Ifigenia in Tauride (Euripide - Romagnoli)/Terzo stasimo

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Terzo stasimo

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Euripide - Ifigenia in Tauride (414 a.C. / 411 a.C. / 409 a.C.)
Traduzione dal greco di Ettore Romagnoli (1929)
Terzo stasimo
Terzo episodio Esodo


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coro
Strofe

O di Latona fulgida progenie,
cui generò la Delia ne le valli pomifere,
tu, Chioma d’oro, sperto
nella cetra, e tu, Dea, che godi i calami
lanciare al segno certo!
E gl’isolani vertici
la Dea lasciava, e i luoghi ove il suo celebre
figliuolo nacque, irrigui
di pingui scaturigini,
e del Parnaso ai vertici pervenne,
ov’è frastuono bacchico perenne.
Quivi, nascosto all’ombra d’un frondeggiante lauro,
il Dragone, l’orribile prodigio, di Gea figlio,
stendea sopra l’oracolo
terrestre il dorso tutto maculato e vermiglio.
E tu, Divino, ancora, ancora pargolo,
balzante in braccio alla tua madre ancora,
morte gli desti, avesti i sacri oracoli.
Or, sopra l’aureo tripode
siedi, su trono che mendacio ignora.
Dove le linfe sgorgano
della fonte Castalia,

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nel tuo tempio, ch’è in mezzo della terra, ai mortali
compartisci gli oracoli dai santi penetrali.

Antistrofe

Or, poi ch’egli di Gea la figlia, Tèmide,
scacciò da Pito, Terra le notturne fantasime
generava dei sogni,
onde molti degli uomini
scienza aveano d’ogni
cosa, quante ne furono,
ne saranno, e ne sono, allor che tènebre
copriano e sonni e talami.
E invase invida furia
della figlia bandita il cuor di Gea;
e a Febo il pregio oracolar togliea.
E il Dio corse in Olimpo rapido, e la man parvola
stesa di Giove al trono, lo pregò che, sopito
della Diva il corruccio,
dei Sogni fine avessero le visioni di Pito.
E rise il padre, che sí presto un pargolo
bramasse i pingui culti; e, il crine scosso,
dei sogni alle parvenze impose un termine.
E dei notturni oracoli
il culto fu dagli uomini rimosso.
Il suo pregio fatidico
riebbe il Nume ambiguo;
e sul celebre trono, mèta dei peregrini,
tornò fiducia agli uomini nei responsi divini.