Il mestiere di vivere/1941

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1941

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1941


14 gennaio.

Per sentire che cosa sia stile, basta leggere una prosa qualunque del Foscolo e poi una di quelle sue tradotte dall’inglese, sia pure dall’Ugoni. Meglio: prima leggere la tradotta, poi una qualunque originale — per esempio la Lezione Inaugurale.

Se quest’anno non hai fatto l’esame di coscienza, è perché ne avevi bisogno piú che mai — eri in stato di trapasso e ti mancava la chiarezza intima.

30 gennaio.

Quel senso dolce e indulgente d’amore per l’umanità che si prova in un giorno freddo, durante un intervallo trascorso in un caffè — quando si osserva il volto emaciato e triste di uno, la bocca piegata di un altro, la voce dolente e buona di un terzo, ecc. — e si abbandona ad un voluttuoso e malinconico abbraccio sentimentale a tanto quotidiano soffrire, non è vero amore del prossimo, ma compiaciuta e distesa introversione. In quei momenti non si muoverebbe un dito per nessuno: si è, in sostanza, beati alla nostra tranquilla futilità davanti alla vita.

Se anche la lettura silenziosa che facciamo di una poesia per conoscerla, è interpretazione, non si vede piú come si può costruire un giudizio storico su di una poesia — dato che conoscerla vuol dire creare dentro di noi un’altra opera. Giudicheremo quest’altra? E [p. 205 modifica]l’universalità del giudizio storico? La sua verità? (Leggendo pugliatti, L’interpretazione musicale).

2 febbraio.

L’amico P. è composto di un bonario e caparbio senso del suo merito, che si rivela anche nel fondamentale distacco dalle faccende del prossimo, un massiccio riserbo come di contadino che non tolleri l’intrusione di altri nel suo mondo attivo. È un uomo che non dubita mai intorno al suo atteggiamento, e ignora quindi la nervosa adattabilità di rapporti che altri ha col mondo. Se non fosse «artista», se non avesse cioè coltivato in sé una disposizione a osservare disinteressatamente contegni e aspetti del prossimo, sarebbe un perfetto campagnolo. Ma anche su questo disinteresse si potrebbe discutere: è disinteressata una facoltà che lui fa servire senza scarti alla composizione attiva del suo mondo, e che non si permette deviazioni inutili, per esempio letture che non convergano a quella cultura che lui immagina «teatrale»? Gli è mai accaduto di vivere un’esperienza, una realtà, che non entrando nel suo iniziale schema giovanile (per tracciare il quale ha, beninteso, sperimentato una volta tanto), lo facesse traballare?

Uomo cattolico e, certo, convinto del dovere dell’umiltà, egli è tuttavia cosí fatto che i valori della vita li stringe a sé, senza orgasmo e senza sorpresa, come dovuti. Questo è il suo schema. Quando gli dico che ignora la psicologia, intendo non che ignora i meccanismi umani su cui costruisce i suoi drammi, ma che, oltre questo campo del «possibile» psicologico vissuto nell’arte, egli non ha mai vissuto nella realtà un dubbio psicologico, una malattia dello spirito — di quelle malattie che, sole, fanno sperimentare e intravedere gli abissi della coscienza. Si direbbe che a queste esperienze in corpore sui egli si ricusi — per la già detta ragione forse che non vede la praticità delle malattie. E certo, se anche domani si lasciasse andare a una crisi psicologica e brancolasse, lui lo farebbe per esplorare materiale di tragedia, non per esigenza vitale. Poiché le esigenze vitali sono già soddisfatte da quel suo schema caparbio e cattolicamente campagnolo e — per quanto vale la parola — egoistico.

Nasce di qua il tono melodrammatico delle sue pagine migliori. [p. 206 modifica]La sua, proprio perché è pura drammaticità e forse per questo, è sempre stata — finora — letteratura. Né vedo come possa uscirne.

Forse P. non ha mai avuto adolescenza — quella che fa meditare il suicidio. E lo scotto di questa mancanza è una perenne particolare adolescenza dello spirito — quella che sotto tutte le virilità (contegno, famiglia, senso delle responsabilità, successo) lo fa essere non un creatore ma un letterato di nuova specie. Che, dopo un simile chiarimento, io tuttavia lo ami, quasi come potrei amare una donna, è comprensibile: P. è l’antitesi di me e delle mie esperienze.

P. ha qualcosa di femminile nel suo saggio e pacato egoismo — cioè di adolescente, quella tale adolescenza che è semplicità ma anche grazia rilassante e calmante.

3 febbraio.

Che cosa c’è insomma nella mia fissazione che tutto consista del segreto e amoroso «in sé» che ogni creatura offre a chi sa penetrarla? Niente, perché mai questa amorosa comunione io l’ho potuta realizzare.

In fondo, il segreto della vita è di fare come se ciò che ci manca piú dolorosamente noi l’avessimo. Il precetto cristiano è tutto qui. Convincersi che tutto è creato per il bene, che c’è la fraternità umana — e se ciò non è vero, che importa? Il conforto di questa visione consiste nel crederci, non nell’essere lei reale. Perché se io ci credo, se tu, se lui, se loro ci credono, ecco che sarà avverata.

10 febbraio.

Marcel Raymond: De Baudelaire au Surréalisme:

Dopo i tre Fari: «Mais le réel, l’absolu, si l’on veut, on ne songe pas à le rencontrer ici au terme d’un enchaînement de [p. 207 modifica]concepts ou d’une dialectique, c’est dans le concret psychique qu’on pense le decouvrir. Une sensibilité nouvelle, infiniment délicate... une métapsychologie... voilà la faculté propre au poète moderne...» (p. 48).

«... les derniers venus des poètes posent volontiers en principe que les données de leur moi ne leur appartiennent pas en propre, et qu’un esprit universel se manifeste par elles» (p. 261).

Apollinaire: «Le nouveau est tout dans la surprise» dice Apollinaire (p. 273).

Dada: «il n’y a que l’inconscient qui ne ment pas» (p. 316).

Dada: «il s’agit toujours de savoir si les accidents linguistiques qui se produisent chaque fois que l’on brise les assodations traditionnelles, sans souci de reproduire un modèle ou d’exprimer un sentiment, ne sont que des jeux, sans conséquence, ou s’ils peuvent en certaines circonstances, et presque à notre insu, correspondre à quoi que ce soit ayant une existence authentique» (p. 324).

Surrealismo: «Chaque texte surréaliste présuppose un retour au chaos, au sein duquel s’ébauche vague surnature; des combinaisons chimiques “stupéfiantes” entre les mots les plus disparates, des nouvelles possibilités de synthèse, se revèlent brusquement dans un éclair» (p. 332).

«... laisser se former involontairement, inconsciemment, des évidences d’une autre nature, des évidences purement psychiques, si la chose est possible, qui s’imposent en nous à un certain sens intérieur et poétique, lequel se confond peut-étre avec le sentiment de notre vie profonde» (p. 333).

Critica al surrealismo: «les textes surréalistes... on est conduit à les regarder comme des produits de la culture, et de la culture la plus avancée — tout autre chose que le résultat du libre exercice d’une faculté d’invention verbale plus ou moins généreusement déparde à tous les hommes» (p. 335).

Définition surréaliste: «pénétrer dans un monde oú la liberté serait infime» (p. 337) «c’est peut-être l’enfance qui approche le plus de la vraie vie» (p. 338).

Breton: «Tout porte à croire qu’il existe un certain point de l’esprit d’oú la vie et la mort, le réel et l’imaginaire, le passé et le futur, le communicable et l’incommunicable, le haut et le bas cessent d’être aperçus contradictoirement. Or c’est en vain qu’on [p. 208 modifica]chercherait à l’activité surréaliste un autre mobile que l’espoir de déterminer à point» (p. 340).

Critica al surrealismo: «notre rêve vaut ce que valent nos veilles» (p. 365).

Dopo Rimbaud, i suoi allievi «subordonnent l’activité poétique à des fins qui la dépassent» (p. 391).

Umiliano l’arte davanti alla natura (non piú = ragione, non piú = sentimento, non piú = immaginazione) che è pensiero onirico, spontaneo, ecc. La poesia non può risiedere in forma alcuna perché è fenomeno psichico (p. 392).

«le poème tend à devenir autre chose qu’un expression plus ou moins fidèle que l’on apprécierait par rapport à un modèle interieur imaginé par induction, aux circonstances particulières d’une vie. À la limite, il serait un object existant pour lui même, sans communication avec son créateur... un object autonome, aérolithe tombé d’une planète inconnue...» (p. 400).

Commuovere non con un’esposizione, ma con un fatto naturale: la poesia è un tramonto, una spiaggia, ecc.

18 gennaio ’41, finita la Spiaggia.

14 febbraio.

In sogno Fern. mi racconta che ha assistito dietro dietro ai musicisti e goduto «quel divino trio».

Poco dopo entriamo — lei non la vedo piú — e vedo il musicista mio compagno mettersi dietro dietro ai due suonatori del cembalo rasente la parete e fingere di dirigere con le mani l’orchestra (i suonatori si voltano di soppiatto a guardare).

Evidentemente il musicista è piú adatto che Fern. a far questo — piú fantasticamente adatto — ed è avvenuto un processo di aggiustamento narrativo durante il sogno. Non ho cioè qui due fatti successivi che si svolgono il secondo dal primo, ma il concrescere di un solo fatto, di uno stato, che lampeggia dapprima in forma embrionale e poi si direbbe che trova una piú ricca e appropriata espressione (e muta protagonista e senso, oltre ad [p. 209 modifica]arricchirsi magicamente di particolari coerenti, che al primo lampeggiare mi erano ignotissimi).

Forse è qui la spiegazione del fatto (27 dicembre ’39) che nel corso di un sogno certi particolari ci appaiono narrativamente anticipatori di altri che li compiranno. Sarebbe semplicemente un primo abbozzo embrionale che poi si concreta in qualcos’altro. Insomma non si racconterebbe a se stessi, ma si fantasticherebbe un quadro, una situazione statici, espressivi di uno stato psicofisico, la «passione» dominante. L’apparente svolgersi di azione in sogno, nascerebbe dalla successione degli inconsci tentativi volti a definire sempre meglio la visione (prima Fern., poi il musicista, che fanno la stessa cosa). Nell’ambito di ogni singola visione c’è poi naturalmente una certa progressione naturalistica di accadimenti (sequenza di acc.).

Come chi vi mostrasse un quadro; poi subito dopo lo stesso quadro con personaggi mutati e ritoccati. Se ciò fosse fatto con velocità e come si deve — ecco il racconto cinematografico, ma un racconto dove ogni sequenza è un tentativo rinnovato di dire la stessa cosa.

Notato sognando che in sogno non esistono antefatti, tutto è azione; nulla è riassunto — modello d’arte evocativa.

2 marzo.

lévy-bruhl, L’expérience mystique ecc.

Cap. I — Il primitivo si fa prendere dalla passione del gioco d’azzardo e perde anche tutto, per ragioni mistiche; perché, una volta lanciato, non gli importa del valore perduto ma vuole dimostrare a se stesso che non è abbandonato dalle potenze soprannaturali, e ciò che possiede non è piú che un mezzo per chiarirsi e riafferrare questa protezione... Cfr. con la tua tendenza, quando ti è andata male nella vita, di essere anche piú disgraziato, di toccare il fondo, quasi a trovare nell’assoluta condanna della sorte una conferma di valore assoluto — la conferma che la disgrazia non ti è avvenuta per caso ma perché in alio loco ce l’hanno con te il che potrebbe voler dire che in alio loco conti. [p. 210 modifica]

4 aprile.

Niente è piú essenziale cominciando un’opera d’arte che garantirsi la ricchezza del punto di vista. Il modo piú immediato e banale di farlo, è attingere a un’esperienza un po’ insolita e sufficientemente lontana (cfr. 6-7 luglio ’39) e lavorare sulla complessità realistica di associazioni che questa presenta. Ma c’è un modo tecnico di comporre un punto di vista che consiste nel disporre vari piani spirituali, vari tempi, vari angoli, varie realtà — e derivarne proiezioni incrociate, gioco d’allusioni, ricchezza di sottintesi, cui tende tutta la tua preparazione e il tuo gusto. Un buon esempio potrebbe essere la scoperta di stamattina che la storia di Corradino si può sí raccontare in terza persona ma circondando i fatti di un’atmosfera in prima plurale che non solo dà un ambiente e uno sfondo al troppo gratuito Corradino, ma inoltre — massimo pregio — permette di ironizzarlo.

In tutte le cose l’errore è credere che si possa fare un’azione, assumere un contegno una volta e poi piú. (Sbaglio di quelli che dicono: «siamo laboriosi, avari se necessario, fino a trentanni, poi ce la godremo». A trent’anni avranno la piega dell’avarizia, dell’operosità, e non se la godranno piú. Di quelli che dicono: «Con un solo delitto sarò felice tutta la vita». Faranno il delitto e vivranno sempre pronti a farne un altro per nascondere il primo). Ciò che si fa, si farà ancora e anzi si è già fatto in un passato lontano. (Cfr. 26 novembre 1937, II e 5 gennaio 1938). L’angoscia della vita è questa rotaia che le nostre decisioni ci mettono sotto le ruote. (La verità è che già prima di deciderci seguivamo la direzione).

Una decisione, un atto, sono infallibili presagi di ciò che faremo un’altra volta, non per qualche mistica ragione astrologica, ma perché escono da un automatismo che si riprodurrà. [p. 211 modifica]

12 aprile.

Uno dei meno osservati gusti umani è quello di prepararsi degli eventi a scadenza, di organizzarsi un gruppo di accadimenti che abbiano una costruzione, una logica, un principio e una fine. La fine è avvistata quasi sempre come un’acme sentimentale, una lieta o lusingante crisi di consapevolezza di sé. Ciò si stende dalla costruzione di una botta e risposta a quella di una vita. E che cos’è ciò se non la premessa del narrare? L’arte narrativa appaga appunto questo gusto profondo. Il piacere del narrare e dell’ascoltare è vedere disporsi dei fatti secondo questo grafico. A metà di un racconto si risale alle premesse e si gode di ritrovare delle ragioni, delle chiavi, delle mosse causali. Che altro si fa ripensando al proprio passato e compiacendosi di riconoscerci i segni del presente o del successivo? Questa costruzione dà in sostanza un significato al tempo. E il narrare è insomma soltanto un mitologizzarlo, uno sfuggirgli.

14 aprile.

Nessuna donna fa un matrimonio d’interesse: tutte hanno l’accortezza, prima di sposare un milionario, d’innamorarsene.

27 aprile.

Les Confessions di Rousseau.

(L. IV, 1731-1732, p. 135, ed. Flammarion):

«D’ailleurs des couturières, des filles de chambre, des petites marchandes, ne me tentaient guère: il me fallait des demoiselles... Ce n’est pourtant pas du tout la vanité de l’état et du rang qui m’attire: c’est un teint mieux conservé, de plus belles mains, une parure plus gracieuse, un air de délicatesse et de propreté sur toute la personne, plus de goût dans la manière de se mettre et de s’exprimer, une robe plus fine et mieux faite, ime chaussure plus mignonne, des rubans, de la denteile, des cheveux mieux ajustés...» [p. 212 modifica]

«Et pourquoi m’arrèter aux choses permanentes, tandis que toutes les folies qui passaient dans mon inconstante tête, les goûts fugitifs d’un seul jour, un voyage, un concert, un souper, une promenade à faire, un roman à lire, une comédie à voir, tout ce qui était le moins du monde prémédité dans mes plaisirs ou dans mes affaires, devenait pour moi tout autant des passions violentes, qui dans leurs impétuosité ridicule me donnaient le plus vrai tourment?...» (L. V, 1732-1736, p. 223).

«...cette possession mutuelle (con la de Warens), et peut-être unique parmi les humains, qui n’était point, comme je l’ai dit, celle de l’amour, mais une possession plus essentielle, qui, sans tenir aux sens, au sexe, à l’âge, à la figure, tenait à tout ce par quoi l’on est soi et qu’on ne peut perdre qu’en cessant d’être...» (id. p. 225) [e nota che la W. gli si era già data].

2 maggio.

Ci sono i verticali, che sperimentano successivamente, che s’impallinano di persone e di cose lasciando l’una per l’altra, che recalcitrano e soffrono se un’antica loro infatuazione torna a tentarli mentre sono dediti a una nuova. Sono i romantici, gli adolescenti eterni. Ci sono invece gli orizzontali, che accostano la loro esperienza a una vasta gamma di valori ma contemporaneamente, e sanno entusiasmarsi per persone e cose senza rinnegare le già conosciute, che dal foco di una calma, di una certezza interiore traggono l’energia per dominare e contemperare le infatuazioni piú varie. Questi sono i classici, gli uomini.

10 maggio.

La banalità delle ideologie totalitarie corrisponde alla banalità della predicazione umanitaria che le ha provocate. Tolstòj, Ruskin, Gandhi, hanno creato... [p. 213 modifica]

22 maggio.

béguin, L’ȃme romantique et le réve.

(Idea che si ritroverà in Schubert, Carus, Schopenhauer e Jung C. G.).

Il gusto di K. P. Moritz per i ricordi d’infanzia è un modo di ritrovare testimonianze di uno stato anteriore alla vita che nell’infanzia è ancora fresco e lascia tracce. Rappresenta cioè la fuga non soltanto dal reale contemporaneo, ma dal reale in blocco. Aspirazione tipica del protoromanticismo. Cosí desiderano trasformarsi in oggetti naturali (Shelley-Leopardi). Cosí si intravede nella natura (la nuvola, il tuono, l’onda, di Shelley e Leopardi) l’appiglio per partecipare di una vita che non è piú la condizione umana. Cosí si cercano i sogni non soltanto come fuga dalla realtà diurna, ma come appiglio a una prenatale esperienza. Cosí si anela a immedesimarsi nel Tutto che appare come realtà prenatale.

(p. 72) «Contre les hommes, mais aussi contre ses propres faiblesses et ses doutes, l’oubli peut être trouvé dans le jeu. Puisque la vie, lorsqu’on l’affronte avec toute la gravité de son interrogation et de ses espoirs est terrible, il faut jouer d’elle. Se donner un rôle aux jeux d’autrui n’est pas encore assez: jouons si bien que nous soyons nous-mêmes notre dupe. Montrons à la vie que nous sommes capables de la démasquer, de nous faire d’elle un jouet, de nous prouver ainsi la souvéraineté de notre esprit. Les romantiques appellerons ironie cette virtuosité, qu’ils apparenteront de la poésie...»

Ci sono dei vestiti femminili cosí belli, che si vorrebbe lacerarli.

24 maggio.

È curioso come il Romanticismo, che passa per la scoperta e la protesta dell’individuo, dell’originalità, del genio, sia tutto pervaso di una ansia d’unità, di totalità cosmica; e abbia inventato i miti della caduta dalla primitiva Unità e ricercato i mezzi (poesia, amore, progresso storico, contemplazione della natura, [p. 214 modifica]magia, ecc.) per ricomporla. Prova di questa tendenza è la creazione di tanti concetti collettivi (la nazione, il popolo, il cristianesimo, il germanesimo, il gotico, la latinità, ecc.).

27 maggio.

Pensando che l’artista è il vaso, il ricettacolo, di un’ispirazione che opera per forza propria, a insaputa di lui, i Romantici scoprono l’incosciente, un fascio cioè di forze positive che mettono l’uomo a contatto con la realtà cosmica. Verrà una seconda generazione romantica che pretenderà di dominare quest’incosciente, di provocarlo, di conoscerlo, di portarne cioè alla coscienza il funzionamento (Poe-Baudelaire, ecc.). L’arte, che prima era ingenua scoperta di simboli di comportamento, diventa calcolata creazione di simboli estetici (simbolismo francese).

Il termine sogno acquista il suo secondo significato di fantasticheria poetica col romanticismo che scopre l’autonomia dell’immaginazione e l’autosufficienza dell’incosciente, il quale si raggiunge appunto nei sogni notturni.

Una beffarda legge della vita è la seguente: non chi dà ma chi esige, è amato. Cioè, è amato chi non ama, perché chi ama dà. E si capisce: dare è un piacere piú indimenticabile che ricevere; quello a cui abbiamo dato, ci diventa necessario, cioè lo amiamo.

Il dare è una passione, quasi un vizio. La persona a cui diamo, ci diventa necessaria.

11 giugno.

béguin, II, 152.

Davanti a un bel colore il sogno che è in noi tende a fondersi in un sogno piú squisito e misterioso, non per cercare una spiegazione ma una comprensione «per trasformarsi esso stesso e [p. 215 modifica]sbocciarvi, per divenire esso stesso un’esistenza nel cuore di un’esistenza amica».

(tieck, Le conversazioni di Phantasus incorniciatore delle Märchen).

Come poeta Tieck adopera ritmi liberi, secondo il mood, e se accetta caras rimas è per esprimere coi suoni complessi. Nasce una simbologia della rima e delle forme strofiche.

Tieck vorrebbe un dialogo di suoni di varie spede (Sternbald) e inventa (Fantasie) l’audition colorée e in genere lo scambio dei sensi.

(wolzel, Il Romanticismo tedesco).

Che la musica sia un mezzo di conoscenza cui non giunge la parola, è idea di Wackenroder.

Torna sovente sull’ironia. Schubert nota che il sogno è ironico (esprime gioia con parvenze tristi, e viceversa). Il poeta è uno scandalo perenne davanti alla matter of factness. Jean-Paul (e Schlegel) dicono che l’ironia è la ragione chiara in mezzo al sogno e alla poesia anarchiche. Tieck dice che presiedere al rutilare dell’incosciente, giudicarlo e condurlo in libero gioco, è l’ironia. (Cfr. 22 maggio, II). Hoffmann, che l’ironia è il miscuglio dei luoghi comuni della vita con le rivelazioni dell’esistenza superiore.

13 giugno.

Se si deve giudicare dall’analogia con la giornata, la vecchiaia è l’età piú fastidiosa perché non si sa piú che fare di sé, come alla sera quando l’opera quotidiana è finita.

25 giugno.

Da béguin, su Aurélia di g. de nerval:

«Ainsi s’explique l’apparente incohérence chronologique du récit d’Aurélia: au mépris de leur enchaînement fortuit, les moments de toute une vie s’ordonnent par rapport à leur signification commune. Une sorte de mémoire intemporelle, analogue à celle du [p. 216 modifica]rêve, donne pour point initial à toute une déstinée son instant de crise, et l’enfance même de G. de Nerval, que vient transformer cette perspective différente, semble postérieure aux événements de l’âge mûr, dont elle reçoit maintenant sa coloration nouvelle».

notte 26 giugno.

Sogno di romanzo implicito

(atmosfera centrale da grande scena. Preparata da tutto il resto. Col mistero della raccolta, che si rivela via via. Racconto implicito).

Sognato che con il tenente ero in un’osteria. Ero arrivato e mi ero incontrato con lui per lavoro: col tenente, vidi un sergente, che, mi dissero, vi cerca per conto del colonnello. Cercato di sfuggirgli. C’era ogni sorta di gente che andava e veniva. Io avrei proseguito per Torino subito. Era Serralunga? Al momento di andare con lui alle porte, passo in camerone sotterraneo dove i soldati del gruppo erano tutti seduti a tavolini tipo refettorio. Capito che c’era qualcosa di strano. Vaga paura. Uno mi dice che sapevano che noi ci volevamo bene non come ufficiali e volevamo bene a loro, e chiedevano di essere fatti tutti ufficiali. Io temevo moltissimo che qualcuno dei presenti potesse dirlo al colonnello e dissi con energia se non si vergognavano a rompere cosí la consegna. Dissi diverse frasi parallele con violenza che «tutti sapevano come la pensavamo io e il tenente» e che se lui diventava colonnello ero d’accordo. Loro tacevano come delusi e minacciosi. (Continuavo a dare gomitate al tenente, gridandogli a bassa voce di lasciarmi fare e stare zitto). Si formò la situazione che io parlavo e il tenente, indietro, mi lasciava dire. Ero come il suo rappresentante. I soldati dissero qualche cosa di isolato con asprezza. Io gridavo che la smettessero, e con vergogna intravedevo in fondo ai tavoli facce note che fraternizzavano con loro. Quasi strizzai l’occhio ad un soldato vicino, e quello capí e lo strizzò a me, ma io finsi di niente. Si formò un’atmosfera di attesa e di ansia bonaria.

«Avete fraternizzato coi miei amici?» dissi a due (facce d’intellettuali nel fondo della stanza) in mezzo a cui mi trovai. Dovevo uscire e partire. Non so come, avevamo lasciato (io e il tenente che adesso beveva vino) le mutande appese alla cancellata della [p. 217 modifica]sua villa. Egli mi raccomandò di passare a prenderle. Uscimmo tra incroci di autobus. Poi pioveva a dirotto. Ero solo. Corro a cercare le mutande (era buio e non si vedeva). Al cancello, ecco che sapevo che la villa era Serralunga, coi miei. Salgo sul gradino del cancello e grido: «Sono Cesare!» e c’era Maria e anche i vicini (due ragazze vedo che sono carine). Penso che avrei dormito e M. gridò «Sono rimaste quattro mele».

5 luglio.

Delle donne degli altri non so che farmene.

11 settembre.

Letto il libercolo di Cohen di e su Chrétien de Troyes e pensato una volta di piú che il narrare non è fatto di realismo psicologico né naturalistico, ma di un disegno autonomo di eventi, creati secondo uno stile che è la realtà di chi racconta, unico personaggio insostituibile. Cfr. il comando di Erec a Enide di non parlare, e le tre infrazioni di Enide. Oppure i capricci di Guinièvre che impone a Lancelot di combattere ora per burla ora sul serio. O ancora il corruccio di Landine perché Yvain è stato lontano da lei piú di un anno, da cui consegue tutto il calvario di Yvain. O l’ignoranza di Perceval che si debba chiedere al Re Pescatore che cosa significhi la processione del Graal.

Intendo per stile questo svolgere una catena di dati che dispongono intorno a sé la realtà psicologica e naturale e la sostengono e sono puro partito preso — scatti dell’intelligenza e non altro. Qualcosa come l’antefatto arbitrario del sogno, che scatena tutta la proiezione degli eventi, colorandoli secondo una «passione», che è partito preso e irrealtà.

[Vedi la teoria del legame-simbolo (4 dicembre ’38) e quella della situazione stilistica (1° gennaio ’40, II). La religione (i Fioretti), la fiaba (Chrétien de Troyes), l’arte moderna (Stendhal, Baudelaire, Kafka) si fondono a darmi questa lezione — che una volta chiamavo confusamente immagine-racconto]. [p. 218 modifica]

2 ottobre.

Perché il realismo naturalistico-psicologico non ti basta? Perché è troppo povero.

Non si tratta di scoprire una nuova realtà psicologica, ma di moltiplicare i punti di vista che riveleranno nella normale realtà una grande ricchezza. È un problema di costruzione (si risale al 16 novembre 1935!!)

9 ottobre.

Amo gli scrittori che trattano sempre lo stesso motivo, dice Pintor. A parte ciò che in questo è semplice gusto della coerenza e della definibilità dello scrittore — scalino alla critica — P. non spiega se intende naturalisticamente il contenuto o Patteggiamento stilistico. D’accordo che variare il primo è indizio di povertà interiore, ma il secondo deve per forza essere una sempre nuova ricerca — dalla semplice sfumatura al salto di genere — altrimenti mancherà alla pagina il senso della scoperta, che è il vero e solo piacere di chi scrive.

Inverno ’41-'42

Al mondo non si è mai del tutto soli. Alla peggio si ha la compagnia di un ragazzo, di un adolescente, e via via di un uomo fatto — quello che siamo stati noi.

Non è che nel nostro tempo il rappresentante della cultura sia meno ascoltato che in passato il teologo, l’artista, lo scienziato, il filosofo ecc. È che adesso si è coscienti di una massa la quale vive di mera propaganda. Anche in passato le masse vivevano di propaganda deteriore, ma allora, essendo meno diffusa la cultura elementare, questa massa non mimava i veri colti e quindi non faceva sorgere il problema se fosse o meno in concorrenza con loro. [p. 219 modifica]

Gli ambienti non saranno descritti, ma vissuti attraverso i sensi del personaggio — e quindi il suo pensiero e il suo parlare.

Quello che ti disgusta come impressionismo, diventa cosí — bedingt dal personaggio — vita in atto. Ecco la norma che già cercavi in fondo al «Mestiere di Poeta». Che altro è il racconto del raccontare di Anderson, il monologo interiore di Joyce ecc., se non questa imposizione della realtà-personaggio all’oggettività?

Quando una donna si sposa appartiene a un altro; e quando appartiene a un altro non c’è piú nulla da dirle.