Il padre per amore/Lettera di dedica

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Lettera di dedica

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Il padre per amore L'autore a chi legge
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Il Signor

ALBERTO FRANCESCO DE FLONCEL

Avvocato al Parlamento di Parigi

CENSOR REALE

Fra gli Arcadi di Roma Flangone Itomense1.


A
LLORA quando, Illustrissimo Signore, mi fu scritta in Venezia la nuova, ch’io doveva venire in Francia, questa mi venne accompagnata con lettere, che mi hanno colmato di buona speranza e di vera consolazione. Mi dicevano, che io non ci venia sconosciuto, che le opere mie stampate erano a Parigi in qualche riputazione, che avrei qui ritrovati de’ Protettori e de’ buoni Amici, de’ buoni amatori e conoscitori della lingua e della letteratura Italiana, e fra questi mi fu nominata principalmente l’amabilissima e rispettabile Persona vostra, con termini ed espressioni così distinte, che mi hanno fatto anteporre il piacer di conoscervi ad ogn’altro bene, che poteva lusingarmi di dover godere a Parigi. Voi qui, (mi dicevano) ritroverete Monsieur de Floncel, persona distinta, di merito, di talento, di erudizione, che vi ama senza conoscervi, che ama le opere vostre, e che è stato il primo a farle conoscere in questa Città di Parigi, che le intende perfettamente, e che col credito e colla riputazione, ch’Egli ha fra le persone di lettere, vi ha fatto il maggior bene, il maggior vantaggio del mondo. Voi (seguitavano a dirmi) Voi conoscerete un Francese, che fa onore grandissimo alla nostra Italia, che ha una sontuosa ricchissima Biblioteca Italiana, di più di diecimila Volumi, e i più rari, e i più scelti, acquistati col lungo travaglio di quarant’anni con grandissima spesa, con cognizione perfetta del buono, del meglio, [p. 12 modifica]degli Autori e delle edizioni, onde una raccolta simile, sì compiuta e sì rara, difficilmente si troverà in Italia medesima. Lo troverete a sedere in mezzo ad un sì vasto, prezioso monumento, non come un uomo che si compiace dell’inutile vanità di possedere de’ libri, di vederli graziosamente situati, magnificamente coperti, ma come uno che li conosce a fondo, che li legge continuamente, che intende, e stima, ed assapora la letteratura Italiana, e legge, e parla, come noi, l’Italiano. Nè solamente a sè solo ha limitato il piacere di sì preziosa raccolta, ma ne fa parte a tutti gli amici suoi, a tutti i curiosi ed amatori di questa lingua, a tutti i Forestieri, che accorrono per vedere, e per ammirare, e per soddisfarsi. Ecco l’unico, ecco il singolare diletto di questo grand’uomo, dopo avere sostenute con merito ed esemplare virtù le illustri cariche di Segretario di Stato del Principato di Monaco; di Ministro per detta Corte al Re di Sardegna e all’Infante Don Carlo; di primo Segretario degli affari stranieri, sotto i due principali Ministri della Corona di Francia, il signore Amelot ed il Signore Marchese d’Argenson, ne’ quali impieghi difficili e laboriosi, ha fatto in altro modo spiccare il talento, l’onestà e il disinteresse, amando più d’arricchire di buona fama il suo Nome, che di oro e di argento la sua Famiglia: e per darmi una prova del vostro buon cuore e del vostro disinteresse, l’amico di Parigi, che mi ha scritto sì bella e preziosa lettera, mi ha soggiunto che Voi nel principato di Monaco avete ottenuto per grazia, che si trattenessero dei Salariati, per economia licenziati, e ciò col sagrifizio volontario, esibito, di una parte de’ vostri onorarj.

Ecco, Signor mio amabilissimo, quanto di Voi mi fu scritto prima che io venissi a Parigi, ma se le cose vedute, o rapportate da lungi, sogliono da vicino scemar di pregio, trovo questa volta tutto il contrario, e l’onor di conoscervi, e di trattarvi, aumenta il vostro merito e l’altrui ammirazione. In qualunque parte ch’io mi volga a Parigi, sento parlar di Voi; veggio il Vostro nome impresso per tutto. Tutti i Giornali di Francia, i Fogli Periodici, il Mercurio, non fanno che formar elogi al Vostro Nome, alla vostra Biblioteca, al vostro genio per letteratura Francese e [p. 13 modifica]Italiana. I Giornalisti d’Italia ne parlano con eguale stima e rispetto. Il nostro gentilissimo Signor Giovanni Conti Romano, professore di lingua Italiana alla Scuola Militare in Parigi, che ha fatto ristampare, sì ben corretta, in sì bel carattere e bella forma, la celebre traduzione di Lucrezio di Alessandro Marchetti2, non potea meglio fare che dedicarla al vostro Nome rispettabile, illustre, ed ho ammirato l’ingegno e la sincerità dell’uomo, il quale sotto al vostro ritratto, elegantemente delineato sopra il fondo della vostra ammirabile Biblioteca, ha fatto incidere il verso:

     Ne sceglie il fiore, e ne comparte il frutto.

Tutti quelli che, parlando o scrivendo, dicon bene di Voi, non fanno che rendere giustizia al vostro merito, e corrispondono altresì alla cortesia, alla gentilezza, colla quale Voi scrivete e parlate degli altri. Fortunati coloro, le di cui opere sono a Voi, come a CENSORE REALE, confidate, per essere rivedute e approvate: Voi non vi contentate di sottoscriverne la rivista, e l’approvazione; ma buon conoscitore, e perfetto amico, arricchite di parole onorifiche il libro, e recate gloria all’Autore. Ma qual Autore di me più felice, qual più da Voi onorato, beneficato? Voi dite di avermi amato senza conoscermi; tutto il Mondo a Parigi mi ha di ciò assicurato, ed io ne ho ricevute le più tenere dimostranze. Quando posso venir da Voi, quando trovami in casa vostra, in mezzo all’amabile Vostra famiglia, fra i vostri libri Italiani, parmi di essere nella mia Patria, e permettetemi che lo dica, parmi di essere in casa mia. Voi mi trattate come un fratello; Madama Vostra Sposa3 mi colma di grazie, di gentilezze, di onori; il caro vostro Figliuolo mi consola colla sua bontà, m’innamora [p. 14 modifica]col suo talento. Famiglia rispettabile, esemplare, felice, in cui regna il perfetto amore, la soave concordia, la vera pace, sopra di cui sparge il cielo le benedizioni e la provvidenza. Che piacere è il mio, e di mia Moglie, e di mio Nipote, da Voi sì bene accolti ed amati, trovarci, mille miglia distanti dal nostro Paese, in una Casa Francese in cui parlasi non solo perfettamente Italiano, ma si ama, si gusta e s’intende a maraviglia il Veneziano Dialetto! Madama de Floncel, degnissima Consorte vostra, ha dato di ciò una pubblica testimonianza; Ella ha tradotto in Francese la mia Commedia, intitolata l’Avvocato Veneziano, e l’ ha tradotta sì bene, ch’io, confesso il vero, ne rimasi maravigliato. Il foglio intitolato: Il genio della letteratura Italiana, giustamente ha pubblicato colle stampe la traduzione; sono dovuti alla Traduttrice gli elogi che tutti gli altri fogli le recano, ed io ne riconosco il profitto e l’onore, avendo Ella fatta conoscere in Francia una delle mie più dilette Commedie, mandandola sì ben corredata, ed adorna del suo felicissimo stile. Ella si è innamorata del buon carattere del mio Avvocato, perchè è buona per se medesima, perchè ha un Marito buono, e perchè in tutta la Vostra casa non ispira che bontà, virtù e compassione. Ella conosce perfettamente la Musica, e ne possede il talento; ama la Musica Italiana senza condannar la Francese, ed è sorprendente la sua abilità per il gravicembalo. Tutto ciò contribuisce moltissimo al comune piacevole trattenimento della Famiglia, a quella de’ vostri amici, che gioiscono d’una vera allegrezza, prezioso effetto della vostra bontà. Voi, Signor mio amabilissimo, avete dato mai sempre costanti prove della vostra bontà di cuore, non meno che del vostro esimio talento, e se mi fosse lecito pubblicare alcune rimarcabili circostanze, che ho penetrato, degli scabrosi onorifici impieghi da Voi sostenuti, potrei insegnare col vostro esempio, come un valoroso ministro supplisce ai suoi doveri, senza intacco della coscienza. Questa è una Virtù, che Voi avete ereditata dal memorabile Genitor vostro, il quale trovatosi egli pure al suo tempo in grandiosi impieghi, in tali impieghi, ne’ quali l’uomo facile può agevolmente arricchirsi, si è sempre contentato dell’onorata sua condizione, ed a Voi ha [p. 15 modifica]lasciato il dovizioso tesoro del buon esempio, e di una incorrotta pontualità. Felice il Mondo, se tutti gli uomini camminassero per questa strada, e lo farebbero forse, se coloro ai quali hanno consacrata la loro vita ed il loro talento, riconoscessero il merito e l’integrità. È raro il caso accaduto all’Avolo vostro paterno. Medico celeberrimo, insigne, che ha meritato di essere distinto da Luigi XIV con privilegi, esenzioni e salvaguardie onorevolissime, a cui un Cavaliere riconoscente, in premio della cura ch’ei si era presa della sua salute, lasciò per legato la quarta parte del feudo di Villecloy. So benissimo che Voi non aspirate a grandezze, che siete contento dello stato vostro, comodo a sufficienza, che vi compiacete della pensione accordatavi dal Vostro Sovrano per i servigi prestati al Ministero della Corona, che vi fregia e vi onora bastantemente l’origine della vostra casa, una delle più antiche e delle più onorevoli della Città di Stenay nella Provincia Chiaramontese, e che siete più contento di nominare a vostra elezione un Sacerdote ad una delle quattro Cappellanie, instituite da’ vostri maggiori tre Secoli sono, che se aveste a disporre di cariche, e dignità, e ricchezze. Pregano per Voi i Poveri dell’Ospitale di Stenay, per i quattro luoghi colà eretti dalla Vostra Famiglia, vi benedicono i Collegiali nell'Università di Pont a Mousson in Lorena, in pari numero, e per la stessa ragione; e duolsi solamente la Patria vostra, che Voi le abbiate preferito Parigi, e non occupiate in essa que’ primi posti, che furono con tanto pubblico compiacimento dai vostri maggiori coperti. Se ne ricordano, li rammentano, vi sospirano. Vive tuttavia la memoria dell’esemplare, sapientissimo Sacerdote vostro Zio Paterno, che amò meglio terminare i suoi giorni alla cura delle anime del suo Paese, anzichè passare a Versaglies, all’onore di essere il Curato del Re, dove era stato degnamente promosso. Ecco quello che vi compiace, quello che Voi amate, e non lo strepito, la vanità e l’orgoglio. Voi menate la miglior vita del mondo, in mezzo ai Vostri libri, che sono le care delizie vostre.

Non potete però nascondervi, malgrado vostro, alla vista del Mondo; siete assai conosciuto per il vostro genio, per il vostro [p. 16 modifica]talento. Vi hanno saputo rinvenire i primi letterati del Mondo; gl’Italiani in specie, fra quali il Marchese Maffei, e l’Abate Conti, Patrizio Veneto. A Voi sono state dirette varie lettere di erudizione. Le vostre traduzioni ci sono state carpite, e stampate. L'Accademie d’Italia vi vogliono a gara nel catalogo de’ loro compagni. Gli Arcadi di Roma, i Pesaresi, gli Accademici Fiorentini, gli Appatisti, i Socj Colombari, gli Etruschi di Cortona, i Gelati di Bologna, i Quirini di Roma vi chiamano suo, vi hanno scritto ne’ loro ruoli. So che molte altre Accademie aspirano allo stesso avvantaggio; e Voi, che siete a Parigi il decoro della letteratura Italiana, sarete in Italia l’Accademico universale.

Io vi amo tanto, e vi stimo tanto, che vorrei potervi rendere quell’onore che meritate. Lo farei facilmente, se avessi l’arte, l'erudizione e il talento del facondo Oratore vostro Cugino, Canonico di Santa Geneviefa, Don Mario; ma troppo scarso è il mio sapere e la mia abilità, e quella poca ch’io ho, l’ho consacrata miserabilmente al Teatro. Che posso dunque compromettermi di me stesso, per darvi una qualche testimonianza del mio amore e del mio rispetto? Non altro che offrirvi un qualche frutto del mio Giardino. Voi li conoscete; sono immaturi, son disgustosi, ma Voi li amate. Su via dunque, prendetevi questo, se non lo sdegnate; gradite questa Commedia, che io vi presento, e vi dedico, e vi raccomando. Il titolo, se non altro, vi darà piacere. Vi sarà caro il Padre amoroso. Voi che siete il più tenero, il più prudente Padre del Mondo; Voi che amate sì dolcemente il caro unico vostro Figlio, che nulla risparmiate per contribuire al suo bel talento, che l’avete formato sì docile, sì accostumato, e che sperate in lui solo la vostra vera consolazione. Un’altra ragione vi può rendere meno spiacevole questa Commedia: conoscerete in leggendola, ch’io ne ho tirato il fondo da una Commedia Francese. Non già che Voi amiate le cose Italiane meno delle Francesi, ma persuaso Voi pure, che non si possano trasportare di una nazione ad un’altra le opere come sono, vedrete lo studio ch’io n ho fatto in questa, per adattare al gusto Italiano un argomento Francese. [p. 17 modifica]

Ma ora mi accorgo, che è più la giunta della derrata; questa mia lunga lettera vi darà più noja di quello vi possa dilettar la Commedia. Scusatemi. Quando parlo di Voi, non finirei mai di parlare. Pure vuole il dover ch’io finisca, e che vi protesti ch’io sono col più rispettoso ossequio

Di V. S. Illustriss.





Devoliss. Obbligatiss. Servitore
Carlo Goldoni


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  1. Questa lettera di dedica fu stampata la prima volta l’anno 1763, nel t. IX dell’ed. Pitteri di Venezia.
  2. Di Tito Lucrezio Caro detta Natura delie cose Libri sei tradotti da Alessandro Marchetti, Londra (Parigi), 1761, n. 2.
  3. Dopo la prima edizione di questa lettera dedicatoria, Madama de Floncel è passata a miglior vita. Una tal perdila ha riempito di tristezza la sua Famiglia, e tutti gli amici suoi, ed io non posso a meno di non dare una pubblica testimonianza del dolor mio per la perdita di una sì degna persona, che meritava di vivere per l’esempio delle Mogli Saggie, delle tenere Madri, e delle donne Virtuose e prudenti [nota originale].  1
    1. Questa nota fu aggiunta dall'Autore nell' anno 1766, allorquando ristampò la lettera e la commedia nel t. IX dell' ed. Pasquali di Venezia.