Giobbe (Rapisardi)/Lamento di un albero

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Lamento di un albero

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Lauda di suora Canto disperato


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Il so, che al novo april tutte già fremono
     L’erbe e le fere al ceppo mio dintorno;
     Il so, che alle divine aure del giorno
     Il tronco mio non s’ornerà mai più!

Eppure un dì levai giovani e snelli
     Quest’irti stecchi vestiti di fiori,
     E con te, vecchio Sol, ch’or mi flagelli,
     Fra nidi e canti rinnovai gli amori.

E tu pur, che col fischio or mi molesti,
     Aura scortese, e in turbine ti cangi,
     Tu com’io tremi a’ tuoi baci sapesti.
     Ed io seppi, infedel, come tu piangi.

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Dentro la terra il piè, le braccia a’ venti,
     Al minaccioso cielo erta la testa.
     Tra il selvaggio ulular della tempesta
     Aspettai le tue dolci ale tepenti.

Or che nulla desio, che nulla aspetto
     Dal zefiro, dal Sol, dalle rugiade;
     Che sul mio secco tronco maledetto
     di vita d’amor gemma non cade;

Or che un cieco poter sì m’ha distrutto,
     Perchè salda alla terra ho la radice?
     Perchè, se più non devo esser felice,
     Pietoso Iddio, non mi distruggi tutto?