Il Cristianesimo felice nelle missioni de' padri della Compagnia di Gesù nel Paraguai/Parte I/Capitolo VII

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Capitolo VII

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CAPITOLO VII.


Ostacoli posti da gli Spagnuoli, e da i Mammalucchi del Brasile alla conversione de gl’Infedeli del Paraguai.


M
A io non vo’ inoltrarmi, senza far prima palesi due altre disavventure de gl’Indiani abitatori dell’America Meridionale, procedenti anch’esse dalla malvagità, non già de i Barbari inumani, e mangiatori dì carne umana, ma de i Cristiani stessi. Aveano molti de gli Spagnuoli abitanti nelle terre, ch'essi posseggono di qua dalle montagne del Perù nel continente, e spezialmente quei di Santa Croce della Sierra, [p. 61 modifica]introdotta sotto specie di Compagnia di Mercatanti un’infame Pirateria. Se n’entravano essi

coll’armi nelle terre abitate da gl’Indiani, con iscorrere lungi anche le centinaia di miglia, e come si usa fra noi di andare a caccia di lepri, cignali, cervi, ed altri animali selvaggi, anch’essi si portavano a caccia di quegl’infelici Indiani, non già per ucciderli, ma per prenderli vivi, e farli schiavi. Se non facevano assai preda, rivolgevano all’improvviso il lor furore anche sopra le Popolazioni de’ circonvicini Indiani, tuttoché fosse pace con loro, ed uccidendo chi potea opporli loro coll’armi, o bruciandoli anche vivi nelle lor capanne, menavano prigioniere tutto il resto di quelle famiglie. Non mancavano mai loro pretesti d’ingiurie ricevute, per procedere con qualche colore a così barbari attentati. Facevasi poi una fiera di quella miserabil gente, con vendere allo stesso buon mercato una Donna col Suo Figliuolo, come si vende fra noi una pecora coll’agnello. E di là passando l’infelice ciurma al Perù, si vendeva più caro questa detestabile mercanzia, montando ogni anno il guadagno loro a molte migliaia di Scudi. Intanto a gli altri buoni Spagnuoli pietà e disdegno recava il mirare oppressi e distrutti dall’insaziabil interesse altrui que’ Popoli, ed infamato con ciò il buon nome della Nazione, ed insieme renduta abominevole nell’Indie la Religione di Cristo; ma niuno osava di andar contro a tanta iniquità a faccia aperta per non tirarsi addosso la nemicizia di que’ potenti Mercatanti. In oltre allorché il P. Giuseppe de Arce Gesuita, spinto dal suo zelo, propose di andare a predicar la Fede di Gesù Cristo fra i Popoli Ciquiti, conoscendo coloro, che veniva a fallire l’iniquo [p. 62 modifica]lor traffico, se ciò succedeva: non si può dir quanti ostacoli posero, affinchè non si effettuasse il piissimo di lui disegno. Vero è, che vane furono tutte le lor batterie, perchè l’intrepido servo di Dio nulla curando i rispetti umani, diede principio a i suoi viaggi, e alle Apostoliche sue fatiche, le quali riuscirono poi molto fruttuose; ma non per questo lasciarono quegli schiavi dell’umana cupidigia di continuar l’infame lor mestiere, finché i Missionarj, per difendere i loro cari Neofiti, ed anche gli altri Indiani, coraggiosamente ne portarono le lor querele alla Real’ Udienza di Chiuchisaca, acciocché si provvedesse a così empia crudeltà. Perchè alzossi a proteggere l’iniquissimo traffico una persona di grande autorità e ricchezza, non si attentò quel Magistrato di prendere sopra ciò risoluzione alcuna, ma rimise tutta la causa al Principe di Santobuono Napoletano, che dopo 1’ Anno 1710. era stato inviato dalla Corte di Spagna per Vicerè e Capitan Generale del Perù. Appena quello savissimo Signore, della cui Pietà ed onoratezza posso anch’io rendere buona testimonianza, per averlo praticato in Bologna, ebbe inteso questo obbrobrioso disordine, che con generosità Cristiana pubblicò tosto rigorose provvisioni, vietando sotto pena dell’esilio, e del confisco di tutti i beni a chichessia il vendere e il comperar da lì innanzi alcuno Indiano, condennando ancora qualsivoglia Governatore, che ciò permettesse, alla privazion dell’Ufizio, e al pagamento di dodici mila Pesi da tredeci Reali l’uno. Così cessò con giubilo e plauso de’ veri Spagnuoli quella detestabil violenza e mercatura; ed è ben da credere, che tuttavia si osservi così giusto e lodevol decreto. [p. 63 modifica]

Da i Cristiani di Ponente, e dalla parte de gli Spagnuoli, venne questo malanno a i poveri Americani. Un’altro di lunga mano più grave si fabbricò contra di que’ miseri da i Cristiani di Levante, e dalla parte de’ Portoghesi, consistente nel flagello de’ Mammalucchi. Per intendere ciò, convien sapere, che di là del Rio Janeyro verso il Capo di S. Vincenzo, che è il luogo, dove presso a poco termina la giurisdizion del Brasile, e l’autorità de’ Portoghesi, fu fondata sopra un’erto sasso la Città di San Paolo, appellata da altri Piratininga, in clima temperatissimo, circa trentasei miglia lungi dal mare, circondata da tutte le parti da inaccessibili montagne, e dalla folta foresta di Pernabaccaba, dove prese abitazione una Colonia di Portoghesi. Il terreno per benefizio della natura, ajutato dall’arte, vi produce tutto il bisognevole per vivere con comodità, abbondando di frumento, maiz, bestiame, zucchero, e diversi aromi da provvederne anche i vicini. Costoro col tempo per mancanza di donne mescolarono il nobile lor sangue col vile di que’ Barbari, nascendone figliuoli, che inclinando più alla condizione e a i costumi delle Madri, degenerarono in maniera, che vergognandosi l’altre Città Portoghesi, siccome gelose della nobiltà, di riconoscerli per loro parenti, o Nazionali, abbrrirono da lì innanzi il loro commerzio, e per dispregio li nominarono Mammalucchi, benché da gli Storici sien chiamati Paulini, Pauliziani, e Paulopolitani. Ciò non ostante si mantennero costoro per qualche tempo alla divozione di Dio, e del Re di Portogallo loro Signore, per cura spezialmente e per la predicazione del P. Giuseppe Anchieta Apostolo del Brasile, e de gli altri Padri della [p. 64 modifica]compagnia di Gesù, i quali vi aveano fondato un Collegio. Ma in fine parte per la tirannia de’ Governatori del Brasile, e parte perché il loro libertinaggio non volea più sofferire la briglia, scacciarono dalla Città i Gesuiti, spiantarono il loro Collegio, e scossero in parte il giogo del Monarca Portoghese, con ubbidire a i di lui Ministri, sol quando vogliono, cioè quando lor torna il conto. Formossi con ciò una specie di Repubblica introducendovisi una particolar forma di governo, e laddove la Città non conteneva su i principi più di quattrocento persone, compresivi ancora i Negri Schiavi, e gl’Indiani del paese, a poco a poco si popolò, in maniera, che il numero de gli abitanti da molto tempo in qua ascende ad alquante migliaia; e ciò perchè colà è concorsa, o si è rifugiata la feccia di tutte le Nazioni, cioè Portoghesi, Spagnuoli, Inglesi, Ollandesi, Italiani, ed altri, che per isfuggire il gastigo delle loro iniquità si van riducendo a quell’asilo di masnadieri. Fuggendo anche un Moro da i suoi Padroni, sa che troverà ricovero in quella sentina di malviventi. Si vantano costoro di non essere Sudditi del Re di Portogallo, contentandosi solamente di pagargli ogni anno il quinto dell’oro, che cavano da i lor monti, giacché posseggono ancora miniere, ma con dichiarare di pagarlo, non per obbligo o paura, ma per rispetto ad esso Monarca. La situazione di questa Città, difesa dalla natura, e dalle fortificazioni aggiunte da gli abitanti, ha fin quì fatta perdere a i Portoghesi, se non la voglia, certo la speranza di soggiogarla. Oltre all’armi comuni fra gl’Indiani, posseggono costoro non pochi fucili, verisimilmente loro portati da i Negri fugitivi, o da altri colà rifugiati, o pur [p. 65 modifica]presi alla strada con isvaligiare i viandanti; e par bene che abbiano anche imparata la maniera di fabbricar polve da fuoco: il perché son rispettati e temuti in tutto il contorno. E benché si dica, che non manchino Preti e Religiosi fra loro, pure la lor forma di vivere sembra indicare, che poca o niuna Religione ivi si conservi; o se pur vi si mantien la Cristiana, non ne deggiono punto coloro studiare o apprezzare i santi suoi documenti.

Imperocché questi scellerati, ch’io mi vergogno di nominar Cristiani da che cominciarono ad affettare la libertà, e a far poco conto de gli ordini del Vicerè del Brasile, si diedero ad esercitare la Pirateria per terra nelle Popolazioni Indiane per far de gli schiavi, affinchè da que’ miseri fossero poi coltivate le lor terre, e si lavorasse alle lor miniere, e alla coltivazion dello zucchero. Non si può assai esprimere l’immensità de i danni cagionati da questi nefandi Corsari alle Provincie del Guairà, Paraguai, Rio della Plata, e ad altri paesi dell’America Meridionale. Vanno d’accordo i Missionarj in dire, che costoro partendosi dalla maledetta loro Città, a poco a poco hanno distrutte innumerabili Popolazioni Indiane, riserbando solamente quelle, che loro son suddite, e pagano tributo. Desertati i paesi vicini, nè trovandovi più preda, continuarono a stendere le loro scorrerie ne’ paesi più lontani; e parrà cosa incredibile, ma pure è attestata da Relazioni concordi, che questi ribaldi son giunti più volte al vasto Lago de los Xarayes, e fino al gran Fiume Maragnon, o sia delle Amazzoni, e che traversano talvolta tutto il Brasile, con far viaggi di due, ed anche di tre mila miglia per far de gli schiavi, e con [p. 66 modifica]impiegare in sì fatti viaggi cinque e sei mesi dell’anno, senza sapersi da noi intendere, come trovino maniera di vivere in sì lontane parti, passando per paesi, ch’essi han prima ridotti in un deserto. La verità si è, che delle numerose Popolazioni, le quali abitavano intorno al suddetto Lago, poche son rimaste salve dalla rabbia di questi assassini, non potendo i poveri Indiani colle lor freccie far fronte a chi gli assalisce con armi da fuoco. Hanno eziandio spopolate e distrutte alcune Città de gli Spagnuoli, saccheggiando gli averi de’ Popoli, e seco conducendo quanti uomini, donne, e ragazzi, vengono alle loro mani. Ma sopra gli altri paesi la Provincia del Paraguai, esposta più che l’altre al furore d’essi Mammalucchi, piagne tuttavia gli effetti della loro indicibil crudeltà, per avervi distrutte quattordici Cristiane Riduzioni d’Indiani nel paese de’ Guaranisi, calcolandosi, che circa cinquecento mila persone, già ridotte al grembo della Fede e Chiesa Cattolica, sieno rimaste in varj tempi o uccise, o menate in ischiavitù da i suddetti assassini: cosa che non si può intendere senza orrore. In somma si fa il conto, che da che costoro si diedero a sì infame latrocinio, almen due millioni d’anime Indiane vi han perduta la libertà, o la vita. Nè si dee tacere, ch’essi nè pur godono uno per cento di tanta gente da loro presa, perchè per la maggior parte vengono meno per istrada que’ poverelli, trattandosi di condurli per tante centinaia di miglia fino a S. Paolo con immensi disagi, e mancanza di vitto; e i pochi ancora che v’arrivano, si consumano in breve tempo nell’aria cattiva coltivando le canne dello zucchero, e nelle fatiche delle Miniere, talmente che s’è veduto, [p. 67 modifica]che di trecento mila Indiani, cattivati nello spazio di cinque anni, non ne giunsero salvi al Brasile più che venti mila. L’essersi poi fatti più volte varj caldissimi richiami per tanta barbarie alla Pietà de i Re di Portogallo, ha ben prodotto, che i Vicerè han pubblicati rigorosi editti contro l’empio costume di costoro; ma senza che eglino se ne sieno messa gran pena, avendo come prima continuate le loro scorrerie, e probabilmente seguitando anche oggidì a farle senza timore di Dio, e de i Lusitani, i quali finora non han seriamente pensato alle maniere di distruggere quel nido di tante iniquità.