Favole (La Fontaine)/Libro decimo/XII - I due Pappagalli, il Re e suo Figlio

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Libro decimo

XII - I due Pappagalli, il Re e suo Figlio

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Jean de La Fontaine - Favole (1669)
Traduzione dal francese di Emilio De Marchi (XIX secolo)
Libro decimo

XII - I due Pappagalli, il Re e suo Figlio
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Due Pappagalli, padre e figlio, a tavola
ogni giorno sedevano d’un Re,
e figlio e padre, i principi, li amavano
d’un amore che al mondo ugual non c’è.

I due padri legati in amicizia
vecchia si compiacevan di veder
i figli, che malgrado l’età frivola,
vivevan sempre insieme con piacer.

Nutriti insieme, a scuola insieme andavano,
e per l’uccel non era un poco onor
avere per compagno un tanto principe
figliuolo d’un cotanto imperator.

Il ragazzin per natural suo spirito
amava gli uccelletti, ed un gentil
passerino formava la delizia
del suo divertimento giovanil.

Per gelosia tra il Pappagallo e il passero
una seria tenzone un dì scoppiò,
e picchia e becca, il meschinel più debole
ad ingrassar la terra presto andò.

Onde adirato e per vendetta il Principe
il Pappagallo uccise: un gran rumor
si sparse per la reggia, infin che il vecchio
Pappagallo anche lui n’ebbe sentor.

Chi mi sa dir le strida orrende e i gemiti
onde il povero padre invoca il ciel?
Ma invano ei piange; in fondo a Stige il giovine
già navigava al suo destin crudel.

Ma tanto infonde nel paterno spirito
odio e furor, che il vecchio, colto il dì,
salta agli occhi e pich pach accieca il Principe
col becco... e sopra un albero fuggì.

Per suo rifugio scelse un pino altissimo,
dove accanto agli dèi l’aspro sapor
gustò della vendetta, ove del principe
padre non può raggiungerlo il furor.

Per attirarlo, con mansuetudine.
- Amico, vieni, - gli favella il Re, -
dimentichiam, che ormai non vale il piangere
ed io non sono in collera con te.

Per quanto fitta in cor senta l’ingiuria,
è il figlio mio che il tuo forse assalì,
ahimè! forse è il destin inesorabile
che il fatto nel suo libro stabilì.

Era scritto che l’un la vita perdere
dovesse e l’altro il pio raggio del sol.
Torna, amico, ritorna entro la gabbia,
l’un l’altro confortiamoci nel duol -.

E il vecchio Pappagallo a lui: - Mio principe, -
rispose, - dopo quel che capitò,
a queste belle ciarle potria credere
un pazzo forse, un pappagallo no.

O sia destin, o sia, come dimostrano,
provvidenza, che tiene il mondo in man,
è scritto ch’io finisca i giorni miseri
su questo pino o forse più lontan

in qualche selva ignota e solitaria
ove non vegga quell’oggetto più,
che a te d’odio sarà stimol continuo,
e a me cagion di tanto duol già fu.

Io so che la vendetta è nel carattere
lassù dei numi ed è quaggiù dei re,
che vivono da numi, e s’anche credere
volessi e riposar sulla tua fe’,

non che tornar, starò meno in pericolo
lontan dagli occhi tuoi, dalla tua man.
Come contro all’amore, è un gran rimedio
anche per l’odio starsene lontan.