Il buon cuore - Anno IX, n. 39 - 24 settembre 1910/Beneficenza

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Il buon cuore - Anno IX, n. 39 - 24 settembre 1910 Educazione ed Istruzione

[p. 305 modifica]Beneficenza


I Problemi dell’Emigrazione

AL PARLAMENTO ITALIANO



Che il problema dell’Emigrazione fosse per l’Italia uno dei più importanti, fu, fino a poco tempo addietro, compreso solo da alcuni Italiani e questi erano illuminati uomini politici, e studiosi di questo grandioso fenomeno; ma ora possiamo dire che tal pensiero ha pervaso veramente l’opinione pubblica. In tutti i giornali, in tutte le riviste si parla con frequenza e con passione delle questioni attinenti alla nostra emigrazione: sono gli elementi fra i più attivi della nostra Camera dei deputati, che propongono provvedimenti atti a migliorarne le condizioni, che vanno nei paesi di immigrazione e ne riportano impressioni e concetti direttivi opportuni.

Realmente il paese sente che è necessario occuparsi seriamente di questo fenomeno, cui sono collegati tanti interessi nazionali anche interni: ed ultimamente, quando nel Parlamento Italiano si discussero i provvedimenti per l’emigrazione, si destò un vivo interesse nella Camera e nel popolo, e milioni di connazionali fuori delle frontiere, vigili ascoltarono la voce della patria, premurosa dei suoi figli lontani.

Poichè gli interessi dei cittadini emigranti sono legati a quelli del paese donde partono; i nuclei di cittadini all’estero, anche se raccolti in colonie senza bandiera, sono come un prolungamento della patria.

Le disposizioni portate dalla nuova legge non variano le linee fondamentali della legge 1901 che nell’insieme si è dimostrata buona.

Sono abrogati gli art. 7, 11, 28 e 33 di quella e ad essi sono sostituiti altri di pari numero con l’aggiunta degli articoli 13 bis, 13 ter, 13 quater, 16 bis, 32 bis, 33 bis, 33 ter, 35 bis.

Una delle principali innovazioni sancite nei nuovi articoli consiste nella tassa di lire 2 cui sono sottoposti i passaporti per emigranti in paesi europei, tassa che è destinata al fondo per l’emigrazione. Fino adesso infatti detto fondo era costituito solamente dalla tassa di lire 8 che gravava sul trasporto marittimo di ogni emigrante transoceanico: ora è sembrato giusto che, siccome il fondo per la emigrazione è destinato a provvedere anche alla tutela dell’emigrazione continentale, anche questa concorreva a formarlo.

L’articolo 7 riguarda l’ordinamento del personale del Commissariato che si manifestava insufficiente colle sempre crescenti esigenze del servizio. Esso prevede la istituzione di due ispettori per l’Italia ed un aumento di impiegati di ragioneria e di altri di terza categoria: inoltre equipara i funzionari del Commissariato agli impiegati dello Stato.

Gli articoli 13 bis, ter e quatersi riferiscono ai trasporti marittimi.

La legge del 1901 allo scopo di richiamare la concorrenza di navi estere nel trasporto dei nostri emigranti, che era effettuato dalla nostra Marina nazionale con navi scadenti, aveva creato delle condizioni privilegiate alle compagnie estere di navigazione, che chiedessero patenti di vettore di emigranti in Italia per le tasse di registro sui loro atti costitutivi e su quelli di aumento del capitale. Ora essendo venuto meno tale motivo, per il rinnovamento e le buone condizioni delle Compagnie nazionali, la nuova legge stabilisce l’equiparazione di esse a quelle straniere, nei riguardi delle tasse suddette.

L’articolo 13 ter pone una tassa di centesimi 10 per ogni tonnellata di stazza di piroscafi che richiedono la licenza consolare per trasportare passeggieri italiani di terza classe in viaggi di ritorno: il 13 quater dà facoltà [p. 306 modifica] al governo di sospendere temporaneamente l’iscrizione in patente di vettore di nuovi piroscafi al fine di impedire un numero eccessivo di navi addette a quel servizio.

Gli articoli 33, 33 bis, 33 ter dettano norme per gli emigranti obbligati al servizio militare: ivi mentre da un lato si cerca di reprimere abusi ponendo clausole restrittive l’esenzione dal servizio, d’altro lato si stabiliscono agevolazioni che sembrano conciliar meglio le esigenze della difesa nazionale con gli interessi degli emigrati.

Fino ad ora gli iscritti nelle liste di leva, nati e residenti all’estero, o espatriati prima di aver compiuto il sedicesimo anno di età, qualora venissero arruolati, erano senz’altro provvisoriamente dispensati dal presentarsi alle armi finchè durava la loro residenza all’estero: ora poichè tale disposizione poteva costituire un allettamento forte ad emigrare, si pone come condizione della dispensa agli espatrianti prima del 16° anno di età, che essi siano andati all’estero con ascendenti o col tutore.

Inoltre si aggiunge altra importante innovazione, per la quale gli inscritti di leva nati e residenti in paesi, dove per fatto della nascita, sia loro imposta la cittadinanza locale, saranno esentati dell’obbligo di compiere la ferma, quando provino di aver prestato nel paese di nascita un periodo di effettivo servizio sotto le armi nell’esercito regolare, il quale possa considerarsi equivalente a quello che avrebbero dovuto prestare in Italia.

Queste sono le principali modificazioni sancite dalla nuova legge approvata recentemente dalle due Camere. Noi vogliamo qui, con rapido sguardo, osservarle unitamente a tutto l’insieme di leggi, di provvedimenti e congegni che si riferiscono alla vasta materia, onde coglierne il giusto valore relativo; ciò faremo seguendo il discorso con cui S. E. il ministro degli Esteri onorevole Di San Giuliano le propose all’approvazione del Parlamento, discorso riprodotto nella raccolta degli atti parlamentari. E dai concetti fondamentali, informatori, da lui espressi, trarremo argomento per alcune osservazioni di indole generali riguardanti l’avvenire della nostra emigrazione, ciò che ancora per essa resta da fare, e particolarmente accennare al compito che, in questo campo, è bene sia adempiuto dalle iniziative private.

Il Ministro esordisce toccando la questione dei danni e degli svantaggi dell’emigrazione sotto tutti gli aspetti, economico, sociale, demografico, politico, e mostrando di averne chiara visione. «Fra i vantaggi che l’emigrazione reca, egli dice, ve n’è uno grandissimo, che non si vede, perché consiste sopratutto in un danno evitato. Poichè se lo sbocco della emigrazione non avessimo, assai più depresso di quello che disgraziatamente è, sarebbe il livello medio del benessere delle classi lavoratrici, assai più aspri e pericolosi i conflitti sociali nel nostro paese. — Certo, se nel suo complesso, tenuto conto dei vantaggi e dei danni, il fenomeno dell’emigrazione è vantaggioso all’economia nazionale, vi

sono qua e là alcune regioni dove i danni superano i vantaggi, dove la mancanza di braccia che ne consegue può portare questi salari ad un tasso che disgraziatamente non è ancora compatibile con le condizioni della produzione in quei paesi, non ancora sufficientemente sviluppati». Ed a questo proposito accenna ai provvedimenti di colonizzazione interna, più volte vigorosamente propugnati dall’on. Pantano; ma egli osserva che l’Italia ha una densità media di 116 abitanti per chilometro quadrato, superiore perciò a tutti i paesi del mondo, tre eccettuati, il Belgio, l’Olanda e l’Inghilterra, superiore a quella di paesi molto più ricchi di noi, come la Francia e la Germania, e conclude che per conseguenza «l’aumento di ricchezza che l’Italia potrà conseguire coi suoi progressi, dovrà esser destinato, non già ad aumentare la densità media della nostra popolazione, ma ad elevare il benessere di quella che vi esiste».

Ben si vede come da tali considerazioni si venga alla previsione, confortata dal parere di molti sociologi, che il fenomeno dell’emigrazione non si arresterà in Italia, almeno per del tempo ancora, e che dobbiamo quindi riguardarlo come permanente.

Donde la necessità di farlo oggetto di cure e di regolamentazione, al pari degli altri più importanti problemi nazionali: per tanto, conformandosi a tale ordine di idee il Ministro riassume la politica dell’emigrazione nella formula «libertà d’emigrazione ed intervento contro artificiosi e mendaci eccitamenti»l

E questo indirizzo che il Governo si propone di seguire rispecchia infatti il criterio giusto ed opportuno, quasi universalmente proclamato da quanti si occupano oggi della questione.


Venendo quindi dai principii direttivi generali alla esposizione dei mezzi concreti stabiliti dalla legge, per la tutela e la regolamentazione dell’emigrazione, il Ministro sente di dover fare preventivamente un’osservazione d’indole generale ed essenziale su quest’azione da piegarsi in favore dei nostri emigranti. Egli nota che «in fatto di emigrazione, come in tutto ciò che si riferisce alla legislazione sociale, l’azione dello Stato tende sempre più ad estendersi e ad intensificarsi. Tutto sta però, egli dice, che questa azione dello Stato non spenga o non addormenti le energie private, sopra tutto in un paese come l’Italia, dove ancora sono, non diciamo languide, ma certo non così attive ed intraprendenti come dovrebbero, e dove è eccessiva ancora la tendenza a tutto sperare del Governo».

In ciò infatti si deve riconoscere un canone fondamentale, un punto di vista essenziale dal quale bisogna sempre muovere quando si cercano soluzioni al problema emigratorio, se si voglion raggiungere pratici risultati. Poichè, se è vero che in qualunque impresa, in qualunque esplicazione di vita civile, cadono e restano inutili le migliori leggi ed i migliori provvedimenti adottati dallo Stato per aiutarle nel conseguimento dei loro fini, quando ad esse non corrisponda e non cooperi energicamente la volontà e l’opera dei cittadini, come privati e come interessati a tutto ciò che è incremento [p. 307 modifica] di benessere sociale, tal fatto si verifica in modo più tangibile e più determinante riguardo all’emigrazione.

Vi è in questo fenomeno tal mutevolezza di condizioni, tal molteplicità di casi i più originali, di interessi i più disparati, vi sono tali difficoltà di ambiente, che qualsiasi legislazione e provvidenza di Governo, non potrà mai arrivare a supplire a tutto ciò che è necessario per il suo buon andamento, e perchè dia resultati adeguati: ma occorre assolutamente l’iniziativa privata che, multiforme, plastica, diffusa, attingendo l’energia e la forza di volontà a superiori ideali di civiltà e di patriottismo ed al suo medesimo interesse, secondi l’azione cui il Governo dà l’intonazione e l’appoggio, e che solo incompletamente, in alcune materie ed in alcuni luoghi, può direttamente esplicare.

La nostra emigrazione è povera e di cultura molto bassa: nondimeno insieme ad essa, in minori proporzioni, si è accompagnato sempre un elemento più colto, più capace; è da questa parte più elevata dell’emigrazione che deve venire l’assistenza, la guida all’altra parte meno capace; non bisogna attender l’aiuto dal di fuori, è negli stessi elementi nazionali della nostra emigrazione che si trovano le forze atte a provvedere al suo prospero avvenire.

L’importanza che questa iniziativa privata ha riguardo al bene della nostra emigrazione, apparisce evidente, anche da un sommario esame delle condizioni e dei bisogni di quella, il che faremo seguendo il discorso nel quale il Ministro degli Esteri li espone per dimostrare l’opportunità delle disposizioni da lui proposte, e che furono sancite poco fa dal Parlamento Italiano.

Una delle disposizioni più importanti stabilite dalla nuova legge per la tutela degli emigranti in patria, prima di partire, è l’aumento del numero di Ispettori che il Ministro riconosce necessarissimo; e motiva la sua asserzione dicendo che ad essi incombe il compito di reprimere gli abusi dei rappresentanti dei vettori che sono circa 13 mila, sorvegliare l’emigrazione clandestina che raccoglie circa 30 mila persone, dare consigli alle autorità locali, non sempre competenti in simili questioni, vigilare gli arruolamenti illegali, e così via, «E tanto più, prosegue, è arduo il loro compito, in quanto che i Comitati mandamentali e comunali, nella massima parte dei casi, non funzionano in modo sufficiente, mancano di competenza, e spessissimo mancano del fuoco sacro, di quel non so che è di indefinibile che accende l’animo dell’uomo e rende benefica l’opera sua Chiamati a vigilare ed a proporre che vengano repressi gli abusi dei rappresentanti, spesso interviene l’opposto. Insomma è una istituzione che nella maggior parte dei casi non ha funzionato».

Chi sa che cosa dovrebbero essere questi Comitati mandamentali e comunali, comprende, dalle veraci parole del Ministro, come venga a mancare quello che dovrebbe essere il più serio, il più diffuso Organo di efficace protezione ai nostri emigranti nei paesi d’origine, quello che dovrebbe essere il consigliere fidato dell’emigrante, che dovrebbe informarlo della convenienza di recarsi in questa o quella regione, di impegnarsi per certi lavori, di aiutarli in tutte le pratiche,

difficoltà, ed ingiustizie da cui è sopraffatto chi si accinge ad emigrare e non è pratico del viaggio.

Giustamente l’on. Di San Giuliano rileva in tal mancanza una difficoltà maggiore nel compito da adempiersi dagli Ispettori, ma è certo che l’aumento del numero di quelli non potrà mai supplire neanche lontanamente all’opera dei Comitati suddetti: ed egli finisce col dire: «Bisognerebbe, a mio credere, ricorrere, come e stato detto, alle organizzazioni esistenti, e dovunque e possibile, ad uomini volonterosi».

Ecco che anche in Italia stessa, dove l’azione governativa agisce nell’ambiente il più favorevole possibile, dopo vani tentativi esperiti, si è costretti a riconoscere che l’iniziativa privata, spontanea, si presenta come l’unico mezzo valido di assistenza agli emigranti. Noi vogliamo sperare che l’Italica Gens, ben presto giunga a supplire all’adempimento insufficiente di quel compito di assistenza, e ne dà fiducia l’elemento di cui essa sarà essenzialmente composta, i parroci, i quali più di qualsiasi altra classe assicurano un’organizzazione diffusa ovunque, e quel che più conta, efficace, essendo essi veramente in contatto col popolo, ed in condizioni di dare singolarmente ai propri parrocchiani consigli, con probabilità di essere ascoltati.

(Continua).