Il mestiere di vivere/1948

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1948

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1947 1949

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1948


1° gennaio.

Mattinata romana di sole sulla terra e sull’acqua, frizzante, sapida, viva. Un Capodanno mai visto. Seguirà un anno spaventoso?

Al 3 operazione, che mi darà nuova pace. Nel ’47 non ho scritto niente (qualche dialogo e inizio romanzo). Non ho fatto niente. Sono usciti i due libri. Sono stato a Roma e al mare, sempre svelto, sempre un poco affannato. Paura o prurito?

Ma che giornata, oggi. Non sembra Torino. È un inverno piú strano del ’43-’44. Sembra una città nuova in cui si arriva la mattina dal treno, e si sa che si girerà si vedrà si vivrà. Una città sul mare col sole che schiara gli ultimi piani delle case, dei palazzi, e le colline aperte.

10 gennaio.

La tua esigenza di conservare alla parola la sua linea parlata, la sua legittimità espressiva, la sua materialità. Giacché l’arte non è altro che lo sfruttare la materialità dei mezzi (suoni, marmi, colori ecc.) per cavarne espressione, senza violare le leggi di questa materialità. Il linguaggio è soggetto a una sintassi, a una coerenza grammaticale, insomma a una tradizione — come i suoni a rapporti matematici, le pietre a esigenze di gravità, e i colori a rapporti cromatici. Ecco perché respingevi d’istinto le parolibere futuriste.

L’incosciente per l’incosciente, la forma oscura e allusiva che dovrebbe rendere le folgorazioni subconsce (automatiche), che cos’hanno di diverso dalle vecchie norme dell’arte imitatrice della natura? Sono un adeguarsi della coscienza al suo oggetto... [p. 325 modifica]

(Leggendo liviu rusu, Essai sur la création artistique, Alcan 1935, p. 307).

12 gennaio.

Se una piccola operazione fa tanto soffrire...

Perché quando riesci a scrivere di Dio, della gioia disperata di quella sera di dicembre al Trevisio, ti senti sorpreso e felice come chi giunge in paese nuovo? (oggi, pagina del cap. XV della Collina).

16 gennaio.

I Greci hanno creato la recitazione, i Latini la letteratura. (Cfr. Bérard e Snell). Vedi, del resto, il 22 marzo ’47. Narratori i Greci sono stati soltanto con gli storici (Erodoto, Tucidide) e anche Erodoto componeva per leggere alle Olimpiadi. Omero veniva declamato, i lirici cantati, i tragici recitati, gli oratori pronunciati, la filosofia discussa. Sempre la voce e il gesto.

Il narrare, ch’è un dilungarsi sulla pagina in mezzo alle cose e agli eventi, lo inventarono i Latini coi poemi, i romanzi, le storie, benché anche in loro durasse la concezione oratoria, per esempio, della storia. La celebre naturalezza dei Greci nasce dall’uso di un linguaggio parlato, in senso proprio. Non si può parlare in modo non naturale; si sentirebbe subito la stonatura con l’attore, il parlatore in carne e ossa. Il linguaggio letterario, composito, si ha soltanto quando il discorso viene filtrato e disumanato, spersonalizzato, sulla pagina scritta.

La tendenza contemporanea a narrare in prima persona è un inconscio conato verso la naturalezza che però vuole restare pagina, racconto, non gesto. È un modo di rimbarbarirsi, il solo consentito ora giacché il teatro sa, da noi, troppo di schema accademico. [p. 326 modifica]

19 gennaio.

Oggi giornata cattiva, perduta. Incontri tollerati, stracchi, inutili. Situazioni grevi inconfessabili, sciocche. Non inventato, non fatto nulla. Eppure vista molta gente: Natalia, Balbo, Maria Livia, Piero, il novellista esistenziale, Simone, altri. Giornali della sera minacciosi. È tutto qui. O sembra. Comprata la nuova penna.

Pare certe giornate del ’46 romano. A ripensarci, le sento belle. Se leggo quei giorni, soltanto, capisco com’ero a terra. Nel ricordo si godono specialmente i periodi che, a viverli, parevano intollerabili. Niente va perduto. Il disagio, il disgusto, l’angoscia acquistano ricchezza nel ricordo. La vita è piú grande e piena di quanto sappiamo.

20 gennaio.

Oggi consacrazione. Mi pregano di scrivere, di concedere la mia firma. L’avessi saputo a vent’anni! Conta qualcosa adesso? Di nuovo, inverno ’46, romano. Sono triste, inutile, come un dio.

21 gennaio.

Il giovane... dalla faccia dura e intensa, è un campione sgradevole e temibile. Delle cose che ha fatto tace e lascia parlare, con suprema importanza. È cocciuto, chiuso in sé, percettivo e fanatico. Fanatico di sé, del suo fare. Non si può saltellare con lui; anche la sciocchezza è una cosa seria che ha sfondi imprevisti. «Ha un complesso di superiorità» dice Calvino, e dice bene, perché c’è pure in lui un impaccio, un fastidio, quel che si dice un complesso. Sgradevole uomo.

25 gennaio.

Non è che accadano a ciascuno cose secondo un destino, ma le cose accadute ciascuno le interpreta, se ne ha la forza, disponendole secondo un senso — vale a dire, un destino. [p. 327 modifica]

Ci sono strade, corsi, di Torino dove camminavano e vivevano gente che la guerra ha sbattuto e ammazzato. Gente contenta, intelligente, che allora contavano, che tu sapevi appena. Era tutta una società. Perché c’è stata?

30 gennaio.

Notte di stelle rade, nitide. Viste tra i rami degli alberi paiono gemme, germogli. Le prime dell’anno.

(12 ottobre ’43 — 25 luglio ’44 — 15 marzo ’45 — 18 aprile ’45 che si può fare di questi cinque frammenti? Niente. Che ognuno sia perfetto? Già. Effetto delle cose rare).

4 febbraio.

Il 2 lunedí smesso, cosí per gioco. Non sembra difficile.

Certo che Falqui combatte bene. Il Laboratorio della «Fiera Letteraria» è sempre intelligentissimo. La prosa didimea avvicinata alla leopardiana e contrapposta alla romantico-dialettale, è una bella scoperta.

5 febbraio.

La mia crescente antipatia per N. viene dal fatto ch’essa prende per granted, con una spontaneità anch’essa granted, troppe cose della natura e della vita. Ha sempre il cuore in mano — il cuore muscolo — il parto, il mestruo, le vecchiette. Da quando B. ha scoperto che lei è schietta e primitiva, non si vive piú.

In religione non si guarda alla vita ma alla morte, perché le cose della vita ricevono il loro valore dall’essere vedute dentro l’eternità, e cioè oltre o sopra la morte [p. 328 modifica]

10 febbraio.

Martedí, (raffreddato-febbre) da due giorni ripreso a fumare e risentito il prurito, terribile, intollerabile. Smesso — Smesso. Stesso gioco dei ventanni, quando la sigaretta mi soffocò e dovetti smettere. Troverò una scappatoia?

13 febbraio.

«Una filosofia depurata di ogni aroma speculativo e ridotta a pura storia o storicità o a puro umanesimo» (la filosofia della prassi, Gramsci) non somiglia alla poetica della pura poesia, depurata di ogni contenuto e ridotta a pura forma, a puro canto?

1° marzo.

Quando viene la sera triste, dal cuore schiacciato, senza perché, la consolazione sta ancora nel consueto pensiero che neanche la sera gaia, ebbra, esaltata ha un perché — se non forse un incontro già fissato, una idea balenata nel giorno, una cosetta che poteva non essere. Cioè, ti consola il pensiero che nulla ha un perché, che tutto è casuale. Strana cosa. Su un altro piano questo pensiero è agghiacciante. Il volubile colore dei tuoi umori lo sopporti in quanto futile.

Ciò presuppone un enorme ottimismo, una fiducia nel semplice accadere. Fin che le cose accadono soltanto, e non c’è nulla sotto, tu stai tranquillo. È la rinuncia epicurea, è il quieto vivere. Possibile?

2 marzo.

Questo bisogno di esser solo, di non sentire che ti chiedano nulla, che ti tirino con sé... Quest’orrore che abbiano il minimo diritto su di te, che te lo facciano sentire... Questa evidente goffaggine degli altri, di aspettarsi qualcosa, di take for granted qualcosa da te. [p. 329 modifica]

Diventi subito incapace, ti spegni, ti drizzi, recalcitri. Non sai piú dire una parola buona. Cancelli e abbandoni.

Il rancore contro chi hai cosí cancellato e per pietà per sacrificio devi ancora bentrattare.

La salute interiore che la professione politico-morale, che il contatto con la massa, dona, non è diversa da quella che nasce da qualunque lavoro, da qualunque dedizione al fare. Quando scrivi qualcosa e dài dentro, sei sereno, equilibrato, felice.

E se tutto è soltanto salute, efficiente esistere? Cosa dirai in punto di morte?

5 marzo.

La scuola romana — quell’incontro di giornalisti, avventurieri, scrittori, pittori ecc. ha inventato un’arte riflessa, di tipo alessandrino, il gusto di rifare uno stile, una tecnica, un mondo, che «fanno data» e risaltano l’intelligenza e il non impegno. Longanesi e «Omnibus», Cecchi e Praz, Cardarelli e Bacchelli, Moravia e Morante. Esterni, Landolfi e Piovene. Fu in sostanza l’arte fascista; ciò che nacque di vivo e vero — di cinico — nel periodo fascista. Sfuggono gli estremi, Sicilia e Piemonte, che fascisti non furono e s’imbarbarirono e scoprirono oltremare — Vittorini e Pavese. Per questi, ci vuole altra formula.

In fondo l’intelligenza umanistica — le belle arti e lettere — non patí sotto il fascismo; potè sbizzarrirsi, accettare cinicamente il gioco. Dove il fascismo vigilò fu nel passaggio tra intellighentsia e popolo; tenne il popolo all’oscuro. Ora il problema è uscire dal privilegio — servile — che godemmo e non «andare verso il popolo» ma «essere popolo», vivere una cultura che abbia radici nel popolo e non nel cinismo dei liberti romani.

Balbo diceva che sei pagano. No, stoico. [p. 330 modifica]

9 marzo.

I quattro piú grossi — mondi complessi e inesauribili, ambigui, moderni — sono Platone, Dante, Shakespeare e Dostojevskij. Ogni nazione ne dà uno solo. Se una nazione è un complesso di memorie comuni, di costumi, di abitudini e di miti, è naturale che venga una volta sola il momento in cui tutto s’equilibra e convive in modo vero.

23 marzo.

Perché eternità? Non comprendiamo cosa sia. All’obiezione che qualunque termine ponessimo all’esistere, il nostro pensiero balzerebbe subito oltre, si risponde che ciò non prova che oltre vi sia una vera realtà: il quadratino pensante sulla sfera balza sempre oltre e ciò non toglie che la sfera sia per lui limitata. Siamo fatti in modo che la mente ci balza sempre oltre — ecco tutto — ma non è detto che il tempo esista veramente, e dunque cadrebbe il problema della nostra caducità.

Resta — come mai, se il tempo non esiste, noi siamo fatti su schema temporale? Se la realtà è sempre uguale e immobile, come mai noi siamo sempre diversi e mobili?

27 marzo.

Io, e credo molti, ricerchiamo non ciò che è vero in assoluto, ma ciò che noi siamo. In questi pensieri tu tendi con sorniona noncuranza a lasciar affiorare il tuo essere vero, i tuoi gusti fondamentali, le tue realtà mitiche. Una realtà che non abbia legame radicale nella tua essenza, nel tuo subconscio ecc., non sai che fartene.

In fondo, di Dio ti spiace proprio la sua massima qualità — che è staccato, diverso da te, lo stesso per tutti, eppure una cosa suprema.

Ma perché accetti te — quel qualunque te che ti succede d’essere? In certo senso non è altrettanto oggetto il tuo io quanto l’io divino? Non credo sia per ambizione. Forse per pigrizia? O convinzione che non serve a nulla poggiarti su altro — coltivare [p. 331 modifica]qualità che non hai, trattare storie che non senti ecc.? Forse il difetto nasce appunto dalla tua educazione poetica, che ti ha avvezzato a credere soltanto alla tua vera natura.

28 marzo.

Stasera, una stella tra i rami di un albero, luminosa come una prugna gialla.

Oggi, un incendio oltre la collina — una nube di fumo nel cielo chiaro — la prima atomica.

Questa primavera somiglia a quella del ’46 a Roma. Cfr. 19, 20 gennaio, 1°, 2 marzo ecc. È la tristezza ambigua, la disoccupazione après l’oeuvre finie.

30 marzo.

L’odore della prima pioggia notturna, sotto il cielo chiaro. Stagione aperta, ritorno.

Nella vita non c’è ritorno. Bellezza di questo ritmo discorde sul ritorno periodico delle stagioni il progredire degli anni che colorano in modo sempre diverso un tema eguale — misura e invenzione, costanza e scoperta — l’età è accumulo di cose uguali che si arricchisce e approfondisce sempre piú.

31 marzo.

Non si capisce come in tempi che il mondo non aveva altra spiegazione che quella cristiana — medioevo — qualcuno osasse esser malvagio, morire impenitente.

1° maggio.

Vista chiaramente la faccenda dei Cinesi, non senza sorridere. [p. 332 modifica]Spiegato a M. L. davanti alla collina — stupenda — che m’incarogniva non poterne far nulla, esser costretto ad ammirarla e basta. L’idea di possederla, di farla propria, di berne il segreto, d’incarnarmela, non riuscivo neanche a esprimerla. Mi spiegai col paragone del frutto: come un frutto si mangia e assimila, cosí la collina. Ma, e con questo? dicevo; intanto il frutto non c’è piú.

Ammesso che il problema era soltanto letterario; spiegai a M. L. le ragioni della lirica naturistica cinese — 4000 anni di lirica identica — spiegai la struttura magica di pensiero e società cinese, la corrispondenza tra potere e identificazione col territorio, la continua realtà di monte, bosco, palude, fiume, animali ecc. che forma la sostanza di quella umana. Tutto hanno già fatto quelli — dissi — e il risultato? Hanno descritto paesaggi. Tutto qui.

L’occidente ha sempre preferito l’uomo alla natura. Poesia narrativa con eroi. Scopri il paesaggio col romanticismo, cioè l’identificazione (magica) con la natura (Schelling ecc.).

11 maggio.

Finita anche questa. Dal 13 settembre ’47. Credevo di restare piú indifferente. Mi fa pena. È piú sincera perché piú appassionata.

13 maggio.

Iniziare: Era la prima volta che C. piantava una donna senza desiderare di sbattere la porta...

Raccogliere tutte le proprie situazioni tipiche (per questo tu sei nato):

violenza e sangue sui campi
festa in collina
camminata in cresta
mare da riva...

Per fortuna sono molte.

26 nov. ’49.
Non è il tema della Luna e falò?

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27 maggio.

Chi descrive la campagna, le cose, colori e forme, finezze e sensazioni, non si vede perché non descriva allo stesso modo anche corpi di donna — colore, sodezza, peluzzi, incavature, sesso. È lo stesso atteggiamento.

15 giugno.

«Un pagano di prima di Cristo si può salvare, purché segua il bene naturale».

Allora a che serve la rivelazione di Cristo?

a) Se chi la ode e pratica ottiene piú merito di chi non la ode — allora è un’ingiustizia.

b) Se chi non la ode ma pratica il bene naturale ottiene lo stesso merito — allora è inutile.

26 giugno.

Quanto piú una persona è insofferente di catene e bisognosa di libertà, tanto piú è abitudinaria. L’inafferrabilità è gretta.

Il ricordo di un vertice toccato in passato — il prato di margherite, che era tutta la natura per la tua infanzia — ti commuove oggi cosí a fondo perché riesce simbolo di una grande esperienza, di tutta quella somma infinita di possibili esperienze che s’annunciava nel vertice di allora. Tu godi adesso, ricordandolo, un simbolo di tutte le possibili esperienze, respiri l’atmosfera di vertice, e ciò fai agevolmente, data la comprensibilità e disponibilità di questo piccolo ricordo. Simbolo significa questo. Oggettivarsi davanti come in un canocchiale rovesciato un vasto paesaggio; disporne come di cosa tutta posseduta e implicitamente allusiva di infinite possibilità.

Ciò vale per le creazioni fantastiche arcaiche, che sono semplici, umili, infinitamente meno complesse della vita che viviamo ora, eppure rapiscono come genuina esperienza di vertice. [p. 334 modifica]

3 luglio.

La nostra crisi è che non crediamo piú alla distinzione tra cose sacre e cose profane. (Le sacre sarebbero quelle cariche di potenza, uniche, mitiche). Quindi, o tutto profano (materialismo meccanicistico) o tutto sacro (cristianesimo riformato, dello spirito e non della lettera).

L’ascesi, che è staccarsi dalle cose profane per accostarsi alle sacre, cambia aspetto. Bisogna staccarsi da tutto, per accostarsi a tutto. Godere di ogni cosa profanamente ma con distacco sacro. Con cuore puro.

24 luglio.

Una persona che ti lascia intendere che vive a modo suo, ha idee, giudica te e gli altri, fa a meno di te — è deprimente. Non c’è che ignorarla — trattarla come lei tratta te.

La bella compagnia. Grido nella notte.

3 settembre.

Parlava parlava, diceva cose bellissime e tu avevi da fare e ti seccava. Diceva che i lupi mannari sono figli di idrofobi. Diceva che cane e vipera hanno la stessa schiena, e stesso puzzo, e che la pelle della vipera infuria il cane. Diceva che l’ora panica è sentita dalle bestie. Che il lupo mannaro latra alla luna per via che è cane idrofobo. Diceva che lei passa il tempo a cercare le relazioni e i legami tra le cose ecc.

Parlava di Paesi tuoi, che ha scheletro.

3 ottobre.

A Hemingway [p. 335 modifica]

Did you ever see Piedmontese hills? They are brown, yellow and dusty, sometimes «green»... You’ld like them.

Yours C. P.

7 ottobre.

Il 4 ottobre finito il Diavolo in collina. Ha l’aria di qualcosa di grosso. È un nuovo linguaggio. Al dialettale e al calligrafico colto, aggiunge la «discussione studentesca». Per la prima volta hai veramente piantato simboli. Hai recuperato la Spiaggia innestandovi i giovani che scoprono, la vita di discussione, la realtà mitica.

8 ottobre.

Tutti malati. *** con le crisi. *** con l’esaurimento. *** con la tisi. *** con la sclerosi con placche. La guerra imminente.

Strano. Le donne sofferte e odiate, nella Paura, cominciano per E; quelle vagheggiate e intangibili per C. Elena Elvira; Concia Cate.

Riletto, ad apertura di pagina, pezzo del Compagno. Effetto di toccare un filo di corrente. C’è una tensione superiore al normale, folle, dovuta alla cadenza sdrucciola delle frasi. Uno slancio continuamente bloccato. Un ansare.

10 ottobre.

La voce che ti vanno dando di persona solida, dura, volitiva e riuscita, comporta il sottinteso che vogliono appoggiarsi a te, radicarsi nella tua forza, deviarla ai loro scopi. Insomma distruggerla. [p. 336 modifica]Sembra che non sappiano che la solidità te la sei creata a uno scopo, che non è di aiutar loro.

Un vecchio sogno. Stare in campagna con una bella donna — Greer Garson o Lana Turner — e fare la vita semplice e perversa. Cose passate. Non ci pensi piú.

14 ottobre.

Dice Nat. «... Me ne frega di quello che c’è dentro...» Vuole la vita vera, storie di povere donne.

15 ottobre.

Prima che il gallo canti.

16 ottobre.

Siccome sei egoista, tutti ti fanno la corte per loro interesse. (Cfr. 24 luglio).

24 ottobre.

«È un onore per noi» ti disse... Allora. Nella primavera del ’45. Queste cose accadono una volta sola. Che cosa contano? Fin che il mondo oscilla nella crisi, puoi giocare questo gioco, ma poi?

Sei pronto a morire oscuramente? Dovrà accadere un giorno.

Considerare la morte un incidente. Mentre è una cosa enorme.

31 ottobre.

Scoperto che V. non sente le situazioni disagiate. Strano in uno che aspira a uomo di mondo. Insiste insiste quando gli si risponde [p. 337 modifica]evasivamente. Perché? Per affetto o per interesse (farsi salotto)? Per semplice rozzezza? Comunque, scoprir questo ti ha fatto piacere.

11 novembre.

Scoperto il piacere di entrare in un caffè di periferia, mai visto, di vederci giocatori, poca gente, di sfiorare la vita di un mondo che hai sempre sentito a distanza e ti pare contenere tanto tuo passato e speranze. Caffè quasi vuoto, moderno. Infatti, poco dopo, entrò ragazza fulva, quasi selvaggia, con uomo non strano. Sei uscito, felice.

Da qualche tempo diradano le impressioni generali, i pensieri. Annoti istanti.

19 novembre.

Sapendo quel che si vuole nella giornata — cioè lavorando seriamente — ci si fa anche una misura per valutare le situazioni e gli uomini. B. si caccia in situazioni penose, in cui si dibatte con perdita di tempo e di energia, perché non lavora seriamente, e allora non s’accorge delle situazioni — che possono unicamente essere illuminate da un chiaro tendere a un fine e dal tecnico agire in merito. Nuova prova che per conoscere bisogna agire, per conoscere il mondo bisogna costruirlo. Attento a non credere che costruire significhi sovvertire, cambiare a tutti i costi. La scienza della realtà è la scienza del possibile, del progressivo, non delimitarsi violento e vano.

Che chi non tende a un fine non capisca la realtà, cioè non ci veda un ordine razionale, pare significhi molte cose. Significa che la razionalità è soltanto uno strumento per l’azione (Bergson) o che la nostra natura è razionale e l’azione tende alla verità (San Tommaso e Marx)?

Non conta il prima e il poi. Noi esistiamo in una sfera razionale. A ciò non si sfugge. Logica dell’irreversibilità della cultura, del progresso, della conoscenza. Lamento leopardiano che non si sfugge [p. 338 modifica]all’amaro vero. Perché amaro? Per il disagio di uscire dall’abitudine. Non altro. Viene la nuova generazione e ci si trova benissimo. Tanto valeva che ci si adattasse già la precedente.

27 novembre.

Situazione a tendine bianche di pizzo sulle finestre del Valentino; stanza calda, mattutina (fuori è inverno); il sogno che si è avverato — scoperta improvvisa (entrò di notte, al buio) la donna e l’amore.

3 dicembre.

Il piacere — uno dei piú autentici — di accorgersi che qualcuno è costretto a scegliere, che non può avere due cose in una volta. È un richiamo alla tragicità della vita, che consiste nel fatto che un valore non si concilia con un altro. Nasce da questo, che tu hai rinunciato a tante cose per averne una sola — e ti piace che questa legge schiacci tutti

Le persone che take for granted qualcosa ti urtano, in quanto pretendono sfuggire a questa tragicità. Le persone che godono paganamente qualcosa, id., in quanto negano, in questa avidità, l’incertezza dell’occasione. L’aspirare, il pretendere, è per se stesso urtante, in quanto abolisce l’ironia della vita.

Si odiano gli altri, perché si odia se stessi.

Però tu take for granted che non bisogna take for granted. Qui viene a punto la purità di cuore, l’umiltà, l’accettazione del mondo di Dio. [p. 339 modifica]

5 dicembre.

Un luogo che ti piace (Torino con nuvole rosse invernali, campagne, parchi ecc.) non va descritto entusiasticamente come facevi da giovane, bensí va rappresentata, in modo netto e chiaro, la vita che conduce chi ci vive, chi ne è espressione. Esempio, Dostojevskij. Cosí, per la tangente, nella fantasia del lettore resteranno i luoghi. Si ottiene quello che non si cerca.

8 dicembre.

Lo spirito greco nasce daill’incontro di una «qualità» con una cultura preesistente (achei pelasgi). Da ciò lo sforzo critico per adattarsi e comprendere. Di qui la critica (Omero, Esiodo — Ionici ecc. Tragici) — Gli altri popoli (Orientali) non fecero questo sforzo — o soggiacquero, o distrussero, o vegetarono insieme.

Dallo sforzo nacque il distacco, l’ironia, la plasticità, la razionalità, la libertà individuale. Gli altri popoli non uscirono mai dal magma materno (autoctonia, satrapia, schiavitú universale. In arte: fiaba e decorazione ieratica).

La cultura ionica è già un rinascimento (scoperta di un’altra cultura e scontro e acquisto). L’altra cultura era la minoica.

11 dicembre.

Gli ebrei che esaltarono, ai loro tempi, la moralità e la giustizia chiamandole Spirito divino, Sapienza, senza accorgersene arrivarono ad esaltare l’intelligenza che anch’essa si chiama spirito. Storia recente.

18 dicembre.

«Non piacerà né ai proletari né ai borghesi» dice R. Bene. [p. 340 modifica]

20 dicembre.

La ragazza che lavora vedendosi nello specchio. L’uomo che la vede, la vede, e le parla. Vanno insieme in società.

La ragazza che prega alla cassa. Prega prega per i clienti. Va con uno al Valentino, che l’abbatte e viola.

La ragazza è brutta e si vede nello specchio. Tutto il giorno. L’uomo le dice che lui ride e si conforta allo specchio.

21 dicembre.

L’uomo la crede schiacciata e fredda. Lei è tremenda e orgiastica. Si scatena. L’uomo ha paura.

(leggendo Lukàcs).

L’arte del xix secolo s’incentra sullo sviluppo delle situazioni (Bildungsroman, cicli storici, carriere ecc.); l’arte del xx sulle essenze statiche. L’eroe al principio era diverso che alla fine della storia; ora è sempre uguale.

L’infanzia preparazione dell’uomo (xix); l’infanzia contemplata in sé (xx).

25 dicembre.

Chi rinuncia con convinzione e con metodo, ha costruito la sua vita sulle cose a cui rinuncia. In sostanza, non vede che queste.

Strana mania di volere il doppione di ogni cosa: del corpo l’anima, del passato il ricordo, dell’opera d’arte la valutazione, di se stesso il figlio... Altrimenti, i primi termini ci parrebbero sprecati, vani. E i secondi allora?

È perché tutto è imperfetto? o perché «si vedono le cose soltanto la seconda volta»? [p. 341 modifica]

«Entrai in Torino a carnevale, come un tempo facevano gli studenti e i saltimbanchi... »

30 dicembre.

Gli epiteti latini sono impressionistici, lirico-fiabeschi, invenzioni squisite; quelli greci sono residui d’antico, ieratici, grumi oscuri.

Prima conseguenza della concezione poesia = terra incognita è che il poeta lavora e scopre da solo e i consigli che gli si danno sono su temi già noti (= letteratura).

31 dicembre.

Anno serissimo, di definitivo e sicuro lavoro, di acquisita posizione tecnica e materiale. Due romanzi. Altro in gestazione. Dittatore editoriale. Riconosciuto da tutti come grand’uomo e uomo buono. Da tutti? Non so.

Difficilmente andrai piú in là. Non credere che tutto ciò sia molto. Non ci speravi in passato e ti stupisce. Ci sei giunto cercando soltanto di lavorare bene e di voglia. Continua, pronto all’idea che i frutti saranno magari domani di cenere. Non deve importartene. Cosí soltanto espierai la buona fortuna e te ne mostrerai degno.