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Il buon cuore - Anno X, n. 43 - 21 ottobre 1911/Beneficenza

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Beneficenza

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Il buon cuore - Anno X, n. 43 - 21 ottobre 1911 Educazione ed Istruzione

[p. 337 modifica]Beneficenza


Che cosa si può fare per gli italiani?


(Continuazione e fine, vedi n. 42.)


«La stazione ferroviaria più vicina alla colonia è quella dl Springdale. Lo spazio di sei miglia, che la divide da Tontitown non è che un continuo frutteto e una continua vigna, intersecata questa coltura qua e colà da praticelli, da pascoli, campi di avena, frumento e granoturco. E più vi andate avvicinando a Tontitown più vi accorgete che la coltivazione della terra va migliorando. Io non ho visto nella colonia grandi poderi; per lo più sono tenute piccole e le case sorgono di qua e di là per ogni dove e lungo la strada. Osservai gli uomini e le donne e gli stessi fanciulli tutti affaccendati nei lavori; chi tagliava il fieno, chi dava il solfato agli alberi da frutta e chi legava i tralci delle viti. Quando io ho scorto tutto questo affaccendarsi e come nessuno si esimeva dal lavoro, sono venuto di leggeri a capire qual’era la ragione del loro successo.

«Tutta la terra è messa sotto coltura, e, se si eccettuano alcuni tratti di terreno ancora ricoperti di quercie, perchè non si è potuto fare l’acquisto, voi credereste di trovarvi in mezzo a un vecchio paese di benestanti agricoltori. Qui voi potete vedere tanta varietà di frutta: le mele, le pere, le pesche, le noci; fragole e more e lamponi; ma la vigna sembra che costituisca quasi la parte più essenziale del podere. Le case sono tutte costruite in muratura, e più di una con sasso preso dalle cave del paese e con mattoni cotti dagli stessi coloni. V’è un gruppo di case che offre una bellissima vista ed attrae lo sguardo dei visitatori e queste sono le Scuole, il Convento delle suore, la Canonica ed una bella Chiesa. Non v’ha dubbio, ed è evidente ad ognuno, che la gente qui prospera ed è felice.

«Mi fu detto che quando si diede principio a questa comunità molte e serie furono le difficoltà che dovettero superarsi. Dappoichè la gente venne quassù più che infiacchita dalle malattie causate dalle febbri, alle quali era stata soggetta quando abitava vicino alle sponde del fiume Mississipì, prima che fossero stati portati a respirare l’aria di queste colline. Fu il padre Bandini che, deciso di salvare quelle famiglie che perivano per le febbri, trovò questo luogo e le trasportò nelle colline di Ozark. Essi però quantunque poveri e deboli dovettero lavorare fortemente per poter avere un prodotto, giacche il terreno che comprarono era o ricoperto di boscaglia o mal lavorato. Il bello si è che il primo podere, che comprarono, era sì povero all’apparenza e in tale stato da scoraggiare chiunque avesse pensato di farne l’acquisto. Il padrone stesso di quello assicurò che essi non avrebbero potuto ricavarne abbastanza da camparvi la vita. Eppure quella terra fu comprata e divisa in piccoli poderi dove furono piantati grani, erbaggi e frutta e viti.

«In sul principio furono obbligati gli uomini ad andare in cerca di lavoro nelle miniere, a fare i taglialegna e a darsi attorno tanto per procurarsi il necessario alla vita e cominciare a pagare qualche cosa della proprietà, della quale intendevano fare l’acquisto. E pur tuttavia in pochissimi anni essi pagarono tutto e si disfecero di qualunque ipoteca. Così, conseguito il successo, la colonia si accrebbe di nuovi arrivati, i quali guidati dall’esperienza dei primi, con coraggio si misero all’opera ed anche essi comprarono e pagarono in simil modo la terra.

«Oggigiorno là vi sono un po’ più di 80 famiglie italiane, che si procurano più di quello che è necessario alla vita col lavoro della terra, che posseggono un bel podere e sono perfettamente contenti nelle case loro.

«V’era però una seria difficoltà che avrebbe influito assai contro il progresso della colonia; e questa si era la mancanza di una strada ferrata. Senza di questa [p. 338 modifica]dalla popolazione, che attendeva principalmente il guadagno dalla vendita delle frutta, degli erbaggi e cose simili, era difficile di poter aspettarsi un gran progresso. Ma il padre Bandini mosse cielo e terra finchè riuscì ad avere una strada ferrata che adesso è ultimata e congiunge la nuova colonia coi grandi mercati di Kansas City, St. Louis, Memphis e altri conosciutissimi mercati dell’America del Nord. I tempi sono considerevolmente cambiati. Gli italiani che dapprima erano disprezzati, ora sono molto stimati e ben visti dappertutto e non vi è luogo negli Ozarks dove non si desideri di avere una colonia italiana.

«In proporzione potrei dire lo stesso di altre piccole colonie di italiani che si trovano nello Stnto del Missuri, dello Arkansas, dell’Oklahoma e del Texas, delle quali io ho sentito parlare molto bene, ma che non ho potuto personalmente visitare. Il padre Bandini però, che fu mandato a visitare il Texas, per le stesse ragioni per cui io visitai l’Arkansas, ritornò da quelle contrade assai soddisfatto, assicurandomi che, oltre ai terreni ch’egli aveva personalmente visitati con persone competenti e che aveva trovato molto idonei allo scopo di stabilirvi colonie agricole, esistono già in quelle contrade, oltre a colonie floridissime di altre nazionalità, anche alcune colonie italiane, che vanno assai bene; e questo successo è un argomento validissimo per provare che quei paesi sono idonei alla colonizzazione, come la si vuole dalla Società Cattolica di Colonizzazione.

«Io stesso mi sono facilmente convinto che gli italiani posseggono virtù religiose, civili e domestiche, che li rendono cittadini ottimi e desiderabili nel nostro paese, e particolarmente atti alla formazione di colonie agricole; ciò che chiaramente apparisce dai resultati che essi in tal campo conseguirono ogni qual volta furono convenientemente diretti ed aiutati».

Rev. Julius E. Devos.