Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 28

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N. 28 - 10 luglio 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 28

DOMENICA
10 luglio 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


ESTETICA. IMITAZIONE E PITTURA MUSICALE. IMITAZIONE OBBIETTIVA. CPedi i fogli 19, 22, 23, 24 e 30). XXX. Distinguesi l’imitazione o pittura musicale in obbiettiva e subbiettiva secondo che si propone di rappresentare oggetti o sentimenti, cioè secondo che sceglie per tipo d’imitazione i suoni o movimenti di oggetti quali sarebbero il fischio del ventò, il romoreggiare del tuono, il cader della pioggia, il grido di animali, i canti villerecci’ o marziali o nazionali, oppure dipingere gli affetti dell’animo. XXXI. L’imitazione obbiettiva che non ha altro tipo che i suoni esistenti in natura riesce sempre fredda e assai lontana da quel carattere di evidenza che deve rendere riconoscibile un’imitazione per poca attenzione vi si presti, a meno si tratti di canti caratteristici noti. E<di è facile persuadersene se riflettasi che 1 suoni prodotti da cause fisiche o dalla voce di animali, essendo allatto stonati, debbono necessariamente trovarsi travisati, resi ciie siano con suoni intuonati. Osservate il N.° 8 della Creazione del mondo ed il N.° Ti verso il fine delle Quattro Stagioni di Haydn, in cui si descrivono gli animali e se ne imita il grido, e troverete die, senza le parole, non s’intenderebbe l’oggetto imitato; ed inteso non tocca chi solo un poco sia avvezzo alle imitazioni subbiettive. Migliori riescono le imitazioni di movimenti sensibili che al ritmo principalmente spetta di riprodurre, e d’ordinario ancora sono più calde perchè alla maggior parte di esse si desta qualche idea non affatto indifferente alla vita e ai sentimenti umani. Se ricordiamo l’introduzione del coro «Quanta roba, quanti schiavi» nell’Italiana in Algeri, troviamo che quella musica, staccatasi dalla parola e desunta piuttosto dalla scena, rappresenta l’infrangersi delie onde ancora agitate contro la riva petrosa. Il ritmo è quello che ordinariamente dà forma ai canti caratteristici i quali non sono mai privi di affetto. In fatti il ritmo delle canzoni villerecce vi fa correre il pensiero alla semplice e pura gioja della campestre vita, il ritmo marziale scuote e rinvigorisce, e quello delle arie di hallo invita alla danza. A ben riflettervi il ritmo ha sull’imitazione di semplici suoni il vantatfgio di richiamare al pensiero un maggior numero di idee; e dove nel primo genere d’imitazione si stenta a indovinare il soggetto, e non indovinandolo, l’effetto è nullo, nel secondo se non si coglie nel vero s’immagina però fàcilmente alcun che di molto analogo. Cosi nella già citata Creazione al N.° 5 anche senza la parola «DèlF occhio al diletto La vasta pianura» il ritmo pastorale basta a suscitare l’idea di campagne ridenti; e nel N.° 4 se non indovinate che trattasi di mare, di fiume, di ruscello, immaginerete almeno alcun che capace di un simile moto, e uòn potrete non provarne interesse. XXXII. Però non tutte le scene della natura offrono all’arte imitazioni puramente obbiettive, molte ve ne. sono le quali grandemente interessando la nostra vitalità destano in noi affetti anologhi, ai quali riflettendo l’artista, e prendendoli a descrivere, giungerà facilmente ad esprimere e a far indovinare la scena che si propose. Tali sono, ad esempio, una tempesta in cui oltre al fischio del vènto, al romoreggiare del tuono, al haglior de’lampi, al cadere della pioggia dirotta l’artista trova il terrore delle vite minacciate da tanta fùria d’avverse potenze, ‘da tanto disordine d’elementi. Fra le tante che ne furono scritte bellissima riputiamo quella di Haydn nelle Quattro Stagioni trattata a vera fuga, N.l’14 in principio. La subitanea apparizione della luce nella Creazione, il sorgere del sole, il misterioso e taciturno corso della luna sono imitazioni di questo genere, cioè piuttosto subbiettive che obbiettive; e non sarà inutile farne una breve disamina, onde si scorga il fino artifizio dell’autore. In che consiste l’etìetto della luce? In un accordo perfetto maggiore eseguito da tutte le potenze dell’orchestra. Ma come mai questo accordo tanto spesso impiegato produce qui, e non altrove, un simile effetto? Nel contrasto dei precedenti: vediamolo. All’apparizione della luce precede la sinfonia, ed un breve recitativo. La sinfonia è intitolata il Caos, e tale è il disordine delle idee melodiche e della modulazione, che se più a lungo durasse l’uditore sarebbe costretto o ad involarsi, o a reagire con violenza contro la cagione che destò in lui sì penose impressioni. Mai un’idèa di tonica che non sia distrutta appena nata, mai una melodia chiara, un periodo che si compia quietamente, un andamento che proceda con corrispondenza di frasi; motivo per cui l’esimio Àsioli raccomandava agli artisti novelli di non proporsi mai un simile argomento. Dopo quel Caos incomincia un recitativo seguito da poche battute di coro, con una modulazione sempre incerta che non fa che crescere il bisogno di alcun che di dichiarato, di intelligibile; ma l’ansietà è ancora protratta da alcune sospensioni sulla sotto denominante e dominante appena accennate da’violini pizzicati, e dal canto; dopo di che giunge pur finalmente il tanto sospirato accordo di tonica, e vi giunge maggiore ed eseguito dal ripieno di tutta l’orchestra, e vi è confermato colla più sernpli ce cadenza appunto per appagare un tanto desiderio. E qui è da osservare come a ben intendere il partito che si può trarre da un tema conviene salire dalle forme particolari alle generiche, dal concreto all’astratto, tradurlo insomma quando non presentasi suscettivo immediatamente di suoni o di movimenti, tradurlo, dico, in sentimenti analoghi, in potenze di cui l’arte possa farsi rappresentatrice. Mi spiego. Il caos è pressoché inimitabile coi semplici suoni: meno lo sarebbe per sè medesima la luce; ma il caos è compiuto disordine delle cose, epperciò dovrebbe trovarsi privo affatto di sicurezza chi in un simile disordine venisse, ad esistere. Quindi il disordine delle frasi, e la frequenza degli inganni nella modulazione, col modo minore dominante, sono attissimi a far nascere i sentimenti medesimi che desterebbe la cosa reale. E così la luce è qui una consolazione, un punto di sicurezza che dopo tanto travaglio rinfranca gli abbattuti spiriti, onde quella tonica presagita clic tanto più alleviala sofferta pena, quantochè annunziata minore si fa sentire inopinatamente maggiore. Così adoperò il nostro autore nel descrivere il sorgere del sole e il corso della luna, guidato non so se da luce filosofica, o da quello squisito sentire che è la prerogativa del genio, nò l’uno nè l’altro di questi temi somministrano suoni, ma sentimenti: il primo il sentimento di sicurezza e di forza che provasi sempre maggiore a misura che il senso della vista può meglio servirsi a giudicare della natura degli oggettilontani, epperciò quell’armonia ascendente in tono fnaggiore che a poco a poco va determinandosi in un ritmo marziale, caratteristico della forza tanto quanto in plastica può esserlo un Ercole. Quanto poi alla luna Haydn la tradusse per quiete stando colla parola e solo vi aggiunse quel po’ di mistero che sempre regna nella notte benché rischiarata da quell’astro e serena, mistero che si esprime con quei ritardi armo [p. 126 modifica]ilici, mentre i suoni sommessi e lenti, tramandati dall’orchestra fanno accorgere il silenzio delle cose, quasi accennandovi di non turbarlo. Mirabile potenza dell’arte, <g. che rompendolo può esprimere il silenzio. Le due pitture musicali che abbiamo accennate sono ristrette a poche battute come quelle che precedono appena poche parole di recitativo con cui si descrivono di mano in mano gli oggetti e i fenomeni della C/eazione. A chi desideri altri esempi di scene notturne accenneremo il Duetto della Rosa bianca e rosa rossa «E deserto il bosco intorno» del celebre Simon Mayr, il principio del finale pi-imo nella Straniera di Bellini, il primo tempo del quintetto Elisa e Claudio di Mercadante, ecc. Non ci dipartiremo dalla Cr eazione senza far osservare la bellezza del primo numero che succede alla creazione della luce colle parole «Al brillar degli almi rai» e a ben analizzarlo vorremmo che se ne considerasse la musica per sé sola senza la dichiarazione della parola. Questo è il primo luogo dell’Oratorio in cui si dichiara una melodia, un ordine di modulazione e di ritmo, e il tono maggiore, il ritmo quieto, la melodia scorrente per lo più su intervalli diatonici destano l’idea d’ordine, conseguenza dell’elemento testé creato. Ma ciò non dura, e alla oo.a battuta una transizione minore seguita indi a poco da un giro di scala cromatica annunzia un turbamento: sembra la minaccia di una tempesta che venga a intorbidar quella pace. Una cadenza armonica lungamente protratta accresce il timore massimamente col carattere di quell’inganno ripetuto e rinforzato da stromenti che lo rendono vie più spaventevole. E il presagio si avvera, la cadenza si risolve in un coro di grida disperate e sotto a queste un arrotolarsi d’orchestra per accordi di settime diminuite che fa più certa la disperazione di quelle voci, le quali tessute essendo in imitazioni dirette ed avvalorate dalla modulazione incalzante, e dall’agitato ritmo sembrano voler dire già travolto l’ordine testé stabilito negli elementi. Cielo, qual rabbia è questa mai! Ma già scema l’agitazione, l’orizzonte si rischiara, una nuova cadenza riconduce il tono maggiore e con esso una quiete di ritmo, una giocondità di melodia clic rassomiglia al ritorno del sereno dopo la tempesta. Scopriamo ora le parole e vediamo ciò che ne descrivono. Senza qui tutte ripeterle, che lungo sarebbe, basti accennare che dopo la prima terzina si descrive la caduta degli Àngioli ribelli dal Cielo, e quindi purgato l’aere si descrive la bellezza del ritornato ordine delle cose. E qui si scorge siccome il maestro abbia non solo espressa ma ampliata rclt di molto l’idea del poeta dipingendo in quell’imitazione «Lo spavento, l’alfanno, lo sdegno «il cadere precipitevole dei fulminati spiriti l’un sull’altro arrovesciati, urlanti:, e rendendo sensibile la bellezza dell’ordine ritornato. Se non è questo un tratto caratteristico del genio non sapremmo ove rinvenirne un migliore. XXXIII. Appartengono all’imitazione obbiettiva i canti caratteristici nazionali, i quali, quando noti, servono alla musica quasi di scena, trasportando il pensiero a quei luoghi, a quei costumi di cui ritraggono il carattere. A ciò si aggiunga che tali canti nella loro |H semplicità esprimono sempre qualche affetto che l’artista può rendere più sensibile e mettere a protitto, solo cli’ei voglia attentamente studiarlo. Così adoperò Rossini nel Guglielmo Teli, nel quale introdusse molti di quei canti svizzeri detti Rans des vaches, e non pochi ne fece di simile carattere frammischiandovi ove erano opportuni i canti nazionali austriaci ed ungheresi. Con tale artifizio fin dalla sinfonia l’uditore trovasi trasportato in quéi monti, in quelle valli ove da un momento all’altro l’eco ripete o i suoni della cornamusa e del flauto pastoreccio, o prolunga il muggito de’ tuoni. Nel primo tempo la musica vi trasporta in una solitudine in cui sembra regnare un misterioso silenzio. Quindi un uragano quasi vi sorprende e questo cessato udite un pastore che già colla piva intuona la patria canzone, e quindi un flauto che lo direste accordarsi a quello solo per caso, ma esserne adatto disgiunlo tanto le due melodie appariscono l’una dall’altra indipendenti. A compiere questo bellissimo esordio dell’Opera subentra un’allegra marcia austriaca quasi arrivo di numerosa armata. Ecco una sinfonia veramente caratteristica che con due parole, Svizzera ed Austria, pastori e militi fa correre il pensiero a indovinare la natura dei luoghi e degli avvenimenti che stanno per essere rappresentati sulla scena. Ma questo genere d’imitazione perde il suo effetto se i canti nazionali che prende a riprodurre non sono noti. Farebbe pertanto cosa utilissima chi imprendesse una raccolta di tali canti, e a quel modo che dotti viaggiatori ne fecero conoscere le particolari produzioni naturali di questo e quel paese, pubblicasse questa parte del costume dei popoli, adornandola quanto basti a favorirne la diffusione. Tale raccolta arricchita della propria poesia abilmente tradotta sarebbe doppiamente utile, poiché porgerebbe mezzo all’artista di cogliere la natura quasi sul fatto di esalare in suoni i più intimi sentimenti, da cui forse siamo noi già troppo lontani, come quelli che assoggettato avendo la musica al calcolo abbiani forse accordato troppa stima e importanza a ciò, che più spesso parla dell’artista anziché dell’affetto. (d) R. Boucheron. (t) Nell’articolo Carattere dei trioni dato nel N. 2-i, alla riga 35 della pagina 109 leggi la bémolle maggiore e non come per errore tipografico fu stampata fa bemolle maggiore. CRITICA TEATRALE. BREVI PAROLE Iu proposito ali 1111 lungo silenzio, eec. Non ci recherebbe menomamente sorpresa, che a taluno de’ nostri lontani lettori sembrasse, o che da gran tempo i teatri drammatici milanesi se ne stiano oziosi, o che la Gazzetta Musicale abbia voluto emanciparsi dal parlar degli spettacoli lirici della giornata. Se non chela Gazzetta ha da qualche mese a questa parte le sue buone ragioni per tacersi su tutto o quasi tutto che nella primavera scorsa hanno offerto le nostre scene liriche, delle quali non meno di tre eran aperte al culto di Euterpe. D’altronde ci siam già spiegati abbastanza a tempo debito non esser costume nostro di tener conto di riproduzioni di vecchi spartiti, quando qualche particolare circostanza di rilievo non ne’spinga a fare un’eccezione. Ma ci è giuoco forza affermare che nè la Celeste degli Spadari. nè il Barbiere, nè il Gonzak’o alla Scala, nè il Giuramento. nè il Roberto, ecc.. al Carcano. nò il Chi dura vince, o la Beatrice al Re, nulla offrivano di tale rilievo da richiedere dettagliati articoli, abbencliè qui e colà noi •pure non isdegnassimo dividere alcuni degli applausi, che il nostro gentil pubblico profondeva, più che spesso non abbisognasse, ai fortunati esecutori. Bensì piuttosto, con intima convinzione e con buona dose di ammirazione, avremmo voluto tener discorso di madama Albert, che intermezzava i Vaudevilles francesi, con delle Canzoni o Ariette ch’ella cantava forse come nessun’altra saprebbe cantare-, ariette che oltre allò straordinario pregio dell’esecuzione, vogliono essere in generale distinte anche per impronta caratteristica ed eleganza di composizione (*). Ma anche il talento di un’artista drammatica, che non trattava la musica che per sola incidenza, o come dicesi, per un di più, poteva ben poco interessare i serj cultori dell’arte musicale. Però un tortoche ne si appone, e del quale potremmo esser creduti colpevoli davvero, si è che e la Scala e il Re ci regalarono, senza che noi ne facessimo menzione, di tre spartiti nuovissimi per Milano: vale a dire al maggior teatro Ea Testa di Bronzo di Mercadante e la Clemenza di Valois di Gahussi:, al Re il Columella di ritorno dagli studj di Padova di un Fioravanti che ne si dice figlio del celebre autore delle Cantatrici Villane. Ma noi ci scolpiamo del nostro silenzio coll’osservare che la prima di queste tre Opere nuove per Milano a malapena si sostenne per troppo palese abuso di forme antiquate, senza che mai rivelasse a compenso qualche lampo di genio, qualche tratto di vera invenzione; la seconda fu giudicata a buon dritto un debole parto di non originale fantasia, e si trovò quindi al tutto mancante di vigoroso concetto e di forti tinte, quali a tragico dramma convengousi, mancanza che rendevasi viemaggiormente palese nei troppo vasti spazii della Scala. Però in parte almeno stanno a scusa dei due summentovati spartiti, e le solite riduzioni, e i soliti tagli e i cangiamenti di tuono, e le parti per nulla adatte agli esecutori e le solite manomissioni, alle quali già da lungo tempo abbiamo dovuto 0 d amore o di forza avvezzarci. A tutto ciò si aggiunga la poca importanza, anzi 1 assoluta noncuranza colla quale il pubblico del nostro gran teatro riguarda solitamente (e nel corrente anno forse più che per lo innanzi) gli spettacoli musicali. Intanto ecco quel che succede: per potere o d un modo o dell altro farsi udire da una platea che a tutt altro si interessa fuorché alla musica, i poveri artisti son costretti a gridare invece di cantare, persuasi di rendere omaggio con questa singolare sostituzione al noto proverbio «chi ha più voce ha più ragione «.La giovine signora Abbadia, dotata di ottimi elementi per una splendida riuscita, si addimostrava in singoiar modo persuasa di questo fatto, allorché dimenticando al tutto i migliori precetti della buona scuola, sforzavasi a meritar gli applausi di coloro i quali misurano il valore de’ cantanti in ragione della robustezza de’ polmoni e della dilatabilità della gola. Però, seguitando improvvidamente nell’infelice si(1) L’editore Lucca pubblicò buon numero delle più scelte di codeste Ariette; e noi raccomandiamo questa pregevole Raccolta agli amatori della buona musica da ÌV camera. L’Estens. (Qa m sterna adoti non tardi a mazzatori c lisce i mig celebrità.. Se male spettacoli tì trovò magg comici. E bizzarro © bellissimo l per un bri ’■ %es l’ingegnosi tanti, cui nuovo, un mentale. N zetto può il nome d Anche i speranza ( recite furi quasi con tro, che 1 brare troj vera disgi la sua limi sonorità, i alla musi’ Queste dramma 1 Ora da nuova sci de’ spartii Luglio e avremo t nuovissin dobbiam lutante li recite di Doniz signor P intelligen signor B ri tono, sta scuo nelle noi non avei gnor Pa niamo, trarre de L’altro 1 nominati siderarsi di vista stia si a seconda sellino ( fastoso Tirelli i dover c: o no ret imparar Quel Ae’gran si è che nulla n delibiti del risj una vo Del tutta fi codesti i signe di cura stre ci [p. 127 modifica]stema adottato, la signora Abbadia potrebbe non tardi accorgersi che il voto degli schiamazzatori da platea non è quello che conferisce i migliori titoli ad una incontestabile celebrità...

Se male riuscirono alla Scala i nuovi spettacoli dati, al Re il modesto Columella trovò maggior fortuna specialmente ne’ pezzi comici. E a noi pure ne piace lodare il bizzarro coro de' pazzi; e molto più il bellissimo terzetto de' tre buffi, assai lodevole per un brioso ed intrecciato parlante e per l’ingegnosissimo contrasto delle parti cantanti, cui trovasi sottoposto, abbenchè non nuovo, un elegante e ben ragionato istromentale. Non esitiamo a dire che questo terzetto può bastare da sè solo a far chiaro il nome d'un autore.

Anche il teatro Carcano ne avea dato speranza di qualche novità musicale, ma le recite furono tronche anzi la fine, destino quasi consueto cui va soggetto questo teatro, che ha la disgrazia di essere o di sembrare troppo lontano dal centro della città; vera disgrazia, perchè esso sarebbe e per la sua limitata vastità, e per l’invidiabile sua sonorità, il migliore de’ teatri di Milano che alla musica vengono destinati.

Queste furono le fredde sorti del melodramma nella decorsa stagione.

Ora da poche sere si riaperse il Re con nuova schiera di cantanti. Nel vario numero de’ spartiti che ne si promettono pei mesi di Luglio e Agosto, giova rimarcare che ne avremo tre nuovissimi per Milano, come nuovissimi ci sono i loro autori. E di ciò dobbiam compiacerci.

Intanto si diede principio a questo corso di recite colla sempre fresca e cara Lucia di Donizetti, che offerse campo al tenore signor Pancani, di mostrarsi dotato di fina intelligenza nel canto e buon metodo. Il signor Bartolini è un buono e sonoro baritono, e la sua voce rinviensi con giusta scuola sviluppata in ispecial modo nelle note acute, cosa che ne spiacque di non aver potuto notare nel sullodato signor Pancani, il quale, se non ci inganniamo, potrebbe con non lungo studio trarre doppio partito da’ suoi mezzi vocali. L’altro basso sig. Catalano vuol esser pure nominato con lode, e sarebbe del pari a desiderarsi che i grandi teatri non perdessero di vista siffatti artisti, che con rara modestia si accontentano di sostenere le parti secondarie in tempi, ne’ quali ogni più meschino cantore tende a volersi arrogare il fastoso predicato di assoluto. La signora Tirelli canta ed agisce come ella sente di dover cantare ed agire. Se ella poi senta si o no rettamente, lascieremo giudici i nostri imparziali e colti dilettanti....

Quello però che anche al Re si fa a modo de' grandi esempii de' grandi artisti del giorno si è che si grida a tutta furia, non curandosi nulla nè del buon senso, nò meno ancora dell intonazione, nè quel che più importa del risparmio de’ mezzi vocali, che perduti una volta non si riacquistano più.

Del resto anche qui il pubblico batte a tutta forza-delle mani e de’ bastoni, e dopo codeste specie di schiamazzi è naturale che i signori artisti abbiano ben poca voglia di curarsi delle nostre prediche e delle nostre condanne.

A. M.


STABAT MATER


DEL CELEBRE ROSSINI


ESEGUITO IN FIRENZE.


(Diamo luogo in questa Gazzetta al seguente articolo comunicatoci da un nostro collaboratore corrispondente. Per le ragioni che il lettore saprà farsi da sè, crediamo necessario avvertire che alcune tra le opinioni manifestate, in esso articolo intorno allo Stabat rossiniano sono da considerarsi come al tutto speciali dell’autore dell' articolo stesso).

A colui che sul mezzogiorno del 26 giugno corr. entrava nel magnificò Salone di Palazzo-vecchio, grande ed imponente apparato si presentava. Un migliaio e mezzo di spettatori, tutti comodamente seduti in faccia a cinquecento musici schierati sopra il più alto ripiano della gran Sala, e simmetricamente disposti in un palco a spalliera espressamente erettovi, indicava esser quivi prossimo l’incominciamento di una gran solennità musicale. Era il Comune di Firenze che a maggior decoro delle annuali feste solite a celebrarsi in onore del Santo Battista, venerato protettore della città, ed a filantropico benefizio degli Asili infantili, offriva al pubblico questo grandioso trattenimento. Il già tanto famoso Stabat di Rossini doveasi quivi gustare per la prima volta nella sua integrità, ed insieme alla grande Sinfonia del Guglielmo Tell, formar dovea tutto il soggetto del trattenimento medesimo. Questa tranquilla ed oziosa assemblea die’ manifesti segni di allegrezza all’apparire dell’amatissimo Sovrano della Toscana, il quale in compagnia di varii membri dell’I. e R. Famiglia si degnò far parte dell’uditorio. Al triplice plauso universale reso ad onore dei reali Personaggi successe il più profondo silenzio, e fu in questo stato di moral concentrazione che si mossero dall’Orchestra quei primi suoni gravi, lenti e melanconici, con che ha principio quella bellissima opera dello Stabat.

Volendo in prima parlare della esecuzione musicale diremo che ella riesci ad un tal grado di perfezione da renderne quel pubblico pienamente soddisfatto; ed ognuno potè riconoscere, come incominciando dai principali capi fino all’ultimo corista, o all’ultimo sinfonista, tutti gli esecutori agivano col massimo impegno, non tanto per la venerazione che ognun risente pel gran compositore, quanto per sostener la gloria musicale italiana, e specialmente in questo caso la fiorentina. Non vi fu di notabile pei maggiori intendenti, che un qualche disequilibrio nei gran forte dell’Orchestra prodotto dalla sovrabbondanza degli stromenti in ottone. Le parti principali del primo e del secondo soprano furono sostenute dalle signore Teresa Brambilla e Carolina Sabatier-Ungher, e quelle del tenore e del basso dai signor maestro Ferdinando Ceccherini e Camillo Fedrighini. La direzion generale era affidata all’espertissimo maestro Pietro Romani, che volle anteriormente trasferirsi a Bologna per consultare l’illustre autore sui migliori modi di esecuzione di questa ultima sua famigerata opera; l’orchestra fu magistralmente condotta dal nostro benemerito Cavaliere Ferdinando Giorgetti. I nomi di tutti questi eccellenti artisti risplendono tanto chiari e sono ormai tanto noti nella repubblica musicale, da non abbisognare di ulteriori encomi. Ciascuno dei dieci tempi in cui è diviso lo Stabat fu al sommo gustato ed applaudito: ma ove nella udienza si risvegliò un maggiore entusiasmo si fu nel primo tempo (Stabat Mater, ecc.). nel quinto tempo senza stromenti (Eja Mater) che a soddisfazion generale per due volte ebbesi a ripetere, e nell’ottavo tempo (Inflammalus, ecc.) Sembra degno di esser notato un fatto che pare annunziare un progresso negli uditori. L’uso invalso di prorompere in applausi appena che il cantante compie l’ultima nota della sue parte in ogni pezzo ove egli abbia eccitato vive sensazioni, toglie sempre quell’effetto che debbe produrre un’aggiunta stromentale che il compositore per lo più vi unisce, o per render pienamente compita quella parte di composizione, o per legar questa con ciò che ne debbe succedere. In tutto il corso della esecuzione dello Stabat Mater, meno alcune poche volle di maggior trasporto, il pubblico attese sempre l’ultima nota dell’orchestra per esternare alla fine d’ogni tempo la sua interna soddisfazione.

Ma che diremo del lavoro del gran maestro compositore? Il gusto musicale così multiforme, così vario, così dipendente dallo stato fisico, dal grado di incivilimento, da mille abitudini individuali talvolta strane e ridicole può egli mai formularsi e ridursi ad una unità cosmopolitica? Rossini io ha tentato, e sembra esservi riuscito. La musica del suo Stabat è cosi variamente colorita nello stile, che a prima vista direbbesi opera fatta in varie epoche, o ritoccata a più riprese dall’autore istesso, se non lavoro di varii artefici, od è per questo appunto che ogni uditore ritrovando in tal composizione se non tutto almeno una parte del proprio tipo, non può ammeno di gustarla ed ammirarla; cosicché lo Stabat di Rossini in Firenze generalmente ha piaciuto a tutti.

La collezione degli scritti pubblicati fin qui sul rossiniano Stabat credo che già formar potrebbe un grosso volume. Ma tralasciando tutti quelli di niun significato per l’arte perché ristretti a pubblicar le lodi dell’autore, diremo che ci sembra rinvenire un difetto in quei pochi dettati da uno spirito di analisi e di critica, ed è quello di non aver preso a considerar quest’opera nel suo vero punto di vista. Alcuni, e specialmente gli oltramontani, opinano che la musica dello Stabat di Rossini non è musica da Chiesa, persuasi che quest’arte impiegata nel culto cattolico deliba costantemente ritenere le forme del medio evo, dimentichi forse che la musica nelle sue varie diramazioni è sempre la viva espressione dello spirito del secolo che ella percorre, il di cui progresso e variabilità non polendo arrestarsi, per conseguenza non può quella rimanersi stazionaria, senza divenir nulla ed insignificante. Egli è vero che il dotto artista scorge nelle opere del Palestrina un mistico e profondo sentimento espresso con un tal meccanismo d’arte da recar sorpresa ed ammirazione; ma queste forme musicali costituiscono un linguaggio incognito, e per conseguenza insignificante alla vivente cristianità d’oggi nel secolo XIX, perchè non conforme al comun modo di sentire e di pensare. Per tal ragione nello scorso secolo l’autorità dell illustre Padre Martini non valse a diminuire il pregio e la fama dello Stabat di Pergolesi da lui qualificato per lavoro di stile profano e teatrale, e molto discosto da quel tipo che egli stimava degno della Chiesa, e di cui ne offriva i precetti e gli esempii nella sua dottissima opera di contrappunto sul canto fermo.

Altri scrittori han detto esser bellissimo il componimento musicale di Rossini, ma mancante dello spirilo religioso. So questa semplice indicazione fosse stata pienamente sviluppala, credo al certo che si avrebbe fatto molto guadagno nella parte estetica dell’arte, astrazion fatta da ogni applicazione, a quest’ultimo lavoro di Rossini, giacché si sarebbe trattato 1.° di stabilir precisamente qual sia lo spirito religioso che domina attualmente le moltitudini cattoliche; 2.° di indicare quali forme musicali dovessero adoprarsi ad esprimere o rappresentare questo spirito medesimof 1. Ma a mio giudizio lo Stabat dell’immortal pesarese debbe sottoporsi ad altro esame, e parmi che giudicar si debba come lavoro non dedicato al servizio della Chiesa, ma appartenente alla classe degli Oratorio, vale a dire considerarsi come opera del genere misto che partecipar deve della vaghezza dello stile drammatico e della severità dello stile rigoroso. Ed in fatti ben si scorge che Rossini ha voluto piena libertà di concetto nelle sue creazioni, nè ha creduto in questo suo lavoro assoggettarsi in nissuna maniera alle esigenze del culto della Chiesa. Ciò si rileva dalle grandiose dimensioni delle forme musicali da esso quivi impiegate, le quali portano tutto il componimento ad occupare un lasso di tempo non comportabile, nelle nostre sacre cerimonie del cattolicismo. Di più il lusso e lo sfoggio della stromentazione, da cui effetti sorprendenti ritrae, non sarebbe sempre adattabile nelle nostre Chiese, nè le parti principali vi potrebbero esser, in quanto ai soprani, sostenute dallo vere voci per cui sono scritte, giacché in grazia di un maggiore incivilmento non abbiam più nella società di quegli esseri neutri una volta a ciò destinati, né alle donne è permesso prender parte nella musica che si eseguisce nelle Chiese cattoliche.

Considerato dunque lo Stabat Rossiniano come musica d’Oratorio spariscono all’atto quelle maggiori taccie in cui fin qui era incorso presso i suoi critici più ragionatori; nè certamente è da farsi conto alcuno di quelle piccole mende che taluni pretendono rinvenirvi. Queste in fine non son tali da recar disturbo al sentimento musicale degli uditori; l’esperimento ce ne accerta. - Ma vi siano pure - e qual è l’opera umana senza una macchia d’imperfezione? Ricordiamoci che all’uomo è negata la perfettibilità: il creder diversamente è stoltezza; anche il sole ha le sue macchie, nè per questo è meno risplendente1.

Luigi Picchianti.


VARIETÀ.


— Si sta apparecchiando a Brusselles una grande pompa musicale che avrà luogo il dì 21 prossimo Luglio, giorno anniversario dell’ entrata del re Leopoldo nella sua capitale quando venne a prendere possesso del trono che ollfferto gli avea la nazione, il sig. Fétis ha concepito il piano di questa solennità; egli ha convocato le scuole e le società di musica delle diverse città che hanno promesso il loro concorso, e si riuniranno per questa circostanza al Conservatorio di Brusselles. Dietro ciò che si può prevedere, contando il numero degli interventori che hanno già accettato l’invito, vi saranno incirca trecento voci e un centosettanta strumenti. Si eseguiranno brani di grandi compositori, fra i quali si citano varii pezzi del Paulus, Oratorio di Mandelsshon: già sono state distribuite le parti di canto affine di poter fino da questo momento procedere agli studii e alle prove parziali. Il concerto avrà luogo di sera in una Chiesa che dopo il gran concerto dell’anno 1834 fu trasformata in un locale ove si festeggiano tutte le grandi cerimonie nazionali. Circa a tremila uditori possono essere commodamente disposti in questo gran vaso. La commissione direttrice della festa ha deciso che per richiamare il maggior numero che si possa di spettatori intelligenti e capaci, di gustare il genere della musica che si eseguirà, il prezzo d’ingresso sia il solito degli altri concerti ordinarii. Questo è un savio provvedimento. Siccome queste riunioni, che del resto hanno luogo di rado per cagione dell’imbarazzo e difficoltà che porta lo scioperarsi d’uomini abitualmente occupati; siccome queste riunioni, dicevamo, sono intese a popolarizzare il gusto dell’arte musicale, non si deve, per una falsa mira di lucro, limitarsi ad attrarvi un pubblico [p. 128 modifica]eccessivamente ristretto a pochi. I cori saranno in parte cantati dagli allievi del Conservatorio di Brussellcs e da quelli delle altre scuole del paese, e in parte dai dilettanti che hanno voluto prestarsi a questa bella intrapresa. Il sig. Fétis è secondato da giovani che hanno pei primi stabilito nel Belgio una società per l’esecuzione della musica vocale senza accompagnamento, in sull’andare delle numerose associazioni che ha la Germania. Questa società clic ha assunto il nome di Riunione lirica si e ordinata secondo che ha piaciuto al sig. Fétis. Si temeva che le dame del gran mondo non si sarebbero senza ditlicoltà piegate a mischiarsi agli artisti in questa circostanza. Le piccole città (e Brusselles, come che avente rango di capitale, rassomiglia in molte cose alle piccole città ) sono teatri ove si agitano mille piccole passioni vane e intrighi destati dall amor proprio. Bisogna però dirlo, a lode delle dilettanti signore di Brusselles, elle si sono mostrate a questo riguardo di assai miglior tempera di quello che si aspettava. Esse meneranno dall’un dei lati le loro schitiltosità per non pensare ad altro che al bene dell’arte che amano e che coltivano con encomio. Poche saranno le parti principali; ma forse si reclamerà il concorso d’alcuno de’ nostri eccellenti artisti, de Beriot, Hauman o Vieuxtemps; ma si eseguiranno principalmente delle grandi composizioni vocali e stromcntali. Gli esecutori che verranno dalle diverse città del paese saranno, seguendo il costume di Germania, rintegrati delle loro spese di viaggio e di soggiorno. Si farà fronte alle spese col mezzo di sottoscrizioni che portano già una ragguardevole cifra; l’avanzo sarà distribuito a’ poveri. Questa sarà la seconda festa musicale che avrà avuta la capitale del Belgio. La prima ebbe luogo nel 183-i, in occasione delle feste commemorative della nostra rivoluzione. Soddisfacente ne fu il risultato; ma se si consideri che allora il sig. Fétis era solamente da un anno alla testa del Conservatorio, c che egli in quest’ultimo tempo ha dato una spinta straordinaria al gusto musicale, v’è luogo a credere che la festa del 4842 sarà molto più ancor sontuosa. (Dalla G. M. di Parigi^. — Carlomagno era un distinto conoscitore di musica. Egli fece una raccolta di tutti i canti gallici, che ingenerale erano guerreschi, e narravano le gesta dei re franchi. Egli sapeva tutte queste arie a mente. Egli stesso componeva e manteneva delle scuole di musica a Parigi. In Chiesa accompagnava sempre colla sua voce i cantici dei sacerdoti, ed esercitò gli altri principi a fare lo stesso; fece inoltre istruire nel canto le sue figlie. — Il celebre pittore inglese Hogart dipinse un quadro sul quale scrisse «thè enraged musicien» (Il Musicante infuriato). Il gran violinista italiano Castrucci (che andò a Londra nel 4714 ) gli somministrò senza saperselo il soggetto del quadro. Hogart fece circondare la sua casa da tutti i suonatori di stromcnti da strepito che potè raccogliere c colse il momento in cui quel baccano fece venire alla finestra il virtuoso per copiare da una casa dirimpetto il volto del disperato Castrucci. A’ giorni nostri basterebbe eseguire, in simili occasioni, certi pezzi di musica drammatica tanto clamorosamente applauditi, e si sarebbe certi di ottenere il medesimo effetto 1 NOTIZIE VARIE. — Parigi. Alla Accademia reale di musica nella sala in Via Lepellcticre si è data una nuova Opera in due atti, parole del sig. T. Anne, musica del sig. Ambrogio Thomas. La Gazzetta Musicale di Parigi piacevolmente fa osservare come dovendosi dare un nuovo ballo pantomimico intitolato Ce Jolie file de Gand con musica di Adam, si c avuto ricorso al progetto di aggiungnervi quasi come per un di più l’Opera suddetta che ha per titolo Le Guerillero. Il soggetto del dramma riguarda l’epoca in cui il Portogallo mosse guerra alla Spagna l’anno itl4U; ed il sig. T. Anne che è uno de’ buoni critici ha fatto prove di molta pratica del teatro c di molta intelligenza drammatica, cose non nuove e sperimentate in lui altre volte. Quanto alla musica, la sobria lode che ne porta la Gazzetta Musicale di Parigi deve aversi in conto di un meritato elogio, tanto più che il sig. Thomas è compositore assai conosciuto e lodato per l’elevata gravità del suo stile. Noi pensiamo che la musica di questo Guerillero potrà in seguito avere buon luogo fra le belle composizioni del teatro francese, massimamente perchè il sig. Berlioz nel giudizio che ne dà nel giornale dei Debats, encomiandone molti tratti, ci fa credere che quella musica abbia il pregio di quel classico fondamento tanto accetto a quel fantastico critico e compositore; del qual fondamento è a lamentarsi che troppo vadano sprovvedute oggidì non solo le recenti opere francesi ma ancora le nostre. Pare che il sig. Berlioz faccia come un rimprovero al sig. Thomas perchè la sinfonia del Guerillero sia fatta ad imitazione di quella del Guglielmo Teli. Noi, salve le debite convenienze, crediamo che questo debba tornare a molta lode del francese compositore, non essendo quello un modello da potersi ragionevolmente imitare (come si dice abbia fatto il signor Thomas ) senza gran meritò. La musica del ballo si dà per degna di Adolfo Adam che è quanto dire dotta e bella, ma alquanto fredda. Nè questa sarà la prima volta che ciò che si dà per accessorio si porti il vanto e vinca il prestigio della parte principale. Cotali miracoli sono in ragione di quelle strane convenzioni dell’uso anzi dell’abuso, per mezzo delle quali si fa in Italia alcuna volta servire l’Opera alle cavatine e alle cabalette, e in Francia (che è ancor peggio) servir l’Opera al ballo. Nobile e leggiadra vendetta del buon senso! E coloro che senza pudore proteggono sì fatti abusi, non se ne vergognano ancora? — Gli artisti dcTOpera tedesca che si era instituita a Parigi, e della quale si è parlato altra volta, in seguito de’ tristi successi ottenuti e dell’essersi dovuto chiudere quel teatro, sono ora venuti tutti allo stremo di tanta miseria da non aver modo di intraprendere il viaggio per ricondursi in patria. La deplorabile condizione di questi infelici ha mosso l’animo di molte persone benevole ed in ispecial modo la magnificenza c generosità del sig. colonnello Thorn e del grande pianista Liszt. Si è dunque stabilito di dare a loro profitto un gran concerto o mattinata musicale. 11 sig* Thorn presterà il suo levale, e Liszt suonerà diversi pezzi, dappoiché si compiace ili esercitare volonteroso la sua beneficenza pei poveri artisti come già fece poco prima a profitto degli incendiati di Amburgo. Il programma è come segue: 4.° Cori di Weber, eseguiti dai coristi del Teatro tedesco; 2.° Reminiscenze del Don Giovanni, eseguite da Liszt; 3.° Es lebt eine rati im Jiellernest, coro di studenti, testo di Goethe (nel Fausto); 4.° Ave Maria, Der Erlkoeniug (il re degli Aulnes) melodie di Schubert, di Liszt; 6.u Rheinweinlien, canzone baccanale, eseguita dai coristi tedeschi: 9 Fantasia sopra alcuni motivi del Roberto il Diavolo (valz infernale, aria di ballo, e marcia) eseguita da Liszt. La santità della causa, l’importanza del programma e il nome di Liszt sarà certo per procurare un ragguardevole incasso che servirà a ricondurre que’ poveri artisti alla patria loro. — La Favorita, opera francese di Donizetli, è stata molto applaudita al teatro di Breslaw. La Gazzetta di quella città soggiugne che il sig. Kustner è stato nominato direttore del teatro reale di Berlino. La prima Opera che si darà sotto la sua direzione sarà la Favorita di Donizetti; e poscia la Reine de Cypre stimata capolavoro di Halevy, alla quale il sig. Kustner farà molto bene a non preferire la Caterina Cornaro, di Sachner che appena si è sostenuta a Monaco, e il cui libretto molto è somigliante a quello della Regina di Cipro. — Un bello esempio di riconoscenza ne porge S. M. il re de’ Belgi ordinando grandi feste e solennità da celebrarsi a Liegi in onore del celebre compositore Gretry, per l’anniversario del 47 o 48 Luglio. La medesima 5. Mi ha incaricato il sig. Solomé, direttore del Gran Teatro di Brusselles di ordinare e disporre tutta la parte lirica di queste feste, e di tracciarne il programma. 11 Re e la Corte dimoreranno in questa occasione tre giorni a Liegi. Saranno messe insieme orchestre sterminate, o, come dicono, orchestre-mostri per eseguire le migliori composizioni di Gretry, e al Teatro si rappresenterà il Ricardo cuor di Leone. Il giorno 4 8 gli artisti di Brusscllcs eseguiranno la Favorita di Donizetti. Sarà inviata altresì a Liegi una deputazione di compositori e artisti francesi per festeggiare l’autore di tante Òpere raaravigliose. — 11 concerto elvetico è stabilito a Losanna pei giorni 3 e 4 agosto. Saranno in esso eseguiti la quinta sinfonia di Beethoven, opera 67, lo Slabat Mater di Rossini ed una sinfonia cantabile di Felice Mendelssohn, opera 52, messa a parole francesi. 11 numero de’coristi sarà di 5U0 c l’orchestra di *240 suonatori. Questo esercito sarà capitanato dal sig. Marbeck di Praga, il quale ha mostrato molta perizia l’anno passato a Lucerna, ove ebbe luogo la medesima solennità musicale. Mendelssohn verrà a Losanna; Donizetti ha colà scritto che spera di potervi anch’egli intervenire, e certo non vi mancheranno molti artisti ed amatori di Parigi. A proposito di queste orchestre-mostri, noi crediamo lodevole consiglio quello di procacciare al possibile sempre abbondante e compiuta l’orchestra e sopra tutto proporzionata al luogo ove la musica si eseguisce; ma lo stabilire come per massima generale che ove sia sterminato numero di esecutori ivi sia solennità musicale, e lo adattare questi mezzi spropositati (come spesso si fa) alle musiche scritte un secolo fa e non concepite così largamente dal compositore e ideate sopra anzi sobrii c non compiuti mezzi d’istromcntazione, sia un grave errore de’moderni zelanti. Noi crediamo che le orchestre-mostri applicate alle semplici musiche de’ tempi passati, rendano appunto quelle composizioni mostruose, come mostruosa apparirebbe un’imagine devota di Pietro Perugino o di Francesco Francia a chi fosse tratto ad ammirarla ingrandita in forme più che colossali. — Il sig. conte di Castellane, divenuto celebre in Parigi pc’suoi privati trattenimenti drammatici e musicali che egli suol tenere in sua casa, ha testé acquistato dai signori Boissclot e figlio regii fabbricatori di pianoforti a Marsiglia, lo stromento di che si è servito Thalberg ne’concerti da lui dati nelle diverse città del mezzogiorno della Francia. — Mcyerbcer è stato ora nominato direttore generale della musica a Berlino. Oltre alla musica dei Teatri egli dirigerà ancora i concerti della Corte. Cosi la Francia perderà l’illustre compositore; ma vuoisi però applaudire al nuovo omaggio che è reso nel suo paese all’autore del Roberto e degli Ugonotti. — Il monumento innalzato a Mebul da’suoi concittadini, di Givet, è stato inaugurato il giorno 26 giugno. Trecento musici del Belgio hanno preso parte a questa solennità. — Per mostrare che il numero de’ buoni pianisti va aumentandosi presentemente ognor più, basta riferire che del nuovo studio in la di Thalberg, certo malagevole ad essere bene eseguito, sono stati venduti in Parigi nello spazio di soli otto giorni ben 4 2nO esemplari. — Lilla. Magnifico è stato il concerto dato dal signor Bénard direttore d’orchestra del teatro di quella città. Si sono eseguiti pezzi di Weber, di Halevy, di Rossini, di Bellini e di Donizetti. La seconda parte si incominciò con una sinfonia del sig. Baurnann che molto è stata lodata per severità c sostenutezza di stile. Un Te Deum del sig. Ferdinando Lavainnc fu pure eseguito in questo concerto, il quale è stato stimato opera magnifica nel suo genere. — Cahlsruiik. Per le feste nuziali della granduchessa Alessandrina si è rappresentata una nuova Opera di T. Iloven intitolata Giovanna d’Arco che molto ha piaciuto. — Nel N.° 785 dell’Osservatore Triestino abbiamo letto» Il valente maestro di musica sig. Vincenzo Colla «piacentino, da qualche tempo stabilito in Trieste, è «stato testé insignito del titolo di socio onorario della «celebre Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia • in Roma, in qualità di maestro compositore. - Nel • pubblicare questo annunzio, onde seco congratularce«ne, non possiamo che far plauso al merito che favo• revolmente anche fra noi lo distingue-. — 11 Monde Musicale riferisce il buon esito della prima rappresentazione d’«Une Aventure de Scaramouche. Opéra-bouffe en trois actes, par M. A. de Forges, musique de Louis Ricci, arrangée pour la seene française par M. de FulUrtv. • Attendiamo che questa notizia sia confermata da altri più gravi giornali parigini per parlarne con maggior asseveranza. — Pesth. Nel Giornale di questa Città Lo Specchio si legge:» Il secondo Concerto di Bazzini il giorno 2» corr. attirò, come lo avevamo predetto, un uditorio ancor» più numeroso. Il grand’artista destò questa volta (se ciò» è possibile) in tutti ancor maggior stupore della prima • volta. Egli si fece sentire in una Fantasia da lui com» posta sull’Opera Esmeralda del M.° Mazzueato, nella» celebre Elegia (senza accompagnamento) e finalmente in» una Fantasia drammatica di sua propria composizione;» ed in tutti questi pezzi sviluppò egli in quanto alla tec» nica ed al maneggio del suo stromento delle cose inau» dite ed insuperabili, e nello stesso tempo provò, partico» lannente con un adagio pieno d’anima, ch’egli poten» temente sa coinmovere le corde sentimentali dell’udi- torio. Bazzini non teme più veruna difficoltà; tutti gli • scogli che il violino oppone a’ suoi più valorosi mae» stri non esistono per lui, o egli vi passa sopra come • una silfide sopra le rose e le colline del Parnaso. Negli» intervalli udimmo per la prima volta una giovane ean» tante Madamigella C. Miller che in un’aria di Ros• sini, addimostrò un non comune ingegno. La sua voce» è robusta, e di una bella altezza, e se ella non rispar» mierà diligenza e studii di perfezionamento potrà riu» scire una buona cantante. Essa fu incoraggita allo» studio con ripetuto chiamate. MiOYE PUBBLICAZIONI MUSICALI DELL I. II. STABILIMENTO NAZIONALE PHIV1LEG.’ DI GIOVARSI RICORDI. MmüMÎS BHDSlIlùyK FABiTAISIES BIUU.AMCS pour le Finno SUR LES OPÉRAS NOUVEAUX CHOTECK Cahier i. - Anna Balena-, Belisario; Marino Faliero Fr. 2 3U. Cahier 3. - Lucrezia Bargia; Torquato Tasso Fr. 2. DE 002VUETTI i* Petites Fantaisies faciles et brillantes jponr le JPitttto Op. 93. - Chaque Fr. 1 75. iY. 40. Marino Faliero. N. 41. Parisina. N. 42. Torquato Tasso. Violino (o Flauto), Viola e Violoncello SULL’OPERA SAFFO di PAC1AI COMPOSTE DA P. TONASSI N. 1 e 2. Fr. 4 cadauna «3 e 4. no n eiovimi ricordi EDITORE-PROPRIETARIO. Dall’1. R. Stabilimento Sazionale Privilegiato «li Calcografia, Copisteria e Tipografia Musicale di GIOVATIVI RICORDI. Contrada degli Omenoni 1Y. 1750. SM

Note

  1. Fu per altro sempre lecito, anzi fu dovere degli osservatori diligenti il venir notandole queste macchie e additarle a coloro che troppo sarebbero inclinati a lasciarsi abbarbagliare dalle meravigliose splendidezza del grand’astro.

    L’Estens.

  1. Lo Stabat di Rossini venne considerato sotto questi diversi punti di vista dalle più gravi Riviste francesi, la Revue de Paris, la Revue des deux mondes, la Revue indépendante ed altre. Veggasi inoltre la brouchure intitolata Observations d’un’amateur non dilettante, ecc.

    L’Estens.