Il buon cuore - Anno XI, n. 13 - 30 marzo 1912/Educazione ed Istruzione

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Pellegrinaggio Lombardo a Roma

(17-23 marzo)

Preludio delle Feste Costantiniane


Il Pellegrinaggio Lombardo a Roma che doveva riuscire come il preludio delle feste Costantiniane, e che con grande solennità si celebreranno l’anno prossimo in tutto l’orbe cattolico, si sciolse pochi giorni or sono, lasciando nell’animo di tutti coloro che ebbero la fortuna di parteciparvi soavi emozioni e ricordi imperituri.

Il giorno 17 marzo, alle ore 16,40, il pio Pellegrinaggio partiva dalla stazione centrale di Milano con treno speciale diretto alla città eterna. Eran circa 300 pellegrini, guidati a Roma dall’Eminentissimo Cardinale Ferrari, il quale, degno successore di Ambrogio e di Carlo, erede necessario della loro romanità, non volle esser ad altri secondo nel presentare al Santo Padre una eletta schiera di fedeli di quella Milano, che fu il teatro delle gloriose gesta di Costantino. Sua Eminenza affidò la direzione del Pellegrinaggio al Rev.mo Mons. Polvara e ai Rev.mi signori Can. Roncoroni e Pellegrini, e possiamo affermare che la scelta non poteva esser migliore, perchè la direzione si mostrò all’altezza dell’incarico a lei affidato.

Il 18 marzo alle 8 giungeva a Roma alla stazione di Termini il treno diretto, recante i pellegrini lombardi. Erano a ricevere S. E. il Cardinale Ferrari molti milanesi, notati fra i presenti Mons. Bignami, arcivescovo di Siracusa, Mons. Cassani, i Monsignori Caccia, Caroli e Rota, il dott. Necchi, il Segretario del signor Cardinale Agliardi. L’Eminentissimo Cardinale si portò tosto al Collegio Lombardo, dove prese alloggio, e più tardi si recò in Vaticano per unirsi al Sacro Collegio per presentare al S. Padre gli omaggi e gli augurii figliali nella faustissima ricorrenza del suo Onomastico.

Alle ore 16 i pellegrini si diedero convegno in San Carlo al Corso, dove Sua Eminenza tenne un infuocato discorso sugli scopi del pellegrinaggio, seguito dalla solenne Benedizione Eucaristica impartita da Mons. Balconi, direttore spirituale del Pellegrinaggio.

L’alba del 19 marzo sorse sull’orizzonte apportatrice di festa per il quartiere di Porta Trionfale in Roma. Là si doveva benedire la nuova chiesa di S. Giuseppe, che il Santo Padre aveva eretto colla sua munificenza, col concorso del Rev. don Luigi Guanella, sacerdote tanto benemerito della Chiesa e della Società e di altri illustri personaggi di Roma, tra cui è dovere citare gli Eminentissimi Cassetta e Ferrata, i Mons. Laurenti e Caccia e la contessa Cerasi. Scopo del S. Padre nell’erigere quella basilica, fu di provvedere ai bisogni spirituali del popoloso quartiere di P. Trionfale e di soccorrere una gran quantità di infelici, che troveranno ricovero vicino a quella chiesa.

Là si portarono i Pellegrini Lombardi, per ammirare quel tempio di stile bramantesco, opera del chiarissimo ingegnere Leonori, lungo metri 45 e largo metri 30. Assistettero alla Messa dell’Eminentissimo Cardinale Respighi, e in una affermazione solenne di fede e di amore, si accostarono tutti alla S. Comunione.

Alle ore 10, mentre i Pellegrini assistevano in San Giuseppe al solenne Pontificale, — S. E. il Card. Ferrari veniva ricevuto in udienza particolare dal S. Padre. Il colloquio cordialissimo durò un’ora e mezza circa; e quando S. E. usci, era raggiante di gioia.S. Pietro e la piazza. Quale suprema letizia per lui nell’aver udito la parola del Vicario di Cristo, nell’avere potuto umiliare a’ suoi piedi l’obolo della Archidiocesi Milanese, espressione sincera di affetto e di attaccamento alla Cattedra di Pietro!

Dopo S. E. il Card. Ferrari vennero ricevuti dal Santo Padre il Preposto don G. Cappelletti di S. Gottardo, Mons. Balconi, arciprete del Duomo, il Rev. don A. Macchi e la benemerita signora Vaghi di Milano.

Nel pomeriggio i Pellegrini si radunarono un’altra volta nella nuova chiesa di S. Giuseppe per ascoltare l’orazione panegirica del Santo e ricevere la benedizione. I Lombardi trovarono un’accoglienza assai affettuosa da parte del Rev. don. Luigi Guanella, che vede [p. 100 modifica]coronati i suoi sforzi umanitarii oltre che in altre città d’Italia, anche nell’Urbe per eccellenza.

Il 20 marzo fu una giornata meno fortunata delle altre in causa del tempo uggioso, il quale però non proibì che la giornata fosse spesa onorevolmente nel visitare la gloriosa e sublime città. Alla Cattedra di Pietro celebrò il Cardinale Ferrari, dopo aver sviluppato quel passo di Vangelo, che ricorda l’amore dell’Apostolo al divin Maestro. È inutile il dire che i suoi pellegriniIl «Mosè» di Michelangelo gli erano sempre intorno a fargli degna corona. Poi si passò alla visita dei giardini vaticani, un lembo di terra lasciato al Vicario di Cristo, ove possa liberamente posare l’augusto suo piede. Il S Padre ricevette poi in particolare udienza i Rev.mi.Sacerdoti componenti la Direzione del Pellegrinaggio, congratulandosi con loro del buon numero di pellegrini raccolti, che tanto volentieri avrebbe ricevuto il giorno dopo, e rendendo loro la più bella e la più soave delle ricompense, che potevano aspettarsi in cambio della loro abnegazione e dei loro sacrifici. Il Santo Padre concedeva alla Direzione un suo autografo per la nobil famiglia del conte Bazzero Mattei di Milano. Il pomeriggio fu occupato nella visita di S. Paolo fuori le mura e delle Tre Fontane, e gli illustrissimi Monsignori Confalonieri e Balconi offrirono utili istruzioni e ricordi.

Ma il giorno che si può dire culminante del Pellegrinaggio fu il 21 marzo. Quel giorno il Santo Padre si sarebbe degnato ricevere i Pellegrini Lombardi, e questi, cui era stata data comunicazione, anelavano al fortunato istante di potersi a Lui presentare.

Il mattino però si portarono per le funzioni in S. Giovanni Laterano, confortati dalla parola dell’Em. Cardinale; indi visitarono la Basilica di S. Maria Maggiore. Poco prima di mezzogiorno i Pellegrini si diedero convegno in Vaticano, e si radunarono nella Sala del Concistoro, dove avrebbero dovuti esser ricevuti in udienza collettiva dal S. Padre. Al ricevimento oltre l’Emin. Ferrari erano presenti anche Mons. Bignami Arc. di Siracusa, Mons. Cassani, ausiliare di Sassari, i Mons. Balconi, Confalonieri, Polvara e i Canonici Roncoroni e Pellegrini. Prima di ricevere i pellegrini, il Santo Padre accordò una udienza speciale ad un gruppo di signore e signori del pellegrinaggio, ai Rev. Sacerdoti intrattenendosi con loro qualche istante e dando loro a baciare la Mano.

Indi Pio X, alle ore 12 precise, entrava nella sala del Concistoro preceduto dalle Guardie Nobili. Fu un momento solenne indimenticabile per tanti cuori ardenti d’amore per il Vicario di Cristo!

Sedutosi il Santo Padre sul trono, l’Em. Cardinale Ferrari prendeva la parola: «Questi — diceva l’Eminentissimo — ín numero di 300 vengono ai piedi del Santo Padre per congratularsi, per augurare, per promettere, per domandare.

«Congratularsi col Santo Padre per la sua florida salute, per la fausta e recente ricorrenza del suo Onomastico, per la felice inaugurazione della Chiesa di S. Giuseppe, che gli stava tanto a cuore.

«Augurare che per molti e molti anni ancora il Santo Padre sia conservato alla Chiesa, che altri templi esso vegga sorgere qui, secondo i suoi desideri per i bisogni della Città, e che la prossima celebrazione delle Feste Costantiniane sia apportatrice per Esso di nuove consolazioni.

«Il presente pellegrinaggio lombardo — ha soggiunto l’Eminentissimo — desiderava chiamarlo inizioDa un dipinto di Raffaello. e preludio di quelli che numerosi verranno nel corso di quest’anno da tutte le parti del mondo per celebrare la fausta centenaria commemorazione della libertà alla Chiesa fatta da Costantino. Ad aprire la serie dei pellegrinaggi che si sarebbero fatti in questa occasione, ben era indicato il Pellegrinaggio Lombardo per la Parte che ebbe in quel memorando avvenimento la città di Milano, sulla cui piazza maggiore, davanti a quell’insigne monumento che è una meraviglia del mondo, veniva promulgato l’Editto che concedeva la libertà alla Chiesa.

«Promettere — e la promessa dei Pellegrini lombardi è di cooperare con tutte le loro forze, perchè alla Chiesa sia concessa quella libertà ed indipendenza, che alla Sede Apostolica è dovuta e che ha la sua base nelle stesse parole divine; quella libertà ed indipendenza, soggiungeva Eminentissimo, che Voi, Beatissimo Padre a somiglianza dei Vostri Augusti Predecessori non vi stancate di affermare: e la promessa dell’affetto e devozione nostra; sì, i lombardi vi amano e sono ben felici di dirvelo.

«Veniamo infine per domandare che Vi degnate di [p. 101 modifica]concederci i tesori delle grazie spirituali di cui sarà pegno l’Apostolica benedizione, che invochiamo su tutti, sopra quanti son qui presenti e sopra gli assenti che sarebbero ben felici di trovarsi al nostro fianco in questo momento».

Il Santo Padre così rispose: «Vi ringrazio, Eminenza, dei sentimenti espressi a nome vostro ed a nome dei cari lombardi, e delle dimostrazioni di affetto e di attaccamento fatte anche in questa occasione alla cattedra di San Pietro ed al Papa per il suo onomastico. Vi ringrazio di aver scelto questa occasione delle feste della libertà della Chiesa. Con la solenne proclamazione dell’editto che dava la libertà alla Chiesa dopo ben trecento anni di persecuzioni e di sangue, sposa di Cristo oppressa alzava lo sguardo e ringraziava la divina Provvidenza per aver avuto il riconoscimento dei suoi diritti da Dio a lei concessi. Fate che le feste siano celebrate colle preghiere e con l’implorare le divine misericordie per la libertà della Chiesa. Il rito romano di oggi ricorda il miracolo che fece Cristo quando avvicinandosi alla cittadella di Naim: s’incontrò in una turba di popolo che portava alla sepoltura un giovinetto la cui madre vedova seguiva lagrimando e destando la pietà di tutti. Io vorrei che in quest’anno voi riguardaste bene a questa povera vedova, vedova in apparenza, poichè essa rappresentavaCastel Sant’Angelo. la Chiesa, ed ha sempre il suo sposo che piange sulla morte di tanti figli che vanno alla via della perdizione, in quest’anno in cui dobbiamo lamentare le catene che tengono legata la Chiesa, mentre nel mondo si dà a tutto licenza. Pregate il divino Sposo della Chiesa, perchè la consoli con la risurrezione di tanti figli ingrati che ne accrescono i tormenti e si gloriano ogni qualvolta la combattono. In questa solenne ricorrenza pregate perchè il miracolo si rinnovi e la Chiesa possa riavere la stia indipendenza. Questa è il mio desiderio. Vi ringrazio poi del buon esempio dato per il concorso per l’erezione della nuova chiesa in Roma. Se tante anime buone pregheranno, il Signqre rinnoverà il miracolo, e dalla terra s’innalzerà un canto di gioia per la libertà riavuta dalla Chiesa».

La Biblioteca Vaticana. Pio X infine impartì di gran cuore commosso a tutti l’Apostolica benedizione, e a quanti avessero presenti alla mente o sapessero bisognosi di qualche conforto per i loro spirituali o temporali bisogni — e alle 13, dopo un’udienza di un’ora, si ritirava nei suoi appartamenti, lasciando i Pellegrini in un entusiasmo indicibile ed in una profonda commozione.

I Lombardi avevano udito la parola d’ordine del Pontefice Sommo. Egli ha scolpito chiaramente il significato delle prossime feste costantiniane; un significato da cui esula completamente quel famoso sottinteso politico che i giornali liberali si erano irriverentemente divertiti a supporre. Pio X vuole che i fedeli preghino per questa povera vedova di Naim, che è la Chiesa di Cristo, la quale è costretta a gemere sull’abbandono di molti suoi figli, mentre Essa inceppata non può correre in cerca di loro, e mentre per tutti si invoca la libertà, mentre a tutti si dà la più ampia licenza, solo per Essa si riservano le catene. L’invito è così autorevole che nessun cattolico può declinarlo.

La sera di quel giorno, memorando per il [p. 102 modifica]Pellegrinaggio Lombardo, la Direzione indisse un banchetto di chiusura, di oltre ottanta coperti, al Grand Hôtel Minerva.

Pochi minuti prima delle 19 giunsero, accolti all’ingresso dell’albergo da valletti con le torce accese, gli E.mi Cardinali Ferrari, Arcivescovo di Milano, ed Agliardi, Cancelliere di S. R. C., il quale, come lombardo, ha voluto onorare di sua presenza il banchetto de’ suoi conterranei. Ai due Eminentissimi Principi facevano degna corona l’Ill.mo e R.mo. Mons. Bignami, Arcivescovo di Siracusa, Mons. Caccia-Dominioni, Cameriere Segreto Partecipante dí Sua Santità, i R.mi Monsignori Caroli, Rettore del Collegio Lombardo, e Rota, i Monsignori Balconi; Ratti e Confalonieri, e altre notabilità del Clero milanese; il marchese Ermes Visconti, il conte Annoni, il conte Parravicini, la marchesa Fassati, il dott. Maza e famiglia, le signore Vaghi, Crovato, Biffi e altre ed altre distinte signore e signorine.

Alla fine del banchetto, servito con signorile gusto e inappuntabilità perfetta, ha parlato per il primo l’E.mo Cardinale Agliardi, al quale hanno risposto l’E.mo Ferrari, Mons. Bignami, e per l’ultimo Mons. Balconi, Arciprete del Duomo di Milano.

Nei discorsi dei due Eminentissimi Principi e in quelli dell’Ill. e R.mo Mons. Bignami e di Mons. Balconi ha vibrato schietta, viva, profonda la nota della papalità e della romanità. Dai ricordi dell’anno Costantiniano onde, per l’editto di libertà, Milano è unita gloriosamente a Roma, hanno gli Eminentissimi Princìpi e gli illustri oratori, tratto ragione del loro felicissimo e applauditissimo dire.

Il Cardinale Agliardi richiamò il motto d’Ambrogio: Ubi Petrus, ibi Ecclesia, sotto uno scroscio di applausi significantissimi. Lo stesso concetto ribadì il Cardinale Ferrari, la cui romanità è una verità indiscussa ed indiscutibile. Quanto a Mons. Bignami, ogni sua espressione — spesso pittoresca — tradiva un triplice affetto, a Roma Caput Mundi, a Milano patria d’origine dimenticata mai, a Siracusa, di cui è divenuto zelante pastore. E i tre discorsi non ne formarono che uno, non espressero che un concetto solo, vale a dire il vincolo strettissimo che stringe i- cattolici di Milano e della Lombardia in ispecie al Padre comune di tutti i fedeli. I milanesi sono fieri della loro milanesità (l’espressione è di Mons. Bignami), ma quando trattasi della cattedra di Pietro pongono ogni loro fierezza nell’attaccamento incondizionato a questa ultima. Parlando a San Carlo al corso, il Cardinale Ferrari espresse lo stesso concetto, quando accennò al cuore di San Carlo lasciato per testamento a Roma. Milano non se ne adonta; se il cuore di San Carlo fosse stato lasciato a qualsiasi altra città, i milanesi avrebbero avuto motivo di dolersene; ma trattandosi di Roma, viene a mancare la ragione per qualsiasi lamento per tutte le ragioni che furono eloquentemente esposte durante il periodo del pellegrinaggio.

Sul levare delle mense, accolto da grandi applausi, è giunto S. E. R.ma il Cardinale Bisleti, il quale, festeggiato dagli Eminentissimi Colleghi e ossequiato da tutti i presenti, si è trattenuto sino alla fine della lieta riunione.

L’esito felice della quale è merito degli instancabili Reverendissimi Direttori che come organizzarono con precisione e ordine perfetto ogni cosa del pellegrinaggio, così seppero con signorile cortesia disporre e ordinare la lieta riunione del Grand’Hôtel Minerva.

Il giorno 22 fu il giorno della partenza, e i Pellegrini celebrarono il mattino una bella funzione di commiato nella Chiesa del S. Cuore in Castro Pretorio.

L’E.mo Cardinale Ferrari arrivava, accolto al portone della Chiesa dai R.mi Padri Salesiani, alle ore otto. Dopo un caldo fervorino traboccante d’affetto e di gratitudine al Signore per la buona riuscita del pellegrinaggio ed eccitante gli animi ad un solenne tributo d’omaggio al S. Cuore nel suo maestoso tempio, eretto nella capitale della Cristianità quale omaggio di tutto il mondo cattolico, celebrò il S. Sacrificio, durante il quale quasi tutti i pellegrini si accostarono alla S. Comunione, preparati da un apposito fervorino di Mons. Balconi.

La commovente funzione fu chiusa dal canto dell’Inno Ambrosiano. Quindi i Superiori e gli alunni dell’Istituto facevano festosa accoglienza a S. Eminenza ed ai cari ospiti, ricevendoli in cortile al suono della banda, mentre gli alunni interni ed esterni schierati presentavano il saluto lungo il porticato echeggiante di lieti evviva. Evidente era la commozione dei pellegrini per un simile spettacolo di cordiale spontaneità, e dimostrarono la loro soddisfazione ed ammirazione al direttore D. Tomassetti, ed ai Superiori Salesiani.

Ed ora un breve giudizio sul significato di questo insigne pellegrinaggio. Esso volle dire fede, attaccamento, amore alla cattedra di Pietro; volle cementare più strettamente i vincoli indissolubili tra Roma e Milano, e porre la nostra città alla testa dei festeggiamenti Costantiniani. Sotto questo ultimo aspetto il pellegrinaggio ha un significato che trascende le aspirazioni di coloro stessi che l’avevano promosso, ed è come l’inizio di un affiatamento più stretto fra i popoli credenti che accorrono sulle sponde del Tevere e il Padre Comune che accogliendoli rivolge loro il monito scaturiente dalla celebrazione dell’editto di Milano nell’età nostra.

Il successo però del Pellegrinaggio Lombardo non esonera affatto dal compito di pfepararne altri; e l’invito venne dal Pontefice stesso.

Le congratulazioni che da ogni parte piovono all’Onorevole Direzione per la splendida riuscita del Pellegrinaggio condotto veramente cum ordine pondere et mensura, la devono insegnare a fare nel corso e nella chiusura delle feste Costantiniane, ciò che compì ora semplicemente come «preludio».

Un pellegrino.

PENSIERI


L’amore resta nel cuore di chi lo dona, e diviene tanto più grande quanto più se ne dispensa agli altri!