Il ducato d'oro anconitano nel secolo XIV

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Giuseppe Castellani

1893 Indice:Rivista italiana di numismatica 1893.djvu Rivista italiana di numismatica 1893 Il ducato d’oro anconitano nel secolo XIV Intestazione 5 ottobre 2016 75% Numismatica

Questo testo fa parte della rivista Rivista italiana di numismatica 1893

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IL DUCATO D’ORO ANCONITANO


NEL SECOLO XIV




La zecca Anconitana non fu ancora illustrata da alcuno con quell’ampiezza che richiederebbe l’importanza dell’argomento e molti punti della sua storia restano oscuri. Basti accennare al principio dell’esercizio della zecca. " La prima notizia della zecca di Ancona, „ scrivevano gli egregi signori Gnecchi nel loro Saggio di Bibliografia Numismatica delle Zecche Italiane si ha da una convenzione del 1249 coi Ravennati1 „ L’Olivieri invece aveva già pubblicato due documenti pesaresi del 1234 e 1235 che parlavano della moneta anconitana2; a questi due documenti accennò pure il Peruzzi nel primo tomo delle sue Dissertazioni là dove parla della zecca e delle monete3: ad essi posso aggiungere una carta dell’archivio capitolare di Fano anteriore di un decennio: è una enfiteusi creata il 2 Giugno 1225 per l’annua corrisposta di due denari anconitani4. Ma non è [p. 336 modifica]questo il luogo di chiarire una questione la quale richiederebbe indagini che mi manca il modo di fare.

Un documento dello stesso archivio capitolare di Fano mi dà occasione di portare un po’ di lume su di un altro punto controverso o a dir meglio non conosciuto della storia monetaria di Ancona, cioè sulla esistenza della moneta o ducato d oro durante il periodo repubblicano.

Il Peruzzi sopra citato, avversario deciso di chi sostiene l’autonomia del Comune Anconitano, pur conviene che le monete più antiche sono quelle sulle quali non si veggono le chiavi e il triregno5 e pubblica una moneta d’oro " notevole, dic’egli, per la singolarità di non avere segno alcuno della dominazione pontificia6. „ Altra simile fu pubblicata nel Catalogo di vendita della collezione Rossi7. Ma queste due monete sono identiche pel tipo, per l’arte e per la forma delle lettere a quella conservata nel Reale Gabinetto Numismatico di Brera della quale debbo la notizia all’egregio Conservatore D.r SoloneAmbrosoli. L’esemplare di Brera nel giro, dietro al cavaliere, dove l’esemplare pubblicato dal Peruzzi ha uno spazio vuoto e quello del Catalogo Rossi qualche segno confuso, presenta le chiavi decussate che, sappiamo dal Ciavarini8 essersi aggiunte allo stemma di Ancona sulle monete per ordine di Giulio II. Queste monete inoltre sono doppi zecchini e non semplici ducati, infatti l’esemplare di Brera pesa gr. 6.85. Ora le zecche dello stato Pontificio, che io [p. 337 modifica]sappia, non coniarono doppi zecchini prima del secolo decimoquinto: il primo doppio zecchino certo pubblicato dal Cinagli è quello di Pio II, (1458-1464)9 mentre l’altro di Alessandro V (1409-1410)10 è molto incerto perchè riferito sulla fede di un manoscritto e non per la conoscenza di un esemplare esistente.

Nel citato Catalogo Rossi al numero 7 evvi uno zecchino di Ancona così descritto:

D/ – PPS + S • QVIRIACVS. Il Santo in piedi.
R/ — DE ANCONA. Cavaliere armato galoppando a destra.

Siccome però non ne è riprodotto il tipo è difficile stabilire se appartenga all’epoca di cui parliamo.

Allo stato delle cose adunque ho creduto utile pubblicare un documento che ci afferma l’esistenza del ducato d’oro del Comune d’Ancona nel secolo XIV e ce ne dice il valore. Desso esiste, come ho detto, nell’archivio del Capitolo della Cattedrale di Fano11 e io lo riproduco da una copia esistente nell’archivio Municipale nei regesti dell’abate Tondini che facevano parte dell’archivio Amiani12.

„In Nom. D.ni Amen. An. Nativ. eiusd. M. CCC. LXV. Ind. tertia et die XVII Mens. lulii Pontif. Sanctiss. Patris et d.ni nostri d.ni Urbani divina provid. Papae quinti an. tertio. Noverint universi quod in mei Not. et testim. infrascript. presentia providus Vir Ser Severius lohannis de Faventia procur. et procur. Nomine honorab. viri Ser Ramesini de Ramesinis de Faventia Deposiu tarii Camerae R. E. in Ancona, confessus fuit et recognovit se vice et nom. d. Camerae habuisse et recepisse a Rever. in Chr. [p. 338 modifica]Patre d.no fratre Leonsino Episcopo Fanense per manus dompni Iohannis Rectoris Ecclesiae S. lohannis filiorum Ugonis de Fano pro parte subsidii d. d.no E.po et ejus clero impositi per R. P. d.num d.num Egidium Sabinen. Episcopnm Apos. Sedis legatura pro concordia Societatis d.ni Anechini de Bongoado videl, pro primo termino dicti subsidii ducatos aurì decem septem, inter quos fuerunt quatuor ducati Comunis Ancon. pro quorum lagio (sic) solvit denar. viginti Anconitanor. parvor. ad rationem denarior. quinque prò ducato. De quibus etc.

«Acta fuerunt haec Ancone in domo Episcopali presentibus Ser Marco Terisini Notario de Faventia et philippino Philippini de Dovadula, etc.

«Ego Goscalcus Pashini de Wesalia Clericus Colonien. Diaec. pub. apostol. et imperiai auctor. Not. et Officialis Camerae, etc.

«Loco f signi. »

Duolmi di non poter corredare questo documento di altre notizie che valgano a dimostrarci la ragione del deprezzamento che aveva la moneta anconitana a confronto delle altre pontificie o veneziane. Ciò di fatti non può attribuirsi al minore intrinseco di essa perchè non eravamo ancora nel periodo in cui si alterò la bontà delle monete a scopo di lucro e male avrebbe provveduto al suo credito Ancona rivale, a volte vittoriosa, di Venezia se avesse coniato monete di minore bontà di quelle della sua nemica o dei Pontefici nel cui dominio si ritrovava. Anche le sue monete di argento sono là a provare l’onestà che presiedette sempre alla coniazione della moneta anconitana.

Altri meglio di me potrà vedere se mi appongo al vero sia assaggiando il ducato d’oro anconitano, sia dando in luce nuovi documenti.

Farmi utile accennare che nell’epoca alla quale si riferisce il nostro documento correvano tempi ben tristi per la Repubblica Anconitana. Infatti fin dal 1348 Ancona era caduta per sorpresa sotto Galeotto e Malatesta de’ Malatesti ai quali ritolta dal Cardinale [p. 339 modifica]Egidio Albornoz nel 1355, era stata assoggettata al dominio dei Papi e dello stesso Cardinale Legato che, dalla rocca di S. Cataldo, spadroneggiava tirannicamente la città. Soltanto più tardi, ossia nel 1376, fu reintegrata nei suoi privilegi e nel libero reggimento. Durante questo lungo periodo di quasi trent’anni la zecca rimase chiusa13.

In questi fatti forse potrebbe trovarsi la ragione del deprezzamento delle monete che ricordavano il governo comunale, glorioso ma inviso ai reggitori di allora.






Note

  1. Francesco ed Ercole Gnecchi, Saggio di Bibliografia Numismatica delle Zecche italiane Medioevali e Moderne, Milano 1889, pag. 9.
  2. Annibale degli Abati Olivieri, Della Zecca di Pesaro e delle monete pesaresi dei secoli bassi, Bologna 1773, pag. X.
  3. Peruzzi, Dissertazioni anconitane. Volume I. Bologna 1818, pagina 271.
  4. Pergamene, tom. I.
  5. Peruzzi, Op. cit. pag. 274.
  6. Idem, ibid., pag. 276, tav. VI, num. XLIII.
  7. Catalogo della collezione Rossi di Roma, pag. 1, num. 6, tav. I, numero 6.
  8. Giavarini Carisio, Sommario della storia d’Ancona, nella "Rivista delle Marche ed Umbria.„ Ancona 1868, pag. 1476.
  9. Cinagli Angelo, Le monete dei Papi, Fermo 1848, pag. 52.
  10. Idem, Op. cit., pag. 40.
  11. Pergamene, tomo III, num. 8.
  12. Archivio Amiani, num. 8-11, fascicolo II.
  13. Ciavarini, Op. Cit., pag. 1438.