Il Canzoniere (Bandello)/Alcuni Fragmenti delle Rime/CLXXVII - Veggio le membra del Fattor del cielo

Da Wikisource.
CLXXVII - Veggio le membra del Fattor del cielo

../CLXXVI - Come non piangi, afflitto cor, se 'l sole ../CLXXVIII - È questo il lieto e avventuroso giorno IncludiIntestazione 9 aprile 2024 100% Poesie

CLXXVII - Veggio le membra del Fattor del cielo
Alcuni Fragmenti delle Rime - CLXXVI - Come non piangi, afflitto cor, se 'l sole Alcuni Fragmenti delle Rime - CLXXVIII - È questo il lieto e avventuroso giorno
[p. 241 modifica]

CLXXVII.

Svolge l’identico motivo sacro — e poco aggiunge di nuovo — dei due sonetti precedenti. Esalta il legno della croce su cui fu Cristo crocefisso.
        Sestina.


Veggio le membra del Fattor del cielo
     Chiavate, ahi lasso! sovra ’l duro legno
     Sparger di sangue un abbondante fiume,
     Per la pietà di cui suoi raggi il sole
     5Piagnendo al mondo ascose, e ancor la terra
     Tutta si scosse per sì cruda morte.
Giammai più indegna, nè più ingiusta morte,
     Da che si volge in tanti giri il cielo
     Non vide sovra sè l’afflitta terra.
     10Qual fu ch’udisse mai che d’alto legno

[p. 242 modifica]

     Pendesse quel da cui dipende il sole,
     E sangue ed acqua derivar d’un fiume?
Queste son l’acque del felice fiume,
     Che purgan l’atra macchia che fè morte.
     15Quest’è quel sangue, che l’eterno sole
     Sì dolce stilla per condurci al cielo.
     Queste le piaghe son, che ’l santo legno
     Fan trionfante nell’inferno, e ’n terra.
Qual sarà dunque sì crudel qui in terra,
     20Al cui piagner non cresca ogni gran fiume,
     Poichè ’l figliuol di Dio va sovra il legno
     Con mille strazii alfin condotto a morte?
     Che s’ei morì, fu pur acciò che ’n cielo
     Di vita a noi risplenda il vivo sole.
25Potè celar la chiara luce il sole,
     E con orrendo tuon tremar la terra,
     Ed offuscarsi d’atra nebbia il cielo,
     Allor ch’aperse l’empio ferro il fiume;
     E nostre menti così fiera morte
     30Non piegherà dinanzi al ricco legno?
Almo, vittorioso, e altiero legno,
     Fatto bilancia all’increato sole,
     Quand’ei morì per far morir la morte,
     Dammi che ’l peso della viva terra,
     35Che vaneggiar mi face in riva a un fiume
     La via non mi contenda d’ire al cielo.
Per te s’acquista il ciel, o sacro legno,
     Che ’l sol reggesti in mezzo della terra
     Quando il bel fiume vinse nostra morte.

Note

V. 2. Chiavate, inchiodate.

V. 7. Ingiusta morte. Si rammenti la questione posta da Dante, a proposito della morte di Cristo: «Come giusta vendetta giustamente | Vengiata fosse...», Parad., VII, vv. 20-21, dove Beatrice [p. 243 modifica]dimostra a Dante che la «morte di Cristo fu giusta e che, al tempo stesso, fu giustamente vendicata negli autori di essa. Giusta la morte, perchè avendo Cristo assunto l’umana natura dannata nel padre comune, questa umana natura fu giustamente punita sulla croce. Ma avendo Cristo conservata la sua divina natura accanto all’umana, la divina natura fu sacrilegamente perseguitata ed offesa. In altri termini: la morte di Cristo fu giusta in quanto egli era uomo, sacrilega in quanto egli era Dio». Così Scartazzini.

V. 11. Pendesse... dipende, allitterazione forzata.

V. 32. Fatto bilancia, questo legno, su cui si pesa la giustizia. — Increato sole, Dio è il sole eterno, increato.

V. 33. Verso di efficaci allitterazioni.

V. 39. Il bel fiume del tuo sangue ci redense.