Il Baretti - Anno II, n. 16/Taccuino critico/Stile e fantasia

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stile e fantasia

Quando si parla di stile solitamente s’intende in due modi egualmente errati. Nel primo modo, stile significa lingua; un’opera di stile dovrà essere scritta perciò in una bella lingua, con parole una per una splendenti, scelte secondo criteri astratti di purità verbale, e intasate secondo certi canoni d’eleganza sintattica. Nel secondo modo, stile si vuol richiamare a un criterio esteriormente formale. Esiste cioè, in tale maniera di concepir lo stile, un’idea pura, che diremo platonica dello stile. Riferire, anzi modulare la propria intuizione alla forma di questa idea, ciò significa fare opera di stile. In entrambi i modi, sia nel caso dello stile-lingua che in quello dello stile-idea, il concetto di stile è posto al di fuori della realtà dell’intuizione, in una specie di sopramondo vuoi verbale e vocabolaristico, vuoi ideale e accademico. In entrambi i casi lo stile è un’astrazione dell’intelletto.

Stile si ha, al contrario, allorché materia e forma (per usare i vecchi termini del linguaggio scolastico) sono intuite, per così dire, dal loro intimo, nel loro sintetico generarsi dentro la fantasia dell’artista. Non c’è quindi uno stile esterno alla materia (sentimenti, volizioni, pensieri) dell’opera. Molte opere cosidette di stile sono abili esercitazioni stilistiche: prodotti d’accademia. Stile si ha quindi per il pieno coincidere di materia e forma nell’alta fantasia artistica.