Il buon cuore - Anno X, n. 50 - 9 dicembre 1911/Religione

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Vangelo della domenica quinta d’Avvento


Testo del Vangelo.

Giovanni rende testimonianza di Lui, e grida dicendo: Questi è colui del quale io diceva: Quegli che verrà dopo di me è da pzu di me perchè era prima di me. E della pienezza di Lui noi tutti abbiamo ricevuto una grazia in cambio di un’altra: perchè da Mosè fu data la legge: la grazia e la verità per Gesù Cristo fu fatta. Nessuno ha mai veduto Dio; Unigenito Figliuolo, che è nel seno del Padre, Egli ce lo ha rivelato. Ed ecco la testimonianza che rende Giovanni, quando i Giudei mandarono a Gerusalemme i sacerdoti e!eviti a lui, per domandargli: Chi sei tu? Ed ei confessò, e non negò; e confessò: Non sono io il Cristo. Ed essi gli domandarono: E che adunque: Sei tu Elia? Ed ei rispose: Nol sono. Sei tu il Profeta? Ed ei rispose: No. Gli dissero pertanto: Chi sei tu, affinché possiamo rendere risposta a chi ci ha mandato? Che dici di te stesso? Io sono, disse, la voce di colui che grida nel deserto: Raddrizzate le vie del Signore, come ha detto il profeta Isaia. E questi messi eran della setta dei Farisei, e lo interrogarono dicendogli: Come adunque battezzi tu, se non sei il Cristo, nè Elia, nè il profeta? Giovanni rispose loro e disse: Io battezzo nell’acqua; ma v’ha in mezzo a voi uno, che voi non conoscete: questi è quegli che verrà dopo di me, a cui io non son degno di slegare i legaccioli delle scarpe. Queste cose successero a Betania al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.

S. GIOVANNI, Cap. 1.


Pensieri.

S. Giovanni rende ancora testimonianza a Gesù; dice la sua origine e generazione: essa è affatto singolare fra gli uomini così da conchiudere alla origine divina: Giovanni che dice d’aver già antecedentemente parlato di Gesù confessa pure che venuto dopo di lui, prima di lui fu e visse.

Ma qui non dice soltanto una precedenza di tempo: sarebbe assai poco alla conclusione; invece insinua che Gesù fu innanzi che l’uomo fosse: prima di Giovanni stesso, prima d’Abramo, per risalire alla testimonianza del Padre che dice di lui: «Prima di Lucifero io ti generai». Chi fu innanzi alla stella, prima che il mondo fosse bisogna pur conchiudere non abbia ricevuto luce da alcun’altro, ma a volta sua deve confessare d’aver illuminato di sua luce quanto venne in seguito o dopo di lui. Gesù adunque che è la luce che ha illuminato ed illustrato le cose tutte venute dopo di lui nell’ordine del creato, Gesù non è una creatura, ma creatore, non un essere illuminato ma illuminante, non un principio passivo ma un centro di attività, un principio di luce, vita, grazia; quanto è su questa terra è per lui: per quem fatta sunt omnia.

Quale fu, adunque l’azione di Dio per noi?

Quando dalle mani del Creatore balzò — bello nello splendor di sua vita — il primo uomo all’esistenza, respirò nella sua vita la natura in cui fu posto. L’intimo suo gli dettava il precetto in armonia alle leggi che intravedeva reggere il creato. Nulla v’era di dissonante fra [p. 395 modifica]l’essere che sortiva i primi palpiti di vita e la natura che gli si offriva docile e volonterosa ancella. Rara e celestiale armonia fra le creature inanimate, irragionevoli ed il principe del creato, l’uomo: fra l’uomo ed il suo Creatore.... Senza un urto, senza una scossa regnava la legge naturale in cui la mente armonizzava col cuore, la carne era suddita allo spirito.

Per la colpa ed il fallo primo succede un rovescio. S’oscura l’intelletto: s’armano a ribellione le passioni, travia il cuore. Occorre la legge, quella che è l’esplicita e solenne manifestazione del volere supremo. Mosè la riporta al popolo sulla pietra. Periodo della legge, della giustizia.

Cristo che la legge adempie e perfeziona ci dà la grazia.... Grazia nella fede che ci viene largita gratuitamente, innanzi ad ogni nostro merito o buona azione: grazia nelle mozioni del cuore che s’inchina al bene, al vero, al buono; grazia perché ci fa grati ed oggetto di grazia a Dio noi, nati figli d’ira e di peccato fin dall’origine.

Quanto tuttavia ci fu una volta gratuitamente dato non è possibile ritenere o respingere a nostro beneplacito. Ogni dono lega in modo indissolubile il donato al donante: come possibile pensare di avere per questa Fede un minor rispetto, una minor cura, un minor studio?... Non è alle volte possibile alla nostra imperdonabile leggerezza un maggior pe adso ogni stormir di idea nova, ad ogni capriccio d’un minuto, che non il rispettare profondamente quella fede che aspettata per ben quaranta secoli, è suffragata dal voto di popoli e popoli, dell’omaggio dei secoli per ben duemila anni?...

Quante volte — più facile che Pietro innanzi alla fantesca nel pretorio di Pilato — la nostra fede arrossa, s’umilia e nasconde innanzi ad un motto, ad una frase cosidetta di spirito!... quante volte a disagio si trova la virtù d’una timida nella conversazione, nel ridotto, innanzi all’audacia insolente d’un giovinotto!... Quanto soffre la nostra Fede d’essere amata si, ma in fondo al cuore, nei penetrali dello spirito dove nessun occhio la scopra, dove niuno la senta, che di là si trae nei solenni momenti del dolore.... nel chiuso d’una cameretta.... nel sacro — ed inviolato al mondo — recinto d’una chiesa!...

È la Fede, sospirata quaranta secoli — per cui Cristo disceso dal Cielo moriva sul Calvario — per cui lasciarono la vita milioni d’eroi e martiri questa che oggi è «la tollerata»?...

B. R.

PENSIERI


Sopportare in sè stesso con dignità le traversie e le amarezze, onde si riempie la vita, è segno di forza, e compatire, non in senso sterile e inerte, ma in senso attivo e benefico, gli errori, le colpe e le sventure del prossimo, è segno di amore, e ambedue sono i cardini sui quali gira l’umana bontà.

Pazienza è una magra parola, una parola amara per chi non crede.