L'osteria della posta/Nota storica

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Nota storica

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Atto solo

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NOTA STORICA.

«Oh via, per grazia del Signore, la commediola è finita!... Restami ancora sullo stomaco il dubbio ch’ella sia contenta di quel che ho fatto, e che la farsetta le piaccia... V. E. saprà meglio di me, che una breve farsa qualche volta è più difficile di una commedia, poichè conviene immaginare un’azione, che non abbia bisogno di preparativi, e mancando della divisione degli atti, e per conseguenza del tempo, che si figura tra un atto e l’altro, non si può estendere la rappresentazione niente più di quello s’impiegherebbe in natura in un fatto simile. Fortuna se s’incontra. Vorrei avere incontrato...» (lettera del 20 marzo 1762 all’Albergati).

Della farsetta non si sa il titolo, ma nessun dubbio che il Goldoni intendesse alludere all’Osteria della posta, quella delle sue due commedie in un atto che fu composta proprio per il teatro del patrizio bolognese. L’altra — L’avaro — fatta per compiacere altri filodrammatici bolognesi, era stata recitata già nel 1756 (cfr. il vol. XIII di questa ediz.). Scritta per dilettanti, a questi in ogni tempo fu cara. Si recitò a Modena al Teatro (Collegio) San Carlo nel 1772 (Caudini, Cronistoria dei Teatri di M., Modena. 1873, vol. II, p. 204): nel 1775 a Treviso (Cod. Cicogna 2999): nel 1804 a Milano (Accademia de’ filo-drammatici di M., cenni del socio G. Martinazzi, Milano, 1879, p. 118): nel 1807 a Venezia (S. Toma), e due anni dopo a S. Maria Materdomini (Codice Cicogna 3367, appartenuto all’ing. Casoni, il quale interpretava la parte del co. Ripalunga; così da ricerche di Giuseppe Ortolani). E come altre commedie goldoniane destinate a’ filodrammatici, anche questa passò con fortuna al teatro di tutti. La Compagnia Vitaliani-Salsilli l’esegui a Torino nel primo centenario della morte del Goldoni (Centenario in onore di C. G., Roma, Perino, 1893, p. 18). Con l’Osteria della posta s’inaugurò, il 20 febbraio 1910, il Teatro Minimo al Metastasio di Roma (cfr. le relazioni nella Tribuna, nella Vita e in altri giornali romani), e l’anno dopo il Teatro a sezioni al Trianon di Torino (vedi Stampa, 25 novembre 1911). Il lavoro ebbe in tutte e due le città liete accoglienze e numerose repliche.

Facendo l’elogio di questa sua commedia, l’autore scrisse: «On n’auroit pas beaucoup de peine, je crois, à la traduire en Francois» (Memorie, II, cap. 45). E I Francesi vi si provarono ben tre volte;

L’auberge de la poste (Chef-d’oeucres dramatiques de C. G. traduits... avec le texte italien à côte de la traduction... par M. A. A. D. R. [Amar du Rivier], à Lyon et à Paris, an IX [1801]).

L’auberge de la poste (Chef-d’oeuvres des théâtres étrangers. Théâtre italien. Paris, Ladvocat, 1822).

L’auberge de la poste comédie en un acte traduite de l’italien par L. Sfarzosi. Paris, Truchy, 1834 (col testo originale a fronte). [p. 262 modifica]

Libere traduzioni e riduzioni hanno Spagna, Svezia e Germania:

El feliz encuentro comedia nueva en un acto, puesta en verso y aumentada por L. A. J. M. [Madrid 1790?] (al Museo Britannico, sub 1342, e 9, 20).

Lilla Kiisin frân Kuusamo. Lustspel i en akt. Helsingfors, 1861 (libera traduzione di K. T. Sederholm).

Das Posthaus in Treuenbrietzen. Ein Luslspiel in einem Aufzug von A. Kolzebue, 1808. Almanach dramatischer Spiele.

Fra traduzioni e riduzioni quest’ultima del Kotzebue fu la più fortunata. Egli modificò non poco. Non una semplice promessa, ma un vero matrimonio, concluso durante la loro infanzia dai genitori, lega i due giovani. Non si vedono da sei anni quando accade il fortuito incontro a Treuenbrietzen e, cosa poco credibile, non si riconoscono. Il giovine sostituisce a sè un amico, e la ragazza, appena s’accorge dell’inganno, finge d’innamorarsene. Ma la gelosia del consorte autentico pone fine allo scherzo. L’episodio del secondo pretendente [il bar. Talismani], che in verità ritarda e appesantisce l’azione, manca nel rifacimento tedesco. Dei mutamenti il Rabany da gran lode al Kotzebue (Kotzebue, sa vie et son temps, Paris, 1893, pp. 415, 482; Carlo Goldoni, Paris, 1896, pp. 166, 373) e non gli si può negare d’aver conferito maggior brio e agilità alla commedia. Ma quanta inverisimiglianza nella sua premessa, e come artificioso l’intreccio (cfr. Minor, in Göttingische gelehrte Anzeigen, 1894, fasc. I. p. 59)!

Rari i riferimenti della critica a questo lavoro. Paladino fervente se ne mostra Giuseppe Costetti in questo suo giudizio: «L’intreccio semplicissimo si disegna, si raggruppa, e si snoda con quell’arte fine che tutto fa, nulla si scopre... È impossibile rendere, in pochi cenni, la festosa naturalezza del dialogo che pur ragiona e talora filosofeggia a garbo, e con serrato raziocinio; ed è scolpita la bellezza dei caratteri, foggiata a quella verità che è umana insieme ed eterna; e ingegnosissimi ma spontanei gli avvenimenti ond’è condotta al buon termine la commedia» (Pel sec. centen. della nascita di C. G.Il Teatro A. Manzoni, Milano, 1907, p. 47). I raziocini troppo serrati escludono intanto la passione. Al matrimonio, che per essere frutto di tanto ben fondati ragionamenti potrà magari riuscire avventurato, manca proprio una cosa essenziale: l’amore. A noi spettatori sarebbe stato caro vederlo sorgere e crescere quest’amore ne’ due cuori, specie in quello della fanciulla che ragiona al solito più che non senta. Per questo esagerata ci par la lode del Costetti e men che mai opportuna la parola capolavoro prodigata da più critici, senza attento esame della commedia, nella recente sua ripresa. Manca ad essa, osserva ancora Attilio Momigliano, «una salda concezione preparatoria» e i ragionamenti del marchese oltre che freddi gli sembrano vani «perchè non è detto che le nostre azioni dipendano spesso dalle nostre riflessioni» (I limiti dell’arte goldoniana, Miscellanea Renier, pp. 86, 87). «Nella fattura — osserva H. C. Chatfield - Taylor — l’Osteria della posta ricorda l’artificiosa commedia francese di quei giorni, benchè la sua prolissa filosofia somigli così poco al marivaudage, quanto poco il chiaro suono d’un clarinetto ricorda le note delicate d’un flauto» (Goldoni, a biography. New York, 1913, p. 269). Anche il Rabany menziona il Marivaux «dont le Jeu de l’amour et du hasard a [p. 263 modifica] quelque ressemblance avec la donnée de l’Auberge de la poste» (op. cit., p. 374). Non la premessa soltanto. Fanno pensare al Marivaux, a creder nostro, tono e contenuto della scena tra i fidanzati, come implicitamente intende forse anche il Chatfield-Taylor.

L’Osteria della posta si legge, col titolo Il viaggio felice, tra le Prose italiane sopra diversi soggetti piacevoli ed istruttivi, scelte da Angelo Vergani (Parigi, anno IX [1801]). Antonio Montucci nella sua Scelta elevò la triviale osteria ad albergo (Scelta ecc., Lipsia, 1828, tomo I), e questo titolo passò anche nel Teatro classico italiano, antico e moderno, ovvero il Parnaso Teatrale (Lipsia, Fleischer, 1829, pp. 496-504). Da Antonio Montucci anche Fabio Fabbrucci Toscano copiò titolo e note ne’ suoi Saggi del Teatro italiano (Berlino, Müller, 1833). Ripubblicò la commedia così come l’autore aveva voluto si chiamasse G. B. Ghezzi (vedi Cat. n. 88 Zahn & Jaensch. di Dresda), ma si torna all’Albergo nelle Commedie scelte di C. G., con la breve istoria del Teatro Italiano composta dal principe D. Pietro Odescalchi (Münster, Aschendorff, 1882, tomo I).

E. M.


L’Osteria della Posta fu pubblicata la prima volta nel 1763 a Venezia, nel t. X del Nuovo Teatro Comico dell’Avv. C. G., edito dal Pitteri; e a Venezia uscì di nuovo nelle edizioni Savioli (X, 1775), Zatta (cl. I, IV. 1769), Garbo (IV, 1794). Fu ristampata a Lucca (Bonsignori X, 1769), a Livorno (Masi XXVI, 1792), a Bologna (a S. Tomaso d’Aquino, 1799) e forse altrove nel settecento. — La presente edizione seguì con maggior diligenza il testo del Pitteri e quello del Zatta. Valgono le solite avvertenze. Nelle antiche intestazioni della commedia si legge che l’Osteria fu «rappresentata in Zola ecc. nell’estate dell’anno 1761»: ma è vedersi il principio della presente Nota storica.