L'abbozzà de li secolari

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Giuseppe Gioachino Belli

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Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1835

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L'ABBOZZÀ1 DE LI SECOLARI

     Stamo ubbidienti, rispettosi, quieti,
Contenti prima e ppiù ccontenti doppo,
Tutto quer che vve pare; ma li preti,
Sor Don Craudio, da noi ne vònno troppo.

     Sò ttroppi2 farisei, tropp’indiscreti,
Ner parlà vvanno troppo de galoppo,
Hanno troppe bbuscìe,3 troppi segreti,
Sò ttroppi deggni d’assaggià lo schioppo.

     Ma ssi4 cc’è in paradiso un Padr’Eterno,
Lòro a sto monno sce li tiè ppe’ sseme
De le rape dell’orto de l’inferno.

     Cos’è? ccosa ve dite, sor Don Craudio?
Anneremo a l’inferno tutti assieme?
Ebbè, mmale cummune è mmezzo gaudio.

3 ottobre 1835

Note

  1. La sofferenza.
  2. Sono troppo, ecc. In tutti i casi la parola troppo è dai Romaneschi accordata in genere e numero col nome a cui va congiunta. [Ma c'è qualche eccezione. Cfr. la nota 4 a pag. 235 del vol. VI.]Fonte/commento: Sonetti romaneschi/Correzioni e Aggiunte
  3. Bugie.
  4. Se.