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Il Parlamento del Regno d'Italia/Stefano Siccoli

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Stefano Siccoli

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Emanuele Rorà Paolo Solaroli
Questo testo fa parte della serie Il Parlamento del Regno d'Italia


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SICCOLI STEFANO


deputato.


Non sappiamo troppo per quali vicende e con che scopo il Siccoli, toscano, sia andato a guerreggiare in America, combattendo, ignoriamo quali guerre e a sostegno di quale partito, al Perù. Ciò che possiamo dire si è, che in un fatto d’arme una palla di cannone gli portò via netto una gamba, e che, subita l’amputazione sopra il ginocchio, il Siccoli è tornato in Italia sorreggendosi sulle stampelle e con una pensione di tre o quattro mila franchi, dicesi, all’anno.

Un collegio della Toscana lo ha inviato a proprio rappresentante al Parlamento nazionale, ove non ha tardato a far parlare di sè. Noi osiamo dire senza tema di dovere essere ragionevolmente smentiti, che il Siccoli è uno di quei deputati che fanno assai danno, e che non recano il benchè menomo vantaggio. Difatto, non isperate mai ch’essi si dieno la pena di entrare e di assidersi negli ufficî, prestandovi la loro quota-parte di studio e di lavoro; ma siate più che sicuri che allorquando si presenterà una discussione generale sopra una legge di qualche importanza e che non sia di pura amministrazione, essi domanderanno invariabilmente la parola e faranno perdere il tempo alla Camera ed al paese collo sviluppar lungamente le più indigeste teorie politiche ed umanitarie che mai cervello balzano o fanciullesco abbia fantasticato.

La gloriola di portar appesa alla catena dell’orologio la medaglia di rappresentante, il comodo di potersene girare dall’una estremità all’altra della penisola nelle prime classi delle ferrovie e dei piroscafi postati senza metter mano al borsellino, la prerogativa di assistere ai balli di Corte senza aver la seccatura di dovere indossare un’uniforme, ci sembra che sieno compensi sufficienti per un uomo ragionevole alle pene che immancabilmente deve essersi date onde venire eletto deputato; ma almeno, e dappoichè egli reca già un non lieve danno alla Nazione coll’occupare inutilmente [p. 778 modifica]un posto che altri potrebbe tenere con di lei profitto, abbia la discretezza di non volere accrescere il guajo col far sciupare ai suoi sventurati colleghi un tempo, che nelle circostanze in cui versa la patria Dio sa quanto mai sia prezioso.