Il clima sulle Alpi ha mutato in epoca storica?/3

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Gli antichi canali d'irrigazione

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Gli antichi canali d’irrigazione.


Ho già avuto occasione di ricordare in un mio lavoro di alcuni anni fa la grande importanza che i canali d’irrigazione hanno avuto ed hanno tutt’ora nell’economia agricola delle regioni montane, specialmente nei bacini chiusi a scarsa precipitazione come quelli della Valle d’Aosta e del Vallese [62].

Una sistematica, minuziosa ed accurata indagine sulla loro ubicazione e distribuzione e relativa epoca della costruzione, determinando il numero di quelli che vennero successivamente abbandonati ricercandone l’epoca approssimativa e le cause determinanti il loro abbandono, sarebbe un’opera interessantissima e d’indubbia utilità ai fini della ricerca sulle variazioni climatiche.

L’abate Henry, l’arguto e brillante storiografo della Valle d’Aosta, a proposito dei canali della sua valle giustamente dice: «Le réseau d’irrigation de la Vallée d’Aoste était autrefois complet. C’était même le plus perfectioné de toute la chaîne des Alpes. Les collines, les forêts, les alpages, les précipices étaient traversés de grands ruisseaux ou rus, qui allaeint puiser l’eau dans les hauts torrents et l’amenaient dans les pavs habités, transformant les localités, au-dessous de leur cours, en zones immenses de verdure. Ce sont nos vénerables ancêtres, qui ont creusé partout ces artères fécondantes» [46]. Grazie a questa fitta rete di canali i valdostani riuscirono a dare un impulso fiorentissimo alla produzione agricola anche nelle regioni più elevate dimodochè «non seulment ils produisirent de quoi se nourrir abondamment: mais ils purent, bien souvent, exporter et fournir de denrées alimentaires les voisins du Valais, par les cols de Saint-Théodule et du Grand-Saint Bernard».

Anche alla testata della valle di Gressoney, per quanto questa goda di un clima meno secco della valle d’Aosta propriamente detta, trovandosi contigua al bacino umido della Valsesia, aveva in passato una abbondante rete di canali. Di essi al presente sono ancora in attività due soli: quello di Lavetz che capta le acque del torrente glaciale Indren e quello che porta le acque del torrente glaciale Netscho all’Alpe interiore di Spilmannsberg, oltre ad altri pochi di minore importanza.

Tutti gli altri invece sono abbandonati, nè a memoria d uomo si sa che siano stati adoperati. Eppure essi in epoca storica relativamente recente ebbero a rappresentare una parte importantissima nello sviluppo agricolo di quelle elevate regioni — che dovevano provvedere tutto da sè — come ci dimostrano i resti e le traccie della loro esistenza che ancora sono visibili in diversi punti. Ricordo il grande canale che irrorava le ampie zone di [p. 15 modifica]Bedemie e di Orsia intese in senso lato. I grandi benefici che le dette regioni avevano tratto da questo canale ci vengono chiaramente comprovati dalla sua denominazione di Nidelgasse (= vicolo della panna) che tutt’oggi conserva. Esso captava le acque del torrente Indren allo sbocco della piana omonima poco a monte della grande «marmitta dei giganti». Attraversava, tenendosi a mezza costa, tutti pascoli dell’alpe Gabiet dove, prima di dirigersi verso l’alpe Rikka, sul fianco sinistro, ossia alla base del Seehorn, confluiva con l’altro ramo proveniente dal «Gemein-Moos» (antico lago di colmataggio di Taille), le cui acque erano state captate a mezzo di un canale sotterraneo — vera opera d’ingegneria idraulica — i cui resti vennero messi alla luce all’epoca dei recenti lavori alla diga settentrionale del Lago Gabiet.

Un altro canale non meno importante di quello Gabiet-Orsia aveva inizio all’alpe Cortlys e dopo aver ricevuta la confluenza d’un secondo ramo proveniente direttamente dal Lys, attraversava l’alpe Weng e, tenendosi molto in alto in mezzo al bosco sul versante sinistro della valle, irrorava tutta l’ampia conca a seminativi di Tschaval. L’esistenza di questo canale, non era conosciuta, per quanto mi consta, dalla popolazione montanara dell’Oberteil; i suoi ruderi con i relativi muri di sostegno vennero da me scoperti per lunghi tratti, e per puro caso, nell’autunno del 1934 sotto i precipizi di Ekke.

Altri due canali, ma di minore portata, prendevano rispettivamente le acque del torrente Bettlino per portarle all’alpe Trejen e del torrente Netscho per condurle all’alpe superiore di Spilmannsberg.

Ma un’importanza di gran lunga maggiore al nostro scopo rappresenta l’antico canale del «plateau» del Lys, pur esso abbandonato sa tempo immemorabile e che irrigava i pascoli, anche quelli più elevati, dell’alpe Salzen di Dentro. Le traccie di questo canale sono sopratutto riconoscibili a monte della cosidetta «Piana della Lapide», donde, prima in lieve risalita e poi quasi in piano, girando l’ampio pendio del versante vallivo termina bruscamente al contatto della grande morena laterale di sinistra del ghiacciaio di Salzen (= ramo sinistro del ghiacciaio del Lys). Siccome sul lato esterno di questa morena — che d’altra parte per la sua freschezza deve presumibilmente corrispondere al massimo sviluppo del 1820, ricoprendo forse quella del massimo del principio del 1600 — non scorrono acque nemmeno in piccola quantità in nessun periodo dell’anno, vien naturale di ritenere che la morena non esistesse. In conseguenza in origine il canale doveva continuare ancora oltre per captare le acque direttamente dal ghiacciaio e che soltanto in seguito coll’aumento di questo sia stato ricoperto dalla morena.

A nessuno può sfuggire la somma importanza che questo fatto rappresenta ai fini della nostra indagine. Ma anche prescindendo dalle conclusioni [p. 16 modifica]di indubbio valore che si potrebbero trarre da questo caso specifico in cui l’abbandono del canale fu dovuto ad una forza maggiore, vediamo quali possono essere state le ragioni che determinarono l’abbandono di un così gran numero di canali.

L’abate Henry trattando in generale dei canali della valle d’Aosta dice testualmente: «L’irrigation valdôtaine était en pleine efficacité, et dans tout son épanouissement, lorsqu’arriva la peste de 1630. Alors, faute de bras d’hommes pour les réparer, une grande partie des rus, qui avaient coûté tant de travaux et de peine, furent abandonnés. Ils portent aujourd’hui les noms tristes de rus morts, rus de pan perdu. On en trouve encore beaucoup de vestiges: lambeaux de murs, piliers, arcs jetés sur des précipices, arbustes alignés, sentiers gazonnés presque horizontaux courant dans des forêts...» (op. cit.).

Non escludiamo che una così tremenda calamità abbia potuto realmente determinare un abbandono o un rallentamento nella manutenzione dei canali, ma d’altra parte siamo altrettanto persuasi che essi dopo il primo momentaneo abbandono sarebbero stati certamente rimessi in piena attività se le condizioni agricole l’avessero richiesto necessario. L’attività umana è inesauribile! La storia c’insegna ampiamente che anche dopo le più grandi sciagure un popolo è capace e sa riprendersi in pieno.

Del resto le ripercussioni della peste sull’attività agricola della nostra regione non fu così grave come farebbe presupporre l’affermazione dell’abate Henry. È noto infatti che la peste fece pure strage fra la popolazione della valle del Lys, ciò nondimeno la maggior parte delle vecchie case tuttora esistenti nell’alta valle di Gressoney datano dal XVII secolo tanto della prima che della seconda metà e del principio del XVIII secolo. Aggiungerò di più che gli stadel, con o senza i pilastri di sostegno — le tipiche costruzioni in legno, adibite esclusivamente per il ritiro dei prodotti agricoli (fieno e granaglie) — che attualmente esistono ancora, sono tutti del XVII secolo. Se si sentì il bisogno di aumentare gli stadel, vuol dire che l’agricoltura anzichè languire ebbe maggiormente a prosperare. Nè dovettero punto mancare le braccia per lavorare i campi se si sentì il bisogno di fare nuove costruzioni in più delle preesistenti. E che così sia stato lo si desume anche dal fatto che proprio nel XVII secolo l’alta valle di Gressoney, il cosidetto Oberteil raggiunse l’apice del suo più grande sviluppo demografico contando oltre 600 abitanti, ridotti oggidì a meno di 100, anche comprendendo la forte percentuale degli immigrati che nulla hanno a che fare con la popolazione locale.

Nè comunque l’abbandono della maggior parte dei canali dev’essere considerata, come forse si potrebbe sospettare, come una diretta conseguenza [p. 17 modifica]della naturale trasformazione dell’economia montana, poichè la graduale evoluzione della attività prevalentemente agricola in quella prettamente pastorale ebbe soltanto inizio verso la fine del XVIII secolo. Del resto l’acqua non è meno necessaria all’alpeggio che all’agricoltura vera e propria.

In un ordine di fatti naturali di ben più vasta portata devono dunque essere ricercate le cause che condussero a tale abbandono. La mancanza di braccia in seguito alla peste tutt’al più può avere accelerato ma non determinato il fenomeno. La coincidenza dello scoppio della peste col periodo dell’abbandono dei canali dev’essere considerata come un fatto del tutto fortuito. Anzi è da presumersi che l’abbandono si sia verificato in modo graduale e che abbia avuto inizio già verso la fine del XVI secolo ma sopratutto dal XVII secolo in poi.

Tutti i canali dei quali si conosce in modo esatto e sicuro l’anno o gli anni in cui furono costruiti, e sono parecchie diecine, datano dal principio del XIII secolo alla fine del XV; nessuno venne costruito in epoca posteriore, nè nel XVI secolo nè in quelli successivi. Noi vediamo quindi che si ebbero due periodi molto distinti fra di loro: uno precedente al 1500, caratterizzato in tutta la regione montana dalla costruzione di numerosi canali, ed uno susseguente in cui l’uso di questi canali venne per la maggior parte abbandonato e ciò senza che si sia verificato una qualsiasi radicale trasformazione nell’economia montana, che, per quanto è a nostra conoscenza, fu caratterizzata da una attività prettamente agricola e relativamente chiusa tanto nel primo che nel secondo periodo.

Bisogna quindi logicamente pensare che siano intervenuti delle sensibili variazioni nelle condizioni climatiche, ossia che nel primo periodo ebbe a prevalere un clima caldo-asciutto con scarse precipitazioni, donde la necessità di una attiva irrigazione per i bisogni agricoli, mentre il secondo fu invece piuttosto freddo-umido con abbondanti precipitazioni dimodochè i canali, avendo persa la loro primitiva importanza, vennero un poco per volta abbandonati. Naturalmente dette variazioni climatiche non si produssero in modo rapido, ma gradualmente nel corso di molti e molti decenni fors’anche di un secolo e più ancora. Vedremo in seguito che queste variazioni ci vengono confermate dalle grandi oscillazioni dei ghiacciai alpini. Basti per ora ricordare che questi ebbero sempre nel complesso dalla seconda metà del XVI secolo alla metà del XIX, uno sviluppo piuttosto grande, anzi fra i maggiori della storia, mentre d’altra parte molti fatti ci dicono che essi risultarono invece molto ridotti nei secoli precedenti.

Anche il Kinzl (op. cit.) descrive i resti di molti antichissimi canali di irrigazione per il vicino Vallese. Detto studioso perviene alla conclusione, contrariamente a quanto ritengono le popolazioni locali, che i canali [p. 18 modifica]furono costruiti in epoca antichissima allorchè i ghiacciai ebbero uno sviluppo inferiore a quello attuale, venendo successivamente abbandonati per forza maggiore per il progredire delle fronti glaciali che resero impossibile le relative prese d’acqua.

Particolare rilievo merita l’antico e ben noto canale di Oberried, nella regione del grande ghiacciaio di Aletsch, del quale sono ancora visibilissimi in parecchi punti i relativi muri di sostegno. Il Kinzl che ha esaminato con una minuta e critica ricerca sul posto le varie possibilità sull’origine delle acque captate per l’alimentazione di detto canale, perviene alla conclusione che la relativa presa non può aver avuto luogo che alla fronte del ghiacciaio, la quale per conseguenza dovette presentarsi ritirata di circa 5 km. rispetto alla sua posizione attuale. D’altra parte non esclude la possibilità che possano corrispondere ad una continuazione del canale di Oberried i resti d’una antica strada con muri di sostegno che Agazziz [1 e 2], Desor [25] e Hoggard [51] videro correre lungo il ghiacciaio di Aletsch nei pressi del Lago Marielen e che ogni tanto scomparivano sotto la stessa massa glaciale. Comunque anche in questo caso il ghiacciaio dovette avere un minor sviluppo e l’abbandono del canale ebbe a verificarsi in seguito al sopravanzare di quello. Il Kinzl avanza in proposito l’ipotesi che i resti di due canali, che si vedono posti a diversa altitudine nel bosco di Aletsch, siano stati costruiti in epoche diverse: allorchè il più elevato dovette venire abbandonato per il sopravanzare del ghiacciaio, venne costruito quello più in basso. Un fatto analogo ebbe a verificarsi al ghiacciaio di Trient dove si vedono presso la morena del massimo sviluppo del 1818 i resti d’un antico canale che a valle si ricongiunge con un altro tuttora in funzione.

Quasi certamente ad un minor sviluppo dei ghiacciai curante il medioevo deve imputarsi l’origine del vecchio canale — le cui vestigie sono state descritte da Stebler [80] — che in continuazione del canale di Augstbord attraversando tutta l’alpe omonima andava a captare le acque del Jungtal. Poichè attualmente il canale di Augstbord — che irriga i prati di Törbel — viene alimentato soltanto dalle acque dell’alpe omonima bisogna ammettere che esse non fossero allora sufficienti e per conseguenza che non esistessero i piccoli ghiacciai che tutt’ora sussistono nei recessi del suo bacino. Del resto anche i resti d’un antico canale esistenti nel Chevilletal e già ricordati dal Venetz sembrano doversi ricollegare ad un’epoca con minor sviluppo glaciale.