L'alitinonfo/Capitolo VIII

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Capitolo VIII

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CAPITOLO VIII

Si mostra qual peso si dovrá usare in tutti i luoghi per l’oro e l’argento.

E perché ritrovo che il peso della libra, usato e osservato nella zeca di Bologna è conforme alli giusti partimenti ch’io descrivo, per esserne stata fatta piú volte prova da me nel conteggiare sopra il fatto delle monete, e per essere il piú accosto alli prezzi e valori dati ed usati all’oro ed all’argento in questi tempi, e conseguentemente alli valori nel capitolo v giá detti; e perché, nel fare l’universal tassa delle monete giá fatte in molte cittá e Provincie da un certo tempo in qua, la maggior parte di quelle (detratte e levate però le fatture delli zechieri) si troveranno restare nelli loro reali dati valori, per causa del fino che in esse si trova essere, diminuita solamente la rata dell’accresciuto valore nelle monete per cavare le mercedi delle loro fatture; come per essempio presuppongo che il quarto, figurato capitolo xxxiv, nel levarlo dalla zeca sia stato valutato sotto a il detto peso soldi 34 d’imperiali, compresa però la fattura [p. 13 modifica]ch’importava denari dieci o circa, come in detto capitolo si vede; qual quarto, tassandolo nel valor del fino che vi è dentro, resterá in real valore di soldi 33 denari 2 o circa; e molte resteranno poco diminuite del valor dato loro, oltre le detratte fatture, imperoché s’avrá riguardo solo al fino ch’in esse si trova; oltreché col mezo della real tassa veniranno anco regolate per sempre tutte le monete sinora fatte in ogni parte del mondo, come si mostra nella tavola fatta in essempio a capitolo xli: — però dico e concludo esser necessario servirsi in universale del detto peso per la suddetta conformitá, dalla quale ne nascono i detti reali partimenti, e conseguentemente i giusti valori alle monete dati. E per dar conto della prova dell’oro, dico che, volendo fare di una libra d’oro accompagnato, qual però sia a finezza di denari 22, scudi numero 113 1/7, alli quali sono quasi simili i correnti in Italia ed in altri paesi, sotto però il nome o titolo del peso della balla (ancorché se ne potranno fare d’altre sorti, come nelle tariffe), in essi vi saranno once undeci d’oro puro; che, apprezzando ciascuno scudo lire sette imperiali, il tutto ascenderá alla somma di lire 792, e cosí, apprezzando le dette once undeci d’oro a lire 72 per oncia, fanno la suddetta somma. E similmente, volendo far corrispondere l’argento a dette once undeci d’oro, se ne piglieranno once 132 d’argento, quali, apprezzando a lire 6 d’imperiali l’oncia, ascenderanno alla somma delle dette lire 792.

Ora, se mi fosse domandato s’io avessi eletto overo compostomi per questo fatto una libra, qual non fosse pesata se non la metá di quella di Bologna overo il doppio, e quali libre fossero poi state partite in dodici parti, si come è partita la detta di Bologna, cioè in once dodici; se sotto una di tali libre avrei potuto fare i partimenti ad uno per dodici e dodici per uno, tanto per rispetto del peso quanto anco nell’apprezzare l’oro a lire 72 e l’argento a lire 6 imperiali l’oncia, dipendente da una di dette libre cosi fatte; e se io avrei potuto fare i partimenti confronti nel fare le monete: dico ch’io l’avrei potuto fare, e tali partimenti sarebbono riusciti, quanto alli pesi e quanto alli valori, in tal loro essere. Ma qui si dee [p. 14 modifica]considerare ch’avendo riguardo alli prezzi e valori dell’oro e dell’argento usati in questi tempi, ne nascerebbe grandissima disproporzione tanto nel fare le monete sotto tali ordini quanto anco in voler tassare le giá fatte; percioché, quando queste giá fatte fossero tassate dalli contisti sotto il peso greve, riuscirebbe il loro valore nella metá o circa di quello che vagliono di presente (levando però le fatture); come, per essempio, il detto quarto, che vale soldi 33 denari 2 o circa, secondo la real forma, come mostrerò al luogo suo, venirebbe valutato e tassato solamente soldi 16 denari 7. E parimente, quando fossero tassate e valutate sotto il detto peso leggiero, riuscirebbono in valore del doppio; come, per essempio, il detto quarto valerebbe soldi 66 denari 4, ed il simile sarebbe nelle monete che si facessero di nuovo sotto tali ordini; conciosiaché duplicherebbe il loro valore quando fossero fatte e compartite sotto il detto peso leggiero, e cosi si sminuirebbe anco nella metá quando fossero fatte sotto il peso greve, avendo però riguardo alli valori dell’oro e dell’argento usati nei presenti tempi. E similmente ancora nascerebbono disordini nelli valori delle monete, in assai o in poca quantitade, tanto nelle giá fatte che si tassassero quanto in quelle che si facessero, se io avessi eletto e voluto usare una libra piú greve o piú leggiera, o in poco o in assai, di quello che sia la detta di Bologna; avendo (come ho detto) riguardo alli valori dati all’oro ed all’argento in questi tempi, a’ quai valori è la piú accosta la detta libra di Bologna; dalla quale ne nasce la real tassa da me proposta per la sua conformitá, com’è detto.

Ed avvertire si dee che la libra di once dodici è il debito peso col quale si hanno a pesare l’argento e l’oro, e ciò per cagione della real divisione duodenaria, che è numero perfetto; onde si vede che di tal libra Aurelio Cassiodoro il magno ne ha fatto dottamente menzione nella sua opera inscritta Variarum, nel primo libro, a carte 11, nella lettera mandata dal re Teoderico a Boezio, che cosi incomencia: «Licet universis populis generalis sit impendenda iustitia», ecc.; ed anco ne viene da lui accennato nel libro settimo, a carte 173, nel capitolo che [p. 15 modifica]incomencia: «Omnis quidem utilitas publica fideli debet actione compleri», ecc., sotto la rubrica: «Formula, qua moneta commitlitur».

Ora, essendo la detta libra di Bologna di once 12, l’oncia si dividerá in 24 denari, ed il denaro in 24 grani tutti giusti, per doversene poi servire in questo general maneggio tanto importante; e ciò per esser i detti pesi, cosí partiti, regolati con retta e real proporzione, accommodatissima in ogni parte, e dai quali non potrá mai nascere alcuno inconveniente, né in particolare né in universale, nel conteggiare, tanto per conto dell’oro e dell’argento non coniato quanto per il ridotto in monete. E sotto questi pesi si dovranno in tutti i luoghi e paesi fare i campioni necessari delle monete cosi d’oro come d’argento, per poter conoscere e sapere il giusto peso di esse ed anco per il loro perpetuo mantenimento: e cosi sotto i detti pesi:

L’oncia dell’oro puro valerá

d’imperiali   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   . lire 72 soldi d.
        il denaro   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

3

»

»

        il grano.    .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

»

2

»

6
        il quarto del grano  .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

»

»

7 1/2
        l’oncia dell’argento fino o di coppella  .

»

6

»

»

        il denaro   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

»

5

»

        il grano     .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

»

»

2 1/2
        il quinto del grano  .   .   .   .   .   .   .   .   .

»

»

»

   1/2

E de’ quai pesi e valori diffusamente e chiaramente si tratterá nel capitolo xxxiii.