali per brevità ahhiam serbato ora il silenzio, non intendiamo che tale silenzio ne si debba imputare a un tacito assentimento alle opinioni dell’autore; che anzi di tutte cotali opinioni. o pressoché tutte, ripetiamo di protestarci assolutamente contrarii. e pronti a sostenere qualunque polemica in proposito, laddove ne fossimo richiesti. Ma di ciò basti. Come abbiam già altrove accennato, noi non parleremo dettagliatamente del lavoro del sig. Gambalese non allorché egli avrà dato alla luce il suo Sistema Armonico. Egli è allora soltanto che si potrà entrare in coscienziose discussioni sudi un argoménto, che fino ad ora non si presenta che sotto un aspetto informe ed incompleto e senza palese tendenza a lodevole scopo. Alberto Mazzucato. SCHIZZI STORICO MUSICALI. I)a Gii no *l’Arezzo fino a Palestrita. ( Continuazione: vedi il A7. 18). Giovanni Tintorje esercitò un’influenza feconda e salutare sul progresso della scienza musicale. Nacque al principiar del decimoquai’to secolo a JSivelle nel Brahante. Dapprima lattosi ecclesiastico, e rivestito della dignità canonicale in patria, si decise ad abbandonarla per venire in Italia. Dopo aver vagalo or in. questa or in quella città, si fermò finalmente in Napoli ove divenne cappellano del re Ferdinando. La sua opera in forma di dizionario intitolata: Terminorum musicae, è il primo trattato musicale che abbia avuto l’onore della stampa. Tutti i termini ad oprati nella musica deimedio evo v erano spiegati, il che a quel trattato diede una voga tale da farne una delle opere più importanti dell’epoca. In un’altra edizione vi aggiunse il Definitorium che fu stampato a Napoli nel 1494 con molte abbrevazioni giusta il modo di scrivere" di que’ tempi. Queste due opere furono seguite da molte altre di cui qui noi trascriviamo i titoli. L° E.rpositio manus secundum magistrum Johannem Tinctorem in legibus licent iatum, et Regis Siciliae capellantim. Questo trattato dà la spiegazione di tutti i vocaboli musicali, dell’impiego delle chiavi. del loro posto rispettivo, delle voci, delle proprietà e tinte delle deduzioni e congiunzioni. 2°. Libei• de natura et proprietate. L’autore vi tratta in cinquantun capitoli della definizione dei toni, della loro formazione, di ciò che hanno di comune fra di loro, della loro mistione, delle loro regolarità ed irregolarità, delia perfezione ed imperfezione delle loro finali. 5 ° Tractatus de regulari valore ilotarum musicalium. 4°. Tractatus alteratiónum. 0.° Tractatus de arte contrapuncli. 6°. Proportionales musices. 7.° Definitionem musices. S.° Complexus effectuum musices. Quest’ultima opera è divisa in venlun capitoli e discorre de’ varii effetti musicali: tredici dei ventuno si sono perduti. Ciascuno vede da queste sole nomenclature quanti diritti abbia il Tintore alla riconoscenza dei cultori della musica. Egli ridestò il gusto innato degli Italiani per la musica, gusto che la presenza dei barbari ed i ravvolgimenti civili avevano assopito. Ebbe un gran numero di scolari, che seguirono le sue brillanti traccie, e rigenerarono la musica. Antonio Bove, Francesco della. Castella. Guarderò, Bononia, e soprattutti Franchino Gafforio 0 maestro di cappella della cattedrale di Mi- tv lano, che rese notevoli servigi allo studio dell’armonia. Un’opera di Gafforio puh,- gfepV blicata a Parigi fa epoca nella storia del- uff)’! [p. 95 modifica]j) l’arte. 11 suo titolo è: Pradica musicae, jj ed è divisa in quattro libri. Il primo tratta i dell’intonazione, il secondo del canto mi3 surato, il terzo del contrappunto, ed il quarto delle proporzioni musicali. In questi quattro libri si trovano tutti i principii generali della musica. Il secolo decimosesto apre un’era novella alle arti belle. Un gran movimento intellettuale si desta da ogni parte del mondo. In Ispagna il genio di Calderon, e di Lope de Vega apre all’arte drammatica una carriera feconda, e Cervantes produce quell ammirabile capolavoro di buon senso di filosofia, di spinto, di satira, che l’Europa tutta ammira. In Italia Petrarca, Tasso, Ariosto aprono novelli orizzonti alla poesia5 Rabelais, Montaigne trovano in Francia nuove idee originali, pittoresche. E" Inghilterra si scuote alla voce di Shakspeare. Rafaello la divina l’arte della pittura; Brunelleschi fa gigante il genio dell’architettura. In mezzo a tanto maraviglioso agitarsi delle poetiche facoltà dell’umana generazione, in tanto lussureggiare di immaginazione, 1 arte musicale doveva necessariamente subire aneli’ essa una gloriosa metamorfosi, e necessariamente doveva sorgere un uomo di genio, per compire l’opera incominciata da Guido, e mettere 1 ultima mano al già grandioso edilizio.. APalestrina toccò questa gloriosa missione. Aloe Palestrina nacque nel 1512!) a I’aleslrina (l’antica Prenestre) città dello Stalo Romano; ei prese il nome dalla patria. Ei fu allievo del famoso Gondimel, e torna a tutta gloria della Francia, 1 essere stato questa volta un francese che formò un gran maestro italiano. La grandezza del genio di Palestrina non tardò a collocarlo nella prima sfera de’ compositori Italiani. Nato nell’indigenza e nell’oscurità, cominciò coll" accattare elemosina, fu raccolto da qualche pietoso paesano, indi protetto da un signore romano. Spatriò, e fu sua fortuna,giacché abbattutosi nel suddetto Gondimel, questi da uomo lino ed accorto s’avvide dell’ingegno ancor latente del Palestrina, prese ad amarlo, lo educò coi primi rudimenti, e lo fornì a poco a poco di tutte le cognizioni ch’ei si aveva. Ben presto lo scolaro lasciò di lunga mano addietro di sé il maestro. La melodia, lo stile di Palestrina sono tanto perfetti, quanto sono numerose le sue opere, che si possono, per una ben rara eccezione nella storia musicale, chiamare altrettanti capolavori. Palestrina é a buon dritto considerato come il creatore della moderna musica ili chiesa. Egli inori nel 1594. Tutta Roma accorse al suo funerale. La Chiesa di S. Pietro raccolse le sue spoglie, e per prezzo de’ tanti servigi resi alla sua arte, ei fu sepolto ai piedi dell’altare di S. Simone, e S. Giuda. Laborioso quanto sapiente, e fecondo quanto ingegnoso, Palestrina compose gran numero di opere musicali. Numeriamo qui le principali tanto stampate che manoscritte. — La famosa Messa Marcello così chiamata dal nome del Pontefice per ordine del quale la compose, Papa Marcello II. — I dodici libri di messa a quattro, cinque, sei, sette ed otto voci. — Due libri di mottetti a quattro voci. — Due libri di madrigali a cinque voci. — Degli inni per tutto l’anno cristiano, a quattro, cinque e sei voci. — Due libri il’olfertorii a cinque voci. — Magnificat dell’ottavo tono. — un libro di litanie a quattro voci. 95 Le opere di Palestrina, dice Laborile, nei suoi Saggi sulla Musica, sono monumenti della scienza deposti negli archi vii delle principali cappelle d’Europa. Grande armonista e melodista in un punto egli apri all’arte una strada novella, e dopo più di due secoli, le sue composizioni sono ancora udite in tutte le Chiese della Penisola Italiana collo stesso entusiasmo che destarono al loro primo apparire <*’. T. (I) la apposito articolo biografico si daranno più compiate «I estese notizie intorno a I’alestrina.

  L’Eslcns.

TEORICHE MUSICALI. DEXI/ ISTROME TA/.I«li. Atrr. in. (*). La viola ili amore è uno stromento di suono debile e dolce, al tutto originale. Ella ha un non so che d’angelico, e tiene della viola e de’ suoni armoniosi del violino. Se non fosse il signor Urban che solo a Parigi la suona, questo strumento sarebbe ora atlatto sconosciuto. Mayerbeer se n è servito felicemente nel recitativo precedente la romanza di Raul nel primo alto degli Ugonotti. Ma quello è l’effetto di un solo-, qual sarebbe in un andante di carattere estatico l’effetto di molte viole d’amore cantanti a più parti, o accompagnando il canto de’ violoncelli colle loro armonie! Ecco pure uno stromento che si lascia perdere! E veramente una gran miseria! 11 baritono, lo strumento prediletto del principe d’Estherazy, e pel quale Ilayiln scrisse tanti pezzi bellissimi, non era, paragonalo al violoncello, se non quello che è la viola d’amore paragonata alla viola. Non vi è alcuno che Io suoni: egli è affatto perduto. I contrabbassi una volta eseguivano quasi la parte medesima che il violoncello; cassai di rado questi si facevano suonare mentre tacevano i contrabbassi. Oggi non pure accade ili spesso di assegnare la parte dei bassi ai soli violoncelli, ma più sovente ancora, come detto è di sopra, si scrivono per questi una o più parti distinte. Talvolta essi raddoppiano con tremalo una nota tenuta de’contrabbassi; talvolta fanno sentire la terza o la quinta della nota grave, ovvero eseguiscono un movimento mentre i contrabbassi percuotono solo le note buone dell’accordo, od anche da sé eseguiscono un accompagnamento cantante. Queste diverse maniere (dalla prima infuori) sogliono sempre portare debilimento alle note fondamentali dell’armonia. La parte del basso così abbandonata dai violoncelli, torna sorda, rozza, durissima, e mal si collega colle parti superiori per cagione della enorme distanza di estensione che è fra le parti acute e quella del contrabbasso. Questo difetto non si può in certo modo render meno spiacevole aiutando le parti dei contrabbassi con fagotti, officleidi, tromboni, o con clarini; questi timbri non troppo si confanno a quello del contrabbasso, e quasi sdegnano di accoppiarsi con lui. Oggidì è invalso l’abuso di scrivere pel più pigro di tutti gli strumenti passi di tanta rapidità che a fatica potrebbono eseguirsi dai violoncelli. Grande inconveniente ne risulta: i contrabbassi per loro natura inetti ad affrontare queste difficoltà, ove vengali loro incontrate, le schifano, ed aliti Vediinum. 5, S, tO c IO di questa Gazzetta Musicale. tro non fanno che semplificare il passo. Ma la semplificazione dell’uno non essendo quella degli altri, poiché tutti gli esecutori non sono idonei d’un modo a rilevare l’importanza armonica delle diverse note onde il passo è composto, ne segue disordine e orribile confusione. Questo caos ondeggiante pieno di strani suoni e di fluttuante l’avviluppaménto di note, s’accresce per cagione degli altri contrabbassi più zelanti, o più nel loro valor confidenti, che fanno pur di tutto, ma inutilmente, per eseguire tutto ciò che veggono scritto. I compositori dovrebbono guardarsi dal non richiedere dai contrabbassi che cose loro possibili, e la cui esecuzione possa impromettersi perfetta. Al presente è riprovato e sbandito il vieto sistema dei contrabassi semplificatori, sistema generalmente adottato nella vecchia scuola ili strumentale esecuzione. Se il compositore non ha scritto che cose confacenti alla natura dell’islronienlo, l’esecutore deve farle sentire come esse sono, senz’altro aggiugnere o levare. Quando poi il male venga dal compositore, desso, e gli uditori ne debbono sopportare le conseguenze; l’esecutore in tal caso non è tenuto altrimenti a risponderne. Ora v’ha uno scisma fra i contrabbassisti sul modo di accordare e di armare il loro strumento. Gli uni continuano a tenere il contrabbasso a tre corde accordato in quinte, sol, re, la (ili grave in acuto); gli altri s’adattano all’uso invalso, si dice, in quasi tutta la Germania, di quattro corde accordate in quarte, mi, la, re, sol. Quest’ultima disposizione ne pare a preferirsi, prima per la facilità d’esecuzione, non richiedendo l’accordatura in quarte le smanie alare tanto frequenti; poscia per l’utilità inestimabile dei tre gravi suoni mi, fa e fa diesis che mancano ne’contrabbassi a tre corde, il cui difetto ad ogni poco disturba, e sconvolge l’ordine de’hassi ben messi, obbligandoli ad una spiacevole e inefficace trasposizione in acuto. Quando io mi sono levato declamando contro i passi complicati del contrabbasso, non ho avuto altrimenti in animo di proscrivere certi gruppi veloci di note, però di poca estensione: anzi cinque o sei note diatoniche figurate per esempio in fusee, poste innanzi o dopo la percussione del vero basso non sono di ardua esecuzione, e l’effetto ne può tornare felice. Si ponga mente alla furiosa scossa che danno all orchestra i contrabbassi che pigliano il fa acuto preceduto da tre note piccoline do, re, mi, nella scena infernale dell’Orfeo, sotto i versi: «E lo spaventino pii urli di Cerbero». Questo rauco scombuiamento, una delle più elevate inspirazioni di Gluck, tanto e qui più terribile perché 1 autore lo ha affidato al terzo rovescio dell’accordo di settima diminuita (fa., sol diesis, si. re) e perché per dare al suo pensiero tutto il rilievo e tutta la possibile veemenza, ha raddoppiati all’ottava i contrabbassi non solo coi violoncelli, ma colle viole e colla massa de’ violini tutti. Un altro esempio non meno luminoso dell’effetto che danno i gruppi di queste rapide note nei contrabbassi, si trova nell’uragano della sinfonia pastorale di Beethoven. Niente può.rendere meglio idea del cedere e rinforzarsi furiosamente del vento, che mena dirotta piova, e romba soffiando con impeto grandissimo. Talvolta, ma assai di rado, torna molto (ÌÈfffi K SÉ [p. 96 modifica]drammatico e bello assegnare a’ violon- | celli il vero basso, od almeno le note che | costituiscono l’accordo percuotendo il tempo forte della battuta, e disegnarvi sopra! una parte di contrabbassi scoperta e intramezzata di pause che dian luogo al far- j monia di posarsi sui violoncelli. Beethoven nella sua scena maravigliosa del Fidelio, quando Eleonora e il carceriere scavano la tomba di Floristano, ha mostrato tutto il patetico, e la cupa mestizia di questa maniera d’istromentazione. A line di esprimere un lugubre silenzio, in una moderna cantata un autore ha spartiti i contrabbassi in quattro sezioni, ed ha fatto loro tenere lunghi accordi pianissimo, sotto un decrescendo di tutto il resto dell’orchestra. Il pizzicato de’contrabbassi, forte o dolce che sia, porta un’eccellente sonorità, si veramente che non s’impieghi troppo in acuto^ ma esso cangia allatto di carattere seguendo le armonie che si trovano collocate sotto. Cosi il famoso la pizzicato dell’ou.verture del Freyschiitz, è pieno di minacciosi accenti infernali solo in ragione dell’accordo di settima diminuita (fa diesis, la. do, mi bemolle) del quale egli determina, nel tempo debole, il primo rovescio. Fate che questo la divenga tonica maggiore o dominante, percosso a mezzo forte, come nel caso in discorso, e niente vi troverete di strano. La sordina, e i suoni armonici sul contrabbasso ne paiono di poca utilità: niuno ne ha tratto buon partito fin ora. Un artista piemontese, il signor Langlois che si fece sentire a Parigi, sono già quindici anni passati, traeva coll’arco suoni acuti, nuovi, e di gran forza, e ciò comprimendo col pollice e l’indice della mano sinistra la corda alta del contrabbasso, invece, di premerla sulla tastiera, scorrendo cosi sino presso il ponticello. Se si volesse fare che l’orchestra esprimesse un alto grido femminile, nessuno strumento sarebbe da ciò se non il contrabbasso cosi adoperato. Sarebbe bene che i nostri artisti si ingegnassero di esercitarsi nel meccanismo del signor Langlois, lo che non sarebbe cosa molto difficile. E. Berlioz. ( Sarà continuato ). MUSICA SACRA. SCOTA MESSA Del maestro placido mandatoci. Eseguita in Milano la mattina del 19 corrente. La gente che si affolla nelle nostre chiese ogni volta clic si deve eseguir qualche nuovo lavoro musicale di distinto compositore prova che fra noi il gusto per la musica religiosa non è per anco spento e che a rianimarlo non abbisognerebbe altro che abili maestri avessero più spesso ad eccitar il generale interesse colla composizione di accurate partiture quali convengonsi alla sublime maestà del tempio. La messa a due Tenori c Basso con cori del maestro Mandanici, eseguila nella nostra chiesa di S. Pietro Celestino il giorno 19 contiene molli pezzi di bella fattura che produssero non volgare sensazione in tutti gli astanti e vennero specialmente ammirati da non pochi intelligenti accorsi per assistere alia esecuzione del nuovo componimento di uno dei più profondi contrappuntisti d’Italia, il quale a preferenza possiede i requisiti artistici per aquistarsi un posto notevole fra i buoni compositori di musica da chiesa. II breve Ingresso della messa solenne di Mandanici, la prima di’ egli scrisse per la liturgia ambrosiana, è di uno stile corale. — Il primo tempo del Gloria in excelsis Beo si aggira sopra un brillante andamento, alto più che mai ad esprimere l’esultanza di una moltitudine di fedeli verso il Signore. L’adagio del duetto fra il tenore e il basso, ben eseguito dagli abili dilettanti signori Spagliardi e Gorè, si merita lodi tanto per le armonie come per i concetti melodici; altrettanto a nostro credere, non potrebbe dirsi del successivo allegretto alle - 96 parole Gratias agimus Ubi. Quindi un espressivo solo di tenore conduce al Qui tollis, magnificò largo concertalo e condotto con tale maestria cd imponenza che basterebbe da sè solo per qualificare l’allievo di Raimondi, siccome un maestro che in quanto a scienza c pratica disposizione cd unione delle voci ha ben pochi rivali Ma in questo stesso Gloria avvi eziandio una fuga reale in sol a tempo ordinario In quale, se alla massa degli uditori non avrà sembrato per effetto vincere il Qui tollis, per energico e chiaro risultato delle più astruse complicazioni contrappuntistiche certamente non avrà potuto a meno di persuadere ognuno che con maggior arie non si sarebbe potuto disporre il soggetto e trovarvi le risposte c le entrale relative a ciascuna parte del difficile componimento musicale, in cui lo studio può assai più del genio. Il Gloria nel suo totale cd anche in qualche squarcio, come nel duetto già citato, in lunghezza sorpassa alquanto la dimensione alla quale siamo abituati nelle nostre ristrette musiche sacre, prive delle voci bianche ed il cui accompagnamento riesce monotono, essendo limitato all’organo tutto al più con qualche violoncello e basso. Principia il Credo con un tutti a frasi larghe con molto discernimento tolte dal canto ferino ambrosiano, al quale succede una cantilena di tenore per preparare l’Incarnatila, commovente pezzo concertato pieno di elevazione e per merito non inferiore al sullodato Qui tollis. Osserveremo di passaggio al Cujvs regni non erit finis la sospensione del periodo musicale sopra la sesta minore del tuono coll’accordo di sesta eccedente, e poi la ripresa del canto ambrosiano, da cui il valente contrappuntista ne trasse un artifizioso ricercari, il (piale compie sì bene il Credo. Del Mottetto, sopra parole italiane, dall’autore del Buontempone, del Segreto, del Rapimento, ad esempio di quasi tutti i moderni maestri di cappella, concepito a guisa teatrale, non diremo altro se non che ci parve disdicesse alla severità della maggior parte della messa, sebbene anche pel modo con cui dal bravo tenore Garzoni fu interpretato potesse piacere a non troppo esigenti uditori, che forse avranno trovato di che dilettarsi portino co’motivetti della Fausta c della Iìorgia inavvedutamente suonati dall’organista, il quale per altro nelfaccompagnarc la ben elaborata opera sacra di Mandanici mostrò non ordinario zelo. /. C. RIVISTA BIBLIOGRAFICA. Mugica facile per Pianoforte* In questa rivista trattasi solo di alcuni piccoli pezzi di musica leggiera e facile in tutta 1 estensione del significalo, ne quali gli autori rinunciarono ad ogni lusinga di gloria per riuscire di aggradimento e sollazzo alla massa di quelli che sono appena incamminati nel labirinto esecutivo del pianoforte. Le composizioncelle delle quali qui sotto faremo breve cenno si raccomandano per la loro semplicità c per la speciale cura che si ebbe di addattarc al pianoforte alcuni lusinghevoli motivi di opere teatrali o di arie nazionali in modo che gli allievi potessero agevolmente interpretarli, ritraine diletto c così vieppiù infervorarsi nel proseguire nello studio dell’istromento dalla moda preferito. Fra i pianisti ch’ebbero a pubblicare opere appartenenti al genere facile ed ameno si distinsero Bei tini, Huntcn, Hcrz, Czerny; Schunkc, Corticelli e vaij altri il cui nome ora non ci torna alla memoria, i quali si acquistarono un gran numero di partigiani nella illimitata coorte de’giovanetti che agognano divenire dilettanti o professori di pianoforte, 1° Album pour le piano par Ddhler. Op. 40 chcz Ricordi. In questa modesta raccolta, in cui si misero a contribuzione le più elette melodie di Rossini, Mcyerbeer, Bellini, Aubcr, Donizetti, ecc., ad evidenza si scorge che lo straordinario suonatore ha dovuto durar fatica neH’assoggettarsi a scrivere pezzi si limitati e semplici, giacché sonvi qua e là alcuni passi di un’esecuzione non corrispondente al complesso del facile Album, negli otto numeri del quale nulla trovasi che possa meritarsi particolare rimarco: perciò basti il dire che fra essi da taluno si vorrebbe dar la preferenza per l’omogenea scorrevolezza al Caprice brillant sur le Iianz des Facches et un False Suisse, non che alla Bagatelle sur un aìr favori de A’ice e per effetto piuttosto brillante alla Feti te Fantasie sur deux motifs de la Norma. A non dubitarne, l’esimio Dohler non attacca alcuna importanza a questo suo Album, il quale se non può figurare fra le più lodevoli sue opere (nel cui novero va posta la magnifica Fantasia sul Guido e Ginevra, recentemente dall’editore Lucca pubblicata), è però tale da non scomparire al confronto di qualunque altra produzione del1 istcssa categoria. 2.° Bue divertimenti sul Riccardo cuor di Lione, e due fantasie sopra temi del Freyschutz. Presso Ricordi. Questi pezzi che costituiscono le opere 6t c 55 di WoIfT hanno il vantaggio di farci conoscere alcuni motivi di spartiti che ponilo chiamai si affatto nuovi pel pubblico italiano. - 1 Bivertimentì sono di un’esecuzione assai facile c ponuo servire di passatempo a’ giovani studiosi che hanno superato i conosciutissimi 25 studii op. dOO di Bertini. Le due Fantasie sul capolavoro di Weber nelle nostre società avranno migliore incontro per una certa qual eleganza che le rende più di effetto de’ divertimenti or citati. La prima è basata sopra una riduzione di alcune cantilene del duetto del secondo alto, dell’andante di Tony e del finale del terzo atto. Il carattere piuttosto severo de’ motivi della seconda fantasia rende indispensabile che la si eseguisca con non superficiale penetrazione del sentimento richiesto dall’autore. 3.° Belices des Operas de Bonizetti. ehez Ricordi. W. Plachy nella sua miscellanea di dodici pezzetti sopra i più favoriti concetti delle opere del sommo maestro lombardo, se non c’inganniamo}, si propose di far per i principianti, quanto già da qualche tempo intraprese l’infaticabile e troppo arrendevole Czerny per uniformarsi alle viziate esigenze de’ pianisti di sGco’nda forza. Da ciascuna delle più applaudite partiture di Donizetti scelse tre o quattro graziosi od espressivi periodi e spogliateli da ogni accompagnamento od andamento di qualche intreccio, nudamente li trascrisse per pianoforte e senza alcun scrupolo li intitolò Ficcole fantasie facili a cui volle anche aggiungere l’altro epiteto di brillanti che a loro non conviene nè punto né poco, come pure il qualificato (li fantasia, a’ giorni nostri sì spesso erroneamente adoperato per ogni sorta di pot-pourri o pasticci strumentali. In ogni modo le Belizie delle Opere di Bonizetti sono sì brevi, e le cantilene di esse sì chiare clic ponuo riuscire di piacere tanto all’esecutore, quanto a chi le ascolta. 4.° Les fleurs d’Italie pour Burgmuller: cliez Canti a Milan. E ancora Donizetti che vien posto a saccheggio dai riduttori. Burgmiiller dal Torquato, dal Gianni di Calai», dall’O/rco e Pasquale, dal Furioso e dall’ImeIda, colla fortunata facilità che in Francia gli procacciò molti fautori, trasse varie pagine di musica per pianoforte in cui gli apprendenti troveranno ognora una corretta’digitazione non iscompagnata da spontaneità. Ciò può dirsi anche del Souvenir de Bellini dell’istesso Burgmuller che fa seguito al Fiori d’Italia. 5.u Jardin musicale, douxe melodies varìeés par L. Zenoni: chez Canti. Nella raccolta del Zenoni trovansi le più care melodie delle opere fra noi in voga seguite da variazioneclline calcolate per le mani che agevolmente non ponno abbracciare la ottava ed in cui non di rado sono diligentemente numcrizzate le dita da adoperarsi. Chi ad ossa ricorrerà non avrà certo a pentirsene, così ei diceva un maestro appassionato per i pezzi che solleticano le orecchie. 6.° Les Belassemens de l’Elude. Choix de 25 morceuux pour le piano par Ilunten Op. i-2’2. Mendrisio chez Pozzi. Come un abile pianista possa mostrar talento anche nelle più piccole composizioni, evidentemente lo si prova da Hunlen, l’autore che può dirsi una vera àncora di salute per la folla de’ poveri professori, i quali ad ogni costo per appagare i loro inesperti allievi sono costretti quotidianamente a provvedere pezzi piacevoli, brillanti, di effetto sicuro, e non pertanto di esecuzione facile. J erminiamo questi cenni pregando i cortesi nostri lettori a non farci 1111 carico se li abbiamo trattenuti colI esame di opere di ben poca importanza cd in cui l’immaginazione fu lasciata in non cale. Coloro che pensano a ricreare chi muove i primi passi in un arte qualunque, non vanno sempre trascurati. /. C. NOTIZIE VARIE. Lo.vdh v. — Scrivono da questa capitale: «Gli artisti e gli amatori di musica di questa città hanno testé avuto la soddisfazione di ammirare il più bel talento sul clarinetto che qui si abbia mai sentito. Il famoso Ernesto Cavallini ha ottenuto un successo d’insolito entusiasmo. La (li lui esecuzione è ciò che si può concepire di più perfetto e di più sorprendente in quanto a meccanismo. Egli possiede una agilità di cui è impossibile formarsi una giusta idea, e supera le più grandi difficoltà con una sicurezza c velocità veramente incantevoli. La fantasia sull Elixir d’amore lo fecero abbastanza apprezzare anche come compositore. A render più variato il concerto di Cavallini contribuirono l’espertissima Persiani e Giorgio Ronconi, il (piale di giorno in giorno si rende sempre più accetto a questo pubblico, che già Io applaudì nella Lucia, nella Beatrice, ucYElixir e nel Torquato». V iKNNA. — Nella Gazzetta Musicale del 8 corrente leggesi quanto segue: - Dohler, il celebre pianista a Vienna ha già dato sette concerti, sei a suo benefizio ed uno per i poveri. Il successo é. stato immenso. Nel11 ultima sua accademia, clFebbe luogo nella sterminata Saia dei Ridotto, la quale contiene più di sei mila persone (!!), aveva attirato tanta gente che molti non hanno potuto trovarvi posto. E probabile ch’egli darà molti aialtri concerti. Parlasi assai di 4S nuovi Studj pel pianoforte da Dohler ora composti, e che vuoisi siano l’opera più notevole di questo brillante compositore». — Nel terzo concerto dato la notte del 4 al 5 corrente dal violinista Antonio Bazzini la Sala della Società Musicale era discretamente piena, e vi furono moltissimi applausi e 11011 poche chiamate. Ecco coinè in proposito si esprime il LFanderer: • 11 concertista anche questa volta suonò da degno rappresentante della Scuola di Paganini cd eccitò entusiasmo colla sua grande agilità sul violino, istromento più d’ogni altro atto a risvegliare il sentimento. I pezzi eseguiti furono: Souvenir di Beatrice di Tenda; l’Allegro del 17.° concerto di Kreutzer; Quartetto dei Puritani trascritto a violino solo, pezzo che dopo Ole-Bull mai non si udì suonare con tanta bravura: quindi il piccante Scherzo variato suH’//m7o al ballo di Weber; finalmente le Fariazioni brillanti sulla Sonnambula, eli’erano già annunziate nel programma dietro richiesta di molti». Ne’ pezzi vocali emerse la Melanconia, nuova romanza composta dal concertista e cantata dal Castellari con un’anima che rapirono il pubblico in una vera estasi, di maniera che in mezzo a’ più tumultuosi applausi dovette esser ripetuta». Gami. — Ermcl pianista verso la (ine del secolo scorso assai festeggiato, quivi morì nell’età di più di ottanta anni. E il padre di Luigi Ermel, autoredi alcune opere drammatiche e di uno Stabat eseguito recentemente con successo. GIOYAUM BICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. ©all’I. Si. SfaMIimesat© JSasioi&ale IPri-vIIogiat© di Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GSOVAKA’S &5C©M©I. Contrada degli Omenoni N. Ì720.