Gazzetta Musicale di Milano, 1842/N. 39

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N. 39 - 25 settembre 1842

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GAZZETTA MUSICALE

N. 39

DOMENICA
25 Settembre 1842.

DI MILANO
Si pubblica ogni domenica. — Nel corso dell’anno si danno ai signori Associati dodici pezzi di scelta musica classica antica e moderna, destinati a comporre un volume in 4.° di centocinquanta pagine circa, il quale in apposito elegante frontespizio figurato si intitolerà Antologia classica musicale.
La musique, par des inflexions vives, accentuées. et. pour ainsi dire. parlantes, exprimè toutes les passions, peint tous les tableaux, rend tous les objets, soumet la nature entière à ses savantes imitations, et porte ainsi jusqu’au coeur de l’homme des sentiments propres à l’émouvoir.

J. J. Rousseau.

Il prezzo dell’associazione annua alla Gazzetta e all’Antologia classica musicale è di Aust. lire. 24 anticipate. Pel semestre e pel trimestre in proporzione. L’affrancazione postale della sola Gazzetta per l’interno della Monarchia e per l’estero fino a confini è stabilita ad annue lire 4. — La spedizione dei pezzi di musica viene fatta mensilmente e franca di porto ai diversi corrispondenti dello Studio Ricordi, nel modo indicato nel Manifesto — Le associazioni si ricevono in Milano presso l’Ufficio della Gazzetta in casa Ricordi, contrada degli Omenoni N.° 1720; all’estero presso i principali negozianti di musica e presso gli Uffici postali. Le lettere, i gruppi, ec. vorranno essere mandati franchi di porto.


A questo numero si unisce il Pensiero funebre ed elegiaco in morte del duca d Orleans, composto per pianoforte da G. Battista Cramer, il qual pezzo è il terzo di quelli che l’Editore-proprietàrio della Gazzetta musicale si propose donare a benevoli Associati come da manifesto 23 giugno. Quanto prima si darà il N. 8 dell’Antologia Classica. ESTETICA MUSICALE. E>a musica considerata indipendentemente dalla Poesia. (Fedi i fogli 19, 3, 24, 26, 28, 34, 36 e 37/ 1 alle riflessioni fatte, mentre schiara apparisce la potenza ^espressiva che è nella musica i per la relazione che essa ha colla " v’,a’ si scorge pur anche essere qu ^ta espressione affatto generica, né potersi individuare i sentimenti dalla medesima rappresentati, se non col soccorso della parola articolata. In fatti, spoglia la musica di questo soccorso, vi dipingerà sì al vivo una vitalità gettata, a così dire, nel pelago delle umane vicende, combattuta o favorita dalle circostanti potenze: vi farà bensì conoscere e la natura degli urti, e il piacere 0 dolor che ne prova, e la forza che è in essa o non è, di reagire; ma non potrà dire 1 nomi con cui noi possiamo intendere e il personaggio di cui si tratta, e la passione clic lo agita e le circostanze che gli danno favore o gli s’attraversano. Ed ecco il vero, per non dire il solo motivo, per cui agli stromenti più caratteristici ed espressivi si preferisce la voce umana, motivo che dovrebbe bastare a persuadere i cantanti, siccome la chiara e ben distinta pronuncia della parola è per essi principalissimo dovere. Ma se ella è così la cosa dovremo noi rinunciare alla musica istromentale per ciò solo che la sua espressione non può essere individuata? Mai no; chè anzi l’esperienza ne dimostra prendersi grandissima parte a questo linguaggio, e per poco che vi siamo avvezzi ecì educati ritrarre anzi piacere da quel vago e indeterminato che lo distingue, forse perchè ne lascia di poterlo interpretare secondo noi stessi, forse perchè ne desta reminiscenze di affetti da noi provati, e più verisimilmente perchè la vaghezza nulla toglie alla verità. XLI. Se però riflettasi che il linguaggio musicale, oltre all’essere così generico e indeterminato, è poi anche sommamente fugace non sarà difficile persuadersi non bastare al vero bello la chiarezza e verità di espressione, ma essere necessarie a quest’arte più che ad ogni altra l’unità, la varietà, la ordinata disposizione o condotta, e la più squisita esecuzione. Delle quali cose, dovendo ora discorrere il faremo dando insieme un’occhiata di confronto alle arti sorelle, affinchè da ciò che hanno fra loro di comune o differente più chiare emergano alcune verità principali. L’uomo è il tipo primitivo, ed insieme lo scopo essenziale cui mirar debbono le arti belle, epperciò qualunque sia il mezzo materiale di ciascuna, esse debbono convenire in alcuni punti, la cogniziou dei quali non può che tornar utile all’artista. Oltre a ciò se è vero (come non può dubitarsi) che le arti giovansi a vicenda e ravvivasi il genio dell una alle ispirazioni dell’altra, gioverà sempre lo intenderne l’intima natura ed il particolare linguaggio, il che non sapremmo inai troppo raccomandare ai giovani artisti d’ogni genere. XLII. Ciò che costituisce la principal differenza fra le arti, anziché nei mezzi materiali o nel senso su cui agiscono, già il dicemmo, consiste nella mobilità o immobilità di cui sono dotate, e nell’influenza che esercitar possono sulla vita. Arti mobili sono la Poesia oratoria, la Musica e la Mimica, arti immobili sono le Plastiche e l’Architettura. LaPoesia, l’Oratoria e l’Architettura hanno un’influenza immediata sulla vita, le prime colla potenza di persuadere le altrui volontà a tali più che a tali altre azioni, opinioni e credenze: l’altra perchè, non all’immagine di un oggetto rappresentato, ma all’oggetto reale dà forma conveniente a palesarne l’intimo scopo e natura. Quindi è che questa ritrae il suo bello dalle nozioni che tutti abbiamo intorno alla proporzione delle forze materiali, ed all’equilibrio dei gravi, e da quelle analoghe allo scopo dei monumenti che erige. La vastità, eleganza e ricchezza di un tempio non solo vi parlano della maestà, dell’essere a cui è consacrato; ma eziandio della pietà e grandezza di chi lo volle eretto. La magnificenza dell’Arco della Pace in Milano (il più bello che esista) è monumento che attesta e la grandezza degli esseri che n’erano gli arbitri, e quella del popolo cui fu recata, e il desiderio che era in esso della medesima. Le arti plastiche sono immobili, ma la Pittura, benché non possa rappresentare che un punto unico nel tempo di un fatto, di un affetto, ha un vantaggio sulla statuaria nelfuso dei colori, delle molte figure, e della scena, per lo chè il campo del pittore è assai più vasto. Nella statuaria se disdice il colore, ben più disdice la molliplicità delle figure (se non trattasi di rilievi) a meno si possano riunire in un sol gruppo, come non ammette scena, e vi sono inesprimibili le circostanze del tempo. Le quali cose obbligano lo scultore ad una somma semplicità di concetto, e rendono disdicevoli alla statua tutte quelle vesti che, inutili al carattere, o nascondendo troppo le forme naturali, ne toglierebbero il linguaggio delle modificazioni dei muscoli. Per le quali cose se non siano ammissibili (nè sempre lo sono) alcuni segni simbolici a servire di quasi nome al soggetto, il linguaggio della statua è generico quanto quello dei suoni inarticolati. Massima dillicoltà e dovere precipuo delle arti immobili si è il dar vita e un quasi moto ai soggetti rappresentati, i quali perciò debbono essere immaginati o còlti nel miglior punto di azione, clie sarà sempre quello in cui l’affetto può meglio manifestarsi, servata la ragion della grazia. Mirabile fu in ciò l’arte del Sanzio e spiccò massimamente nel dipinto rappresentante 1 incendio di Roma, nel quale, a far conoscere l’impeto del vento che le fiamme dilatava, espresse una donna quasi corrente le di cui chiome e vesti, invece di sventolare all indietro come al solito, le si raggruppano sul davanti. Nè meno valente fu il Canova. Osservatene l’Ebe. Vedendola in profilo sembra veramente ch’ella debba muovere il passo, tanto la persona è sporgente oltre la linea d’equilibrio, e se ponete mente all’aderire che fanno le vesti sul davanti mentre svolazzano all’indietro, vi accorgerete come essa indubitatamente corre fendendo 1 aere. Bellissima del pari è la mossa con cui Monti di Ravenna atteggiò la statua monumentale di Parini, e vi rappresentò il poeta che sta cercando un’acconcia parola, la quale dal sorriso di cui brillagli il volto, accorgerete già balenargli nel pensiero, e pare perciò ch’egli stia ad un punto di muovere il braccio sospeso a segnarla sulla tavola che sostiene colla sinistra. XLIII. Per l’opposto nelle arti mobili l’artista ha da studiarsi di arrestarne quasi la fugacità e renderne tanto più profonde quanto meno durevoli sono le impressioni. A questo fine conviene che l’artista (Oratore, Poeta, o Musico cii’ei sia) scelta un’idea principale, in modo s’adoll 1 ■ ili I i!;! il [p. 170 modifica]peri che la medesima rimanga sempre presente al pensiero, nel che consiste propriamente la tanto raccomandata unità. Siccome però il non intrattenere la mente che in una unica idea produrrebbe monotonia e noja, qualora non si presentasse la medesima con sempre nuove forme e associata a idee secondarie che le diano rilievo, e tengano desta l’attenzione, così si scorge non dovere 1 unità escludere la varietà, come vedesi in che questa propriamente consista. Tale è strada segnalaci dai più grandi in ogni genere d’arti. Leggete il Furioso del divino Ariosto e vedrete come tutte le immense fila di quella gran tela concorrano allo scopo eli ei si è prefisso, l’esaltazione dell’eroismo cavalleresco e quello della Casa d Este, per mezzo della geneologia, o per meglio dire 1 eccitamento a nobili imprese della medesima famiglia per mezzo dell’emulazione degli avi. Leggete il Goffredo di Tasso e vi troverete un’immensa varietà nell’unità di scopo, e fra i moderni leggete i Promessi Sposi del nostro Manzoni, e lo troverete seguace de’ grandi esempi. L’unità e la varietà convengono non meno alle arti immobili, poiché se la varietà desta interesse e attrae l’attenzione, l’unità la raccoglie, e fa che più facilmente s’intenda e più profondamente si risenta l’idea dell’artista. L’unione di questi due principj è poi ciò che forma l’armonia nel suo più ampio senso, non meno che nel senso particolare con cui l’intendiamo nell’arte nostra, la quale armonia non si può meglio definire che per la perfetta concorrenza della parti a far intendere un tutto. Se in un paesaggio rappresentante un sito umido e paludoso avrà il pittore fatto scelta di un cielo ingombro di nubi, e sparsovi le muffe, i giunchi, e le piante analoghe con una certa squallidezza nelle macchiette, avrà ottenuto l’armonia. Ma se è facile al pittore o statuario, al poeta od oratore lo accorgersi se esista nella sua opera l’unità, non così lo è pel musico scrittore e lo vediamo tutto dì nei primi saggi dei compositori novelli. Crediamo pertanto non inutile il determinare a quale degli elementi di quest’arte misteriosa più si addica il conservare l’unità, o l’introdurre varietà. XL1V. Prendiamo a considerare le opere dei buoni maestri, massimamente nel genere ìstromentale o nella musica sacra, e non dureremo fatica ad accorgerci siccome alla melodia ed al ritmo affidarono l’unità traendo la varietà dalla modulazione e dal contrappunto. E ciò perchè la melodia e il ritmo sono gli elementi che più si distinguono, e si attraggono l’attenzione, come quelli di cui si forma l’argomento del discorso musicale che noi diciamo motivo. E sebbene questo motivo ritragga non poca parte del suo carattere dal tono, tuttavia vediamo col fatto che non si tarda a riconoscerlo fra i ravvolgimenti della modulazione, comechè traslatato a toni di diversa natura. Nè senza ragione l’idea principale di un musicale componimento fu detto motivo, prendendo da questa le mosse lutto il discorso: chè anzi dal medesimo usarono i grandi maestri desumerne tutto il tessuto, spezzandolo, in frasi, in gruppi ritmici, e componendo con tali frazioni nuovi canti, passi d’arte, ed episodii ed accompagnamenti (6) tale artifizio usalo con gusto e senza impronta di stento riesce sempre di buon effetto, e tenendo ferma nella mente la ricordanza della prima impressione, le dà sviluppo ed estensione, mantien vivo l’interesse, e viene a costituire il dramma di un all’etto, di una passione. Ed ogni pezzo di musica debh’essere appunto un vero dramma per riuscire interessante,- cioè deve preparare un affetto, seguirlo nelle sue modificazioni, svilupparne la catastrofe, e toccare gli affetti secondarii da quello cagionali e valevoli a farlo meglio risentire (nel die consiste il vero episodio). XLV. Non si creda però che con questa legge dell’unità si voglia inceppare sovverchiamente il genio astringendolo a troppo angusti confini. All’unità deve accoppiarsi la varietà ed in quel modo islesso che al poeta non disdice abbandonarsi talvolta al dominio della propria immaginazione, non disdice neppure al musico spiegare ardito volo, e trasportare l’uditore a respirare altre aure sotto |iiù caldo Cielo. Queste sono anzi bellezze di primo ordine che però non è dato all" artista di creare che in quei momenti di entusiasmo in cui, piena la mente e il cuore del suo soggetto, esiste intieramente in quello, insensibile all’influenza delle realtà che lo circondano. In quei beatissimi momenti ogni fibra è commossa por lo affetto: chi oserà richiamarlo da quell’estasi? Chi dettar leggi al fe rvido immaginare? Che il più religioso silenzio regni intorno a lui... Egli pon mano all’opera, egli esprime la piena del suo cuore, qual meraviglia s’ei poggia sublime: ■ E muove col pensier l’empireo tutto». E allor che dir puossi: Est Deus in nobis, e che la miglior filosofia è quella di abbandonarvisi intieramente. Ma oltre al non potere l’artista sempre ch’ei vuole riscardarsi a tal segno, questi momenti durano di rado quanto basta ad un intiero lavoro-, die è il bisogno istesso di afferrare l’idea che passa, il tempo sempre troppo lungo di fissarla colla matita o colla penna, richiamano l’artista dall’estasi-, nè è poi sempre facile il riaccendersi al medesimo grado nel medesimo affetto. Che fare allora? Conviene chiamar l’arte in proprio soccorso, e coi dettami di questa sviluppare quelle poche idee che il genio dettò, disporle, condurle, farne un tutto. Talvolta anche accade che, mentre si medita su di un’idea, se ne scoprono meglio le bellezze, e il partito che se ne può trarre, e la mente concentrata in quella meditazione a poco a poco si riscalda di un fuoco, che se non giunge all’entusiasmo è per compenso più durevole. Allora allo scrittore, se fu educato a buona scuola, se ha bene studiato i buoni modelli, se ha fatto veramente sua l’arte, la filosofia sarà soccorrevole, trarrà l’ottimo partito delle sue idee, e sentirà con giustezza i limiti entro cui lo ristringe quel memorando precetto. li e quid nimis, limiti che il solo buon senso può additare, e che perciò sì facile è oltrepassare. XLVI. Egli è qui da osservare una distinzione necessaria fra i diversi generi di musica a proposito appunto dell’unità, poiché se è vero che questa conviene a tutti i generi, è vero altresì che deve intendersi in diverso grado secondo lo scopo di ciascuno. Si è detto l’unità arrestare in qualche modo la somma fugacità delle impressioni, e facilitare la classificazione dei sentimenti dalla musica espressi. Ognun vede dunque di leggeri doversi applicare con diversa proporzione nella musicale composizione, secondo che trattasi di soli istromenti, o di musica vocale, e questa ancora doversi distinguere nei due generi sacro e drammatico. La musica Ìstromentale non ha parola che la dichiari, ogni pezzo deve dunque proporsi un unico affetto, un tema unico. Ogni salmo, ogni inno, ogni preghiera della Liturgia non contiene per lo più che un solo sentimento o la contemplazione di un dato mistero. Oltre a ciò la lingua ne è molto men generalmente intesa. Questi due generi richiedono dunque maggior unità e intrinseca potenza musicale che il genere drammatico il quale, oltreché dichiarato da una lingua più nota, giovasi ancora e della scena, e della personificazione dei soggetti, ed ha poi per primo e principal dovere di seguire le modificazioni e il passaggio dall’uno all’altro all’etto che la progressione del dramma presenta. L’unità del dramma, per quanto riguarda la musica, deve consistere in una certa uniformità di stile, che intiero Io abbracci, e nel carattere particolare di ciascun personaggio che il musico deve al pari del poeta conservare anziché nel ritorno dei medesimi motivi. Ciò che diciamo del dramma cantato s’intende del pari del dramma mimico, sebbene il linguaggio dei segni sia men chiaro (7>. Abbiamo infatti esempi bellissimi (specialmente del celebre Mayr) di opere in cui ben pochi motivi sono ripetuti, nè il sono che quei pochi i quali cadendo sui punti principali dell’azione e di più risentito affetto, era ragionevole di fermarvi l’attenzione dell’uditore. In tutti gli altri generi le idee principali debbono ritornare e ripetersi, altrimenti l’esperienza ne dimostra che il loro effetto è pressoché perduto. R. Bouchei on. DELL’ISTROMENTAZIOXE. ARTICOLO Vili. (Fedi i fogli 5, 8, 10, 19, 21, 25, 26, 27, 32 e 38;. Rossini nella caccia dell’atto secondo del Guglielmo Teli, ha avuto l’idea di far eseguire un tratto diatonico a quattro corni in mi bemolle all’unisono. Ciò torna molto originale. Quando si vogliono così riunire i quattro corni, sia sopra un canto sostenuto, sia sopra una rapida frase che richiegga indispensabilmente fuso de’chiusi suoni e degli aperti, meglio è senza comparazione (fuor solamente se si tratti d’uria idea derivante dalla differenza medesima e disuguaglianza di questi suoni) mettere i corni ili tuoni differenti-, le aperte note degli uni, compensando così la poca sonorità delle chiuse che a quelle corrispondono presso le altre, ristabiliscono l’equilibrio, e danno all’intera scala de’ quattro corni una tal quale omogenea convenienza ed unione. Così mentre che il corno do dà il mi bemolle (chiuso), se il corno in mi bemolle dà il do (aperto), il corno in fa il si bemolle (aperto), e un corno in si bemolle basso il fa (meno aperto), da questi quattro differenti timbri risulta un quadruplo mi bemolle di ottima sonorità; e si vede che quasi altrettanto è per essere delle altre note. Un vantaggioso trovato per l’uso di un corno, del che un solo esempio io conosco, consiste nel fare che tre o quattro corni in differenti tuoni si succedono nell’esecuzione di un solo cantabile. Ciascuno d essi pigliando così nella frase quelle note che corrispondono a’suoi aperti suoni, [p. 171 modifica]se n’ha, posto che gl incisi melodici sieno avvedutamente tracciati e connessi, un canto che pare eseguito da un corrilo solo, le cui note sono tutte eguali ed aperte. Ilo detto nel principio di questo articolo che il corno è uno stromento nobile e melanconico, che assai di frequenti si citino i lieti ed inviti suoni della caccia. Per verità il lnio di questi suoni di caccia per lo più risulta dalle qualità melodiche speciali del motivo meglio che dal timbro dei corni. Veramente le chiamale da cacciatori sono propriamente festevoli se sono suonate dalle trombe, stromento poco musicale, e che manda lungi il suo stridulo suono che punto non ha che fare colla casta e nobile voce del corno. Sforzando in certo modo l’emissione dell’aria entro il tubo del corno, si perviene a renderlo rassomigliante alla tromba; lo che toscanamente potrebbe appellarsi lo smagliare de suoni. Ciò può alcuna volta portare ottimo effetto eziandio sopra note chiuse. Se si tratta di sforzare note aperte, i compositori richiedono, per dare al suono ogni possibile forte stridore, che i suonatori levino la campana dallo stromento; essi indicano ciò scrivendo: senza campana. Bello esempio dell uso di questo trovato si ha nella esplosione finale del duetto de[’Enfi osine et Co raditi, di Ideimi: «Guardez vous de la jalousie!» Tuttavia sotto l’impressione del grido orribile de’ corni, G retry rispose un giorno ad alcuno che ne lo richiedea della sua opinione sopra quel fulminante duetto: «C’est à ouvrir la voûte du théâtre avec le crâne des auditeurs!» Il Conno a chiavi o a pompe, il quale per mezzo del suo particolar meccanismo può fare aperte tutte le note, renderà certo in avvenire grandi servigi alla istromentazione; ma io tengo per fermo, che esso non sarà mai considerato come un perfezionamento del corno, dal quale differisce per la qualità del suo timbro. Bisognerà trattarlo come un nuovo stromento a parte, atto spezialmente a fornire buoni bassi vibrati ed energici, i quali però tanto non hanno di forza quanto i gravi suoni del trombone a’quali molto si avvicina. Il modo di fabbricare i corni a chiavi non è stato ancora sufficientemente studiato per togliere di mezzo lo sconcio e l’incertezza di molti suoi suoni; questo stato d’imperfezione riuscì d’inciampo alla più parte de’ maestri per farne discreto uso. Sono in oltre i maestri avversi al corno a chiavi, perchè dopo che e’ fu introdotto nelle orchestre, certi suonatori, divertendosi ad eseguire con esso corno la parte scritta pel corno ordinario, tornava lor comodo di rendere in suoni aperti per mezzo delle chiavi le note chiuse scritte non senza fine dal compositore. Possono nondimeno i corni a chiavi dare i suoni chiusi; ma dappoiché il loro meccanismo non ha altro scopo che quello di aprite tutti i suoni, egli è meglio lasciarli al loro officio e richiedere l’effetto de’ suoni chiusi solamente dai corni ordinarli. (Suri continuato). E. Berlioz. Feritone di C. Mattini. CARTEGGIO. Al coltissimo signore ed amico,»«bile Don Alessandro Caucaso, milanese, domiciliato a Roma. Ringraziandolo di cuore del gentil dono fattomi del pregevole Suo recentissimo opuscolo, intitolato: Cons idetazioni sulla musica antica, debbo confessarle che la nota a pag. 13 mi ha sorpreso non poco. In essa leggesi fra le altre cose: ulti.su/tada «storici documenti, che l’onore di qtte“ sto celebre. Requiem non appartiene che «in piccola parte a Mozart, essendo lati. vot o in complesso di un suo allievo, del u rinomalo maestro Siissmayer, che lo n portò a compimento dopo hi morte del tt suo egregio precettore 55. Egli è ben possibile che fra tante favole stampate da 1111 mezzo secolo in qua su questo famigerato Requiem, vi sia anco questa grossa e madornale, che sia lavoro in complesso di Sùssmayer. Ma Ella, stimatissimo amico, sa il tedesco altrettanto bene quanto me. Le citerò quindi i documenti storici dai fonti più limpidi, comprovanti affatto il contrario. Comincio collo stesso Sùssmayer, che conobbi di persona. iNella sua famosa lettera a ciò relativa, pubblicata nella Gazzetta Universale Musicale di Lipsia, Anno 1801, N. 1, egli principia col dire: a II tt componimento di Mozart ( cioè il Rett quiem) è cosi unico, e ardisco dire, petti La massima parte de’ maestri viventi, tt cosi sovrano (unerreichbar), che chi voti lesse imitarlo se ne caverebbe peggio di tt quel corvo, il qu de si ornava dipeline a di pavone, ecc. r>. Prosegue col dire, che Mozart, vivente ancora, gli parlava sovente del piantalo di questa sua composizione; sorpreso dalla morte, egli (Sùssmayer) aggiunse qua e là la mancante islromentazione in alcuni pezzi, componendo espressamente gli ultimi tre, cioè il S111ctus, Benediclus e Agnus Dei, e aggiungendovi la fuga del Kyrie. Già questa sola lettera di Sùssmayer prova che fra i dodici pezzi di cui si compone il Requiem i primi nove, e principali, conseguentemente Ire quarte parti, sono di Mozart. Ma IL R. Cons. di Corte e primo custode della Biblioteca Imperiale viennese, nobile di Mosel, pubblicando a _ Vienna nel 1831) un opuscolo intitolato: Uber die Originai-Parttlur des Requiem voti IV. A. Mozart, dimostrò pur chiaramente la falsità delle asserzioni di Sùssmayer. lnsomma la partitura autografa mozartiana del Requiem in discorso, tanto misterioso per un mezzo secolo, trovasi ora alla summentovata I. R. Biblioteca, la quale ne fece acquisto, tre anni sono, da una persona che la custodì quale sacra reliquia avuta dagli eredi del primo committente, conte Walse8&- r. A Lei, carissimo amico, tanto amante della verità, bastino questi due documenti per rettificare 1 asserto di quella Nota in qualche riputato foglio periodico di Roma, ove per l’appunto, 11011 ha guari, venne eseguito con tanta pompa e solennità quel Requiem dall’inclita Congregazione ed Accademia di Santa Cecilia, della quale ho l’onore di essere membro. Sono con verace stima l’affezionato amico e servo Dottor Lichtenthal Milano 22 settembre -1842. AOTA STILA HTSICA A FIRENZE. — Fra le città italiane Firenze occupa il primo rango pel giusto e spregiudicato amore che ivi si ha alla bell’arte e per 1 amichevole unione tra i professori ed i dilettanti, da cui ne risulta che gli uni agli altri spessissimo accompagnatisi per interpretare le classiche opere musicali de compositori i più rinomati. In quale altra città della nostra invidiata penisola si eseguì la Creazione di Haydn e lo Stabat Maler di Rossini con un sì sterminato numero di parti? - In Milano che conta circa cinquantamila abitanti più di Firenze dove per singolare combinazione non esiste alcuna società filarmonica in piena attività, difficilmente si potrà credere che nella capitale della 1 oscana sianvi per lo meno cinque società musicali le quali a prefìssi intervalli diano delle scelte accàdenne e si esercitino nella musica. Per provarlo basterà indicare 1." la grande Società filarmonica aperta nel 1800 e composta da 270 socj ordinarti e 58 detti aggregati, lodevole istituzione che deve il maggior suo splendore allo zelo de principi Pornatowski e quasi ogni mese olire accademie in cui le ispirazioni di Ilaydn, Mozart, Beethcven, Marcello, Pergolesi, Ciinarosa, ecc., sono con raro giudizio frammischiate alle creazioni delle moderne scuole; 2." la Conversazione musicale per l’esclusiva esecuzione de’componimenti prodotti dall’epoca di Generali indietro presieduta da eludici eie più elisimi! maestri della città; 3.° l’Euterpiana nel palazzo Mulini; 4.” la Società del buon umore pe suonatori el istromenli eia fiato e da percossa, capo della quale è il noto concertista di trombone Bimboni; 5.° inline 1 I. R. Collegio musicale unito alla Società dell adorazione perpetua, cui scopo si è I annuale grandiosa esecuzione eli due messe 1 una eia Requiem e l’altra solenne pel giorno eli S. Cecilia espressamente composte da due maestri addetti al collegio. In commemorazione della morte dell illustre Clierul lini questa stessa società pochi mesi sono lece sentire il secondo Requiem elei compianto maestro limitino. - La munificenza del Gran Duca mantiene una Cappella che ogni domenica e solennità eli precetto eseguisce quell’eletto genere di musica da chiesa che a torto l’etis scrisse in Italia ora esser totalmente obbliato, ed una Scuola eli musica addetta all’I. R. Accademia delle belle arti nella quale s insegna da un Nencini il contrappunto, da un Ceccherini il canto, da un Giorgetti il violino, e eia Palafuti 1 organo e il pianoforte. - La letteratura musicale a Firenze conta valenti campioni e fra essi basti nominare i maestri Picchiatiti, Picchi, Giorgetti, non che l’avvocato Casamorata. ls. C BIBLIOGRAFIA 3IIJSICALE. MISCELLANEA DI OPERE VARIE. Lezioni di armonia di Domenico Quadri. Terza edizione. Roma dai tipi di Angiolo Ajani. L’armonia è non solo un bisogno di tutti gli Stati e di tutti i popoli, ina la conoscenza di questa base dcll’universo, ridotta in precetti di arte, è di assoluta necessità per chiunque applicasi alla composizione od esecuzione musicale. Cosi opina uno scrittore francese, al cui sentimento consuona anche il nostro. Tali precetti erano una volta da’ dottori delia scienza gelosamente serbati per loro, e ben di rado accadeva che li svelassero a qualche discepolo. Ora, mercé i lumi del progresso, le cose mutarono aspetto, più non esistono misteriosi segreti, e la scienza degli accordi si è, se non resa popolare, almeno abbastanza diffusa nel mondo musicale. Fra i maestri italiani che di recente consacrarono le loro fatiche a questa indispensabile parte dell’arte, uno de’più fortunati si è Domenico Quadri, vicentino, il quale nel 1832 pubblicò a Napoli le sue Lezioni di Armonia, trattato breve, chiaro, preciso ed accessibile all’inlelligenza degli amatori e ben anco dei ragazzi. L’opera del Quadri, riconosciuta di non dubbia utilità, a Koma [p. 172 modifica]nel 1835 venne stampata per la seconda volta, poscia in poco tempo essendo state esaurite le due edizioni, l’autore l’anno scorso pensò di farne una terza col titolo: Lezioni (l’armonia, scritte da Domenico Quadri per facilitare lo studio del Contrappunto, corredate da varie riforme e precedute da una breve teoria de’ principj elementari di musica. Questo trattato venne eziandio tradotto in inglese per opera del professore Book. Presso molti la tripla ristampa e la traduzione di un libro didascalico servirebbero da sé sole ad accreditare il lavoro del Quadri; ma questo instancabile propagatore dei precetti della bell’arte, nel favorevole suffragio di alcune notabilità artistiche di Bologna, Roma, Napoli, Firenze, città in cui le Lezioni di armonia sono da molti adottate, e nel lusinghiero voto di non pochi giornali ebbe inoltre un meritato guiderdone dei suo zelo e della sua valentia. Fra gli attestali a stampa che più onorano l’autore delle Lezioni di armonia avvi quello del massimo dei maestri, Rossini, e l’altro del maestro Picchi quale nel N. 15 - 1842 - della Rivista musicale di Firenze pubblicò un ponderato articolo in cui l’opera del Quadri viene in ogni sua parte esaminata ed ove notasi il seguente squarcio che riportiamo affinchè i nostri lettori colle parole di un giudice competente vengano informati dei pregi delle Lezioni d’armonia. «La chiarezza e precisione «di esse non possono apprezzarsi che da chi le abbia • esaminate senza pregiudizi. Comparirà allora aperta«mente quanto sia la perizia del nostro autore in fatto» di armonia; giacche ognun sa clic lo scrivere bene un «libro elementare non è dato che a chi possegga in • grado eminente la scienza. Abbiasi lode adunque ij «mentissimo signor Professore che con tanto zelo si «è dedicato all’istruzione di questo ramo di musicale «sapere, o per meglio dire ha dato opera a rifondare «le basi su cui si erige tutto F edifizio musicale. Egli • ha senza dubbio ripieno un vuoto che nell’arte esisteva «giacché Finora eravamo mancanti di un libro, che in «brevi e chiari termini esponesse tutto intero il sistema, «dell’armonia, spogliandolo del pedantismo della vecchia «scuola. Egli ha fatto questo libro: egli ha sempliciz«zato, facilitato questo sistema, avendo dimostrato evi• dentemente che tutta quanta l’armonica scienza si ri• duce a ti c accordi, cioè accordo perfetto, accordo sen«sibile e accordo dissonante. Raccomando pertanto - questo metodo a chiunque brami veramente iniziarsi «in breve tempo e con precisione nello studio dell’ar«molliche teorie». Tri® concerta Bit ii»ur pianoforte, violo» et violoncello par Sphob. II», Luigi Sphor celebre autore del Fausto, della Jessonda e di una folla di pezzi concertati per stromenti d’arco, interamente dedicasi al culto della musica seria, di quel genere pur troppo a’ nostri giorni oppresso dal |torrente di futili capricci e d’insulse fantasie che strabocchevolmente invadono e deturpano il bello musicale, e che, se presto non portassi riparo, finiranno per rendere la bell’arte un confuso miscuglio più meccanico che ideale. Chi dubiterà esservi maggior ingegno nel più semplice andante di Mozart, di Beethoven, di Rossini, che nello sterminato ammasso de’moderni pot-pourristromcntali? - In musica come in qualunque altra cosa vuoisi far distinzione dalla qualità colla quantità: vai sempre meglio poco ma bene. L’illustre maestro alemanno nel 1841 fece pubblicare alcuni duetti per pianoforte o arpa e violino o violoncello o flauto i quali aggradirono agli intelligenti per la magistrale condotta e pel sapiente intreccio nelle parli armoniche, ciò che serviva a far sorpassare una certa qual povertà d’invenzione e monotonia di effetti. Nel Trio da noi oro annunciato ammiransi gli stessi attributi scientifici delle citate composizioni, congiunti a bei pensieri espressivi ne’quali non avvi difetto di calore e di forza, massime nel finale vivace in mi minore, che potrebbe sostenere il confronto con quello del famoso quintetto in do minore, op. 53. Nel trio di Sphor tutti gli stromenti figurano nella medesima guisa e sono l’uno all’altro sì stupendamente identificati da sembrare un solo. Regola agli organisti pei* accompagnare il ca»lQ fermo, ilei padre Martini, Questo più erudito maestro del secolo XVIII, e benemerito capo della Scuola musicale di Bologna, che continuò florida sotto Mattci, e che ora acquistò nuovo lustro da Rossini, oltre la grande Storia della musica, il Saggio pratico di Contrappunto ed innumerevoli dissertazioni e note riguardanti cose musicali, compose varj piccoli trattati ad uso de’suoi allievi fra cui la Regola agli organisti edita in Bologna verso il 1770 e che oggidì era quasi impossibile trovare in commercio; motivo per cui il nostro Ricordi pensò di farne un’accurata nuova edizione col nuovo procedimento di tipografia musicale, riuscito tanto bene da far desiderare che cogli stessi tipi possansi avere le altre più importanti opere del Martini. Nelle nove pagine della sua Regola agli organisti per accompagnare il canto fermo colla maggior concisione egli indicò le intonazioni dei salmi ne’ varj toni regolari ed irregolari, i versetti per l’organo, ed i modi di accompagnare le sequenze, il Te Deum, le messe e gli inni. Il nome dell’autore ci dispensa da qualunque elogio all’opera di lui. Rezzi varj pei* piafliotorte sol®. Primo ci si presenta l’egregio Dòblcr con una Tarantella piena di brio c d’incanto, con una breve Canzone senza parole e con una Ballata, la quale se non ha i pregi delle magnifiche di Chopin, è però sempre un componimento assai grazioso e che verrà da tutti apprezzato. - Quindi il coscienzioso LickJ nel Divertimento sopra un coro di Scaramelli dimostra la non ordinaria sua capacità; e Cramer, il rinomato Nestore del pianoforte, con quattro auree pagine in morte di S. A. il Duca di Orleans accresce la somma della sua riputazione, obbligando ogni anima sensibile ad ammirare i ben modulati suoi lamenti. Dir si dovrebbe del Secondo Capriccio del Golinclli (superiore al primo), ma di questo eccellente pianista-compositore riserbiamo far parola allorché verrà pubblicata la sua nuova Fantasia sulla Lucrezia Borgia, che ora sta sotto i torchj. Fantasie pei* Pianoforte sopra varj motivi «lei ilfifttieco, composte «la OiovAvvi Battista Cboff. Gli imponenti e in un semplici concetti con cui Verdi infiorò il suo Nabucco anche prima che lo spartito venisse fatto di pubblica ragione, avevano stimolato il maestro Croff, distinto allievo dell’I. R. Conservatorio, a combinare due brillanti e non diffìcili fantasie per pianoforte, di cui una a quattro mani, le quali a non ingannarci ponno stare al pari di molte che ci vengono da Vienna ed i cui autori hanno una fama ben superiore al modesto ed abile nostro compatriotta che ben anco tien in portafoglio una grande opera melodrammatica. Ilue Fantasie sullo Stnbat per Pfte solo «li Ralhbbewmer e Wolff; «lue Ruettini (IìBgriot e Labarrk sullo Stnbat per Pfte e Fiolino; eStnbnt rì«lotto a qua Uro mani «la Czervv. Se non è da farsi meraviglia che Io Stabat, dalle incantevoli melodie, abbia servito di soggetto alle fantasie (!!!) de’ moderni compositori istromentisti, chè il bello si scerne là dove sta, è però da stupirsi che autori della celebrità di un Ivalkbrenner, di un Bériot, ecc., abbiano trattato l’opera del Cigno di Pesaro tanto leggermente da farne de’meschini pot-pourri ove all’alterato carattere de’ temi Rossiniani trovatisi aggiunti dei passi privi d’ogni elegante espressione e sostenutezza religiosa. Czerny si accontentò di una pura riduzione, nel suo genere assai commendevole ed a cui possono ricorrere i nostri amatori di pianoforte colla certezza di ritrarne singoiar diletto. Divertissement poui* Piano seul et à quatreinaiiBS sui* la Xtiidrrrli €*/«*#utotoit^ pai* CitOTKK, - Utomiino pour piano sur la WAsstlu pai* Siti iva. Opere il cui smercio è assicurato dall’interesse che generalmente si attacca alla novità dello spartito di Donizetti. Notturni»® a 4 voci sole «li «fionne o «li immini soli composto sulle parole: che O tasseti Insta «lei maestro Matv» anici. Fra il fervore delle pubblicazioni della Linda e del Nabucco senza la menoma pretensione comparve questo Notturnino che, con assieme e colorito eseguilo al chiarore di luna sopra un placido lago, potrebbe rendere umide le ciglia di non poche appassionale ninfe. In questi giorni il nome di Mandanici risuona più che mai riverito sul labbro de’ cultori della bell’arte per la sua dotta Messa: che vide la luce presso l’editore Lucca, non che pe’ nuovi suoi Focalizzi edili dal Canti. Pubblicazioni «li Opere classiche. Compiremo questa miscellanea bibliografica coll’annunziare agli apprezzatoli della buona musica che è quanto dire, di quella di tutti i tempi, la ditta Ferdinando Lorenzi di Firenze aver intrapreso la periodica pubblicazione in piena partitura delle più rinomate creazioni musicali, specialmente del genere sacro, ad un prezzo abbastanza limitato. Nel novero delle opere già pubblicate rimarcansi alcune Messe di llaydn, Mozart, Krommer, quattro Graduali di Michele llaydn, un O/fertorio di Gatti, ecc., fra quelle in corso di stampa sonvi i Salmi di Marcello, la Pratica d’accompagnamento e di contrappunto di Mattei, le Fughe di Leo, Scarlatti, l’Opera V di Gorelli, e i terzetti e duetti da camera di Durante, di Haendel, Clari, ecc. Non sarà mai abbastanza lodato chi contribuisce a promovere l’utile dell’arte, divulgando i più rari modelli delle musicali composizioni. Is. C. NB. Le opere qui sopra annunziate, e che non portano il nome dell’editore, sono tutte pubblicate presso Ricordi. IVOT1ZLE VARIE. — Milano. I. R. Teatro alla Scala (21 settembre)-Riproduzione del Corrado di Allamura del maestro Federico Ricci - Applausi parziali a molti pezzi, generali a quattro o cinque. - Musica, che segna notevoli progressi nel suo autore, pecca di esagerazione drammatica e quand’anche qua e là alquanto rumorosa, è non di rado di un risultato commovente ed energico, specialmente nell’interessantissimo terzo atto. - La simpatica Abbadia, l’eroina della festa, è una cantante dotata di una organizzazione musicale c di un sentimento veramente invidiabili, il suo zelo per rendersi vieppiù accetta al pubblico non ha limiti; se in qualche punto la forte emissione della sua voce alle orecchie degli spettatori sembra più grido che canto, essa sola non devesi incolpare— Giovevole riuscirebbe all’Abbadia moderare di quando in quando la eccessiva foga da cui lasciasi trasportare; troppo preme che nella pienezza de’ suoi mezzi possa continuare ad esser la delizia de’ suoi ammiratori. - Dall’abile tenore Guasco taluno si aspettava di più, negli adagi però cantò con penetrante spontaneità ed espressione e fecesi molto onore; egli dovrebbe curarsi di animare la sua azione e di prender il fiato in modo che la sua respirazione non si risenta dell’asmatico difetto pur troppo all’ordine del giorno in molti cantanti della moderna scuola. Parve la voc.e di Ferlotti aver acquistato in forza e vibrazione, e quella della Bcndini aver invece diminuito. - Qualche prova di più avrebbe reso più soddisfacente l’effetto del complesso. — Accademia del violinista Saint-Leon. - Due alti del malmenato Giuramento, due sinfonie, ed uno sfarzoso e variato ballo come al solito lungo ma più del consueto dilettevole, servirono d intermezzo a’quattro pezzi eseguiti dal ballerino-violinista Arturo Sainl-Lcon, che è da riputarsi un essere privilegiato dalla natura, sapendo danzare meglio di molti e suonare il violino con singolare abilita. Noi qui non lo considereremo che nella qualità di esecutore sul violino, sebbene nelle sue composizioni istromentali non manchi mai l’effetto. Egli con un garbo lutto a lui particolare alterna gli scherzi ed i capricci i più diffìcili co’ più gravi concenti e la varietà de ’ suoni che ne proviene è tale che a chiuder gli occhi si potrebbe supporre derivare da più stromenti. Non avvi alcuno che possa metter in dubbio la sicurezza e precisione di lui nel maneggiar l’arco. Alla Scala SaintLeon interpretò la melodia del delizioso duo del Guglielmo Teli colla soavità la più appassionata e special mente nelle variazioni del terzo pezzo c nel Carnovale di Venezia, composizione che si vuole attribuire all’unico Paganini, sorprese per la bravura e facilità nel superare i picheitali, gli staccati ed i veloci accordi. Compiuto incontro ottenne, e gli scarsi uditori l’obbligarono alla replica del bizzarro Carnovale di Venezia. Per mostrare la nostra imparzialità consiglieremo Saiht-Leon quando suona a non dondolare sulla persona; questo è un difetto a cui presto si può rimediare. — Cremona. Siam lieti d’annunciare ai lettori della Gazzetta musicale, che il nobile Ruggero Manna, il quale da parecchi anni aveva abbandonata la musica melodrammatica per dedicarsi al comporre ecclesiastico, data or tregua a siffatti lavori, in cui acquistossi bastevole riputazione per essere benemerito a’suoi concittadini ed alF Italia, ha rivòlto l’ingegno alla carriera teatrale ponendo mano ad armonizzare un nuovo melodramma di Giacomo Sacchéro intitolalo: Il profeta velato. Gli studiosi della straniera letteratura conoscono il bel poema di Tomaso Moore, d’onde venne tratto il soggetto; e nemmeno può essere ignoto ai leggitori italiani, dacché già due volte ricomparve tra noi rivestito di spoglie nostrali: una prima, son già più anni, con un volgarizzamento in prosa che per vero non ha saputo meritarsi nè fama, nè popolarità: la seconda, piuttosto fortunatamente con una traduzione poetica di recente pubblicazione fatta in Piemonte. L’argomento, ove il poeta abbia come crediamo usato del suo ingegno, non ricscirà certamente senza interesse perchè pieno d’avvenimenti e di passioni. Così il teatro melodrammatico vedrà fra non molto far bella mostra di sé due Profeti, uno velato; l’altro senza velo. Chi ci legge non ha dimenticato, che noi abbiam già annunciata la prossima produzione di una nuova opera di Meyerbeer che pure s’intitola: Il Profeta. Ver quanto è a nostra cognizione per altro trattasi di soggetti assai tra loro differenti che non potranno confondersi, sebbene per un certo fare robusto e grandioso lo stile dei compositori abbia appunto qualche omogeneità. Facciam voti perchè l’opera del bravo nostro concittadino sia presto compiuta; e ricordandoci de’molti pregi che fan bello il suo primo teatrale esperimento, VJacopo di Valenza, si felicemente rappresentato nel 1832 al teatro di Trieste, ci promettiamo una nuova composizione che onorerà certamente l’arte musicale Italiana. — Genova. II celebre violinista Camiilo Sivori ritornò dalla sua trionfale gita artistica nelle capitali del nord: dipesi che nel prossimo inverno si porterà a Parigi ove la sua fama non mancherà di venir consolidata. — Lcccv. Ad onta della difficoltà di esecuzione, il Gulielmo Teli, l’opera delle opere, ottenne distinto successo. Verrà tempo in cui questo colossale spartito sarà F àncora di salute di ogni teatro italiano e tedesco, come ora lo è di quelli di Francia. — Pesth 4 settembre. La sig. Schobcrlechner cantò già quattro volte su i nostri teatri. Una volta nell’intera opera del Giuramento, di Mcrcadanle, e le altre volte soltanto negli atti o pezzi singoli di opere differenti. Ha de’ suoni tuttora grati, e nella sua esecuzione ed azione palesa una valentissima cantante drammatica. La sua mezza voce, il suo portamento, il suo trillo,i suoi adornamenti mostrano grand’arte, e le fruttano grandissimo applauso. La sua allieva, madamigella Laroche di Vienna, ha una voce forte, estesa, buon metodo di canto, c fa sperar molto. — Londra. Il noto Padre Mathcw, fondatore dell’unione della temperanza in Irlanda, invitò il famoso prussiano Mainzer, istruttore de’canti popolari a Londra, a venire in Irlanda, onde adoperarsi al miglioramento de’costumi mercè la propagazione del canto popolare. — Parigi. Sono stati recentemente nominali professori al Conservatorio di musica: Herz Enrico e Farrens di pianoforte: Duprcz ed Emanuele Garcia di canto, e Gallay di corno. Il direttore Auber occupasi colla più grande attività ed intelligenza delle riforme ora mai divenute indispensabili in quello stabilimento, che si sta riparando onde renderlo più commodo e più decente. — Brusselles. Il Roberto Devreux tradotto in Francese da Monnier acquistò nuovi proseliti al maestro Donizetti. L’ideo de’ teatri di quella città diede un lungo articolo assai onorevole pel fecondo compositore lombardo, che ora sarà giunto a Parigi. Vi si loda specialmente la sinfonia di una fattura nuova e sublime. In Italia finora non si ebbe l’avvedutezza di eseguire questo pezzo istromentale, che vuoisi uno de’più belli dell’odierno repertorio musico-drammatico. — Thalberg che nello scorso mese trovavasi a Brusselles ha composto un nuovo duetto per pianoforte e violino insieme a Bcriot. Parlasi con molto favore di una grande sonata a quattro mani di stile alemanno, che dall’islesso pianista devesi presto pubblicare. GIOVANNI RICORRI EDITORE-PROPRIETARIO. Hall’I. R. Stabilimento Nazionale Privilegiato «li Calcografia, Copisteria e Tipografia musicale «li GIOVANNI RICORRI Contrada degli Omenoni N 1720.