Il Tesoretto (Laterza, 1941)/II

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II

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I III
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II

Lo Tesoro comenza.
Al tenpo che Fiorenza
     115fiorio e fece frutto,
sí ch’ell’era del tutto
la donna di Toscana,
ancora che lontana
ne fosse l’una parte
     120rimossa in altra parte,
quella di Ghibellini,
per guerra di vicini;
esso comune saggio
mi fece suo messaggio
     125all’alto Re d’Ispagna,

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ch’or è Re dela Magna
e la corona atende,
se Dio nolli ’l contende;
ché giá sotto la luna
     130non si truova persona
che per gentil legnagio,
né per alto barnagio,
tanto degno ne fosse
com’esto Re Nanfosse.
     135E io presi compagna,
e andai in Ispagna,
e feci l’ambasciata
che mi fue comandata;
e poi sanza sogiorno
     140ripresi mio ritorno,
tanto che nel paese
di terra navarrese,
venendo per la calle
del pian di Roncisvalle,
     145incontra’ uno scolaio
su ’n un muletto baio
che venia da Bologna,
e, sanza dir menzogna,
molt’era savio e prode.
     150Ma lascio star le lode,
che sarebono assai.
Io lo pur domandai
novelle di Toscana
in dolze lingua e piana,
     155ed e’ cortesemente
mi disse immantenente,
che Guelfi di Fiorenza
per mala provedenza
e per forza di guerra
     160eran fuor dela terra,
e ’l dannagio era forte

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di pregione e di morte.
Ed io, ponendo cura,
tornai ala natura,
     165ch’audivi dir che tene
ogn’om ch’al mondo vene,
che nasce primamente
al padre e al parente,
e poi a suo comuno.
     170Ond’io non so nessuno
ch’io volesse vedere
la mia cittade avere
del tutto ala sua guisa,
né che fosse divisa,
     175ma tutti per comune
tirassero una fune
di pace e di ben fare;
ché giá non può scampare
terra rotta di parte.
     180Certo lo cor mi parte
di cotanto dolore,
pensando ’l grande onore
e la ricca potenza
che suole aver Fiorenza
     185quasi nel mondo tutto.
Ond’io in tal corrotto
pensando, a capo chino,
perdei lo gran cammino,
e tenni ala traversa
     190d’una selva diversa.