<dc:title> Il Misogallo </dc:title><dc:creator opt:role="aut">Vittorio Alfieri</dc:creator><dc:date>1789-1798</dc:date><dc:subject></dc:subject><dc:rights>CC BY-SA 3.0</dc:rights><dc:rights>GFDL</dc:rights><dc:relation>Indice:Gli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu</dc:relation><dc:identifier>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Misogallo_(Alfieri,_1903)/Sonetto_XXXVIII&oldid=-</dc:identifier><dc:revisiondatestamp>20210211112239</dc:revisiondatestamp>//it.wikisource.org/w/index.php?title=Il_Misogallo_(Alfieri,_1903)/Sonetto_XXXVIII&oldid=-20210211112239
Il Misogallo - Sonetto XXXVIII Vittorio AlfieriGli epigrammi le satire, il Misogallo di Vittorio Alfieri (1903).djvu
Ag. Oro è questo, guardatelo. Coll. Davvero Spettatori, gli è un oro da commedia.
L’Assegnato, è tra i Galli un fogliolino
Con cifre, e bolli, e firme, emblemi e motti:
Finge, e scaccia i metallici prodotti:
Ridendo il dai, ma il prendi a capo chino.
Nozze, ove in acqua è trasmutato il vino,
Son queste; e muto il reo prodigio inghiotti:
E se increduli v’ha, tosto fien dotti
Dal carnefice Popol Parigino. Breve poter, ma immenso, ha l’empia carta,
Che i già ricchi, or pezzenti, e disperati,
Coll’affamata plebe in un coarta. Tutti a forza il Terror li spinge armati;
Vincon l’Europa, ch’anzi a lor si apparta:
Ma non può Gallia vincer gli Assegnati.