I Mille/Capitolo XLVII

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Capitolo XLVII. Caiazzo

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CAPITOLO XLVII.

CAIAZZO.

La guerra, vergogna dell’umanità, è fatta necessaria dalle monarchie e dai preti che sarebbero perduti, se gli uomini avessero il buon senso d’intendersi. Trovandosi però nella necessità di farla, ci vuol molto discernimento.

(Autore conosciuto).


Obbligato di lasciare l’esercito sul Volturno e di recarmi a Palermo per placare quel bravo e bollente popolo nell’esaltazione in cui l’avean spinto gli annessionisti, io aveva raccomandato al generale Sirtori, degno capo dello Stato maggiore dell’esercito meridionale, di lanciar delle bande nostre sulle comunicazioni del nemico.

Ciò fu fatto, ma pure chi ne avea l’incarico immediato stimò opportuno di fare qualche cosa di più serio, e col prestigio delle precedenti vittorie, non dubitò qualunque impresa esser eseguibile dai nostri prodi militi.

Fu decisa l’occupazione di Caiazzo, villaggio all’oriente di Capua, sulla sponda destra del Volturno. Tale posizione piuttosto difendibile [p. 277 modifica] naturalmente e meglio con alcune opere, e la gente sufficiente per difenderla, distava dal grosso dell’esercito borbonico, accampato a levante di Capua, di poche miglia. Quell’esercito contava circa quaranta mila uomini, ed ingrossava ogni giorno. Per occupar Caiazzo si fece una dimostrazione sulla sponda sinistra del Volturno, ove si perdettero alcuni buoni militi nostri, massime per la superiorità delle carabine nemiche e per esser detta sponda dominata dalla destra ed i nostri allo scoperto.

Il 19 settembre ebbe luogo l’operazione: si occupò Caiazzo, ed io giunsi lo stesso giorno per assistere al deplorevole spettacolo del sacrifizio dei nostri poveri volontari, che avendo marciato, secondo il costume loro intrepidamente sul nemico, sino sull’orlo del fiume, furon poi obbligati, non trovandovi riparo contro la grandine di palle nemiche, di retrocedere fuggendo, fulminati alle spalle. Il giorno seguente, credo, il nemico inviò un forte nerbo di forze ad attaccare i nostri in Caiazzo, che in pochi, furono obbligati di evacuare, e ritirarsi precipitosamente verso la sinistra del Volturno, dopo d’essersi valorosamente battuti, ed aver perduto non pochi militi, morti, feriti, ed affogati nel fiume. L’operazione di Caiazzo fu più che un’imprudenza, una mancanza di tatto militare, da parte di chi la comandava. — E serva quell’esempio ai nostri giovani militi, tuttora obbligati a studiare quella manía di macellar gli uomini, che si chiama arte della guerra. [p. 278 modifica]

L’ordine mio, nel lasciar l’esercito, era di gettar delle bande sulle linee di comunicazione del nemico, non di prender posizione fissa a poche miglia dall’esercito borbonico, con un fiume come il Volturno fra mezzo agli occupatori poco numerosi di Caiazzo, ed i loro sostegni sulla sponda opposta.

Il valorosissimo colonnello Simonetta, che comandava sulla sponda sinistra del fiume, e che sostenne come potè la ritirata dei nostri vinti di Caiazzo, piangeva di disperazione al miserando spettacolo, giacchè i volontari non pratici dei passi del Volturno, e perseguiti da vicino dal nemico, furon obbligati di gettarsi nel fiume, senza scelta, e caddero in un sito rapido e vorticoso.

Intanto l’impresa infelice di Caiazzo imbaldanzì il nemico, demoralizzò la parte nostra, ci obbligò dall’offensiva passare alla difensiva, e fu per i borbonici un fortunato preludio della gran battaglia meditata, che sarebbe stata differita senza dubbio, e che per ciò ebbe luogo pochi giorni dopo, il 1° e 2 ottobre.