L'economia politica/II

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[p. 10 modifica]Senonchè, quella dottrina stessa dell’evoluzione, pur sì feconda, non potrebbe, se considerata da sola, adempiere al còmpito tutto intero della scienza; e tanto meno poi se assunta in una formola generica, e ridotta talvolta (come avviene) ad un supposto congetturale, intorno e per entro al quale può ancora aver libero gioco il preconcetto o la speculazione a priori.

Occorre (s’intende) che ne siano assegnate positivamente le condizioni, le forme, i risultati; occorre oltre a ciò, nel complessivo interesse della scienza, che sia anzitutto accertata in sè stessa la natura propria degli enti dei quali si tratta, e quella dell’ambiente entro il quale vengono ad esplicarsi, e sieno partitamente assegnati i fattori primi elementari e le loro leggi, donde al postutto l’evoluzione stessa dipende; i dati fondamentali, insomma, ai quali anche lo Spencer di continuo riportasi: — in simil modo che nel mondo degli enti fisici (commentando per mia parte con qualche larghezza un passo dello Stanley Jevons)(2) la nuova teorica dell’evoluzione non dispensa dalla Fisica e dalla Chimica, ed anzi ne esalta e fa più sentito il valore; e che al di sopra delle Forme biologiche e del loro sviluppo, e delle discipline speciali che ne studiano l’attualità, viene a trovar posto una Biologia o Fisiologia generale, che il Claude Bernard definiva la Fisica e la Chimica [p. 11 modifica]dei corpi organizzati; e più in su, al sommo della scala, una Meccanica generale, questa figlia primogenita della Matematica, che calcola la forza ed il moto, e da pura e razionale trapassa poi variamente ad applicata, e una scienza dell’Energia fisica, che ragiona per equivalenti meccanici (nuova e curiosa analogia col traffico umano!) le differenti trasformazioni di essa.

E sorpasso per brevità ad altri e più prossimi riscontri, che potrei pur derivare dalla sfera degli enti e delle discipline morali e sociali. Né (se mai) sarebbe lo Spencer che potrebbe redarguirmene, egli che nel suo libro «L’uomo di fronte allo Stato», addimostrava una sì ferma e incondizionata fede nelle ragioni del Diritto naturale.

Gli è pur di tal guisa (per un esempio nel caso nostro anche troppo solenne, e tuttavia frequentemente invocato), che Laplace, sulle orme di Clairaut, d'Alembert, Lagrange, e primamente di Newton, come già questi su quelle di Galileo, ha potuto fornire la sua Meccanica celeste, e assegnare le condizioni generali di moto e stabilità del sistema nostro solare, derivandole dal supremo principio della gravitazione universale; contentandosi poi di metter in vista nell’ultimo Capo e nell’ultima Nota del suo Sistema del mondo, quale congettura altamente probabile (poichè di più non potea farsi nel caso suo) quella Ipotesi nebulare, gia prenunziata dal Kant, che porge il punto iniziale e quasi obbligato delle odierne vedute evoluzionistiche; e che se continua tuttavia ad essere accolta pel suo generale concetto, addimanda però, in seguito ad altre osservazioni e scoperte, a difficoltà e interpretazioni più di recente sollevate e proposte, di essere riveduta nella sua forma, e circa le condizioni fisiche e meccaniche che le stanno a fondamento.

E similmente (se anche con assai più modeste aspirazioni, e men efficaci mezzi di costruzione) per quanto concerne la scienza nostra.

Vi può e vi dev’essere una dottrina che il Jevons chiamava delle Forme e relazioni economiche, considerate nel loro sviluppo, una specie di Sociologia economica, riconoscendo in altro luogo all’opera di Darwin e Spencer un’influenza scientifica non punto da meno di quella stessa di Newton, se non anco di un ordine più generale (3); vi può essere insieme (proseguendo ancora un tratto in tale raffronto, e mantenendo per analogia lo stesso linguaggio) una Fisica, una Fisiologia generale della Ricchezza, che indaghi e definisca la natura propria ed intrinseca degli enti e dei rapporti economici; una Meccanica e una dottrina dell’Energia economica, che ne studj i moventi, le forze congenite, il sistema dei fattori operanti e il loro [p. 12 modifica]modo di agire, ne investighi le relazioni e le leggi (statiche o dinamiche, di coesistenza, o sviluppo e tendenza), le equivalenze e i risultati: — tutto insieme, una specie (in ampio senso) di quella che gli Inglesi continuano a chiamare la Filosofia naturale; e che può essa medesima concepirsi a tutti i gradi logici di generalità, dall’alto al basso dell’intera costruzione scientifica; dai principj più generali ed astratti, di scienza pura, come talvolta si dice, via via fino alle ultime applicazioni concrete, ossia in forma di scienza applicata; e in servigio immediato di quello stadio più avanzato di evoluzione che sarebbe il presente nostro; in relazione agli enti e ai rapporti che si trovano in esso formati.

E sarebbe questo, senza entrare in maggiori determinazioni, il punto proprio di vista ed il terreno dell’Economia considerata quale una scienza a sè; e che non contrasta al concetto dell’evoluzione, ma ne integra anzi i fondamenti.

Mutiamo dicitura, abbattiamo (se così Vi piace) tutto quest’apparecchio di figure naturalistiche; parliamo un linguaggio più direttamente confaciente a quello delle discipline morali e sociali: il concetto ancora resterà. — Vi sarà posto per una speciale disciplina che studj la natura in sè degli enti economici sociali; e a me basta per il momento; giacchè la stretta del tempo non mi consente di entrare in più ampi svolgimenti.

Avrebbonsi così, in ultimo risultato, due aspetti, due corpi distinti, fra loro coordinati e complementari, di un’unica scienza, e che potrebbero anche far luogo ad altre suddivisioni: — libero ciascun cultore di essa, a seconda del proprio suo genio, di volgersi all’uno piuttosto che all’altro, e apportarvi il contributo dell’opera sua.

Nessuna contraddizione necessaria pertanto, in siffatto modo di vedere, fra i campi diversi ed ora antagonistici di quelle due scuole o tendenze che diconsi dell’Economia razionale e della storica; e tornando al mio punto primo di partenza, sarebbe la dottrina stessa dell’evoluzione, debitamente integrata nelle sue basi, quella che potrebbe fornirne, in giusti limiti la transazione e l’accordo.

Non è già che Adamo Smith abbia concepito e costrutto, con singolare illusione da parte sua (come da altri si assevera), una mera economia parziale della sua epoca storica, scambiandola per universale. Sono le applicazioni, le teoriche subordinate, in relazione alla natura degli enti e dei rapporti del tempo suo, che hanno, se così piace dire, un carattere storico, di attualità; non invece i principj, i capisaldi primi de’ suoi argomenti, e quelle [p. 13 modifica]stesse teoriche comunque speciali, ma che per la natura propria dell’oggetto riportano il carattere di una più o meno larga generalità.

Nulla di più spiccato (ad esempio) nel senso dell’evoluzione, di quel movimento, al quale pocanzi alludeva, che nel meccanismo della circolazione porta successivamente (come esprimevasi il Roscher) dall’economia naturale del baratto all’economia monetaria, e da questa all’economia del credito, quale via e mezzo di pagamento in sostituzione alla moneta effettiva; ma i principj fondamentali dello scambio restano ciononostante e per ogni caso invariati: - alla stessa guisa (permettetemi ancora un riscontro con altro ordine di enti) che nei meccanismi ordinarj l’introduzione degli ingranaggi o d’altri più perfetti sistemi di trasmissione, pur contribuendo alla più utile applicazione e distribuzione della forza non altera però in nulla i principi generali della Dinamica.

E come gli ingranaggi, così anche la moneta ed il credito hanno poi i loro principj speciali, e la loro teorica subordinata; la quale non contravviene alla più generale, ma serve unicamente per accomodarla alla natura specifica dei nuovi enti, integrandone le condizioni.

Converrebbe addirittura sopprimere il fatto dello scambio in ogni sua forma, lo scambio che è esso medesimo, a vario grado di sviluppo, un fatto storico universale, e sostituirvi (se pur possibile) un altro modo radicalmente diverso di mutualità, perchè quei principj venissero a perdere la loro ragione di essere, ed ogni loro valore di applicazione.

E poichè non mi è dato di poter entrare, come ne sarebbe qui il caso, in quelle più estese dilucidazioni che esigerebbe il soggetto, vogliate se non altro riflettere un istante in che praticamente consista cotesto valore di applicazione de’ principj economici, intorno a cui si disputa pur tanto talvolta. - Valore positivo di bene, o negativo di male, a norma della loro osservanza, o della loro trasgressione.

Figuratevi (anche qui per un solo esempio fra gli innumerevoli che potrei addurre) un’infrazione alquanto seria di que’ principj, e in genere di que’ dettati, che la scienza presume derivare dalla natura del credito: - cotesto strumento, quanto utile ed efficacissimo, indispensabile anzi nell’odierna costituzione industriale, altrettanto però delicato al maneggio e fecondo d’illusioni; semplice figura rappresentativa del capitale, ed organo per la sua trasmissione, non il capitale sostanzialmente per sè; - e non mettete dubbio che, a lungo andare, avrete ad assistere a una qualche catastrofe. - L’esperienza potrebbe all’uopo erudirvene tuttodì.