Grammatica italiana dell'uso moderno/Parte IV/Capitolo IV. La rima e la strofa.
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CAPITOLO IV
La rima e la strofa.
§ 1. Quell’ufficio che fanno gli accenti ritmici nel giro di un semplice verso, lo fa la rima nel giro di più versi riuniti insieme a formare una strofa; poichè la rima, ponendo in relazione fra loro diversi accenti ritmici in più versi contigui o vicini, viene a formarne un periodo armonico di varia lunghezza.
§ 2. La rima (parola derivata da ritmo) consiste nella ripetizione della vocale su cui cade un accento ritmico e delle lettere o sillabe seguenti che compiono la parola. Nelle voci tronche si ripete soltanto la vocale accentata e la liquida seguente, se vi è; p, es. virtù, gioventù, amór, dolór, nelle piane si ripete la sillaba seguente, p. es. véro, sincèro; nelle sdrucciole le due seguenti; p. es. pállido, squállido.
Una forma rozza e imperfetta di rima, usata nei canti popolari, è la così detta assonanza, cioè, la corrispondenza di suoni non uguali, ma affini tra loro, o per consonanti, come in véro, séno; onóre, suóle; o per vocali come in potére, salíre.
§ 3. La rima cade ordinariamente fra le parole finali di due o più versi; ma talvolta anche fra la finale di un verso, e la parola ove ha luogo la cesura. Esempii:
Ed ai vóli tropp’álti e repentíni |
ovvero
Soccórri alla mia guèrra |
ovvero:
E si lágna intórno al nído |
In fine dei versi la rima può essere anche tronca o sdrucciola; p. es.:
Quíndi fú che a lèi mancò |
ovvero:
Vedèndo il cièl già le sue stélle accèndere |
La pronunzia diversa di una stessa vocale o consonante non impedisce la rima, come già abbiamo notato alla Parte I, cap. ii, § 21, e cap. iv, § 14 nota e 18 nota.
I versi sdruccioli, alternati coi piani ed i tronchi, non sogliono aver la rima, bastando il loro suono medesimo a farne avvertire la corrispondenza.
La rima può cadere anche su due parole di ugual suono e forma, purchè differiscano nel significato, p. es. púnto (di spazio) e púnto (da púngere).
§ 4. Le rime sogliono esser disposte coi sistemi seguenti, che noi indichiamo colle lettere dell’alfabeto.
Due rime possono stare:
1. | come rima | accoppiata, aa, bb, cc, ecc. |
2. | id. | alternata, a b a b, ecc. |
3. | id. | chiusa, a b b a. |
Tre rime possono stare:
Le rime troppo discoste non appagano l’orecchio: quindi fra una rima e l’altra non sogliono intercedere per regola generale più di tre o quattro versi.
§ 5. La strofa (così detta dal girarsi sopra di sè, ripetendosi più volte uguale a sè stessa) è una serie di versi distinta per la varia misura e forma di essi, e per la disposizione delle rime (vedi cap. precedenti). Essa nella scrittura richiede in principio un capoverso che la distingua.
§ 6. I versi di una strofa possono essere tutti della stessa misura, o di varie misure (ordiriariamente di due). Gli endecasillabi non ammettono la compagnia che dei versi loro simpatici, che sono il settenario e più di rado il quinario. I versi senarii, ottonarii e decasillabi non si mescolano volentieri; ma però l’ottonario ammette la compagnia della sua metà, del quadernario.
Una strofa alterna talvolta i versi sdruccioli coi piani e i piani coi tronchi, il che si fa di rado cogli endecasillabi, ma frequentemente coi versi minori; avvertendo però che la forma sdrucciola non si concilia volentieri coi versi a sillabe di numero pari (quaternario, senario, ottonario, decasillabo), mentre bene si adatta a quelli di numero dispari (quinario, settenario, endecasillabo).
§ 7. Le strofe si distinguono in semplici e composte: sono semplici quelle che risultano da un sistema solo di rime, ripetuto per tutto un componimento; sono composte quelle che risultano da più sistemi uguali o disformi, insieme collegati in un tutto.
La strofa corrisponde per sua natura ad un periodo o ad un membro di esso, e consta della sospensione e della clausula: nelle strofe semplici la sospensione dèi senso cade, per solito, a metà o poco dopo; nelle strofe composte si suddivide secondo le diverse parti ond’esse risultano, finchè l’ultimo sistema di rime costituisce la clausula.
Per regola generale adunque vuolsi adattare la distribuzione de’ concetti alla forma della strofa, e non passare dall’una strofa all’altra (massime nelle composte) senza una qualche posa del senso.
Noi dichiareremo qui brevemente le principali strofe che anc’oggi si adoperano dai migliori poeti, serbando quella parsimonia che si conviene non solo ad una Grammatica dell’uso moderno, ma altresì ad un libro che non debbe invadere il campo dei Precetti Rettorici.