Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri/Libro II/IV

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Libro II - Cap. IV

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CAPITOLO QUARTO.

Si narra il viaggio sino a Costantinopoli.


A
Vendo determinato di partirmi per Costantinopoli, andai a licenziarmi da Mr. Pietro Antonio Castagnar di Ciamberi Barone di Castelnuovo, ed Ambasciadore del Re di Francia alla Porta, il quale mi fece grandissime espressioni, ed offerte. Egli si era in vero un Cavaliere di molta prudenza, e maneggio: siccome diede a divedere bastevolmente in far che il Sultano non porgesse orecchio alle proposizioni di pace, e continuasse la guerra contro la Lega; dall’aver fatto ricuperare a’ Cattolici (siccome altrove è detto) i Santi Luoghi di Gerusalemme, occupati per lo [p. 289 modifica]corso di 400. anni da PP. Greci, protetti dall’Imperador di Moscovia: e quel ch’è di grandissima considerazione, in far ordinare dal G. Signore, che il Doganiere, e Bassà del Cairo, non solo osservassero per l’avvenire fedelmente la capitolazione fatta col commercio di Marseglia, di esiggere il tre per cento delle mercanzie della nazione, là dove gli altri pagano il venti; ma che restituissero eziandio tutto quello, che aveano esatto di più. Era io presente in Adrianopoli, quando andò un Chiaùs al Cairo a far porre tutto ciò ad effetto.

Pigliati in affitto due cavalli per me, e per lo servidore, a cinque ducati l’uno (fatta comparazione con la nostra moneta) partii il Lunedì 4. per Costantinopoli, con una picciola caravana di di 40. persone; e dopo 20. m. di cammino, per piani coperti di neve, pigliammo riposo nel Casale di Hapsa, in un Karvanserà in compagnia delle bestie.

Il Martedì 5. ebbi maggiori patimenti, che in tutti i sei mesi al cammino fatti sin’allora: poiche essendo partiti quattr’ore prima di giorno, avemmo a camminare sempre sulla neve e’l ghiaccio, per paese parte piano, e parte di [p. 290 modifica]colline; di modo che io era agghiacciato a cavallo, nè avea più moto nelle mani, e piedi. Passammo dopo 20. miglia per lo grosso Casale di Bala, sopra un buon ponte di pietra; ed a fine di altre 15. miglia albergammo in una grande Terra detta Bergasi, dove il fiume il passa per un’altro famoso ponte di molti archi di pietra lavorata. La notte alcuni Giannizzeri ebbero lunghi ragionamenti sopra la guerra d’Ungheria, dicendo: che i Tedeschi spargevano molto sangue di Musulmani; e che la loro soldatesca era avvilita a viltà di tanti corpi morti. Quivi mi ricordo aver apparato, che siccome il luogo dove si dorme da’ passaggieri, vien detto da’ Francesi Giste, così da’ Turchi s’appella Cunac.

Per la neve, che avemmo dal Cielo, e quella che tenevamo sotto i piedi; il Mercordì 6. non potemmo fare che 15, miglia, restando la sera nel Casale di Calestran.

Partiti di buon’ora il Giovedì 7. non potemmo fare più che 20. miglia sino al Casale di Ciorlù, per lo riferito impedimento delle nevi, da cui i cavalli non potevano tirar fuori i piedi. [p. 291 modifica]

Entrammo poi il Venerdì 8. in paese più abitato, con tutto che non avesse punto miglior terreno; ed essendo passati dopo dieci miglia per alcuni Casali, ci accostammo alle sponde del canale, presso al quale continuammo il cammino tutto il dì, sino al Calale di Sivirli; dove prendemmo riposo a fine di altre 20. miglia. Questo villaggio è grande, e tiene un picciol porto, ed un famoso ponte di 32. archi sopra il fiume, e palude. Sopra la collina vi è un’altro luogo serrato da muraglie antichissime, che si scorge essere state fabbricate da’ Greci, per un’antica iscrizione, che ivi si vede nella loro lingua. Non ci arrestammo quivi lungo tempo, vedendosi il terreno sgombro di neve, e la strada buona; onde dopo sei miglia ci trovammo nel Casale di Burgadus, posto al lido dell’istesso canale.

Sabato 9. dopo 15. m. passammo per Chech-mangià picciolo villaggio, posto nell’istesso canale. Quivi è una buona pescagione, perocchè il canale vi fa un picciol seno di otto miglia di circuito, a simiglianza del Mare picciolo di Taranto, e si passa con quattro ponti di pietra. I terrazzani serrano la bocca, che sarà [p. 292 modifica]d’un miglio, con palificata; e poi dall’apertura, ch’è nel mezzo con casa di legno, entrano a prendere il pesce: ciò che rende abitato il seno da tre altri piccioli villaggi. Dopo altre otto miglia passammo per un’altro ponte, sopra un braccio di Mare ugualmente comodo per la pescagione, il quale entrando per molto spazio dentro terra, apporta grandissima copia di pesce, e rende il paese all’intorno abitato da molte borgate.

Domenica 10. per colli, e pianure, fatte dieci altre miglia, giunsi alla per fine nella celebre Città di Costantinopoli. Quindi dopo aver dato soddisfazione al Catergì, o Vetturino, passai in Galata per ritrovare albergo; ma essendo tutta occupata l’osteria, che vi facea un Francese, mi fu di mestieri accomodarmi per quella notte, al meglio che si potè, su certe tavole in casa d’un Greco. Non trovai in questo picciolo viaggio le cortesie, che riferisce il Tavernier Lib. 1. p. 1 chap. 10. pagin. 118. nella descrizione de’ Karvanseras di Persia, e di Turchia: egli ha il bel tempo in scrivere, che da Belgrado sino a Costantinopoli un passaggiere col cavallo viene spesato dall’assistente a’ Carvanseras, per legato pio del morto Fondatore; e che la [p. 293 modifica]mattina non ha che ringraziarlo, e andar via, senza porre la mano alla borsa; perche io non solamente non trovai queste spese, ma per aver legna, con cui potessi difendermi dalle immondizie del suolo, bisognava pagarle ogni sera due carlini: e quanto al vitto mi trattava a mio gusto, come faceano tutti gli altri, col proprio danajo.

Pigliai camera nell’osteria del Francese il Lunedì 11. pagando mezzo ducato per me, e un quarto per lo servidore. Vi si mangiava a tavola rotonda assai bene: e perche io, essendo venuto affamato dal cammino, in cui non avea trovato mai cosa di buono, nè persona, e comodità per apparecchiarla, mangiava con buono appetito; maravigliatosi il Capitano d’un vascello Francese, rivolto a’ compagni disse: Costui mangia come un diavolo; credendo, che io non intendessi il Francese.