Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 24

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N. 24 - 12 giugno 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 24

DOMENICA
12 Giugno 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


SCHIZZI BIOGRAFICI. UIOVAAXI PAISIELLO. SjigPip-SWPaisiello può essere vantalo a §0 Ygbuon dritto quale una delle più glorie della scuola &^^*ff?rt^japoletana,di quella scuola che diede al mondo musicale i più squisiti modelli di stile e di composizione melodrammatica. Dalla metà del secolo XV1L fino al IG80 la musica teatrale era rimasta pressoché stazionaria. Dopo gli arditi tentativi di Peri e del Caccini, dopo le belle e ingegnose innovazioni armoniche di Claudio Slònteverde, nessun progresso distinto erasi notato nell’Opera in musica, la quale offrivasi ancora sotto le imperfette e sconnesse forme di uno spettacolo non degno di assumere nel campo dell’arte quel primato che altissime intelligenze doveanle procacciare. Alessandro Scarlatti, napoletano, allievo del Carissimi, l’inventore del recitativo, recava a miglior perfezione le qualità di stile moderno onde son distinte le composizioni del suo maestro; fu egli veramente il primo che impresse alla musica drammatica il carattere di vigore passionato del quale era essa ancora quasi al tutto priva. Mercè il grande impulso da lui dato la scuola di Napoli si collocò a capo di tutte le altre, tanto che al principiare del secolo decimottavo ella poteva vantare i più celebri tra i compositori di Opere. Leonardo Leo, Francesco Durante e Porpora, illustri allievi dello Scarlatti, si alzarono ben presto a onori principali di questa scuola, dalla quale uscirono successivamente uomini dell’alta portata che furono Pertrolese, Caffaro, Jomelli, Piccini, Sacchini, Trajetta, Majo, e que’ due insigni che l’Italia considerò per lunga pezza quali sommi maestri del più puro hello musicale, vogliam dire Cimarosa e l’autore della Nina. Per occuparci ora in ispeciale maniera di quest’ultimo, verremo qui esponendo in succinto la narrazione eie’ fatti principali della sua vita, deducendola dagli scritti che ne parvero meglio dettati intorno a questo tema, e servendoci,più che d’altro, della elaborata biografia che intorno a Paisiello troviamo dettata nella grande opera del signor Fétis. Giovanni Paisiello nacque in Taranto il 9 maggio ’17-41. 11 padre di lui, veterinario di professione, destinandolo agli studii legali, lo collocava nel collegio dei Gesuiti, che allora era in molta voga nella medesima sua città nativa. Il cavaliere Guarducc! maestro di cappella nella Chiesa de’Cappuccini, colpito, durante il canto degli uIlici, dalla bellezza della voce del giovinetto Paisiello, e dalla finezza del suo orecchio, gli diè a cantare a memoria alcuni solo nelle sue composizioni, e rimase a tal punto soddisfatto della fina sua intelligenza che non potè a meno di consigliare vivamente i genitori di lui a mandarlo a Napoli a studiar musica sotto qualche accreditato maestro. Vinta, dopo non lievi contrasti, la ritrosia del padre, cui sarebbe piaciuto fare del suo Giovanni meglio un legulejo che non un masticatore di crome, (solo avvenire che per allora si allacciasse alla modesta sua previsione) fu condotto il giovine collegiale a Napoli ove gli venne ottenuto un posto tra gli allievi del Conservatorio di Sant’Onofrio, a quel tempo diretto dal celebre Durante. Questo dotto maestro, il qual toccava ormai al fine della sua gloriosa carriera, e nel disimpegno de’ suoi uflicii poneva pur sempre uno zelo illuminato e una coscienziosa rettitudine, seppe scorgere d’un tratto la felice organizzazione del novello suo discepolo. Dopo soli cinque anni di studio, di tanto progredì Paisiello in questo che fu credulo atto ad assumere gli uffici di primo ripetitore fra gli allievi. Nel corso degli altri quattro anni ch’ei rimase nel Conservatorio compose delle messe, de’salmi, dei mottetti, degli pratorii, e per solennizzare d fine de’suoi studii, nel 17G3 compose un intermezzo che fu eseguito da’suoi medesimi colleglli sul piccolo teatro del Conservatorio stesso. Il vezzo melodico e il fino disegno di questo primo saggio melodrammatico procacciarono al giovinetto suo autore non poca lode nel mondo musicale italiano di quel tempo. Cotali pregi, che furono poi sempre principali nelle composizioni di Paisiello, gli ottennero di essere chiamato a Bologna per iscrivervi due Opere buffe al Teatro Marsigli, la Pupilla e II Mondo a rovescio. Al dire del signor conte Folchino Schizzi, al quale siamo debitori di una molto elaborata dissertazione biografica intorno al celebre compositore, tre e non due sole furono le Opere ch’egli ebbe a produrre a Bologna nel 17(>3, e la terza intitolavasi i Francesi brillanti. Il clamoroso esito di questi primi saggi vantaggiarono di tanto la riputazione dell’esordiente maestro, che perla intera penisola in breve momento si estese il suo nome. Modena, Parma, Venezia furono le prime città, dopo Bologna, che a sè lo chiamarono. La gloria sua, che sempre facevasi maggiore ad ogni prova, gli ottenne di essere chiamato a Roma che a quei tempi, arbitra della rinomanza de’ musicanti italiani, vi poneva il suggello, e tal fiata anche la offuscava colla severità o col capriccio de’ suoi giudizi!. Paisiello non fu punto sgomentato del pericoloso onore che gli si offeriva. Fi fu appunto a Roma ove ebbe a scrivere il Marchese di Tulipano. composizione mirabile per vezzo e per leggiadria cui tutta Europa fece immenso plauso. Ma un’ultima più difficile prova riservavasi a Paisiello chiamato a Napoli, ove erano in gran voga i sommi compositori dei quali doveva erigersi rivale. A capo di costoro notavasi Piccini, a quel tempo il più illustre autore melodrammatico d’Italia. Paisiello, dice il signor Quatremère de Quincy, nella sua notizia intorno a questo maestro, stette ben in guardia dal lasciargli sospettare la menoma pretesa a porsi a confronto con lui. Egli non lo accostava mai se non se colla finta sommissione di un inferiore e con tutti i riguardi che usar debite un docile allievo, lasciando alle proprie sue Opere la cura di preparargli un competitore pericoloso. Alcuni successi clamorosi, tra’ quali va distinto quello ottenuto da[’Idolo cinese, compirono la fortuna di Paisiello, e lo collocarono alfine nel novero de’compositori italiani di primo ordine. Venezia, Roma, Milano, Torino, chiamarono a volta a volta e a più riprese l’autore AeYIdolo cinese, la cui mirabile vena non era minore dell’ingegno. La partenza di Piccini per la Frància lo avrebbe lasciato a Napoli senza rivali, se non era il giovine Cimarosa a preparargli dei perigliosi conflitti. Alcuni biografi, forse consigliati dalla bontà del loro animo, ebbero a dipingere Paisiello come uomo di leale e nòbile carattere dotato. Riesce penoso il dover riconoscere poco felici qualità di cuore in coloro al cui alto ingegno siamo costretti tributare la nostra ammirazione. E questo fu veramente il caso di Paisiello. Nell accennare alla rivalità ch’egli ebbe con Cimarosa, il signor Fétis usa queste precise parole, a Molto ne dispiace dover confessare che non fu unicamente colle armi dell’ingegno che Paisiello si misurò con lui, ma che in molte occasioni ebbe ricorso al raggiro, agli intrighi per impedire, o almeno per attenuare i successi del suo emulo. 1 mezzi medesimi furono da lui usati contro Guglielmi, allorquando costui tornò da Londra, dopo un’assenza di quindici anni, dotato ancora di una vena di fantasia che in vero era mirabile in un uomo della sua età». [p. 108 modifica]Il conte Schizzi, all1 incontro, ci narra nel pregevole suo opuscolo, che il principe di San Severo, grande della Corte di Napoli, invitasse un giorno i tre grandi maestri a lauto pranzo, h riconciliasse in maniera fra di loro che la stretta amicizia non si disciolse mai, ed anzi convennero tra essi sui bisogni che l’arte reclamava, al loro tempo, e «si proposero di’esigere esattamente e individualmente un medesimo prezzo per ciascuna delle loro Opere. che fu stabilito a seicento ducati». Fino a qual punto quest’ultimo patto che ebbero a stringere i tre insigni maestri soddisfar potesse ai bisogni dell arte, anziché alle mire di guadagno degli artisti. egli è quanto noi non ci faremo qui a discutere. E parimenti non piglieremo ad esaminare se più o meno s apponga- al giusto il sullodato egregio scrittore, ove afferma che Paisiello, veduti allora i contrasti che ferveano in Francia tra i Giudoisti e i Piccinisti. si mettesse, per cosi dire, in mezzo ai due campioni, e dando maggior movimento alle parti d’orchestra, moltiplicando gli accompagnamenti degli stranienti da fiato, senza nuocere punto alla semplicità della composizione, si meritasse il suffragio de’due partiti che lo stile de’suoi lavori avvicinava». Nella biografia di Paisiello del sig. Fétis non troviamo nulla accennato di tutto ciò; ma bensì vediamo riferito come, per il grande favore ottenuto a Roma nelle Due Contesse e nella Disfatta di Dario, gli pervenissero ad un tempo vantaggiose offèrte da Vienna, da Londra e da Pietroburgo. Paisiello accettò quelle della munifica Imperatrice Caterina, e nel luglio del 1777 lasciò Napoli per trasferirsi in Russia. Mutare il magnifico cielo della più bella regione di Italia coi geli e colle nebbie del Settentrionenon riuscì punto grave alnostro compositore, il quale trovar seppe un non indifferente conforto a codesta specie di esilio artistico negli splendidi emolumenti assegnati al fecondo suo genio. Nel corso degli otto anni clfiei dimorò a Pietroburgo molte Opere ebbe a scrivere Paisiello tra le quali alcune di quelle che hanno buona fama, come il Barbiere di Siviglia e i Filosofi immaginarli. Colmo dei favori di Caterina, e forse soddisfatto del pari di questi come della gloria mietuta sulle rive della Neva, riprese Paisiello, il cammino d’Italia, fermandosi da prima a Varsavia, ove. d’ordine del re Poniatowski, sulla bella e affettuosissima poesia di Metastasio compose queirammirabile Oratorio sacro, La Passione, che a giudizio d’ogni persona dotata di squisito gusto vuol essere riputato un capolavoro nel genere sacro drammatico, tant’ò la semplicità dei canti, la grazia delfiespressione, la purezza delle armonie, e sì al vivo vi si dipinge, col prestigio melodico il dolore di un anima divina predestinata alla umana rigenerazione (•). Ma per ripigliare il filo della nostra narrazione riferiremo che, lasciata Varsavia, (I) Il pezzo estratto da questo Oratorio e dato ai nostri associati per il i." numero deYAntologia Classica Musicale non sarà mai abbastanza lodato per la rara soavità colla quale le più affettuose e passionate cantilene si svolgono e si intrecciano a formare una delie più classiche composizioni concertate della vecchia scuola. Questo pezzo fu da noi prodotto coll’intera strumentazione, acciocché gli studiosi possano formarsi una giusta idea del molto effetto rii colorito che il sommo tra gli antichi maestri sapeva ottenere con pochi c sobrii mezzi, insegnando così quanto sia biasimevole quel tanto abuso dell’orchestra che alcuni mediocri compositori d’oggidì chiamano con ridicola ostentazione il ijran genere moderno! si recava Paisiello a Vienna, e in questa gran capitale dettava sotto gli occhi deifi augusto Giuseppe II. dodici sinfonie concertate a grande orchestra, non che 1 Opera huffa il Ite Teodoro, piccantissima caricatura drammatica dovuta ai raro ingegno del Casti, e musicalmente ricca d’un settimino diventato celebre in tutta Europa, quale composizione a quel tempo d’un genere al tulto nuovo, e al dire del sig. Fétis, modello di soavità, di eleganza e di estro comico. Insistiamo tanto più vivamente su questi pregi caratteristici della composizione di Paisiello, vogliam dire la semplicità, la chiarezza del disegno, la leggiadria dei canti, il vezzo e la gajezza nei pezzi comici perchè ne pare che appunto a1 tempi nostri, se lo stile musicale lirico-drammatico si aggrandì nelle forme, e si fece ricco di tali ardite ispirazioni che ai tempi della classica scuola italiana non poteansi neppur sospettare, ella perdette molto dal lato della ingenuità e della purezza spontanea delle melodie, ed è venuta poi molto scadendo nelle doti propriamente caratteristiche della musica bufla. In questa Paisiello. Ira gli antichi, fu sommo; Rossini, per esuberanza di genio inventivo lo superò senza forse tra moderni; ma dopo i portenti del Turco in Italia, dell1 Italiana in Algeri ^ della Cenerentola e del Barbiere rossiniano, libere e felici derivazioni de’ Filosofi immaginari, del Mondo della Luna e del Ite Teodoro. ben può dirsi che la musa dell’Opera buffa si è addormentata sui suoi allori, nè bastarono a scuoterla dal suo sonno i non al tutto poveri saggi de1 due Ricci e l’Elisir d Amore, che tuttavia è il solo spartito comico de1 nostri giorni in cui le migliori tradizioni delle vecchia scuola italiana non sieno pienamente trasandate. (Sarà continuato). B. ESTETICA. ARTICOLO IV. (Vedi i N. -19, 22 e 2o di r/uesta Gazzetta). CARATTERE SELLE VOCI e dki mi: gexeri DI CAUTO DUCI. ADATO E IDEALE. XVIII. Dal carattere degli stranienti (*) passando a quello delle voci noi entriamo in un argomento di cui nulla si può dire di assai preciso e particolarizzato. La voce umana oltre al carattere individuale è destinata a servire all’espressione di ogni affetto, perlocchè ogni voce, oltreché è varia come varii sono i volti, debbe pur anche essere suscettibile di infinite modificazioni. Egli è fuor di dubbio pertanto che la cognizione delle voci di cui deve servirsi lo scrittore musicale conviene acquistarla studiandola negli individui per cui scrive. Nè i soli maestri dovrebbono avere riguardo, ma i poeti drammatici e gli appaltatori i quali non alla sola voce, ma a tutta la persona dovrebbero por mente onde adattarvi i drammi. Perchè se un pittore non (!) Abbiamo ommessodi dare tulto il Capitolo del Trattato di estetica, del sig. Boucberon, ove si parla della natura, dei pregi, e dell’uso particolare ql quale possono essere adoperati nella musica drammatica c pittoresca i varii ’stranienti dell’orchestra, per la ragione che un simile tema è già più che abbastanza sviluppato nella serie d’articoli del sig. Bcrlioz intorno alla stromentazicne che abbiamo preso a pubblicare in questo giornale. | darebbe prova di buon giudizio effigiando ) un Ercole con corpo magro e sciancato, | cosi pure disdirebbe sulla scena una smilza; donnuccia alla parte di Norma,"Vii quella! donna che detta la pace o la guerra ad una nazion feroce; o un’attempalella alla parte di Adalgisa o di Amina. j Ciò che crediamo più utile di osservare: intorno alle voci si è che molte si prestano assai bene al canto declamato; e sono per 10 più le voci piene e molto sonore, mentre alcune ve ne sono che mal riescono nella declamazione, ed assai bene nel canto ideale, le quali per lo più sono senza corpo e delicate benché sensibili perfettamente a considerevole distanza. Di tali voci ne troviamo in ogni chiave, ma specialmente nei soprani adolescenti e nei tenori molto acuti. Gli adolescenti anche contralti, benché dotati di voce robusta, di rado declamano perchè in quell1 età le passioni sono appena nascenti. Il carattere di queste voci, sia per propria natura, sia per 1 idea che se ne ha comunemente, è assai proprio a rappresentare la voce degli angioli, epperciò riescono di buon effetto nella musica di Chiesa purché siano a cori numerosi. Sarebbe ciò nullameno desiderabile che come Io sono in Francia, vi si ammettessero anche in Italia i cori di donna e si risparmiassero tante disposizioni al canto che si rendono ora adatto inutili guastandone l’organo con un esercizio prematuro. Per fi opposto la maggior parte dei tenori non molto sfogati o dei bassi o baritoni ama meglio il cauto declamato che l’ideale di cui ora ci faremo a dimostrare le differenze incominciando dal dare un esempio dell’uno e dell’altro. XIX. Pel canto declamato luminoso è 11 duetto fra Norma e Pollione «In mia mano alfin tu sei» cui puossi aggiungere il finale dell1 atto primo Straniera. u Un grido io sento», e nel Pii ala «Nel furor delle tempeste» e fi aria di Percy nél1 Anna. Balena u Vivi tu, te ne scongiuro». Da questi esempi fàcilmente si scorge, che uno dei principali caratteri del canto declamato è 1 essere tronco siccome la vera declamazione di cui è una copia, talché richiede non di rado che il cantante sagrifichi il bel canto alla verità di espressione. quando cioè la declamazione musicale sia meri vera ed evidente della naturale. Sempre poi richiede un1 esecuzione decisa e schietta, una chiara articolazione della parola, e rifugge da qualsivoglia ornamento. Il canto ideale è più continuato porgendo modo al cantante di spiegare la propria voce, ed obbligandolo in pari tempo a ben modularla; ammette, ed anzi richiede, le grazie della melodia e del sentimento, un periodare perfetto, e una tal quale flessibilità di modi, un1 armonia di frasi che è più facile sentire che descrivere. Il primo segue passo passo la parola e ritrae la sua espressione più dalla rassomiglianza colle inflessioni della voce nel commi parlare, che da ogni altro elemento, e non conviene perciò che alla voce umana, straniera affatto agli stranienti. Il secondo dipinge l’intimo sentimento incluso nel senso totale di un periodo, che talora o da una sola o da nessuna parola è espresso, ma emerge dall1 insieme:, ritraendo la espressione dal carattere del tono e degli intervalli maggiori o minori, eccedenti o diminuiti, e da tutti insieme gli elementi musicali; epperciò si addice egualmente alla voce umana-e a quella degli stranienti. [p. 109 modifica]Per Fordinario questi due generi si trovano insieme commisti o alternati, sia perchè non sempre 1"affetto è tanto vibrato, o si forti le parole da spingere la voce a tal grado di declamazione da potersi tradurre in musica, sia per adattare lo stile al cantante, e finalmente per una particolare tendenza dello scrittore dipendente dal modo proprio di sentire. Cosi la Pasta e la Malibran figuravano meglio nel genere misto che nel puro ideale; la Lalande nel declamato; Rubini. Tamburini, la Orisi nell’ideale; Donzelli, Lablache e Cartagenova nel declamato. Cosi Bellini è o fortemente declamato, o sommamente ideale; Rossini, Donizetti e Mercadante tendono al misto; Meyerbeer aifi ideale. Il compositore che avrà studiato la declamazione parlante procurerà far suo ogni genere per servirsene ove meglio lo esigeranno e gli affetti che deve trattare, e gli attori pei quali scrive. CARATTERE BE’ TOSI. Qui cade in acconcio di far parola del carattere dei toni, il quale certamente non si può trascurare da chi voglia trar partito di tutti i mezzi che 1 arte fornisce. XX. Noi siamo soliti a non far altra distinzione di toni fuorché quella di maggiori o minori; pure chi è che iniziato appena nell’arte non distingue un tono dall’altro se non pel nome della tonica, per un’indefinibile diversità di carattere! Ma da che trae origine tale differenza fra toni lutti costrutti su di un modulo e ai quali convengono le medesime modulazioni, le stesse regole armoniche? Nè si può dire che il diverso carattere sia poco sensibile, essendo non pochi gli esempi di persone che ignare allatto di musica risentono in particolar modo alcuni toni ed agli altri li preferiscono, il che si è pure osservato in infermi e maniaci. Nell’orchestra sembra potersi attribuire lo strepito maggiore che vi fanno ì toni di ì-e, di sol, di la maggiore alla quantità di suoni ripercossi dalle corde vuote sol, re, la. comuni a tutti gli strumenti da arco. Infatti il tono di /-e, che più d’ogni altro è squillante, trova tutti i suoni della sua scala rinforzati dalla risuonanza simultanea di qualche corda vuota; e così gli altri toni perdono di vivezza a misura che hanno minori suoni ripercossi e divengono di mano in mano più cupi. Aggiungi l’influenza che vi può avere la maggior chiarezza con cui negli strumenti ad arco rispondono le corde vuote. Tutto ciò però non è applicabile agli stranienti a fiato, i quali divengono più squillanti quanto più sono acuti, perlochè, siccome ai toni men vivi degli stranienti a corda vengono a corrispondere toni più squillanti in quelli a fiato, dovrebbe trovarsi una specie di compenso scemante non poco le diversità dei toni. Ma questo è incontrastabile, ed esiste non solo nell’orchestra ma nel cembalo e nell’organo sebbene, non così marcata, e siccome qui la risonanza simultanea non ha influenza, si è creduto esserne cagione il temperamento. Ma questo temperamento altri lo vuole equabile, altri ineguale; ed un’accurata osservazione ci dimostra che un medesimo accordatore non tempera sempre egualmente tutti i toni, ma or l’uno or l’altro altera più o meno secondo si trova più o meno disposto l’orecchio senza che per- 109 ciò sia men buono l’accordo totale 0), Dalchè siamo tentati a credere che naturalmente il nostro orecchio si formi una specie di corista il quale ci serva come di punto a cui riferire non i soli toni musicali, ma ancora le voci parlanti, e dedurne i caratteri particolari. Per modo che troviamo poi fra queste e quelli una tal quale indefinibile analogia. Corista che forse a principio non è che il tuon di voce della nutrice e del babbo, e che pel conversare con più persone viene a fissarsi ad un punto medio, e si fa sempre più determinato coll’uso dell’arte e di un costante corista musicale a cui veniamo ad abituarci. Tale ipotesi spiegherebbe meglio d’ogni altra la facilità con cui gli iniziati nell’arte giungono non solo a riconoscere, dal suono che dà, il tasto del cembalo e dell’organo senza vederlo, ma pur anche ad intonare colla propria voce a preciso corista qual siasi tuono senza aver duopo di prendere l’intuonazione da un istromento. Che che ne sia delle cause, il fatto si è che sono specialmente rimarchevoli i caratteri dei toni: Ile maggiore, fragoroso Re minore, mite Mi maggiore, penetrante Mi minore, sentimentale Do maggiore, tranquillo I)o minore, terribile Mi bemolle maggiore, maestoso Fa bemolle maggiore, grave Sol maggiore, gaio Sol minore, patetico Fa maggiore, dolce Fa minore, cupo La maggiore, robusto La minore, soave, e simili clic l’osservazione fa sentir meglio di quanto possa esprimersi con parole. Importa dunque moltissimo la scelta del tono alla verità dell’espressione, e vi influisce a quel modo istesso che nel parlar comune e nel dramma recitato si riconoscono voci più analoghe ad alcuni che ad altri affetti. XXL Ma quando il concetto ritmico, melodico, ed armonico sia pieno di verità, ma o per motivo dell’estensione, o per qualche particolorità meccanica della voce o stromento più atto ad esprimerlo, non si possa assegnarlo al tono più analogo, dovrassi per questo solo rinunciarvi e perderlo? No: m tal caso l’accordo degli elementi principali coprir può il difetto del tono, di che non ne son rari gli esempi. Se però nel momento dell’ispirazione, o meglio prima, il compositore avrà cura di mettersi nel tono conveniente, ideando la sua melodia per quella voce o stromento che meglio si addice, difficilmente gli accadrà di dover traslatare il concetto in tono meno analogo. Gli antichi fino a Rossini si facevano dovere di terminare ogni pezzo di musica nel tono in cui si era incominciato; Bellini. e quelli che da lui presero le mosse, molte volte usarono diversamente; costume in vero comodo pei principianti, ma che conviene esaminare se ragionevole o no, ed in quali circostanze. XXII. La legge che prescrive di terminare nello stesso tono del principio è fondata sulla ragione dell’unita necessaria a tutte le belle arti, ma tanto più alla muti) Ciò può sembrate un assurdo od un paradosso; ma si troverà vero se si fanno accordare due cembali separatamente l’uno dall’altro, sebbene al medesimo preciso corista. In tal caso-sia uno l’accordatore o sian due si troveranno difficilmente a perfetto accordo i due; stromenti presi insieme, sebbene lo saranno isolatamente. sica quanto più sfuggevole e indeteminato è il suo linguaggio come si ragionerà in appresso. Egli è infatti osservato che un pezzo di musica in cui si passasse a sempre nuove idèe, a sempre nuovi toni, nulI altro sarebbe che una confusione, un discorso senza scopo, senza argomento ecc. Se è vero che in un discorso ben ordinalo il fine debb’essere conseguente al principio; se è vero che i toni abbiano un carattere, sarà vero altresì che l’ultimo tono debb essere eguale al primo, ammesso tutto al più il cambio di natura dal minore al maggiore. Ora, quando sarà trasgredibile tal legge? Nella sola musica drammatica, ed in quei casi in cui durante un medesimo pezzo, il progresso dell’azione viene a mutare l’affetto che a principio dominava. Cessa allora la ragione assoluta dell’unità, e dà luogo a quella più forte della verità drammatica, la quale esige il più perfetto accordo delle arti ausiliari colla poesia che ne è la principale. (Sarà continuato). II. Boucheuox. FRENOLOGIA APPLICATA AEEA MUSICA Click e Russivi. La fisonomia e il cranio umano offrono essi certi segnali infallibili per precisare le disposizioni, le facoltà, il grado d’intelligenza degli individui, e specialmente di quelli che sono dati alle arti dèli immaginazione? E egli vero che le osservazioni accumulate da Gali e da Lavater costituiscono una scienza positiva? Su questo punto i moderni sapienti sono in dubbio, in contraddizione, in incertezza; nè questo è problema da sciogliersi senza che passi ancor molto tempo. Checché ne sia i due seguenti aneddoti, che si sono riferiti per autentici, e che riguardano uomini versati nell’arte musicale, sono un argomento di più in favore del sistema fisionomico e frenologico. Quando Gluck incominciò la sua carriera di compositore drammatico ebbe opportunità di fare un viaggio a Zurigo ove si T 1 ^ II trovava Lavater che cominciava allora a gettare le fondamenta della sua scuola divenuta dappoi tanto celebre. Il tedesco compositore aveva sentito in vario modo ragionare de’ lavori frenologici di Lavater, e, senza credere ciecamente per infallibile la sua dottrina, senza abbandonarsi àU’animirazione delle sue osservazioni ede’suoi piionostici, della sua immaginazione vaga del maraviglioso. e del suo spirito irrequieto e ardente, s’era nondimeno molto invaghito per quanto ei ravvisava d’elevato, di nuovo, di ardito, e di piacevole nelle ipotesi di questo sapiente nuovatore. Cosi egli profittò del suo soggiorno in Zurigo per fare una visita a Lavater. Il fondatore della scuola fisionomica era allora nel suo studio, vero museo ove le teste di tutti gli uomini celebri dell’epoca erano cercate ed esaminate in ogni loro tratto e sembianza con gran diligenza per compiere così la voluminosa corrispondenza alla quale ogni giorno egli molte ore consacrava. Lavater parve che neppur s’accorgesse dell’entrare dell’artista, e occupato nelle sue idee proseguì a scrivere le sue lettere. senza nenimanco volgere la testa verso % di Gluck. Passò intanto una buona mez- ( [p. 110 modifica]z’ora, e il maestro cominciava a noiarsi del troppo aspettare, quando tutt’a un tratto Lavater, fissando su lui que’ suoi occhi cilestri, perspicaci, e spiranti bontà: 55 Signore, gli disse, a chi ho io l’onor di parlare? - Signor mio, scusate, rispose l’artista sorridendo, se io non rispondo alla domanda che mi fate, e se a voi lascio il carico di risolverne la questione. Non v’ha dubbio che colla vostra penetrazione e salacità non ne veniate bene a capo. Lasciate dunque che io domandi a voi chi mi sono io, e che cosa io — Gìuck voleva cosi mettere in imbarazzo l’illustre dotto; ma costui, al quale non giugnevano nuove simili scene, e s era già più volte tratto felicemente d’impaccio in queste difficili prove, senza punto mostrarsi maravigliato della risposta del maestro, si pose attentamente a ragguardare e speculare i suoi lineamenti e la sua fisonomia, e dopo alcuni minuti, proruppe in questa esclamazione:» No, non m’inganno; voi siete un musico... n Gli è vero, rispose l’artista; ma questa è una assai vaga particolarità; sapretemi voi dire a qual parte della musica io specialmente attendo? A questa nuova questione Lavater stette alquanto sopra sè, mostrando di profondamente meditare, poi riscuotendosi incontanente: 55 Si, disse egli, voi siete compositore, e compositore drammatico... Le qualità che vi rendono celebre nell’arte sono: il vigore, l’energia, l’ardire, la nobiltà de’sentimenti, la grandezza delle idee e, tenete, continuò traendo da uno scaffale della sua libreria un bel volume magnificamente ricoperto, io giurerei che voi siete l’autore di questa partizione... ■ Gluck corse subito coll’occhio sull’Opera, e riconobbe unode’suoi drammi: La guerra de’ Giganti, che pur allora aveva avuto gran successo per tutta Germania. Egli rimase maravigliato e stupito alla prodigiosa sagacità di quel dotto. 55 Egli ci è ancora di più, segui Lavater, raggiando dalla fronte l’inspirazione, e dando ognor più un suono solenne alle sue parole, v’è ancora di più Grandi e gloriosi destini vi attendono. Voi lascierete un gran nome, una fama immortale... Sarete il fondatore d’una grande scuola; poiché voi possedete grande potenza di creazione, e quell’ardore nella lotta e nel combattimento che rende sicuro della vittoria Passati tre anni da questa raccontata visita, Giudi si trovava in Francia a far rappresentare la sua Ifigenia in Tauride. capolavoro di nerbo armonico e d’inspirazione che portò nuove forme al dramma lirico: in quell’occasione il mondo musicale era diviso in due partiti; ma il nome di Giudi, prevalendo nella contenzione è giunto sino a noi rispettato e glorioso. Così abbiam veduto interamente verificarsi i vaticinii di Lavater sul celebre compositore alemanno. Oltre al nome del dottore di Zurigo, quello di Gali e di Spurzheim hanno grande celebrità nel mondo scientifico, e la frenologia non presta punto meno di rnaraviglioso che la scienza di Lavater. Noi racconteremo ancora a nostri lettori a questo proposito un altro aneddoto singolare (0. (1) Della verità di questo non ci facciamo punto garanti. jl’Estens. - 110 Niuno ignora che Gali, l’illustre fondatore della scuola frenologica, non esciva mai di una conversazione senza avere esaminato al minuto il cranio e le protuberanze caratteristiche di tutti coloro che vi si trovavano uniti. Ciascuno si prestava volentieri a questa operazione, e per fissarne i risultati, il celebre frenologo seco sempre recava un portafoglio ove annotava i nomi di tutti quelli eh ei sottometteva alle sue sperienze, e quanto aveva su ciascuno rilevato. Ora nel soggiorno di qualche mese che fece a Milano incirca trentacinque anni fa, egli aveva particolarmente notalo in una società un musicante assai giovane, che era la delizia di tutti pel suo spirito e per le sue arguzie. Ecco ciò che Gali scriveva a proposito di questo giovane; ciò abbiamo da un intimo amico dell’illustre scienziato. Occhio sfavillante - Sorriso fino e intelligente - fronte prominente e spaziosa - inspirazione-genio creatore - energia - grazia - fecondità Il nome del giovane musicante era Rossini, nome a quell’epoca al tutto sconosciuto; eppure come poteva farsi una enumerazione più accurata e completa di tutte le qualità che hanno poscia risplenduto nelle produzioni del gran maestro! Questi due fatti raccontali troveranno per certo molti increduli. Chi vorrebbe però sostenere che la scienza non possa aver la chiave delle facoltà dell’uomo’? Senza dichiararci difensori del sistema di Gali, o della dottrina di Lavater, noi desideriamo che le esperienze sieno continuate, e ciò pel bene dell’arte musicale, e di coloro che vi si consacrano. In grazia delle rivelazioni della scienza fisionomica e frenologica, ognuno sarebbe avvertito; chi è veramente chiamato, e chi ha la forza de’ mezzi naturali potrebbe seguire la strada a cui è disposto, e gli ingegni mediocri farebbero a meno di mettersi in una carriera ove sarebbe loro appena dato di poter vegetare. R. e G. IH. NOTIZIE VARIE. | — PmiGi. La Commissione per l’erezione di un monumcnto alla memoria di Cherubini, ha diretto una circolare a tutte le Società inarmoniche della Francia e straniere, onde sollecitare il loro concorso. Si darà una grande rappresentazione dall’Accademia reale di musica e dell’Opera Comica unite a prolitto della sottoscrizione che continua ad esser sempre aperta al Conservatorio e presso gli editori di musica Troupenas e Sehiessinger. — I musicali concepimenti di cui il maestro de’maestri fregiò lo Stabat Mater hanno stimolato molti compositori istromentisti a comporre alcune fantasie che non mancheranno di riuscire assai interessanti agli amatori. Già comparvero presso Troupenas: Souvenirs clu Stabat, deux suites par Adam; Grande Fantaisie par Kalkbrenner; e Grand Cuprico par Woif: questi tre pezzi per solo pianoforte. Labarrc e De Bériot hanno pure pubblicato due duettini per violino e pianoforte sopra vari temi dello Stabat. Rignault inline presentò a’ violoncellisti le sue Meditazioni Religiose sull’ultimo lavoro di Rossini, il quale si spera vorrà proseguire a dotare l’Italia di concetti, che ogni nazione ci deve invidiare. — L’Accademia delle belle Arti il giorno 21 maggio, ha aggiudicato il concorso della grande composizione musicale. Eranvi sei concorrenti. II primo premio venne accordato a Roger, allievo di Halevy e Cara ira, ed il secondo a Gauthier c Masse. Devesi notare che i quattro musicanti presenti ( Spontini essendo assente e Cherubini morto ) aveano dato il loro giudizio in questi termini: Auber e Halevy, non v’è luogo di assegnar un primo premio,• Berton e Caraffa, noi siamo di opinione che si possa dare il secondo premio a Roger. Ciò nullameno i signori membri scultori, pittori e architetti che formavano la grande maggioranza, hanno dichiarato Roger degno del primo premio. - La cantata composta da Roger, sebbene alquanto monotona, non troppo originale, distinguesi per melodie semplici, sostenute, spontanee e ben adatte alle voci. Aella maniera di Masse avvi minor esperienza e sicurezza ma più distinzione ed eleganza. La cantata di Gauthier non ò meno notevole di quella di Massé. Il soggetto del concorso era intitolato: La Beine Flore legende des rives du Mein, mise en action et dramatisée par M. lemarquis de Fastoret: certamente i giovani compositori di musica non avevano molto a lodarsi delle situazioni poetiche. — Altre Solennità musicali e rappresentazioni a benefizio degli incendiali di Amburgo. La Germania musicale non si dimostrò mai tanto animata da spirito di filantropia patriottica come nell’occasione de’ disastri di Amburgo: le più piccole città vi prendono parte. A >Veimar il celebre violinista Ernst diede un concerto in cui s’introitarono 2,500 franchi. Il grande artista per sovrappiù generosamente prese egli stesso due viglietti pel suo concerto e li pagò 240 franchi. — A Fulda dal 2.° reggimento d’infanteria si organizzò una serata musicale: la compagnia addetta al teatro di Francoforte si produsse successivamente in alcune rappresentazioni a Magonza, Hanau, OtTenbach. - 11 comitato del Festival di Dusseldorf Sotto la direzione di Mendelsson ivi già arrivato ed accolto con gran distinzione, decise che il prodotto netto di quella solennità musicale sarebbe rimasto agli incendiati di Amburgo. - A Lipsia la rinomata pianista Clara Sehumann Yiek colse meritati applausi in un concerto il cui prodotto era destinato ad uno stesso benefico scopo. - L’accademia di canto di Berlino ha eseguito la musica che il principe Radziwill compose pel Fausto di Goethe, ecc., ecc. — Il monumento di Mozart verrà inaugurato solennemente il 4 settembre p. v. a Salisburgo, sua città natìd. La solennità sarà magnificata con analoghe feste musicali. Fino ad ora si destinarono aH’esecuzione: L° una Messa solenne, 2.° il Bequiem di Mozart, 3.° un gran coro festivo, 4.° due concerti. Tutti i filarmonici e veneratori di Mozart sono invitati ad intervenirvi. Le prove incomincieranno li 29 agosto, c le prove generali avranno luogo ili, 2 c 3 settembre. ERRATA-CORRIGE. IVegli or passati fogli sono occorsi alcuni sbagli di stampa che è duopo avvertire. EBIt.tT.l Foglio 22, col. La pag. 97, linea 30 «La sospensione a mezzo riposo» Col. 2.a, lin. 16, del p.° IX - Analoghi • Foglio 23, pag. 104, col. l.a linea 9 ■ Maggiore • Linea 10 • Minore •» Linea 28 • Men forte segno di gioia» Col. 3.a linea 1G «ImodiCORRIGE ■ La sospensione, o mezzo riposo»

  • Omologhi *

Minore» > Maggiore» «Men forte segno. II correre da segno di fretta come la danza è segno di gioia ® «I moti» NUOVE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL I. R. STABILIMENTO NAZIONALE PRIVILEG.’»1 CIOVAVVI RICORDI. â 11 & ¥à pour te Violoncelle AVEC ACCOMP.t DE DEUX VIOLONS. ALTO ET VIOLONCELLE PAR MAX. BOHRER Fr. 3. TBS FAHTASIB per Flauto e Pianoforte CONCERTANTI SOPRA MOTIVI DELL^OPERA SAFFO di PACIAI COMPOSTE DA Cadauna Fr. 6. Fantaisies pour Piano et Violon CONCERTANTS SUR DES MOT1FS FÀVORIS PAR zzmvr ET L, HERS If. i. Gemma di l’eryy. IV. 5. L’Elisir d‘Amore. Chaque Fr. 3. CIOI tVM RICORDI EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato di Calcografia, Copisteria e Tipografia ÌTIusieale di GIOVANNI RICORDI. Contrada degli Omenoni N, 1720’.