Il cielo/Il cielo

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Il cielo

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     Nell’armonia profonda e nel silenzio
che scende dalle stelle alte al sereno
scintillare diffuso nella notte,
giallo e remoto dalla Terra, Arturo,
5astro meraviglioso nello spazio,
risplende nel distinto angolo nero
che segna da minori astri Boote.
Per gli stellati cieli sempiterni,
esso, nella minore Asia, diletto
10all’arabo nabateo che il cammino
tra dumi, sterpi e sconfinate sabbie,
monotono gl’insegna nel deserto;
diriger sembra nel veloce corso,
i sistemi del Cancro tropicali:
15e la fulgida sua luce ed enorme
distanza dal tardo vertice d’oro,

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ne induce in esso a credere il più grande
astro che la pupilla umana veda.
Splendono nella bruna algida notte
20tra gli astri più belli Regolo azzurro,1
Sirio giovane per bianchezza cosmica,
e nello spettro a lui simile Vega,
Ercole verde ed Orione rosso,
e più che oro gialla Cassiopea,
25mentre, di sghembo, la Corona bianca
risplende con la sua fulgida Gemma
sopra l’Orsa che il carro boreale
è maestro alle Pleiadi tremanti.
Pur, lungi, nel congiunto orbe restando
30entro lucenti zone tali stelle,
meraviglia e splendor del firmamento,
mite la Terra nel sistema nostro,
a Giove, Marte a Venere sorella,
Arturo nel suo prisco raggio guarda,
35che felice segnò Angelo Secchi,
con tracce nello spettroscopio puri.
Ma, splendido quell’astro, alto i tranquilli
spazi inaccessi per eterna età,
titania lampa resta contemplando,
40universe bellezze nella luce:
son comete giranti tra i pianeti,
argentee stelle, porporine faci,

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sfere perdute e bianchi dischi nuovi,
ignoti per remota luce al Sole,
45ch’è vita nostra e giorno oltre la vita
e la Terra per cui gravando ruota
sicura nella chiara orbita sua,
dei cieli per le sedi auree vibrata.
Tale, la forza del bollente cosmo,
50il rapido progresso delle sfere,
il vivente infinito, l’equilibrio,
l’eterno moto, e l’igneo riprodursi
lento dei corpi nei silenzi grandi,
la precipua congiunge agile essenza,
55col breve fulgidissimo rotare
forte e perenne, dei sistemi d’oro;
e allor che ogni disco manda il raggio
limpido nella verde ombra alla Terra,
porta quel raggio tremulo nel vano,
60l’atomo che lassù giunge immortale
all’infinito, e il Sole ne congiunge,
coi forti raggi l’ultime sembianze.
Vanno in tal modo per ignote vie
dell’accensibil’etere leggero,
65quei germi che Lucrezio cantava,
e fiero disvelò Bruno all’Italia,
il moto delle stelle divinando
nel grafico sistema di Copernico.
Così l’invïolabile materia,
70pura ed eccelsa sorge fluida al cielo,
attratta ne li spazi rutilanti,

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Iri celeste a vita eterna eletta.
A vita eterna, tanto, che l’immane
fuga del tempo, e l’eternarsi vario
75delle sfere giranti e luminose,
della luce il cammino positivo,
delle faci il tramonto, e della Verde
la predetta nel cosmo lenta fine;
sono un’istante al gelido confronto
80d’una pupilla chiusa dalla morte,
che, dopo il lavorio di mille secoli,
trovi la luce in un principio nuovo!
Oh, quell’ignota alba nulla al rinato
sovverrà del perduto mondo nostro?
85questo bel cielo, l’incantata terra,
la dipartita luna così fredda
di pentelico al par candido marmo
che a li amanti elisea bontade ispira?
Nulla del Sole cui Ercole attira,
90ardente nel maggior moto degli astri?
E del possente mar? nulla, del mare
che guidò nell’America Colombo,
ci sovverrà? del mar infido e bello,
sublime conduttore delle genti,
95che Saffo accolse e che rapì nel gorgo
rigido e bieco della morte, Shelley?
E nulla dell’amor, ch’indichi l’uomo,
la pïetà, l’affetto d’una madre,
o il sogno che ridesti anche l’idea
100ch’ai nostri cari l’anima pervenga

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con la fede che il dolce atto conforti?
Nulla, più nulla! Cosicchè il marmo
che le sepolte ossa nostre protegge,
ironia sembra più che sacra speme,
105quando si pensi che più volte il mondo
da parziale fu caos sconvolto,
e l’opra, il senno, la giustizia, il genio
furon travolti cogl’illustri nomi
che felici donar pondo alle cose.
110Ma le stelle sorridono, ed Arturo
ne segue limpidissimo il cammino,
e l’istantanea luce vi trasmette,
di mondi nuovi la quadriglia bianca,
nella fredda danzata ala del tempo:
115di pensier genïali simili esse,
nell’involucro brillano dell’etra,
illuminando i freddi spazi a noi,
ove Andromeda fulgida risplende.
Ogni sistema allora ne compare
120quale rete di tenebre gemmata,
raggi mandando ogni perfetta sfera
al lampo visual scabro di luce,
le fine rilegando argentee fila
intreccio vario di sistemi varj;
125mentre, la fluvïale Latea via,
sparuta nebulosa ai mondi estremi,
a perpetua luce essi abbandona.
E per la notte tacita e solenne,
che non la più leggera aura disfiora,

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130nella mobilità tersa del cielo,
allora che di là scende uniforme
il tremulo splendore delle stelle,
sembra che salga dai mortali un voto
nella pace che forte si continua
135per l’etra scura e la fiorita gleba,
sotto gli archi di storici palazzi,
di basiliche insigni e mausolei
di più belle città monumentali:
ivi, il passato classico ridona
140forma novella a chi muto s’ispira.
Tal, vide Goethe, sotto la stellata
volta del ciel, la maestà di Roma:
nella silente, vide, ombra diruta,
tra doriche colonne il Colosseo;
145e dove, taciturno, egli mirava
tra archi jonici e capitelli acantei,
s’apria la spazïosa Ara celeste,
l’entusïasta suo sguardo guidando
delle tacenti stelle all’armonia.
150Drizzava il vate, la sua mente illustre,
sulla cavea della tiburnea mole,
mentre, riflessi di bagliori ignoti
sull’erbe fosche da ecatombe note,
quale vetusto codice mostravangli,
155la potenza dei Cesari passati.
Dorme il creato, e di lassù il segreto
precipuo suggel spezza la morte
nell’altissima quiete, e l’eternarsi

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dei sovrani principj a noi c’impone
160ascoltare il linguaggio armonïoso
che dal tumulo al ciel manda la sera.
E tu posi tranquilla, onniveggente
Natura, e sopra te questo bel cielo
che beasti di tua forma sovrana,
165splende degli astri sede maestosa,
che si ravviva al palpito possente,
delle superbe tue cosmiche leggi.
O divina alle genti! da te, sola
una voce ascoltar basti, il poeta,
170che tutto del supremo orbe egli senta,
nell’alma fremer, l’anima del mondo.
Lucenti nella notte in questo incanto,
di mondi solitarj raggi miti,
nell’interspazio giungono alla Terra,
175sereni nell’etereo campo, quali
lagrime d’oro su damasco nero
riscintillanti di bagliore gemmeo,
in quel vasto succedersi di mondi
subordinati e più diffusi in cielo,
180del Sennahar sulla rigida pianura:
brillano d’un tremor rosso di plasma,
soggetti eccelsi a’ prezïosi studj
che tragge dalla specula l’astronomo,
assorto sopra il vigile cristallo,
185che, delle somme cose a lui disvela,
l’impalpabile anima infinita,
finchè alla Terra ricondotto il Sole

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non incominci il giorno a vestir d’oro.
Ma tu segui a brillar, nordico Arturo
190e il cipresso doglioso, nella tenebra
attinge il tuo colore e lo strasmette
all’urna che la mite luce accoglie.
Alto nel cielo su città tirrene,
vaghe di mille cupole cilestri,
195il tuo raggio purissimo discende
ben remoto compagno della Terra,
e, dell’ogiva, il bruno arco più snello,
ne presenta che il goto stile incava:
e al mare che nel gorgo bujo aspetta
200ogni sera quel raggio, tu, l’arcano
venerabile sveli delle cose,
nella lingua che niun vivo conosce,
col notturno romor l’onda passando.
O gemme luminose, irridiscenti
205sulla tacita sfera del Pianeta
che vi sogguarda nei silenzi oscuri,
O ciel di Galileo, ciel di Laplace,
ordine immenso di plurali mondi;
epoca nuova ne sorride, e il terso
210lume lontano vostro a noi racconta
soavissime cose e progressive.
Giunga sereno a voi per i superni
eterni campi il sorriso d’un sole,
giunga e allegri la creatura e l’ente
215che lo creò per sempiterno errare
con nuove forme. E il bel cielo d’Italia,

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qual padiglione costellato d’oro,
dalle tombe dei grandi accolga l’eco
del martirio, del genio e del lavoro.
220Tutto in quel suono ricadrà allora
dell’avvenire il dubio, onde la patria,
la madre Terra fia più sublimata,
coll’innalzarsi di quel voto arcano,
nell’immenso del ciel spazio profondo.


Note

  1. Ho dato tali aggettivi pittorici, secondo la tinta spettroscopica del Secchi, sminuita nel visuale colore delle stelle.