Il Sofista e l'Uomo politico/Il Sofista/IX

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Il Sofista - IX

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Platone - Il Sofista e l'Uomo politico (IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Giuseppe Fraccaroli (1911)
Il Sofista - IX
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IX.


Teet. Forse che c’è una caccia degli animali domestici?

For. Si, se l’uomo ne è uno. Ma poni come ti piace meglio1, sia che non ne ammetta [p. 121 modifica]nessuno come domestico, sia che qualche altro sia per te domestico e l’uomo selvatico, sia che viceversa tu ritenga domestico l’uomo, ma che di uomini non creda si dia alcuna caccia. Di queste cose quella che t’è più caro che si affermi, fa di determinarcela.

CTeet. Ma noi, o forestiero, io credo che siamo animali domestici, e affermo che c’è una caccia degli uomini.

For. Doppia pertanto diremo che è anche la caccia dei domestici.

Teet. In che senso lo diremo?

For. La pirateria e la tratta degli schiavi e la tirannia e il complesso dell’arte della guerra, tutta questa roba come una cosa sola definendola caccia violenta.

Teet. Benissimo.

For. E l’arte dell’avvocato e quella del concionatore e quella del conversare, di nuovo come un tutto unico la chiameremo, per esempio, arte Dpersuasiva.

Teet. Giustissimo.

For. Di quest’arte persuasiva facciamone ora due specie.

[p. 122 modifica]Teet. Quali?

For. Una quella che ha luogo in privato; un’altra quella che in pubblico.

Teet. Si ammetta dunque l’uno e l’altro tipo.

For. E della caccia privata, alla sua volta, non c’è quella che guadagna mercedi e quella che offre doni?

Teet. Non capisco.

For. Si vede che non hai mai fatto attenzione alla caccia degli amanti.

Teet. A proposito di che?

EFor. Che a coloro che hanno accalappiato regalano poi anche dei doni.

Teet. Dici verissimo.

For. Sia questo dunque il tipo dell’arte amatoria.

Teet. Precisamente.

For. E di quella che guadagna mercedi quella parte che conversa piacevolmente e che si è fatta la sua esca tutta di lusinghe, e ne trae in compenso il proprio mantenimento soltanto, la 223potremmo dire, io credo, tutti un’arte adulatoria o dolcificatoria.

Teet. Perchè no?

For. E quella che fa professione di intrattenere a scopo di virtù, e in compenso piglia denari2, forse che questa specie non merita che sia chiamata con un nome diverso?

[p. 123 modifica]Teet. Perchè no?

For. E quale sarà questo nome? Prova a dirlo.

Teet. Egli è ben chiaro. Perocchè il sofista mi pare che l’abbiamo trovato. Questo infatti dicendo io che egli è, credo di chiamarlo col nome che gli è proprio.

Note

  1. Non ha che fare con Euthyd. p. 275 E, dove Dionisodoro preannuncia che qualunque sia la risposta che il ragazzo vorrà dare (alla domanda se chi impara è il savio o l’ignorante) egli è pronto a confutarla: nell’Eutidemo è una vanteria da ciarlatano, qui è uno scherzo cortese. Teeteto era rimasto sorpreso a sentir che l’uomo fosse un animale domestico di cui si potesse andare a caccia; e il Forestiero: “non ti pare che sia domestico? allora sarà selvatico„. Così avremmo detto noi, e forse anche Platone nello stile diffuso della prima maniera: volendo stringere e conglobare in un periodo tutte le obiezioni possibili la naturalezza ne patì: la commedia non soffre contorsioni.
  2. La differenza dunque tra l’adulatore (parassita) e il sofista è che il primo riceve la mercede, diremmo noi, in natura, l’altro in denaro.