Giro del mondo del dottor d. Gio. Francesco Gemelli Careri/Libro III/VI

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Libro III - Cap. VI

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Libro III - V Indice delle cose più notabili
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CAPITOLO SESTO.

Brieve descrizione di Kars, e proseguimento

del viaggio fin sulle frontiere

di Persia.


D
Omenica 23. dopo 12. miglia di strada fatte in cinque ore, giugnemmo [p. 446 modifica]nella Città di Kars, frontiera del dominio Turchesco; ed albergammo nel Borgo in un Karvanserà.

Kars situata in un fertilissimo piano a 78. gr. 4. m. di longit. e 42. e 40. m.di latit. è Città grande, ma poco popolata; quantunque i viveri vi siano in abbondanza, ed a vil prezzo. Ciò è avvenuto, perche essendo sulle frontiere, è stata bersaglio or delle Persiane, or delle Ottomane armi; e non tantosto ricuperata dall’una, che ritolta dalle altre: siccome è accaduto a moltissimi altri luoghi rovinati da’ Persiani per otto, o nove giornate di cammino. E veramente può Kars render bastevole testimonianza a’ posteri, quanto vagliano i Persiani nell’espugnazion delle Fortezze; e di quanto terrore sia a’ Turchi il taglio delle loro scimitarre.

Ma per ritornare al nostro proposito, giace Kars nella Turcomannia. E’ ella di figura bislunga Lexicon., Geograph. Philip. Ferr. verb. Carse., che riguarda a Mezzodì, di due miglia di circuito, sulla falda d’una collina. Le due sue muraglie sono di fango con picciole Torri, e due porte, con altrettanti ponti dalla parte del fiume, e borgo. La Fortezza bensì che è su la rocca è innaccessibile dal lato del fiume. Vi è una buona guarnigione, dalla [p. 447 modifica]quale si distaccano ogni notte 40. cavalli per scorrere sulla frontiera. Le case per gli pochi abitanti, sono come tante caverne fatte di legno, e fango. Da cento trent’anni in quà, ch’è soggetta al Dominio Ottomano, è stata sempre governata da un Bassà; più per gelosia del posto, che perche lo meriti la sua grandezza.

Per compiacere a’ Catergì ci trattenemmo anche il Lunedì 24. Lo Giorgiano pretendea d’avere quivi tutto il danajo della vettura, quando il costume si è di pagarsi in fine del viaggio; e ricusando noi, si ostinò di non voler passare avanti. Fu d’uopo adunque farlo forzare alla partenza dal Doganiere Armeno; altrimente avriamo pigliata altra comodità a suo interesse. Ma ii furbo Armeno fece ben costarci il favore, perche toccandogli (per gli Tambellì, o fardelli) mezza piastra per cavallo, dimandò un zecchino, e con gran stento si contentò d’una piastra.

Accordati con la Dogana, continuammo il cammino il Martedì 25. prendendo per felice augurio nella nostra partenza quattro tiri di cannone, che fecero sentire i Turchi per la sollennità del [p. 448 modifica]loro Bairam, finito già il digiuno del Ramazan: ciò che empiè d’allegrezza l’animo de’ Contadini, veggendosi fuori della dura necessità di faticare il giorno del digiuno, e vegghiar poi la notte mangiando. Tutto il dì incontrammo per quelle ottime pianure, varie truppe di Kurdì, e Kurde, con le loro case portatili su bovi imbardellati.

Costoro vivono con le bestie, e sono tante bestie, che tutto l’anno vanno raminghi in traccia di buoni pascoli per gli loro armenti, co’ quali hanno anch’essi comune il cibo. Fatte 30. miglia in dieci ore, pernottammo nel Casale di Chialà composto di poche grotte. Quivi l’insolente Catergì tornò di bel nuovo sulla negativa di passare avanti, senza esser prima pagato del tutto; e dalla mattina alla sera altro non si facea, che contrastare. Mal mio grado mi rattenni di servirmi del bastone, com’egli meritava, per non tirarmi addosso qualche sciagura peggiore.

Tardi ci partimmo il Mercordì 26. e per istrada non picciola compassione avemmo di tanti luoghi distrutti dalle guerre, che ancor serbano nelle ruine qualche testimonianza dell’antica [p. 449 modifica]magnificenza; ed in particolare la Città di Anì-kagaë, sei miglia lontana dal suddetto Casale. Ella fu fondata in vantaggioso sito, benche paludoso, da un Re d’Armenia dello stesso nome. Buona parte delle sue mura sono ancora in piedi, presso a cui dalla parte di Levante passa il fiume Arpasuy, che nascendo ne’ monti della ivi Mingrelia va ad ingrossare il fiume di Kars. Vi si veggono eziandio le rovine di molti Monasterj, due de’ quali sono quasi interi, che dicono essere stati fondati da’ Re.

Camminando avanti scoprimmo da lungi l’altissimo Monte Ararath, dove vogliono, che posasse l’Arca di Noè: quindi entrammo per una valle per la quale erano sparse come tante piramidi naturali, fatte dall’acqua nel sasso, molta vaghe a vedere. Passammo poscia per lo Forte di Arpasuy ultima Fortezza de’ Turchi, posta talmente su d’una Rocca, che da tre lati non ha bisogno di mura; ma solamente da quello, per cui s’entra. V’è dentro buona guarnigione, e fuori un Villaggio, dove si paga un Rup, o quarto di ducato della moneta di Napoli per lo passo dì ciaschedun cavallo. Nell’istessa valle sopra un ponte passammo il [p. 450 modifica]fiume, che separa l'Imperio Ottomano dal Persiano. Non tanto fui dall’altra riva, che mi calai a baciare quel terreno tanto da me sospirato, per vedermi fuori delle Turchesche furberie. Quel che indi in poi m'accadesse, divisaremo a Dio piacendo nel secondo volume.

Fine della Prima parte.