Il Parlamento del Regno d'Italia/Eugenio Emanuele di Savoia

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Eugenio Emanuele di Savoia

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Al lettore Tommaso Agudio

[p. I modifica]S. A. R. Principe Eugenio di Carignano.


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IL PRIMO PARLAMENTO

DEL

REGNO ITALICO


Sua Altezza Reale il PRINCIPE DI SAVOJA-CARIGNANO

senatore.

S. A. R. il principe di Savoja-Carignano (Eugenio-Emmanuele-Giuseppe-Maria-Paolo-Francesco-Antonio) è nato il 14 aprile del 1816, ed è stato dichiarato principe di Savoja-Carignano nel 1844.

Dotato di quelle nobili qualità di mente e di cuore, che a vantaggio d’Italia, e qual compenso alle tante sventure onde fu oppressa la nostra nazione, sembra la Provvidenza essersi piaciuta a largire fin da epoca remotissima a tutti i principi di casa Savoja, egli fu educato sotto gli occhi dell’immortale re Carlo Alberto in compagnia del nostro eroico sovrano Vittorio Emmanuele e del defunto e sempre memorabile duca di Genova.

L’augusto instauratore delle libertà italiane, apprezzando il senno e la longanimità del suo allievo, mentr’Egli si preparava, seguito dal futuro Primo Soldato dell’indipendenza nazionale e dall’altro giovinetto figlio, a scendere in campo onde cacciare lo straniero dalle patrie contrade, affidò al principe di Carignano le difficili funzioni di reggente del Regno.

Tale rilevantissimo incarico fu dal Principe sostenuto con una solerzia e una fermezza ammirevoli [p. 6 modifica]durante la campagna di Lombardia e quella più infausta di Piemonte nel 1848 e 1849.

Senza lasciarsi abbattere un solo istante dalle terribili sciagure che percossero la Casa, il Regno e l’Italia nei campi di Novara, il principe fu largo de’ suoi consigli e de’ suoi conforti al giovinetto Re, che, riposta a malincuore la spada, impugnava lo scettro, legatogli dall’eccelso esule d’Oporto, in un con la fede al patto costituzionale e al sublime disegno dell’italica redenzione.

Eugenio di Carignano, cui era già stato conferito il titolo di grande-ammiraglio, fu poscia nominato comandante in capo delle Guardie nazionali del regno.

Nel 1859, quando con l’ajuto d’Iddio, e mediante quello del magnanimo nostro alleato l’imperatore Napoleone III, surse l’invocato giorno della nazionale riscossa, il Re Galantuomo, il Re Soldato, prima di slanciarsi alla testa dei futuri vincitori di Palestro e di San Martino a propugnare la patria indipendenza, rimise anche una volta la reggenza dello Stato nelle ferme e leali mani del principe di Carignano.

Questi, non mai minore a sè stesso e al sommo incarico che in così difficili circostanze eragli di nuovo affidato, seppe nel disimpegnarne assiduamente e con ogni perspicacia le rilevanti funzioni conciliarsi la stima e la simpatia di tutta Italia.

E non dubbio attestato, invero, di gratitudine, di riverenza e d’affetto dettero al principe Eugenio le assemblee dei Ducati, delle Legazioni e della Toscana, allorquando con la spontaneità la più viva lo elessero a loro reggente; se non che, per una di quelle deviazioni dalla linea retta che nel progredimento delle nazioni la sana politica consiglia talvolta ai dì nostri, onde quel progredimento stesso inceda più sicuro e rimanga durevole, l’offerta reggenza non potè essere altrimenti accettata dal nostro Principe, come quella che riputavasi di soverchio contraria alle stipulazioni del trattato di Zurigo. Ma non appena le splendide e unanimi votazioni dell’11 e 12 marzo ebbero provato in irrecusabile modo che l’annessione al Piemonte era voluta da tutta l’Italia Centrale, non appena tale [p. 7 modifica]annessione venne solennemente accettata e sancita dal re Vittorio Emmanuele il 22 e il 26 del medesimo mese, tosto il Principe di Carignano fu inviato a Firenze, qual regio luogotenente in Toscana.

Sebbene noi non crediamo che questa nuova carica del Principe possa sussistere molto tempo, giacchè non ammettiamo che la così detta autonomia amministrativa della Toscana debba durare a lungo, tuttavia la patria del Dante, del Machiavelli e del Castruccio si felicita già di possedere a reggitore immediato il principe Eugenio, che buono, generoso, affabile, intelligente, è sempre pronto a porgere, anche del proprio privato peculio, efficaci incoraggiamenti agli scienziati, ai letterali e agli artisti, e a spandere le sue beneficenze a piene mani sui poveri.