Il Catilinario/XXII

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Capitolo XXII

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Gaio Sallustio Crispo - Il Catilinario (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Bartolomeo da San Concordio (XIV secolo)
Capitolo XXII
XXI XXIII
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CAPITOLO XXII.


Della paura ch'era in Roma.


Per queste cose la città fu molto commossa, e sua bellezza mutata, e dalla somma delettazione e letizia, delle quali era suta cagione la lor continua pace1, subitamente venne in grande tristizia e dolore. [p. 35 modifica]cominciarono ad affrettare, spaventare e temere; nè di luogo nè di persona niuna ben confidare; nè battaglia fare nè pace avere: ciascuno secondo sua paura estimava i pericoli. Anche le femmine, alle quali, per la gratidezza della repubblica, era venuta disusata paura di battaglia, presono ad affliggere sè medesime; e a stendere le mani al cielo; e a cordogliare li parvoli loro figliuoli2; e pregare Iddio; e d’ogni cosa avere paura: e lasciarono tutte lor vanità e tutte dilicatezze, dottando3 e temendo di sè medesime e di lor città.

Note

  1. delle quali era suta cagione la lor continua pace) Vogliamo qui far avvertire una proprietà di linguaggio; ed è quel loro riferito a città. Dappoichè città qui sta in luogo di cittadini e, come nome collettivo, s’è unito col
  2. e a cordogliare li parvoli loro figliuoli) Cordogliare attivamente adoperato è voce antica da non usare, e vale compassionare; ma non vogliamo lasciar di avvertire che si può adoperare nel neutro passivo per rammaricarsi, dolersi di cuore. Ancora vogliamo che si noti che parvolo è lo stesso che pargolo, se non che parvolo sente più del latino; ed ambedue queste voci sono più della poesia che della prosa, e si adoperano come adjettivi, e diconsi sempre di piccol fanciullo.
  3. dottare è voce antica e non più in uso, e vale temere, dubitare, sospettare.