Il Parlamento del Regno d'Italia/Gabriello Lancelotto Castelli

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Gabriello Lancelotto Castelli

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Edoardo Grella Giuseppe Michele Grixoni
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


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Palermo è sua patria, ove egli nacque nel 1809, discendente da antica e nobilissima famiglia di Genova, [p. 363 modifica]di cui un ramo stabilissi in Sicilia. Fra i suoi antenati si contano guerrieri insigni e chiarissimi scienziati, nel numero dei quali ultimi il notissimo numismatico suo avo.

Eccitato dagli esempi trasmessegli da’ suoi maggiori, nonchè dalla propria indole generosa, e amato dal proprio paese, il principe di Torremuzza sentì più ch’altri mai le sventure, onde la sua diletta patria era oppressa per fatto di un governo antinazionale e dispotico. Quindi è ch’egli si tenne sempre lungi dall’aver il ben che minimo contatto coi sovrani borbonici, rifiutando tutte quelle offerte di cariche, che alla di lui nascila, ed al rango che egli occupava si competevano. Invece non si rifiutò di sostenere qualche ufficio municipale, onde prestare come meglio poteva l’opera sua in pro della patria.

Spuntata finalmente per l’Italia un’èra più prospera, allorquando da quel trono di San Pietro che ora si mostra essere uno dei più fieri ostacoli al compimento del gran voto italiano, l’unità nazionale, scesero delle parole e degli atti che facevano sperare volesse il novello pontefice Pio IX iniziare egli stesso il gran movimento dell’italiana rigenerazione, il principe di Torremuzza si diè premura di correre a Roma, onde impetrare che quella voce al cui suono aveva balzato di gioja il cuore delle oppresse nazioni, valesse a far udire miti consigli al Borbone, il quale si negava a concedere qualunque riforma. Ma poichè ebbe veduto il nostro protagonista tornar vana ogni sua premura in tal senso, rientrò sconfortato in patria, ove fu di coloro che, comprendendo come nè tacite proteste, nè pacifiche domande valessero a smuovere i regnanti di Napoli, pensarono di aver ricorso all’extrema ratio dei popoli, l’insurrezione, la quale scoppiò infatti nel gennajo 1848, come ognun sa, maravigliosa in Palermo.

Il principe di Torremuzza fece parte del comitato rivoluzionario, dal seno del quale non si dipartì che per portarsi ad organizzare una porzione delle guardie nazionali, che, mobilizzate, ebbero poscia a lottare contro l’esercito borbonico.

Più tardi il principe ricevette una più importante [p. 364 modifica]missione, quando fu incaricato di offrire la corona di Sicilia a S. A. R. il fu duca di Genova. Giunto a Torino ebbe l’onore di venir ricevuto dal magnanimo re Carlo Alberto, che lo accolse col più sentito favore.

Da Torino il Torremuzza si recò a Parigi ed a Londra onde interessare quelle grandi potenze in favore della sventurata Sicilia; ma i di lui sforzi dinanzi al cangiamento della politica europea restarono pur troppo infruttuosi.

Allorchè il re di Napoli nel 1849, dopo il breve armistizio ch’esso avea pattuito colla Sicilia, riorganizzò un’importante spedizione per riconquistare quell’isola, il principe di Torremuzza s’imbarcò subito onde trovarsi colà al suo poste, e contribuire come ogni altro cittadino alla difesa della patria terra; ma pur troppo la notizia del trionfo e della restaurazione borbonica pervenutagli a Genova gli impedì di proseguire più oltre il cammino. Da quell’epoca, fino al 1860, il principe di Torremuzza rimase esule dalla patria, fermando sua stanza a Parigi, ove sposò in ultimo una giovine principessa De La Tremouille, discendente diretta dall’antico re di Napoli Federico d’Aragona.

Scoppiata la nuova rivoluzione Siciliana, nel 1860, il nostro protagonista prestò l’opera sua al movimento nazionale, ed al giungere di S. M. l’eroico Vittorio Emmanuele a Napoli, egli fece parte della commissione inviatagli dalla città di Palermo.

Il principe di Torremuzza, pari ereditario dell’antica camera alta di Sicilia, è stato eletto a senatore del regno, e decorato dell’ordine Mauriziano.