Il Parlamento del Regno d'Italia/Giuseppe Capone di Altavilla

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Giuseppe Capone di Altavilla

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Francesco Fiorenzi Casimiro Pisani
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


[p. LXXXV modifica]Giuseppe Capone di Altavilla.

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Ecco ancora un antico campione dell’indipendenza nazionale, ecco una delle numerose vittime della tirannide borbonica.

Nato in Arpaise, comune del mandamento d’Altavilla, nella provincia di Principato Ultra, nel luglio del 1794, studiò filosofia e legge in Napoli, e tornò nel 1818 in Altavilla, ad esercitar l’impiego di percettore delle contribuzioni dirette di quel circondario.

Scoppiala appena la rivoluzione del 1820, il Capone fu destinato dal colonnello De-Conciliis, che in esso riponeva molla fiducia, a portarsi con una mano d’armati a difendere il passo delle forche caudine in Arpaja. Eletto in seguito capitano dei legionari del circondario di Altavilla, nel marzo 1821, egli marciò alla testa della sua compagnia negli Abruzzi, fintantochè entrati gli Austriaci in Napoli e ristaurato il governo assoluto, il Capone dovette andar profugo e ramingo per molto tempo. Arrestato nel 1827, patì lunga prigionia, quindi venne relegato nell’isola di Lipari per solo arbitrario ordine di polizia, senza che gli si fosse fatto processo, o che avesse subìta condanna giudiziaria di sorta.

Dietro l’amnistia emanata da Francesco I, nel 1830, il nostro protagonista potè rientrare nella terra nativa, sebbene non potesse vivervi vita tranquilla, come quegli ch’era sempre rigorosamente sorvegliato e spesso molestato dalla polizia dei Borboni. Arrestato di nuovo nel 1837, insieme al barone Poerio ed a molti altri, fu sottomesso a giudizio del tribunale della suprema giunta di Stato, ch’ebbe ad ordinare il rilasciamento dei prigionieri per mancanza di prove.

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Nel 1849, nel momento in cui la reazione, fomentata da Ferdinando II e dalle sua camarilla alzava ardimentosa la testa, e facea man bassa su quanti le pareva dovessero opporsele, il Capone fu processato sotto la speciosa accusa ch’egli volesse abbattere il governo costituzionale, onde tentare di sostituirgli il repubblicano. Non vi fu tribunale che valesse a trovar prove del reato che s’imputava al nostro protagonista; chè certo era chiaro ad ognuno i nemici del governo costituzionale star sul trono ed intorno al trono, non altrove; tuttavia il Capone, anche in quella funesta circostanza, ebbe a sopportare le più inique vessazioni per parte d’una polizia, che ognun sa quanto fosse indulgente e pietosa verso i malfattori, e barbara e tirannica verso gli accusati politici.

Nel movimento rivoluzionario del 1860 il nostro protagonista fece parte del governo provvisorio della provincia d’Avellino, alla cui testa si trovava il vecchio generale De-Conciliis. Finito il compito di questo governo coll’arrivo del generale Türr, spedito nella provincia munito di pieni poteri dal dittatore Garibaldi, il Capone era rientrato nella vita privata, quando il regio decreto del 20 gennajo 1861, che lo chiamava a sedere nel supremo consesso dei senatori del regno, conferiva al nobile e indefesso patriota una ben meritata ricompensa.