Il Parlamento del Regno d'Italia/Vito d'Ondes Reggio

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Vito d'Ondes Reggio

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Giustiniano Nicolucci Achille Argentino

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deputato.


Noi amiamo di potere in queste pagine mostrare ai lettori qualcheduno dei moderni legistatori che possono contribuire alla gloria di una nazione per la dignità del loro carattere, per la nobiltà dei loro sentimenti, e per la fermezza delle loro convinzioni, quand’anche queste convinzioni sieno in opposizione in alcuni punti, con quelle della grande maggioranza dei proprî concittadini.

In questo numero appunto noi collochiamo il D’Ondes Reggio, del quale un corrispondente del giornale parigino La Presse ebbe a dire, ch’egli era il Montalembert dell’Italia, colla scienza per soprappiù.

Il barone D’Ondes Reggio è nato in Palermo di nobile famiglia, alleato per parte di madre dei principi d’Aci e Catena, grandi di Spagna ereditari.

Dopo aver fatto il suo corso di dritto nel modo il più distinto all’Università di Palermo, egli dette alla luce un opuscolo sulla proprietà politica delle isole, opuscolo che fu molto apprezzato; il barone D’Ondes aveva allora appena l’età di 22 anni.

Ammesso poco tempo dopo nella magistratura lo si vide opporsi con tutte le sue forze alle misure di reazione alla violenza dei partiti e agli arresti illegali della polizia.

Sotto un governo tanto dispotico quanto era dispotico il Governo borbonico, una simile condotta per parte sua non avrebbe servito che a far restare in tronco la sua carriera ov’egli non avesse avuto [p. 941 modifica]possentissimi protettori, il principe d’Aci suo zio, generale aiutante di campo del Re e il ministro di grazia e giustizia Parisio.

Tuttavia lo si fece cangiar di sede e lo si inviò nel regno di Napoli, ove non tardò ad essere nominato regio procuratore.

Quando in Napoli adunossi il congresso degli scienziati italiani, il D’Ondes-Reggio vi sidistinse in singolarissimo modo, stante per la profonditàdella sua dottrina e per l’estensione delle sue cognizioni, come per la facilità e l’eleganza della sua parola.

Scoppiata appena in Sicilia la rivoluzione del 1848, il barone D ’ Ondes si diè premura di rientrarvi, ed eletto deputato a quel Parlamento, gli venne quasi subito confidato il portafogli dell’interno e quello dell’istruzione pubblica.

Nel suo corto passaggio al ministero, egli ha la sciate le migliori memorie di sè. Di fatto: integro funzionario, abile amministratore, magistrato sottomesso alle leggi, non ha smentito un solo istante le sue opinioni di pubblicità, persistendo a proporre l’abolizione della pena di morte, restando nemico giurato delle misure eccezionali, delle persecuzioni extralegali, degl’imprigionamenti arbitrari, dimodochè può dirsi che il suo spirito di giustizia e d’umanità a tutti sia noto.

Si sa ch’egli fu che dettò il decreto, in virtù del quale la corona di Sicilia venne offerta a S. A. Reale il Duca di Genova.

La tirannia borbonica essendosi ristabilita in Sicilia, D’Ondes-Reggio rifuggiossi dapprima a Malta, quindi si portò Genova, donde si condusse a Torino, nella qual città fondò, insieme ad Amari e Ferrara, il giornale la Croce di Savoja, che fu poi ceduto al terzo partito.

Essendosi in questo mezzo resa vacante la cattedra di dritto costituzionale ed internazionale nell’Università di Genova, egli l’ottenne per decisione unanime del consiglio supremo d’istruzione pubblica, dopo aver subito un brillantissimo esame.

Stabilito ch’ei fu a Genova divise il suo tempo tra [p. 942 modifica]i doveri del professorato e la pubblicazione di un’opera importante, intitolata: Introduzione ai principi delle Società umane, opera che l’ha collocato ben alto nella stima dei giureconsulti, e gli ha valuto, sopra tutto dall’illustre Mittermayer, gli elogii meglio sentiti.

Nel 1860 il governo dittatoriale di Sicilia gli offrì le rilevanti funzioni di procuratore generale presso la gran corte dei conti, ma egli non credette doverlo accettare, preferendo rappresentare in seno al Parlamento italiano uno dei collegi elettorali del suo paese nativo.

Per ciò che riguarda il suo modo di pensare relativamente all’amministrazione interna dello Stato, le vedute del D’Ondes sono note ad ognuno; egli vorrebbe che le grandi provincie italiane potesser godere di un autonomia amministrativa quasi completa, il che sarebbe spingere il principio dello discentramento più lungi dell’utile e del giudizioso.

Queste convinzioni vogliono essere rispettate, mentre non mancano certo della più grande sincerità; ma è da deplorarsi che il D’Ondes vi si sia attaccato in modo assoluto, e che non creda opportuno di rinunciarvi una volta che gli apparisce chiarissimo, com’egli sia solo o quasi che solo nel Parlamento a restare di quell’avviso. Cosi accade pur anco che un uomo qual egli è, e che potrebbe rendere incontestabili servigi al paese debba essere scartato dal prender parte al l’amministrazione della cosa pubblica.

Il D’Ondes è liberale sinceramente, ed umanitario più ch’altri al mondo, ma è un cattolico fervente e che non toccherebbe per tutto l’oro del mondo al potere temporale dei papi. Questa nuova e radicale di vergenza dal sentimento e dallo scopo che si propongono le aspirazioni nazionali, non possono non contribuire assaissimo a rendere quasi nulla l’azione del D’Ondes nel Parlamento e fuori, malgrado che egli esprima le sue idee con convincimento, con ardore, con eloquenza e con un linguaggio scelto ed elevato che lo costituiscono uno dei pochi oratori che possieda la Camera.

Lo ripetiamo, a noi rincresce che un personaggio [p. 943 modifica]che ha tante qualità e tanta scienza, debba di questa guisa rimanersi fuori della cerchia degli uomini governativi quando di questi uomini abbiamo si gran deficienza in Italia.