L'anno 3000/Capitolo Quinto

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Capitolo Quinto

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Capitolo Quinto.


Gite al Palazzo di Governo. — Forme di governo e organismo politico del mondo nell’anno 3000. — Le quattro sezioni del Palazzo. — La Terra. — La Salute. — La Scuola. — L’Industria e il commercio. — L’ufficio di finanza.


[p. 115 modifica]Paolo e Maria, dopo aver veduto l’officina dinamica e il mercato, andarono a visitare il Palazzo di Governo, posto proprio nel centro di Andropoli.

Maria voleva risparmiare quella gita e la differiva sempre da un giorno all’altro, dicendo al suo compagno, che essa non capiva nulla di politica, e che il pensiero, che da un solo palazzo si governava il mondo, le dava le vertigini.

— Caro Paolo, io sono una femminetta ignorante, che trova assai difficile governare una casa e che si smarrisce all’idea, che pochi uomini possano dal Palazzo di Governo di Andropoli governare tutto il mondo.

[p. 116 modifica]Paolo sorrise, dandole un’amorosa ceffatina.

— No, tu non sei una femminetta ignorante e il Governo centrale di Andropoli non è una cabala, nè un meccanismo così intricato e così oscuro, che tu non lo possa intendere ed ammirare. Un tempo l’arte di governare pareva concentrata tutta quanta nel complicare gli ordegni amministrativi e politici e si andavano creando sempre impiegati nuovi e nuove ruote e rotelle, che sembravano un giuoco di acrobatica e di equilibrio. E ad ogni impiego nuovo, ad ogni nuovo meccanismo di trasmissione, di anagrafi, di protocolli, ad ogni nuovo dicastero amministrativo che si incontrava, il movimento degli affari si andava complicando; per cui i guasti delle macchine erano quasi d’ogni giorno e le immense forze adoperate per metterle in moto andavano quasi tutte consunte in attriti.

Figurati che nel secolo XIX, quando la civiltà aveva già fatto passi da [p. 117 modifica]giganti, quando la rivoluzione francese aveva dall’alto dell’89 proclamato i diritti dell’uomo; quando già quasi tutta l’Europa era governata in repubbliche o in stati parlamentari, un ministro italiano potè scoprire che una lira pagata da un contribuente in Sicilia o in Sardegna, arrivata a Roma, era divenuta un soldo. Gli altri 19 soldi si erano smarriti per via, per pagare gli impiegati, per muovere e ungere le ruote dell’intricato meccanismo finanziario. E ciò non accadeva soltanto per le tasse, ma per tutto il resto: per la giustizia, come per l’istruzione; per la guerra come per tutti gli ordinamenti della vita pubblica.

Il potere era distribuito fra centinaia e migliaia di persone, che ne maneggiavano una parte, e il conflitto delle autorità diverse e cozzanti era così assurdo, così complicato, da creare intoppi, contraddizioni ad ogni passo.

Meno il re, tutti quelli che esercitavano un’autorità qualunque, erano figli della [p. 118 modifica]libera elezione, ma la responsabilità era talmente suddivisa in molecole impalpabili, che quando la si voleva afferrare, ti sfuggiva di mano, come chi volesse pigliare della nebbia.

I sindaci rappresentavano i consiglieri comunali e questi alla loro volta rappresentavano gli elettori amministrativi; ma i Consigli comunali subivano il controllo dei Consigli provinciali, che avevano a capo i prefetti, nominati dal Governo centrale.

E vi erano due Camere, che si contraddicevano a vicenda e una non poteva decidere nulla senza il consenso dell’altra; e al disopra delle Camere e del Senato vi era il Re, che poteva sciogliere le Camere e mettere il veto alle leggi votate dalla Camera e dal Senato. I ministri rappresentavano, è vero, la maggioranza dei deputati; ma alla loro volta, non potevano governare senza blandire le vanità o le avidità dei deputati, senza venire a patti coi partiti, dei quali v’erano tre, quattro e persino otto in una Camera sola.

[p. 119 modifica]E i ministri, che solo per orientarsi, avrebbero avuto bisogno di studiare per mesi e mesi il dicastero che era stato loro affidato, erano travolti dai voti capricciosi o interessati della Camera; e le leggi si succedevano alle leggi, con turbinosa alternativa, togliendo ogni stabilità all’ordine sociale e ogni autorità alle leggi.

Un po’ per volta si andò semplificando il meccanismo del Governo, ma per giungere là dove siamo oggi, ci vollero secoli e secoli di lotta e non senza sangue e non senza un miserabile sciupìo di uomini e di forze.

Un passo gigantesco si fece colla soppressione dei re e degli eserciti permanenti, ma l’infausto esperimento del socialismo collettivo fece perdere alle civiltà almeno un secolo di vita. Poi, discentralizzando senza posa, si accrebbe la responsabilità dell’individuo, ritornando a lui e alla famiglia ciò che era stato tolto e costituendo il Comune a molecola organica dello Stato.

[p. 120 modifica]Del resto, visitando oggi il Palazzo di Governo, vedrai come sia semplice e facile il governare dal centro del globo tutta quanta l’umanità, quando uomini, famiglie e Comuni si governano da sè.

Qui in Andropoli non si afferma che la grande unità degli Stati Uniti del mondo e non si provvede che alle questioni cosmiche, che possono essere di un interesse universale.

I delegati (che così si chiamano) di tutte le regioni planetarie non si riuniscono qui che una volta all’anno e per un mese soltanto e qui non rimangono in permanenza che pochi impiegati, che preparano il lavoro per l’anno successivo o provvedono per mandato ad accidenti imprevisti; come sarebbero terremoti, innondazioni od altri cataclismi.

I delegati sono eletti da ogni singola regione del globo a maggioranza di voti e per suffragio universale (comprese anche le donne) e sono pagati per il loro lavoro. Appena giunti qui eleggono fra di loro un [p. 121 modifica]capo, che chiamano Pancrate, che dura in ufficio quanto i delegati cosmici, cioè un anno solo, e che può vantarsi in questo breve periodo di tempo di tenere nelle sue mani tutte quante le fila del governo del mondo. Non può essere mai rieletto, anche s’egli fosse rimandato ad Andropoli quale delegato più e più volte.

Ogni anno per un mese siede in permanenza in questo palazzo il Consiglio supremo di Andropoli presieduto dal Pancrate.

È formato dai direttori degli uffici centrali, che sono pochi, come vedremo visitando il palazzo, e che presiedono agli affari della Terra, della Salute, della Scuola, del Commercio e dell’Industria. Essi corrispondono ai ministri degli antichi governi.

Mentre siede il Consiglio supremo, i capi della regione e dei comuni possono venire in Andropoli per sottoporgli problemi speciali da risolvere o possono inviare qui i loro reclami.

Gli uomini hanno capito un po’ tardi [p. 122 modifica]che noi, nella scienza come nella politica, nelle arti come negli affari più piccoli, dobbiamo copiare la natura, di cui noi siamo i figliuoli. Quando la passione o gli errori del pensiero ci allontanano dalla natura, noi cadiamo nella colpa o nell’errore; mentre troviamo il vero, il bello e il buono, quando restiamo fedeli ad essa.

La nostra superbia ci fa credere, che le nostre scoperte, le nostre invenzioni sono creazioni nostre, e invece non sono che imitazioni della natura. Noi non possiamo far nulla di nuovo, che non esista già nel mondo in cui viviamo e da cui siamo nati; e lo sforzo supremo del nostro cervello non può giungere ad altro che ad applicare le forze della natura, a combinare in diverso modo gli elementi, che esistono prima di noi e senza di noi. Così come l’uccello non può intrecciare il proprio nido che colle pagliuzze, colle cortecce, coi fiocchi di lana che trova; così noi non possiamo fare nè una casa, nè un quadro, nè la più ingegnosa delle macchine, che [p. 123 modifica]col mettere insieme il materiale che troviamo intorno a noi.

Quando gli uomini conobbero questa grande verità, semplice come tutto ciò che è veramente grande, nell’ordinamento politico della società non fecero che copiare il nostro organismo, che si plasma nell’inconscio mistero dell’utero materno senza l’aiuto del nostro pensiero e della nostra volontà.

E così come nel nostro corpo ogni organo, ogni cellula ha la propria vita indipendente e solo si mantiene collegato nella grande federazione e nella grande unità dell’organismo per mezzo del sistema nervoso e del sistema sanguigno; così nel nostro pianeta ogni Comune vive da sè, ma per mezzo dei fili telegrafici che rappresentano i nervi, comunica con Andropoli, che è in una volta sola cervello e cuore del gigantesco organismo planetario. Fra i Comuni e il centro vivono poi tanti centri minori che sono le Regioni, le quali rappresentano i gangli.

[p. 124 modifica]E tu vedi subito con quanta semplicità, con quanto ordine circola la vita in questo grande organismo politico.

Ogni Comune si amministra da sè con un sindaco e un Consiglio di pochi membri.

Ogni Regione ha un capo, che si chiama Podestà, che ha pure il proprio Consiglio, che detta le leggi regionali, dopo aver sentito il parere di tutti i sindaci.

E qui in Andropoli non si trattano che questioni di ordine universale, ma non si interviene mai a mutare le leggi comunali o provinciali, che non possono essere dettate che da coloro, che son nati e cresciuti nel paese che devono governare. —

Maria ascoltava con molta attenzione le parole del suo fido compagno, stupita di poter capire senza fatica i grandi problemi della politica del mondo.

Dopo questo discorso, che Paolo aveva creduto di dover fare a Maria, quasi preparazione alla visita del Palazzo di Governo, salirono sopra una magnifica scala, che li portò ad un vestibolo immenso, da [p. 125 modifica]cui partono quattro grandi edifizii, come le branche di una croce.

Intorno al vestibolo ampie sale sono destinate al Pancrate e ai suoi impiegati e là si riunisce ogni anno il Consiglio supremo.

Le quattro ali del palazzo rappresentano i quattro grandi affari della civiltà cosmica; cioè l’agricoltura, la salute, l’educazione, e l’industria che è fusa col commercio.

Da tre secoli la guerra non esiste più sul nostro pianeta e tutte le forze gigantesche, che i nostri antichi padri dedicavano ad uccidere, sono tutte adoperate a migliorare i climi, a rendere feconda la terra, ad accrescere il tesoro della gioia agli uomini.

I nostri viaggiatori entrarono nell’edifizio destinato all’agricoltura e nel quale è scritto la parola Terra.

Anche qui statue e pitture bellissime ornano l’entrata del dipartimento agricolo, tutte simboliche dei problemi [p. 126 modifica]agricoli; dacchè gli uomini del secolo XXXI non scompagnano mai il bello dal vero e anche la scienza e anche la politica amano vestirsi in festa; dacchè la gioia e la bellezza non fecero divorzio dalla civiltà, che nei tempi di grande decadenza intellettuale e di grande ipocrisia.

Un gentile impiegato condusse Paolo e Maria nelle diverse sezioni della Terra, parlando loro dei grandi problemi, che si stavano studiando dai molti scienziati addetti a quel dipartimento.

Essi ebbero ad ammirare un’immensa carta topografica in rilievo, dove è rappresentato in un planisfero tutta quanta la superficie del nostro pianeta, coll’indicazione delle parti incolte, delle poco coltivate e di quelle, dove la coltivazione è intensiva.

In un solo colpo d’occhio si può vedere nelle parti bianche i terreni ancora incolti, nelle parti dipinte in verde le regioni coltivate e in quelle colorate in rosso i terreni a coltura intensiva.

[p. 127 modifica]— Vedete, diceva l’impiegato, quanta parte di terra ci rimanga ancora da coltivare dopo tanti secoli di civiltà e dopo che da tre secoli fu abolita la guerra in tutto quanto il nostro pianeta e si poterono dedicare all’agricoltura tutte le forze smisurate, che le armi e le corazzate esigevano per sè.

Il problema che oggi si sta studiando è questo:

Che cosa dobbiamo fare delle immense foreste, che costeggiano tutto il corso dell’Amazzone e che si trovano nel centro dell’Africa?

Dobbiamo distruggerle, per piantarvi il caffè, il cacao, le banane, tutti i frutti del Tropico, o dobbiamo soltanto renderle salubri col drenaggio o col diradarle, strappando le piante inutili e che non sono neppur belle? I botanici, gli agricoltori, gli economisti non sono d’accordo in questa questione, e si son chieste nuove informazioni agli abitanti dei luoghi, invitandoli ad esprimere il loro parere.

[p. 128 modifica]Intanto però il Governo centrale di Andropoli ha mandato in Africa e in America alcuni scienziati, perchè studino sul posto il magno problema, che interessa tutto il mondo; perchè il distruggere o il conservare migliaia di chilometri quadrati di foresta deve modificare il clima di vaste regioni planetarie.

E d’altra parte l’allargare o il restringere le zone coltivate può risolvere in modo diverso il grande problema maltusiano, che dopo tanti secoli tormenta ancora l’umana famiglia.

Colla limitazione del matrimonio fecondo noi abbiamo già in gran parte risolta la questione, ma abbiamo sempre contro di noi gli antimaltusiani, che vorrebbero si togliesse ogni impedimento alla fecondità umana, dicendo che gran parte ancora del nostro pianeta rimane a coltivarsi e la produzione agricola potrebbe in poco più d’un secolo triplicarsi.

Un altro problema occupa oggi i nostri dotti di questo dipartimento centrale [p. 129 modifica]governativo, ed è il risanamento delle regioni miasmatiche, che abbiamo ancora in Africa, in America e in gran parte della Malesia.

Di questo problema si occupano insieme i dotti di due sezioni, così quelli addetti alla Terra e gli altri addetti alla Salute, essendo questa una questione complessa, che non può essere risolta che dai medici e dagli agricoltori messi insieme.

In Europa non abbiamo più una sola palude, ma ne abbiamo ancora tante e tante nei paesi, dove la civiltà è giunta più tardi e dove ci troviamo sempre tra i piedi le foreste, che sono anch’esse sorgente di miasmi e che è doloroso distruggere, pericoloso il conservare.

In questo dipartimento dedicato alla Terra abbiamo un’intiera sezione, che si occupa delle strade e di tutti i mezzi di comunicazione fra i diversi paesi del nostro pianeta.

Una volta non si viaggiava che per terra e per acqua: oggi vi abbiamo [p. 130 modifica]aggiunto anche l’aria; per cui abbiamo ingegneri terrestri, acquatici e aerei, che fanno a gara di abbreviare e rendere più comode le vie di congiunzione fra popoli e popoli, persuasi come siamo tutti che ciò allunga la vita e aumenta e coltiva la fraternità dell’umana famiglia.

Qui in un altro planisfero potrete vedere tutto il tracciato delle strade mondiali, e siccome queste interessano tutti quanti gli uomini della terra, il problema stradale può dirsi una delle questioni più universali e che quindi deve avere la sua sede in Andropoli.

Anche su questa questione vi è dissenso fra ingegneri ed economisti. I primi, a sentirli loro, a lasciarli fare, convertirebbero ben presto tutta la superficie della terra in tante strade e non rimarrebbe più un palmo per l’agricoltura. Essi dicono che la navigazione aerea non soddisfa i gusti di tutti, e che conviene sempre lasciare aperte le vie elettriche per chi preferisce la terra all’aria.

[p. 131 modifica]Dal Ministero o Dipartimento della Terra i nostri pellegrini passarono a quello della Salute, dove i medici più dotti del mondo nei loro laboratorii studiano questi due grandi problemi:

Abolire le malattie.

Prolungare la vita umana e togliere alla morte ogni dolore e ogni terrore.

Anche nell’anno 3000 nascono uomini deboli e destinati a corta vita e benchè si distruggano i neonati patologici, pur rimangono ancora molti organismi imperfetti, che non possono trovar gioconda la vita, nè renderla utile a sè e agli altri, e che per di più giungono all’età feconda, in cui possono trasmettere le loro magagne ad un’altra generazione.

La visita degli sposi per autorizzarli al matrimonio fecondo ha diminuito assai le malattie ereditarie, ma pur ne esistono ancora per gli errori dei medici visitatori, pei vizii che sciupano anche le buone costituzioni.

Fin dal secolo XIX la medicina aveva [p. 132 modifica]fatto un passo da gigante colla scoperta dei microbi morbigeni, ma le epidemie continuarono a regnare sulla terra fino al secolo XXV, quando un celebre medico francese scoperse una sostanza antisettica potente come il sublimato corrosivo, ma che può essere iniettata nelle vene senza nuocere alla salute.

In questo modo, quando compariva il colera, la febbre gialla, la peste bubbonica o un’altra malattia epidemica, tutta quanta la popolazione del paese minacciato si sottoponeva alla nuova vaccinazione e il focolaio infettivo si spegneva subito.

È singolare però, che nei paesi dove ancora non si è voluto adottare la limitazione maltusiana delle nascite, e dove per conseguenza la popolazione si addensa, nascono epidemie nuove, per le quali la vaccinazione attuale non serve più e quindi si stanno ora cercando i nuovi microbi, per trovare poi l’agente che li uccida.

Pare davvero una legge fatale della vita [p. 133 modifica]cosmica, che quando si genera troppo, una causa nuova di morte appare a un tratto a ristabilire l’equilibrio.

— Quanto inchiostro, — diceva il medico direttore della Salute, — si è sparso per combattere Malthus e le conseguenze inevitabili delle sue dottrine, quando la natura stessa fin dalla comparsa della vita sulla superficie del nostro pianeta, si è dichiarata maltusiana ed ha gridato a tutti gli esseri vivi: “Se volete generar molto, morirete troppo!„

Anche la vita umana si è prolungata assai, grazie alla cresciuta agiatezza delle classi povere, e a tutti i progressi dell’igiene. Mentre nel secolo XIX la vita media oscillava tra i 28 e i 36 anni, oggi la vita media planetaria è di 72 anni e in alcune regioni più salubri giunge fino ad 85. Allora forse uno sopra un milione di abitanti moriva senza malattia, e cioè di morte fisiologica: ora invece la morte naturale figura per un trenta per cento in tutte le morti e si spera che un giorno [p. 134 modifica]essa sia l’unico modo di morire di tutti gli uomini.

I problemi igienici, che si studiano qui in questo Ministero, giungono spesso sotto forma di domande dalle autorità sanitarie delle diverse parti del mondo, dacchè ogni regione ha accanto al Podestà un medico, che si occupa di tutte le questioni della pubblica salute. —

Dalla Salute passarono i nostri viaggiatori al Dipartimento della Scuola.

E il nuovo cicerone spiegava loro, di quali questioni si occupassero gli addetti a questa terza sezione.

— Ecco: mentre là dove eravate si studia di migliorare la salute degli uomini e di prolungar loro la vita, qui ci occupiamo di educare e di istruire, rendendoli migliori nel sentimento e più fecondi nel pensiero. Accrescere il patrimonio delle gioie intellettuali e renderle possibili a tutti, ecco lo scopo alto e difficile dei nostri studii. Ma non crediate però che da Andropoli partano leggi imperative, che impongano [p. 135 modifica]metodi speciali di istruzione alle diverse regioni del mondo.

Ogni Comune e ogni Regione si danno le scuole che vogliono, e il Governo Centrale non esercita su di essi alcuna autorità. Qui si consiglia, si suggerisce, null’altro, o si risponde ai problemi che ci mandano da risolvere. La città di Andropoli ha una scuola modello, che potrete visitare. Quanto al resto del mondo noi ci accontentiamo di mandare ogni anno degli Ispettori, che si recano nelle diverse regioni, esaminando le scuole e studiando i metodi, che vi sono adottati e poi presentano al Governo Centrale le loro relazioni.

Nell’ultima relazione dello scorso anno, in cui si riassumevano le condizioni delle scuole in tutto il nostro pianeta, si confermò un fatto, che già si era subodorato, ma non mai si era affermato come questa volta e che riempì il cuore di allegrezza a tutti coloro, che son persuasi che la felicità umana consista di questi due grandi fattori:

[p. 136 modifica]Buona salute.

Equilibrio armonico di tutte le facoltà del pensiero e di tutte le energie del sentimento, in modo che tutte sieno attive e nessuna si esaurisca per troppa fatica.

Or bene, mentre nel secolo scorso i metodi di educazione e di istruzione erano tanto diversi fra di loro nelle varie regioni del globo, oggi si sono ridotti a pochissimi, e questi si vanno ravvicinando talmente tra di loro, che finiranno per fondersi in uno solo; e quest’uno, con compiacenza nostra grandissima, è quello adottato da forse cinquant’anni in Andropoli, dove il riunirsi di tanti grandi uomini doveva rendere più facile il compito di raggiungere un’educazione ideale.

Questa concordia di intenti, questo fondersi di idee pedagogiche diverse in poche idee e poi in una sola erano da prevedersi, dacchè la strada più breve che deve congiungere due punti lontani è una sola e dopo molti tentativi e molto tentennìo di esperimenti e di prove si deve pur sempre [p. 137 modifica]cadere in quell’unica via, che per essere la più breve, deve essere anche la più facile.

Il direttore del Dipartimento della Scuola è, dopo il Pancrate, il cittadino collocato più in alto nella gerarchia sociale e si potrebbe dire ch’egli rappresenta il Pontefice dell’antica Chiesa cattolica. L’attuale Direttore, che è italiano d’origine, è in ufficio da venti anni, ed è stimato oggi come il genio più alto di tutto il mondo. Egli è sempre consultato anche dai direttori degli altri Ministeri ed ogni Pancrate non muove un passo senza chiedere il suo consiglio.

Può dirsi che egli da venti anni raccoglie nel suo cervello il pensiero di tutto il mondo, essendo alla testa di tutte le scuole e facendo in tutte sentire la corrente delle proprie idee e del proprio affetto ardente per il progresso dell’umanità.

Quando egli ogni anno riunisce intorno a sè i proprii consiglieri e gli Ispettori, che gli presentano la relazione sulle scuole di [p. 138 modifica]tutte le regioni del pianeta, egli suol dire sempre: — Andiamo a toccare il polso al mondo.

Frase, che in bocca di chiunque altro, potrebbe sembrare troppo superba, ma che detta da lui non esprime che una grande e una semplice verità.

Oggi il grand’uomo si sta occupando di un grande problema, quello cioè di sapere fin dove la donna possa accompagnar l’uomo negli studii superiori. È questo un problema vecchio come il mondo, ma che non è ancora risolto.

Dal secolo XIX al XXII si volle concedere alle nostre compagne una più larga parte negli studii e nelle professioni liberali, e si ebbero medichesse, avvocatesse, ingegneresse e tante altre esse.

Fin qui si era fatto bene, ma l’entusiasmo per quelle esse crebbe a tanto da creare una seria concorrenza professionale fra gli uomini e le donne, fonte di discordie domestiche e di litigi senza fine; ma quel che è peggio, le nostre compagne, [p. 139 modifica]abusando del lavoro intellettuale, al quale resistono assai meno di noi, caddero in tale nervosismo, da allarmare l’umanità. Le malattie nervose, gli aborti, l’epilessia, la nevrastenia erano all’ordine del giorno in ogni famiglia e i figli crescevano nevrosici e gracilissimi.

Com’è naturale, questo stato di cose produsse una reazione, e dall’eccessivo lavoro mentale che si imponevano le donne si passò ad un’inerzia esagerata. E d’allora in poi si può dire che nei diversi paesi del mondo si mantenne sempre aperta la questione: se cioè le donne debbano studiare e sapere quanto gli uomini, o se invece ogni sesso, avendo un diverso organismo e una diversa missione da compiere, debbano anche avere una parte diversa nel lavoro intellettuale.

È questo l’eterno problema, che sta studiando il nostro illustre Direttore, ed egli spera di risolverlo, perchè egli dice con quel suo sorriso fra l’ironico e il benevolo:

[p. 140 modifica]“Io per la mia età credo di poter studiare questa questione senza spirito di parte. I giovani, pur che siano uomini, in tutti i problemi che riguardano la donna, sentono sempre troppo che dall’altro lato c’è la femmina. Così come le donne, anche le più intelligenti e le più oneste, pensano sempre all’uomo come ad un maschio, da cui aspettano la massima delle voluttà e il diritto di esser madri.„

Il nostro Direttore è un grande nemico dell’intervento governativo nelle cose della scuola, ed egli dice che se le Religioni di Stato furono strumento di tirannia e di oscurantismo in tempi di barbarie ormai molto lontani, dobbiamo badare di non creare un’Istruzione o una Scienza dello Stato, che sarebbe egualmente fatale al progresso umano.

La religione alleata del Governo voleva dire tirannia delle coscienze, schiavitù del pensiero; dacchè chi proclama di avere in mano le chiavi della vita al di là può guidare le anime del volgo, che formano [p. 141 modifica]sempre la grande maggioranza di un popolo e condurla dove vuole collo scudiscio della paura e collo zucchero del paradiso.

Oggi la fede non si impone nè si governa dall’alto, ed ognuno crede ciò che vuole e quanto vuole; ma se il Governo da un unico centro dettasse la legislazione delle scuole, potrebbe guidare il pensiero dove egli credesse meglio e imporrebbe un nuovo giogo, creando una seconda forma di schiavitù.

Anche qui non abbiamo che poche scuole governative, nelle quali i grandi scienziati e letterati addetti a questo Dipartimento procurano di applicare le ultime riforme, facendone degli Istituti modelli; ma fuori di esse anche in Andropoli abbiamo scuole fondate da privati o da società e dove si insegna ciò che si vuole e come si vuole.

Nei giornali della capitale leggerete ogni giorno avvisi, che annunziano una nuova scuola, un nuovo insegnamento, una nuova cattedra. Vi sono scuole gratuite fondate [p. 142 modifica]da ricchi signori o da apostoli di nuove idee, che vogliono crearsi dei discepoli, e ve ne sono a pagamento.

Lo Stato non interviene che per autorizzare l’esercizio di una data professione, e in ogni regione vi è un Consiglio di dotti eletti dal Podestà, che una volta all’anno esamina coloro che vogliono una patente di medico, di ingegnere, di meccanico; insomma di una qualunque delle cento professioni, nelle quali si suddivide il lavoro umano.

A chi si presenta non si domanda mai dove egli abbia studiato, nè con chi. Gli si fanno esami rigorosissimi teorici e pratici a seconda dei casi e poi si concede o si rifiuta la patente a cui egli aspira. Non vi sono gradi di merito, onde non offendere l’amor proprio di alcuno ed anche perchè una lunga esperienza ha dimostrato, che per quanto le Commissioni esaminatrici sieno scrupolosamente imparziali e gli esami si facciano con tutta la coscienza e tutta la maturità, i giudizi non [p. 143 modifica]corrispondono sempre fedelmente al merito reale del candidato.

Naturalmente le scuole di Andropoli sono giudicate le migliori del mondo e quindi i diplomi che si rilasciano qui dall’Università della capitale hanno un grandissimo valore e ogni giorno giungono dai più lontani paesi studenti non laureati o già laureati, ma che vogliono conquistare il prezioso diploma metropolitano.

L’uomo quando pensa e quando discute, è sempre un grande decentratore, ma quando agisce diventa feroce centralizzatore, e a questo istinto, che ha dell’automatico, direi quasi dell’animalesco, i nostri scienziati moderni cercano di opporsi con tutte le armi della critica, della persuasione, dell’autorità indiscutibile, che danno ad essi la dottrina e l’esperienza.

Un altro problema, che tormenta attualmente il pensiero de’ nostri alti consiglieri della scuola, è quello di conoscere le attitudini individuali, onde i maestri privati o pubblici possano guidare lo studente [p. 144 modifica]nella scelta della professione, nell’elezione degli studii. Qui, secondo noi, è riposto il segreto di tutta quanta l’efficacia della istruzione e della educazione.

Non vi ha forse uomo sulla terra, che non sia adatto a far qualcosa di utile e di buono; ma questa attitudine non è sempre cosciente, nè si rivela sempre anche al più acuto osservatore di cervelli e di intelletti.

L’esame delle cellule centrali fatto colla luce penetrante e cogli acuti strumenti ottici dei nostri psicoigei è ancora molto addietro nelle sue possibilità. Questi dotti sanno ben dirci, se un cervello porterà l’individuo a cui appartiene necessariamente al delitto, se appartiene ad un imbecille, a un uomo volgare o ad un genio; ma più in là non sanno andare.

Resta quindi ancora all’individuo, ai suoi genitori e ai maestri lo spiare l’andamento evolutivo del pensiero nelle prime età della vita, per scoprire quali sieno nel suo cervello gli organi deboli, quali i forti, [p. 145 modifica]onde rinforzare i primi e approfittare degli altri per la scelta della professione e l’indirizzo degli studi.

Noi non vogliamo spostati nella nostra società e chi sbaglia nella scelta della carriera è uno spostato e quindi un infelice. —



Paolo e Maria, ringraziando il cortese impiegato, che aveva fatto loro da cicerone nel Ministero della Salute, passarono nell’ultimo braccio della gran croce governativa, dove sulle pareti sta scritto Industria e Commercio.

E anche qui un nuovo cicerone fu loro di guida.

Sull’ingresso una statua gigantesca della Libertà domina alta e sublime, come per esprimere l’indirizzo nuovo preso dal lavoro umano nell’anno 3000, ma iniziato già da parecchi secoli.

— Vedi, — disse Paolo a Maria, — questa statua rappresenta un bellissimo [p. 146 modifica]schiavo, che ha rotte le catene, che stanno infrante ai suoi piedi. Esso si appoggia sopra un trofeo di ruote, di pile e di altri strumenti; mentre dall’altro lato un aerotaco e una nave indicano il commercio.

Vedi, Maria, quelle catene rappresentano i ceppi, nei quali visse o meglio soffrì l’industria col suo fratello il commercio nei tempi antichi. Il pensare a quei tempi mi dà raccapriccio e sento una profonda compassione per quei nostri remoti padri, che subivano pazienti tutte quelle forme variate di schiavitù commerciale e industriale.

Figurati, che fino al secolo XX in molte città d’Europa e in tutte le città italiane non si poteva entrare senza essere sottoposti ad una visita, brutale spesso e sempre noiosa, per parte di rozze guardie, che ti frugavano nelle valigie e nei bauli, dapertutto, per vedere se avevi oggetti sottoposti al dazio consumo, che pesava su tutte le derrate alimentari, sul vino, sul latte e sopra mille altre cose.

[p. 147 modifica]E quando la città o il villaggio era in riva al mare, anche se tu fossi giunto in barchetta da un paese lontano da quello, forse non più di tre o quattro chilometri, tu dovevi passare per la trafila di due categorie di guardie, quelle di finanza per vedere se portavi merci dall’estero e quelle municipali per verificare se volevi defraudare il dazio consumo.

Una doppia imposizione da subirsi in una passeggiata di un’ora! Grazie a Dio, si abolì il dazio consumo fin dal secolo XXI in tutte le città d’Europa e d’America; e poi man mano si andavano costituendo gli Stati Uniti del mondo, si abolirono anche le dogane in tutto il mondo ed oggi gli economisti non si ricordano più neppure del significato delle parole protezionista e liberoscambista. Evviva la civiltà! Evviva il progresso!

Oggi tutti i paesi del mondo si scambiano liberamente i loro prodotti e le dogane son relegate insieme alle fortezze nel Museo delle rovine del passato. —

[p. 148 modifica]E qui intervenne il cortese cicerone a dare i necessari schiarimenti.

— In questo dipartimento gli economisti, gli industriali, i commercianti, che per il loro ingegno, per le loro intraprese, per i loro studi hanno acquistato una fama mondiale, esaminano i grandi problemi del commercio cosmico, a cui danno preziosi consigli, grazie alle informazioni statistiche, che qui si raccolgono da ogni parte del mondo e a cui fanno appello gli industriali e i commercianti di tutto il pianeta.

Eccovi un esempio di una delle funzioni esercitate da questo Ministero.

Da tre o quattro anni nel Canada si fondò una gran fabbrica di un nuovo materiale di costruzione per le case, che consiste nella riduzione in pasta degli alberi di acero di quelle immense foreste e che si mescola con diversi silicati solubili.

La solidità e il poco prezzo di questo materiale, la sua poca o nessuna conducibilità per il calorico lo resero in poco [p. 149 modifica]tempo popolarissimo, e l’uso andò diffondendosi in tutti i paesi del mondo. La fabbrica, incoraggiata dal successo, raddoppiò la produzione della pasta e la spinse ad un eccesso superiore al bisogno.

In pari tempo a Giava sorse un’altra fabbrica dello stesso genere, che anch’essa produce troppo. Il Governo centrale di qui, avvertito del fatto e forte dei dati statistici raccolti dalla produzione e il consumo della pasta di carte costruttive, avvertì per telegrafo l’una e l’altra fabbrica, perchè limitassero la produzione al necessario. Senza questo avvertimento, che fu comunicato proprio in questa settimana, dopo poco tempo una delle due manifatture avrebbe dovuto fallire.

E lo stesso vien fatto per tutte le altre grandi industrie, che da questo centro ricevono istruzioni e consigli.

Un’altra grande missione di questo Dicastero consiste nello studiare in opportuni laboratori i prodotti delle industrie nuove, che spesso non corrispondono per [p. 150 modifica]il loro valore reale alle speranze sempre troppo ottimiste dei loro inventori.

Qui si sfrondano molte illusioni, ma si impediscono anche molte catastrofi.

Quanto al commercio si fa lo stesso come per l’industria. Questo Dicastero non è un organo fiscale, ma un semplice ufficio di informazioni. Ogni grande commerciante di Pechino o di Nuova York, di Genova o di Londra, può nello stesso giorno conoscere per telegrafo il movimento commerciale di tutto il mondo rappresentato dalle navi entrate e uscite nei diversi porti e la natura e la quantità delle merci che portano in grembo. —



Dopo aver salutato e ringraziato la loro guida, i nostri viaggiatori lasciarono il Palazzo del Governo, ammirati dell’ordine, che vi regna sovrano e superbi di essere nati in un’epoca, che ha raggiunto tanti e [p. 151 modifica]così alti progressi nel movimento della civiltà.

Nell’uscire dal palazzo però Paolo e Maria videro a fianco dell’entrata una palazzina a un sol piano, da dove partono un’infinità di fili, che si dirigono verso tutti i punti dell’orizzonte. Sulla porta sta scritto a grandi caratteri una sola parola: Denaro.

Vollero informarsi che cosa fosse quell’uffizio. È null’altro che la ragioneria cosmica, come chi dicesse l’organo finanziario del nostro pianeta e che rappresenta tutte le funzioni, che un tempo esercitavano con un complicatissimo meccanismo i ministri di finanza, la Corte dei Conti, le Esattorie e tutti gli svariati strumenti di tortura, coi quali si estorceva il denaro dalle borse dei contribuenti per sopperire alle spese del Governo.

Le quattro grandi sezioni dello Stato informano la ragioneria centrale di quanto occorre per le spese universali di bonifica, di esplorazioni scientifiche, di salvaguardia [p. 152 modifica]della salute pubblica; e il ragioniere capo, dopo essersi consultato coi suoi pochi colleghi, una volta all’anno fa sapere a tutto il mondo il tributo che si esige da Andropoli.

Il Podestà di ogni regione ripartisce il tributo sopra ogni cittadino secondo le sue ricchezze. La tassa cresce in ragione geometrica della rendita di ogni cittadino. I poveri non pagano nulla. Questo è il bilancio cosmico, ma ogni Comune ha il proprio bilancio e anche qui le tasse sono geometricamente progressive e i poveri sono esenti da ogni tributo.

Ogni regione ha un Consiglio dei reclami, dove si mandano le proteste di coloro, che si credono tassati soverchiamente o ingiustamente, e Andropoli ha poi il proprio Consiglio per i reclami della tassa cosmica.

I giudizii emanati da questo Consiglio sono senza appello.

Le proteste poi nell’anno 3000 sono molto rare, perchè le tasse non vengono [p. 153 modifica]pagate che dai ricchi, perchè sono molto modeste e sopratutto perchè ognuno sa di pagare in proprio vantaggio; dacchè le entrate sono spese tutte a beneficio di ciascuno e dei grandi interessi universali.