La Città del Sole (manoscritto, 1602)/La Città del Sole
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Hospitalario Genovese marinaro
Il Amore ha cura della generatione, d’unir li maschi alle femine in modo che faccin buona razza; e se rideno di noi ch’attendemo alla razza delli cani e cavalli, e trascuramo la ñra. Tien cura d'ella educatione, delle medicine, speciarie, del seminare e racogliere i frutti, delle biade, delle mensi, e d’ogni altra cosa p̃tinete al vitto, vestito e coito, et ha molti mastri, e mastre dedicate a q̃st’arti. Il Metafisico tratta tutti questi negotÿ cõ loro, che sensa lui nulla si fà, et ogni cosa la comunicano essi quattro, e dov’il Metafisico inchina son d’accordo. Hos. Hor dimmi dell’officÿ, e dell’educatione e del modo come si vive, s’è Repca o Monarchia ò stato di pochi. G. Questa è una gente ch’arrivò là dall’indie, et erano molti filosofi, che fugiro la ruina di Mogori e d’altri p̃doni, e Tirani onde si risolsero viver’alla filosofica in comune se ben la comunità delle donne nõ s’usa tra le genti della provincia loro; ma essi l’usano, et è questo il modo. Tutte cose son comuni; ma stanno in mano d’officiali che le dispensano, onde nõ solo il vitto, ma le scienze, et honori, e spassi son comuni, ma in maniera che nõ si può appropriare cosa alcuna; Dicono essi che tutta la proprietà nasce dal far casa appartata, e figli e moglie p̃p̃a, onde nasce l’amor proprio, che per sublimar a ricchezze, ò à dignità il figlio, o lasciarlo herede, ogn’uno diventa ò rapace publico se nõ ha timore sendo potente, ò avaro, et insidioso, et hippocrita s’è impotente; ma qñ p̃deno l’amor p̃p̃o resta il comune solo. Hos. Dunq̃ nullo vorrà faticare, mentr’aspetta che l’altro fatichi, come Arist. dice contra Platone! G. Io nõ sò disputare ma ti dico ch’hanno tant’amore alla patria loro ch’è cosa stupenda, più che nõ si dice de Rom. qñ son più spropriati; e credo che li preti, e monaci ñri se nõ havessero li parenti, ò l’amici, e l’ambitione di crescere più à dignità sariano più spropriati e santi caritativi con tutti. Hos. dunq̃ là nõ c’è amicitia poiché nõ si fan piacere l’un l’altro! G. anzi grandma, perch’è bello a vedere che tra loro nõ ponno donarsi cosa alcuna, perche tutto hanno del comune, e molto guardano gli officiali, che nullo habbia più che merita, però quant’è bisogno tutti l’hanno, e l’amico si conosce tra loro nelle guerre, nell’infirmità, nelle scienze, dove s’aiutano et insegnano l’un l’altro, e tutti li giovani s’appellano frati, e q̃lli che sono 152 anni più di loro padri, e quindeci meno figli, e poi vi stanno l’officiali a tutte cose attenti, che nullo possa far all’altro torto nella fratellanza. Hosp. e come? G. di quante virtù noi habbiamo, essi hanno l’officio, c’è l’un che si chiama liberalità, un magnanimità, un castità, un fortezza, un giustizia Criminale, o civile, un solertia, un verità, beneficienza, gratitudine, misericordia, e ciascuno di questi s’elegge q̃llo, che da fanciullo nelle scuole si conosce inclinato a tali virtù, però, nõ sendo tra loro latrocinÿ, né assassinÿ, ne stupri, ne incesti, et adulterÿ, delli quali noi c’accusiamo, essi s’accusano d’ingratitudine, di malignità, qń un nõ vuol piacere honesto, di bugia che l’abborrischono più che la peste, et q̃sti son privati per li peccati dalla mensa comune del commertio3 delle donne, e d’alcuni honori, fin che pare al giudice p̃ emendarli. Hosp. hor dimmi come fan gli officiali? G. questo nõ si può dire, se nõ sai la vita loro, primo è da sapere che l’huomini, e donne vesteno d’un modo atto à guerreggiare, benche le donne han la sopraveste fin sotto al ginocchio, e l’huõ sopra. et s’allevano tutti in tutte l’arti; dopo i trè anni li fanciulli imparano la lingua, e l’alfabeto nelle mura, caminando in quattro schiere, e quattro vecchi li guidano e l’insegnano, e poi li fan giuocare, e correre, per rinforzarli, e semp̃ scalzi, e scapigliati, fin alli sette anni; e li conducono nell’officine dell’arti, cositori, pittori, orefici, & e mirano l’inclinatione dopò il settim’anno vanno alle lettioni delle scienze naturali tutti che son quattro lettori della medesma lettione, et in quattro hore tutte quattro le squadre si spediscono perche mentre l’altri s’esercitano il corpo, ò fãno li pubblici servitÿ, l’altri stanno alla lettione. Poi alli dieci si metteno alle matematiche medicine et altre scienze. E c’è continua disputa tra loro e concorrenza. E q̃lli poi diventano officiali di q̃lla scienza dove più riuscirono, ó di quell’arte mecchanica, ch’ogn’una han il suo capo. et in cãpagna ne lavori, e nella pastura delle bestie pur vanno ad imparare; e quello è tenuto di più grã nobiltà che più arti impara, e meglio le fà. Onde si rideno di noi che l’artifici appellam ignobili; e diciamo nobili quelli, che null’arte imparano e stann’otiosi, e tengon in otio, e lascivia tanti servidori. L’officiali poi s’eleggono da q̃lli quattro capi, e dalli maestri di q̃ll’arte; li quali molto bẽ sanno ch'è più atto à q̃ll’arte, ó virtù, in cui hà da reggere: e p̃pongon in consiglio, et ogn’uno appone quel che sa di loro. però nõ può ⊙4 se nõ quello, che sà tutte l’historie delle genti, e riti, e sacrificÿ, e repche et inventori di leggi et arti. poi bisogna, che sappia tutte l’arti meccaniche, perch’ogni duoi giorni s’impara una, ma l’uso cqui le fà saper tutte, e la pittura. E tutte le scienze ha da sapere, matematiche, fisiche, et astrologiche. Delle lingue nõ si cura, p̃ch’ha l’interpreti, che son li grammci loro. Ma più di tutti bisogna che sia metafisico e theologo, che sappia ben la radice, e prova d’ogn'arte, e scienza; e le similitudini, e differẽze delle cose; la necessità, il fato, e l’armonia del mondo. La possanza, sapienza, et Amor divino, e d’ogni cosa; e li gradi dell’Enti, e correspondevoli loro, cõ le cose celesti, terrestri e mariteme. e studia molto ne profeti, et Astrologia, dunque si sà ch’ha d’esser ⊙, e se nõ passa trentacinque anni nõ arriva a tal grado. E questo officio è p̃petuo; mentre nõ si trova chi sappia più di lui, e sia più atto al governo. Hosp. e chi può saper tanto! anzi nõ può saper governare chi attende alle scienze. G. io dissi à loro questo e mi risposero: più certi siamo noi, ch’un tãto litterato sà governare, che voi, che sublimati l’ignoranti pensando, che sian’atti, e sia pur tristo in governo, nõ sarà mai crudele, ne scelerato, ne tiranno un chi tanto sà; ma sappiati, che q̃sto è argto, che può trà voi. Dove pensate, che sia dotto chi sa più gramca, e logica d’Arist., e di questo, e q̃llo autore dove ci vol sol memoria servile onde l’huõ si fà inerte; perche nõ contempla le cose, ma li libri; e s’avvilisce l’anima in q̃lle cose morte ne sà come Dio regga le cose, e l’usi della natura, e delle nationi. il che nõ può avvenire al ñro ⊙ perche nõ può arrivare à tante scienze chi nõ è scaltro d’ingegno ad ogni cosa: onde è semp̃ attivissimo al governo. noi pur sappiamo che chi sà una scienza sola nõ sà quella, ne l’altre bene. et che colui ch’è atto a una sola studiata in libro, è inerte, e grosso. Ma nõ così avviene all’ingegni pronti, e facili ad ogni conoscenza come bisogna che sia l’⊙ e nella citta ñra s’imparano le scienze cõ facilità tale, come vedi, che più in un’anno cqui si hà, ch’in dieci o quindici tra voi. E mira in questi fanciulli. Nel che io restai confuso per le ragioni sue, e la prova di q̃lli fanciulli, ch’intendevano la mia lingua, perche d’ogni lingua semp̃ hann’essi trè che la sappiano. E tra loro nõ c’è otio nullo, se nõ quello che li fa dotti; che però vanno in campagna a correre, a tirar dardi, sparar archibugi, seguitar fere, lavorare, conoscer l’herbe, hor’una schiera, et hor’un’altra. Li trè officiali primi nõ bisogna, che sappiano se nõ quell’arti ch’all’officio loro appartengono. onde hanno l’arti comuni a tutti, historicamỹ imparandole; e poi le p̃p̃e, dove più si dà uno ch’un’altro. Così il Potestà saperà l’arte cavalieresca, fabricar ogni sorte d’armi, cossì di guerra, machine, arte militare, ecc. Ma tutti q̃sti officiali han d’essere filosofi di più, et historici naturalisti, et humanisti. Hosp. Vorrei che dicessi l’officÿ tutti, e li distenguessi5; e s’è bisogno le educationi cumuni. G. sono pa le stantie comuni, e belli letti, e bisogni, ma ogni sei mesi si distinguono, dalli mastri, chi hà da dormire in questo girone, o in quell’altro, e nella stanza pa o 2a, notate p̃ alfabeto. Poi son l’arti comuni a gl’huõi e donne, le speculative e meccaniche; cõ questa distintione, che q̃lle dove ci va fatica grande e viaggio, le fanno l’huõi come arare, seminare, coglier’i frutti, e pascer li armenti; però nell’aia, nella vendemia, nel formare il cascio, e mungere [l’uberi?]6 si soleno le donne mandare, e nell’horti vicini alla Città p̃ l’herbe. L’arti che si fanno sedendo, e stando per lo più son delle donne: come tessere, cuscire, tagliar li capegli, e le barbe, la spetiaria; e far tutte le sorti di vestimenti fuorche l’arte del ferraro e dell’armi. e ch’è atta a pingere nõ se li vieta. La musica però è delle donne: che più dilettano, e de fanciulli, ma nõ le trombe e tamburri. fanno le vivande, apparecchiano le mense: ma lo servire a tavola è p̃p̃o delli giovani maschi, e femine, finche sono di venti uno anno. Stanno in ogni girone le publiche cucine, e le dispense della robba, et d’ogni officio, soprastante è un vecchio, et una vecchia, che comandano, et han potestà di battere o far battere d’altri, li negligenti, o disubidienti, e notano ogn’uno ed ogn’una in ch’esercizio meglio riesce. Tutta la gioventù serve alli vecchi che passano 40 anni, ma il mastro o maestra han cura la sera q̃n vanno a dormire e la mattina di mandar alli servitÿ di q̃lli a chi tocca, uno ò due ad ogni stanza. Et essi giovani si servono trà loro, e chi ricusa, guai a lui. Vi son prime, e seconde mense d’una parte mangiano le donne, dall’altra l’huõi; e stanno come in refettorio de frati. Si fa senza strepito, et un semp̃ legge a tavola cantando, e spesso l’officiale parla sopra qualche passo della lettione. È una dolce cosa vedersi servire di tãta bella gioventu in habito succinto, e coss’a tempo, e vedersi à canto tanti amici, [frati?], figli, e madri, vivere cõ tanto rispetto et amore. Si dona à ciascuno il suo piatto. E li medici hanno cura di dire alli cochi in quel giorno, qual sorte di vivanda conviene; e quale alli vecchi, q̃lle alli giovani, e quale all’ammalati; e l’officiali hanno la miglior parte, e mandano spesso in tavola del loro à chi più s’ha fatto honore la matina nelle lettioni, e dispute delle scienze, e d’armi. E questo si stima p̃ grãde honore, e favore. E nelle feste fanno cantar una musica pur in tavola. E p̃che tutti metteno mano alli servitÿ, mai nõ si trova che manchi cosa alcuna. Son vecchi savÿ soprastanti a chi cocina; et nelle7 stanze; nelli vasi, e nelle vestimenta stimano assai la politia. Vesteno dentro camisa bianca di lino, sopra8 un vestito con giubbone, e calze insieme sẽsa pieghe; e spaccato p̃ mezo dal lato, e di sotto e poi imbottonato. Et arriva la calza sin al tallone, a cui si pone un pedal grande come bolzacchino, e la scarpa sopra; e son ben attillate, che quando si spogliano la sopravveste si scerneno tutte le fattezze della persona. Si mutano le vesti quattro volte varie, qñ il Sole entra ♋, et ♑ ♈ et ♎; e, secondo la complessione, e decentia stà al medico di distribuirle col vestiario di ciascun girone, et è cosa mirabile che in un pũto hanno quante vesti vogliono grosse, sottili, secondo il tempo &. Veston tutti di bianco, ed ogni mese si lavan le vesti col sapone, ò bugata q̃lle di tela. Tutte le stanze sottane officine, cucine, granari, guardarobbe, dispense, vivandarÿ, et lavatorÿ ma si lavano nelle pile delli chiostri, l’acqua si getta per le latrine, ò canali che vanno a quelle. Hanno in tutte le piazze delli gironi le loro fontane, che tirano l’acque dal fondo solo cõ muover un legno, onde esse spicciano per li canali, v’è acqua sorgente; molta nelle conserve a cui vanno le piogge per li canali delle case, passando p̃ arenosi acquedotti; si lavano le persone loro spesso, secõdo il maestro, e il medico ordina. L’arti si fanno tutte ne chiostri di sotto, e le speculative di sopra, dove sono le pitture; e nel tempio si leggono nell’atrÿ di fuori son horologi di Sole, e di squille p̃ tutti i gironi, e banderuole p̃ saper li venti. Hosp. hor dimmi della generatione. G. nulla femina si sottopone à maschi, se nõ arriva a 19 anni; ne il maschio si mette alla generazione innanzi alli 21. et più s’è di complessione bianco. Nel tempo innanti è ad alcuno lecito il coito con le donne sterili o p̃gne, per nõ fare in vaso indebito; e le maestre matrone con li seniori della generatione han cura di provederli secondo à loro è detto in secreto da quelli più molestati da Venere, ma nõ lo fãno sensa far parola al maestro maggiore, ch’è un gran medico, e sottostà ad Amore prencepe officiale. Se si trovano in sodomia, sono vituperati, e li fan portare dui giorni legata al collo una scarpa: significando che pervertiro l’ordine, e posero li piedi in testa; perche qń si esercitano alla lotta son nudi tutti; maschi, e femine, li mastri conoscono ch’è impotent’al coito, e quali membra con quali si confanno, e cossì sendo ben lavati si donano al coito ogni trè sere; e nõ accoppiano se nõ le femine grandi, e belle alli grandi e virtuosi, e le grasse à macri, e li macri alle grasse per far temperie. La sera vanno i fanciulli, et si accõciano li letti, e poi vanno a dormire secondo ordina il mastro, e la maestra, ne si pongono al coito se nõ han digerito, e pa fanno oratione, et hanno belle statue di huoĩ illustri dove le donne mirano, poi escono alla fenestra, e pregano Dio del cielo che li dona prole buona, e dormino in due celle, sparti fin à quell’hora che s’hanno a congiungere, et all’ha va la maestra, et apre l’uscio dell’una, e l’altra stanza. Quest’hora è determinata dall’Astrõgo e medico, e si forzano semp̃ di pigliar tempo che ☿ e ♀ siano orientali dal Sole in casa benigna, e che sian mirati da ♂ di buono aspetto e da ♄ così il ⊙, come la ☽, di spesso sono Afete et per lo più vogliono ♃ in ascendente, ma assai si guardano che ♄ , o ♂ nõ stiano in Angolo, perche tutti quattro Angoli con ☌ o □ infettano,9 e da essi Angoli è la radice della virtù vitale, e della sorte; nõ si curano di satellizio, ma solo degli aspetti buoni, ma il satellizio solo nella fondazione della Città, e della legge ricercano che però non habbia principi ♂ o ♄,10 et han per peccato li generatori nõ trovarsi mõdi trè giorni avanti di coito e d’attioni prave, e di nõ esser devoti al Creatore. Gli altri, che per delitia o p̃ servire alla necessità si donano al coito cõ sterile ò pregne, ò cõ donne di poco valore nõ osservan queste sottigliezze. E l’officiali che son tutti sacerdoti, e li sapienti nõ si fanno generatori, se nõ osservano molti giorni più condizioni; perch’essi, p̃ le molti speculationi, han debole lo spirito animale; e nõ transfondeno il valor della testa, perche pensano semp̃ a qualche cosa, onde trista razza fanno, talche si guarda bene, e si donano questi a donne vive, gagliarde e belle. E l’huoĩ fantastici, e capricciosi alle donne grasse, temperate, di costumi blandi. e dicono che la purità della complesse, onde le virtù fruttano, nõ si può acquistare con arte: e che l’huoĩ di mala natura p̃ timor della legge fanno bene: e q̃lla cessante struggon la repub. cõ manifesti, o secreti modi; però tutto lo studio principale dev’essere nella generatione, e mirarsi li meriti nãli, e nõ la dote, ò la fallace nobiltà. Se alcune di queste donne nõ concipeno cõ uno, la mettono cõ altri. Se poi si trova sterile si può accomunare, ma nõ ha l’honore delle matrone in cõsiglio della generatione, e nella mensa e nel tẽpio, et questo lo fanno perch’essa nõ procuri la sterilità per lussuriare. Quelle ch’hanno concepito per quindici giorni nõ s’esercitano, poi fanno leggeri esercitÿ per rinforzar la prole, et aprir li meati del nutrimento à quella. Partorito ch’hanno esse stesse allevano li figli in luochi comuni, p̃ due anni lattando, e più, secondo pare al Fisico. Dopo si smamma la prole, e si dona in guardia delle mastre se son femine, o delli mastri cõ altri fanciulli. E cqui s’esercitan al’alfabeto, a caminare correre, e lottare; ò vero alle figure historiate. Et han vesti di color vario e bello. alli sett’anni si donano alle scienze naturali, e poi all’altre secondo pare all’officiali, e dopò di questo si metteno in meccanica. Ma li figli di poco valore si mãdano alle ville, e qń riescono poi si riducono alla Città. Ma p̃ lo più sendo generati nella medesima generatione li contemporanei sono di virtù consimili, e di fattezze, e di costumi, e s’amano grandemente, et aiutano l’un l’altro. Li nomi loro nõ si mettono a caso, ma dal metafisico secondo la proprietà, come11 usavano li Rom., onde altri si chiamano il bello, altri il nasuto, altri il peduto, altri bieco, altri Crasso & ma qñ poi diventano eccellenti nell’arti loro ò fanno qualche prova in12 guerra, s’aggiunge il cognome dall’arte, come Pittor Magno, Aureo, eccellente, gagliardo, dicendo Crasso aureo & ò pur dall’atto, dicendo Crasso forte, astuto, vincitore, magno massimo. E dal nemico vinto come Africano, Asiano, Tosco, & manfredi, Tortelio dal’haver superato manfredi ò Tortelio & Et questi nomi s’aggiungono dall’officiali grandi, e si donano cõ una corona convenient’all’atto, ò arte sua, cõ applauso, e musica, e si vanno a p̃dere p̃ quest’applausi, perch’oro, et argento nõ si stima, se nõ come materia di vasi o di guarnimenti comune à tutti. Hosp. nõ c’è gelosia trà loro, ò dolore che nõ sia fatta generate? G. Sigr nó: perch’a nullo manca il necessario loro quant’al gusto. e la generatione è osservata religiosamy p̃ bene pubco, nõ privato, et è bisogno star al detto dell’officiali, ne ci bisogna inganno di ballotte p̃ contentarsi delle brutte i brutti: perche trà loro nõ c’è bruttezza che esercitandosi esse donne diventano di color vivo, e di membra forti e grandi, e nella gagliardia e grãdezza consiste la bellezza appresso loro. Però è pena della vita in bellettar la faccia, ò portar pianelle, ò vesti con le code per coprir li piedi di legno. mà nõ haveriano tampoco comodità di far questo, p̃che chi le daria loro!, e dicono che questo abuso in noi viene dall’otio delle donne, che le fà scolorite, fiacche e piccole, e però han bisogno di colori et alte pianelle, e farsi belle. Di più s’uno s’innamora di qualche donna è lecito trà loro parlare, far versi, scherzi, imp̃se di fiori, e di piante. Ma se si guasta la generatione, in13 nullo modo si dispensa trà loro il coito, se nõ qñ essa è pregna, ò sterile. però nõ si conosce14 trà loro se nõ amor d’amicitia p̃ lo più, nõ di concupiscenza ardente. La robba nõ si stima, perch’ogn’uno hà q̃to li bisogna; salvo per segno d’honore. Ond’all’heroi la repub. fa certi doni in tavola ò in feste pube di ghirlande ò di vestimenta belle fregiate, benche tutti di biãco il giorno, e nella Città; ma di notte, e fuor della Città vestono di rosso, ò di seta, ò di lana, aborriscono il color negro come feccia delle cose, e però odiano li Giapponesi amici di q̃llo; la superbia tenuta per grã peccato, et si punisce un atto di sup̃bia in quel modo che si commette, onde nullo reputa a viltà lo servire in mensa, in cucina, ò altrove, ma lo chiamano imparare, e dicono che cossì è honore al piede caminare, com’all’occhio guardare. Onde chi è deputato à qualche officio lo fa, come cosa honoratissima, e nõ tengono schiavi perche essi bastano à sé stessi, anzi soverchiano. ma noi nõ cossì, perche in Genova sono settanta mila anime, e nõ faticano se nõ le diece, ò quindici mila, e questi patiscono fatica assai, e se struggono, e l’otiosi si perdeno anche p̃ l’otio, avaritia, lussuria, e usura; e molta gente guastano tenendoli in servitù e povertà, ò facendoli partecipi de lor vitÿ, talche manca il servizio pubco, e nõ si può il campo, la militia e l’arti fare se nõ male, e cõ stento. Mà tra loro partendosi l’officÿ a tutti, e le arti, e le fatiche, nõ tocca faticar quattro hore il giorno p̃ uno. se ben tutto il resto è imparare giocando, disputando, legendo, insegnando, caminando, e semp̃ con gaudio, e nõ s’usa gioco che si faccia sedendo, ne scacchi, ne dadi, ne carte o simili, ma ben la palla, pallone, rollo, lotta, tirar palo, dardo, et archibugio dicono ancora, che la povertà grande fà li huoĩ vili, astuti, ladri, insidiosi, forasciti, menzognari, testim̃ falsi & e le ricchezze insolenti, sup̃bi, ignoranti, traditori, disamorati, presumitori di quel, che nõ sanno & però la comunità tutti li fà ricchi, e poveri; ricchi ch’ogni cos’hanno, e possedono, poveri, perche s’attaccano à servire in ogni cosa; se bene ogni cosa servi à loro. E molto laudano in questo le religioni della cristianità; e la vita dell’aptĩ. Hosp. Bella, e santa cosa mi par questa, ma q̃lla delle donne comuni par ardua. S. Clemente Rom. dice che le donne pur siano comune, ma la glosa intende quanto all’ossequio nõ al letto, e Tertuliano consente alla glosa. G. Io nõ sò di questo, sò ben ch’ess’hanno l’ossequio delle donne, et insieme il letto, ma nõ semp̃, se nõ p̃ generare, credo che si possano ingannare ancora, ma essi si difendono con Socrate, Catone, Platone et altri. potria stare che lasciassero questo uso un giorno perche nelle Città soggette à loro nõ accomunano se nõ le robbe, e le donne quanto all’ossequio, et all’arti ma nõ al letto. E questo la ascrivono all’imperfettione di q̃lli, che nõ hanno filosofato; però vanno spiando di tutte le nationi l’usanze; e semp̃ migliorano. di più questo è bello, che frà loro nõ c’è difetto che faccia l’huõ otioso, se nõ l’età decrepita, qń serve solo p̃ consiglio. Ma chi è zoppo serve alle sentinelle con l’occhi: chi nõ ha occhi serve a cardare la lana, e levar il pelo dalli nervi delle penne p̃ li matarazzi, chi nõ hà mani ad altro esercitio. e s’un membro solo solo15 ha con quello serve; ma questi stanno (se nõ sono Illustrissimi della Città) nelle ville, e sõ governati bene, e son spie ch’avvisano alla repca ogni cosa. Hosp. dimmi ti prego p̃ hora della guerra, che poi dell’arti, e vitto mi dirai: poi delle scienze, et al fine della religione. G. Il podestà tiene sotto di sé un officiale dell’armi, un dell’artelleria, un delli cavalieri, un dell’ingegneri, et ogn’uno di questi hà sotto di sé molti maestri di quell’arte. Ma di più ci sono l’Atleti, ch’à tutti insegnano l’esercitio della guerra; questi sono attempati prudenti Capitani, ch’esercitano li giovani di dodici anni in suso all’armi, benche pa nella lotta, e correre, e tirar pietre erano avezzi da mastri inferiori. Hor questi l’insegnano à ferire, à guadagnar l’inimico con arte giocando spada, a saettare16 di lancia, à cavalcare, à seguire, à fuggire, a star nell’ordine militare. E le donne imparano anch’esse querst’arti sotto maestre, e mastri loro, per quando fusse bisogno aiutar l’huoĩ nelle guerre vicine alla Città, e se venisse assalto straniero difender le mura. Onde ben saño sparar l’archibugio, far balle, gittar pietre, et andar incontro, e si sforzano torre da loro ogni timore, et hanno gran pene q̃lli, che mostran codardia; nõ temono la morte perche credono l’immortalità dell’anima, e che morendo s’accompagnano con li spiriti buoni, ò rei, secondo li meriti, benche essi siano stati Bragmani Pitagorici, non credono trasmigrazione d’anima, se nõ p̃ qualche giudizio di Dio. Ne s’astengono di ferire il nemico ribello nemico della ragione, che nõ merita esser huõ. Fanno la mostra ogni duoi mesi, et ogni giorno c’è l’esercitio dell’armi, ò in campagna cavalcando, ò dentro, et una lettione d’arte militare; e fanno semp̃ leggere l’historie di Cesare, d’Alesandro, di Scipione e d’Annibale, e poi donano il giudizio loro quasi tutti, dicendo cqui fecero bene, cqui male, e poi risponde il mastro e determina. Hosp. con chi fan le guerre? e perche causa se sono tanto felici? G. Vi sono quattro Reggi nell’Isola, li quali han grãd’invidia della felicità loro, perche li popoli desiderano vivere come17 questi Solari, e vorriano star più soggetti ad essi, che nõ à proprÿ Reggi, onde spesso lor è mossa guerra sotto color d’usurpar confini, e di viver empiamỹ, pperche nõ segueno le superstitioni de gentili, ne dell’altri Bragmani; e spesso li fan guerra come ribelli che pa erano soggetti, e cõ tutto questo perdono semp̃. Hor essi Solari subito che patiscono preda insulto, ò altro dishonore, ò son travagliati gl’amici loro; ò pure son chiamati d’alcune Città tiranneggiate come liberatori essi si mettono à consiglio; e prima s’inginocchiano a Dio, e pregano che li faccia consigliarsi bene, poi s’esamina il merito del negotio, e cossì se bandisce la guerra. Mandano un sacerdote detto Forense, e dimanda a’ nemici che rendano il tolto, o lascino la tirannia, e se q̃lli negano, li bandiscono la guerra chiamando Dio delle vendette in testimo contro di chi hà il torto. E se quelli prolungano il negotio nõ li danno tempo, s’è Re, più d’un’ hora, et s’è Rep. tre hore à deliberar la resposta, per nõ esser burlati; e così si piglia la guerra, se quelli son contumaci alla Ragne. Dopò ch’è pigliata ogni cosa esequisce il locotenente del Potestà, et esso cõmanda sẽza consiglio d’altri, ma s’è cosa di momento, domanda il Amor e l Sapienza e l ⊙. Si propone in consiglio grande dov’entra tutto il Popolo di 20 anni in sù, e le donne ancora, et si dichiara la giustizia dell’impresa dal Predre, et metteno in orde ogni cosa. Devesi sapere ch’essi han tutte sorti d’armi apparecchiate nell’armarÿ, e spesso si provano q̃lle in guerre finte; hãno p̃ tutti li gironi18 nell’esterior muro, l’artellerie, e l’archebugi p̃parati; e molti altri cannoni di campagna che portano in guerra, e cossì sopra le carra le conducono, e l’altra munitione nelli muli, e bagaglie. E se sono in campo aperto, saranno le bagaglie in mezo, e l’artegliarie combatteno gran pezzo, e poi fãno la ritirata, et il nemico credendo, che cedeno s’inganna, perch’essi fanno ala, e pigliano fiato e lasciano l’artegliaria, spartata, e poi tornano alla zuffa contra nemici scompigliati. Usano fare li padiglioni alla Romana con steccati, e fossi intorno con gran p̃stezza, ci sono li mastri di bagaglie, d’artegliarie, e dell’opere; tutti soldati sanno maneggiare la zappa, e la scure. Vi son cinq̃, otto o dieci Capitani di consiglio di guerra e di stratagemme che comandano alle squadre loro19 secondo insieme si consigliano. Sogliono portar seco una squadra di fanciulli a cavallo per imparar la guerra, et incarnarsi,20 come lupaccini(?) al sangue: e ne pericoli si ritirano, e molte donne con loro. E dopo la battaglia esse donne, e fanciulli fanno carezzi alli guerrieri, li medicano, serveno, abbracciano e confortano, e quelli p̃ mostrannosi valenti alle donne, e figli loro fanno grã prove. Nell’assalti, chi prima saglie il muro ha dopo in honore una corona di gramigna con applauso militare delle donne, e fanciulli, chi aiuta il compagno ha la corona civica di quercie; chi uccid’il tirãno, le spoglie opime, che porta al tempio; e si dona dal ⊙ il cognome dell’impresa; usano li Cavalieri una lancia, due pistole avanti cavallo, di mirabil tempra, e stretti in bocca, che perciò fanno gran passata, et hann’anche lo stocco, altri portano la mazza, et questi sono l’huoĩ d’arme, perche nõ potendosi ferire una armatura con spada, ò cõ pistola assaltano il nemico cõ la mazza com’Achille21 contra Cigno, e lo sconquassano, e gettano, ha due catene la mazza inpunta, à cui pendeno due palle, che menando, circondã il collo del nemico, tirano e gettano, e per poterla manegiare nõ tengono briglia con mani, ma cõ li piedi incrocicciata in la sella, et avvinchiata nell’estremo alle staffe, nõ alli piedi, p̃ nõ impedirsi e le staffe han di fuori la sfera, e dentro il triangolo onde il piè torcendo ne lati le fan girare che stà affibbiate alli staffili; e cossì tirano à sé o allungano il freno con mirabil prestezza, e con la destra torceno à sinistra et à contra; questo secreto manco li Tartari hann’inteso, che tirare, e torcere nõ sanno con le staffe. Li cavalli leggeri cominciano con schioppi, e poi entrano l’haste, e le frombole, delle quali tengono gran conto; et usano combattere per fila intessute andando altri, et altri aretrandosi avicenna, et hanno li squadroni saldi delle picche p̃ fermezza del corpo, e le spade all’ultima prova. Ci son poi li trionfi militari ad uso di Rom., et più belli, e li supplicationi ringratiatorie, e si presenta al tempio il Capitano, et si narrano li gesti dal Poeta, ò Historico, ch’andò con lui: et il princepe lo corona, et à tutti li soldati fa qualche regalo et honore, e per molti giorni sono assenti dalle fatiche publiche ma essi l’hanno à male, che nõ sanno star otiosi, et aiutano l’altri. All’incontro quelli, che per loro colpa han perduto si ricevono cõ vituperio, e chi fu il primo a fuggire nõ può scãpar la morte se nõ quando tutto l’esercito dimandi la sua vita, et ogn’uno piglia parte della pena, ma poco s’ammette tal’indulgenza e se nõ v’è gran ragione. Chi nõ aiutò l’amico, ò fece atto vile è frustato. Chi fu disobidiente si pone à morire dentro a un palco di bestie con un bastone in mano, e se vince li leoni e l’orsi, ch’è impossibile torna in gratia. Le Città superate, ò date à loro subito mettono ogni cosa in in comune, e riceveno l’officiali solari, e la guardia, e si van semp̃ acconciando all’uso della Città del Sole maestra loro, e mandano li figli ad imparare ĩ q̃lla, sensa contribuire à spese. Saria lungo dirti del mastro delle spie, e sentinelle dell’ordini loro fuori, e dentro la Città, che ti li puoi pensare, che sono eletti da bambini secondo l’inclinate e costellatione vista nella genitura loro. Onde ogn’uno operando secondo la proprietà sua ñale fa bene quell’esercitio e con piacere per esserli ñale. Cossì dico delle stratagemme, et altri. La Città di notte e di giorno ha le guardie nelle quattro porte, e nelle mura estreme sù li torrioni, e valguardi, et il giorno al più le femine, la notte i maschi guardano; et questo lo fanno per non impoltronire e p̃ li casi fortuiti; han le vegilie come li ñri soldati divise di trè in trè hore, la sera entrano in guardia, usano le caccie per imagini di guerra, e li giuochi in piazza à cavallo, e à piedi ogni festa, e poi segue la musica, & Perdonano volentieri a’ nemici, e dopo la vittoria li fanno bene, se gettano mura, ò voglion’occider i capi, ò altri tutto fann’in un giorno, e poi li fanno buoni, li fanno bene, e dicono che nõ si deve far guerra se nõ per fare l’huoĩ buoni, e nõ p̃ estinguerli. Se trà loro c’è qualche gara d’ingiuria, ò d’altro, perch’essi non contendono se non d’honore; il principe e i suoi officiali puniscono il reo secretamỹ. S’incorse ad ingiuria di fatto dopo le prime ire, se di parole aspettano in guerra a difinirle dicendo che l’ira si deve sfogare contra li nimici; e chi fà più atti heroici quelli è tenuto, che habbia ragione nell’honoranza, e l’altro cede. Ma nelle cose del giusto ci son le pene & però in duello di mano non ponno venire. E chi vuol mostrarsi migliore faccialo in guerra publica. Hosp. Bella cosa per non fomentare fattioni à ruina della patria, e schifar le guerre civili, onde nasce il tiranno come fù in Roma, et Athene, narra hora ti prego dell’artificii loro. G. Devi haver inteso come comun’è à tutti la militare, l’agricoltura, la pastorale, ch’ogn’uno è obligato à saperle, e queste son le più nobili tra loro. Ma chi più arti sà, più nobile è, e nell’esercitarla quell’è posto, che più è atto. E l’arti faticose son di più laude, com’il ferraro, et il fabricatore, e nõ si schifa nullo à pigliarle tanto più che nella natività loro si vede l’inclinatione, e tra loro per lo compartimento delle fatiche nullo viene a participare fatica destrutiva dell’individuo, ma solo conservativa, l’arti di manco fatica son delle femine, saper nuotar è à tutti necessario, e vi sono à posta le piscine fuor nelli fossi della Città, vi son le fontane. La mercatura a loro poco serve, ma pero conoscono il valor delle monete, e battono moneta p̃ l’ambasciatori loro, à finche possano commutar cõ le pecunia il vitto, che nõ ponno portare; e fãno venir d’ogni parte del mondo mercanti à loro per smaltire le cose soverchie, e nõ vogliono danari, se nõ merci di q̃lle cose, ch’essi nõ hanno e se rideno qń li fanciulli, che donano tanta robba p̃ poco argento; ma nõ li vecchi. Non vogliono, che schiavi ò forastieri infettino la Città di mali costumi, però vendono quelli che pigliano in guerra, ò li mettono à cavar fossi, et far esercitÿ faticosi fuor della Città, dove semp̃ vanno quattro squadre di soldati à guardare il territorio, et quelli che lavorano, uscendo dalle quattro porte, le qual’hanno le strade de mattoni sin al mare p̃ condotta delle robbe, e facilità delli forastieri, alli quali fanno gran carezze, li dãno mangiare per trè giorni, li lavano li piedi, li fã veder la Città, e l’ordine loro, entrar in conseglio, et a mensa, e ci sono huoĩ deputati à guardarli; e se vogliono farsi cittadini li provano un mese nelle ville, et uno nella Città, e cossì poi risolveno; e lo ricevono con certe cerimonie, e giuramenti; l’agricoltura è in grã stima, nõ c’è palmo di terra, che nõ frutti; osservano li venti, e le stelle propitie; et escono tutti in campo armati ad arare, seminare, zappare, metere, ricogliere, e vindemiare con musiche, trombe, stendardi; et ogni cosa fanno frà pochissim’hore, et hanno le carra à vela, che caminano col vento, e qń nõ c’è vento una bestia tira un gran carro, bella cosa, et hanno li guardiani del territorio armati, p̃ li cãpi semp̃; poco usano letame all’horti, et a’ campi dicendo che li semi diventano putridi, e fan vita breve; come le donne imbellettate, e nõ belle per esercitio fanno prole fiacca; onde ne pur la terra imbellettano, ma ben l’esercitano, et hã gran secreti di far nascer p̃sto, e multiplicare, e nõ perder seme, e tengono un libro apposta di tal esercitio, che si chiama la Georgica. Una parte del territorio, quanto basta s’ara, l’altra serve per pascoli delle bestie. Hor questa nobil arte di far cavalli, buoi, pecore cani, et ogni sorte d’animal domestico, è un sommo preggio appresso loro come fu in tempo antico d’Abramo, e cõ modi li fan venire al coito, chi possano ben generare innanzi à cavalli pinti, o bovi o pecore, e nõ lasciano andar in campagna li stalloni con giumente, ma li donano a tempo oportuno innãzi alle stalle di campagna, osservano Sagittario in ascendente con buono aspetto di ♂ e ♃, p̃ li bovi, ♉, p̃ le pecore, ♈, secondo l’arte; hanno poi mandre di galline sotto le pleiadi, e papare, anitre, guidate a pascere dalle donne con gusto loro appresso la Città, e li luochi dove la sera son serrate, à far il cascio, e lattecinÿ, et butirÿ, e simili molto attendeno, et a castrati, et c’è un libro di quest’arte detto la Bucolica, et abondano d’ogni cosa, p̃che ogn’uno desidera d’esser primo alla fatica p̃ la docilità delli costumi e p̃ esser poca, e fruttuosa, et ogn’un di loro, ch’è capo di quell’esercitio s’appella Re, dicendo che questo è nome loro proprio, e nõ di chi non sà gran cosa, che huoĩ, et donne semp̃ vanno in squadra, mai soli, e semp̃ all’obedienza del capo si trovano senza nullo disgusto perche l’hanno come padre o fr̃llo maggiore. Hanno poi le montagne, e le caccie d’animali spesso l’esercitano. La marinaria è di molta reputatione, e tengono alcuni vascelli, che senza remi, e sensa vento caminano, et altri con vento, e remi. Intendeno assai le stelle, e flussi, e reflussi del mare e navigano per conoscer genti, e paesi, à nullo fan torto senza esser stimolati nõ combattono. Dicono che il Mondo si riducerà à vivere com’essi fanno, però cercano sempre sapere s’altri vive meglio di loro. Han confed.ne con li Chinesi, et con più Populi secolari, e del continente di Siàm, e de Cancacina e Calecut, solo per spiare. Hanno anco grã segreti di fuochi artifitiali per le guerre marittime, e terrestri, e stratagemmi, che mai nõ restan di vincere. Hosp. ma dimmi per tua fè come mãgiano, et quanto è longa la vita loro. G. Essi dicono, che prima bisogna mirare alla vita del tutto e poi delle parti. Onde quando edificano la Città, posero i segni fissi nelli quatr’ angoli del mondo. il Sole in ascendente in ♌, et ♃ in ♌ orientale dal Sole, e ☿ e ♀ in ♋, ma vicini che facean satellitio, ♂ nella nõa in ♈ che mirava di sua casa con felice aspetto l’ascend. et l’Afeta. et la Luna ☽ in ♉, che mirava di buono aspetto ☿ e ♀,22 e nõ facea aspetto □ al ☉. La ⊕ con il capo di Medusa in x quasi era; ond’essi s’augurano signoria, fermezza et grandezza. Et ☿, sendo in buono aspetto di ♍, et nell’asside suo, illuminato dalla ☽, non può esser tristo, ma sendo gioviale, la23 scienza loro nõ mendica; poco si curan d’aspettarlo in ♍, et la ☌. Hor essi mangiano carne diverse, mele, cascio, datteri, et herbe diverse; et prima nõ volevano uccidere gli Animali parendoli crudeltà; ma poi vedendo che era pur crudeltà ammazzare l’herbe ch’han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte p̃ le nobili, e mangiano ogni cosa, nõ però uccidõ volentieri gli Animali fruttuosi, come bovi e cavalli. Hanno però distinti li cibi utili dalli disutili, et secondo la medicina si serveno Una fiata mangiano carne, una pesce, et una herbe, poi tornano alla carne per circolo, per nõ gravare et estenuare la natura. Li vecchi han cibi più digeribili, e mangiano tre volte il giorno e poco, li fanciulli quatro, la Comunità due. Viveno almeno cent’anni, al più cento settanta o doicento al rarisso e son molti temprati nel bevere; vino nõ si dona a’ fanciulli sino alli 19 anni senza gran necessità, e bevono, ma cõ aqua et così alle donne. Li vecchi da 50 anni in sù lo beveno senz’aqua, ma quando haño da fare qualche consiglio, ò giud.o, vi mettono acqua. Mangiano secondo la portione tassata dal Capomedico che ha cura. Usano assai gli odori. La mattina quando si levano si pettinano et lavano con aqua fresca tutti, poi metteno maiorana, ò petrosino, ò menta, e se la fregano nelle mani, et li vecchi usano incenso e fanno l’oratione breviss. alcuante come il Pater noster, et escono et vanno e chi a far una cosa, e chi un altra, poi si riducono alle prime letioni, poi al tempio, poi escono all’esercitio, poi riposano poco sedendo e vanno a magnare. Tra loro non c’è podagre, ne chiragre, ne voglie coliche, ne sciatiche ne catarri ne flati perche questi nascono dalla distillatione et in flatione et essi fa l’esercitio purgano ogni flato et humore. Onde è tenuto à vergogna che uno si vegga sputare dicendo che quello nasce da poco esercitio, da poltroneria et dal magnar ingordo. Patiscono più tosto l’infiamationi, e spasmi secchi, alli quali con la copia del buon cibo e bagni sovvengono, et all’hetica con bagni dolci, et latticinÿ, e stan in campagne amene in bello esercitio. Morbo venereo nõ può allignarsi perche si lavano spesso li corpi con vino et ogli aromatici, et il sudore leva quell’infetto vapore che putrefà il sangue, e le medolle. Nè tisici si fanno, p̃ nõ essere distillatione che caschi al petto; e molto meno Asma, poi che humori grossi ci vuole à farla. Curano le febri ardenti con aqua fresca: l’efimere solo con odori, e brodi grassi, ò con dormire, ò con suoni, et allegrie. Le terzane con levar sangue e cõ reubarbaro, ò simili attrattivi, e cõ bevere aque di radiche d’herbe purgãti et acetose; raro vengono a medicina purgante Le quartane son facili à sanare per paure subbite: per herbe simili all’humore, ò opposite; e mi mostrano certi secreti mirabili di quelle. Delle continue tengono conto assai, e fann’osservanze di stelle e d’herbe, e preghiere a Dio per sanarle; quintane, sestane, ottane poche si trovano dove non ci sono humori grossi. Usano li bagni, et olÿ all’usanza antica; e ci trovano molti più secreti per star retto, sano, gagliardo. Si sforzano cõ quest’et altri modi aiutarsi contra il morbo sacro, che ne pateno spesso. Hosp. segno d’ingegno grade ond’Hercole, Socrate, Machometto, Callimacho ne patiro. G. e l’aiutano con preghiere al cielo, e cõ oddi e confortamenti della testa, e cossi acide, et allegrelle, e brodi grassi sparsi di fiore di farina. nel condire le vivande nõ han pari con macis, mele, butiro, e cõ aromati assai, che ti confortano grandemỹ. Non beveno annevato, ne anche caldo come li Chinesi perche nõ han bisogno d’aiutarsi contro l’humori in favor del calore: ma lo confortano cõ aglio pesto, et aceto, sergillo, menta, e basilico, l’estate, e nella stanchezza; hanno un secreto di rinovar la vita ogni sett’anni senz’afflittione con buon’arte. Hosp. Non hai ancora detto delle scienze, e dell’officiali, che molto desidero sapere. G. Sì, ma poiche sei tanto curioso ti dirò di più. Ogni nova ☽, et ogni oppositione sua fanno consiglio dopo il sacrificio, e cqui entrano tutti da venti anni in su, e si dimanda ad ogn’uno che cosa manca alla Città, e quale officiale è buono, e quale è tristo. Dopo ogn’otto dì si congregano tutti l’officiali, che sono l’☉ Pot., Sap., Am. et ogn’un di questi hà trè officiali sotto di sè, che sõ dodici, et ogn’uno di quelli, trè altri che fan 4, e q̃lli han l’officio dell’arti convenienti à loro; il Potesta della militia. Sap. delle scienze, Am. del vitto generatione, vestito, et educatione, e li mastri d’ogni squadra cioè caporioni, decurioni, centurioni si dell’huõi come delle donne, e si ragiona di quel che bisogna al pubco, e s’eleggono l’officiali nominati nel consiglio grande. Dopo ogni dì fà consiglio ☉, e li trè principi delle cose occorrẽti e confirmano, ò conciano quel che s’è trattato nell’elettione, e l’altri bisogni. Non usano sorti, se non qǹ son dubi in modo, che non sanno a qual parte pendere. Questi officiali si mutano secondo la volontà del popolo s’inchina: ma li quattro primi nò, se nõ qǹ essi stessi per consiglio fatto tra loro cedeno à chi veggono saper più di loro, et haver più purgato ingegno; e son tanto docili, e buoni, che volentieri cedeno a chi più sà, et imparano da quelli, ma questo è di raro assai. Li capi principali della scienza sono soggetti al Sapientia, altro che il metafisico, ch’è esso ☉., che à tutte scienze comanda come architetto, et hà vergogna ignorare cosa alcuna al modo humano: sotto à lui sta il Gramco, il Logico, il Fisico, il medico, il politico, l’Economico, il morale, l’Astronomo, l’Astrologo, il Geometra, il Cosmografo, il musico, l’Aritmetico, il Poeta, l’Oratore, il Prospettivo, il pittore, scultore; sott’Amore stà il Genetario, l’Educatore, il Vestiario, l’Agricola, l’Armentario, il Pastore, il Cicurario, il gran Coquinario; Sotto potest. Il stratagemmario, il Campione, il ferrario, l’Armario, l’argentario, il monetario, l’ingegnere, mastrospia, mastro cavallarizo, il gladiatore, l’artigliero, il frombolario e il Giustiziere. E tutti questi hanno li particolari artefici soggetti. Hor cquì hai da sapere ch’ogn’uno è giudicato da quello dell’arte sua, talch’ogni capo dell’arte è giude e punisce d’esilio, di frustra, di vituperio, di nõ mangiar in mensa comune, di nõ andar in Chiesa ne parlar alle donne. Ma quand’occorre caso ingiurioso, l’homicidio si punisce con morte, et occhio per occhio, naso p̃ naso, si paga per la pariglia qǹ è caso pensato: qǹ è rissa subitania si mitiga la sentenza: ma nõ dal giude perche condanna subito secondo le leggi, ma dalli tre principi, e s’appella pur’al ☉. per grã nõ p̃ giusta, e quello può far la grã. Non tengono carcere, se nõ p̃ qualche ribello nemico un torrione. Non si scrive processo, ma in pr̃za del giudice, e del Potest. si dice il prò, et contra, e subito si condanna dal Giudice, e poi dal Podestà, se s’appella il sequente dì se condanna, e poi dal ☉. il terzo dì s’aggratia, o condanna, e nõ puo morire se tutto il popolo à man comune nõ l’uccide, che boia nõ hanno, ma tutti lo lapidano, o brugiano, facendo ch’esso si leghi la polvere per morir subito, e tutti piangono, e pregano Dio che plaghi l’ira sua dolendosi, che sian venuti a secar un mẽbro infetto dal capo della Repub. e fanno di modo che esso stesso accetti la sentenza, e disputano cõ lui fintanto ch’esso convinto dica che la merita: ma qǹ è cosa contra la libertà, ò contra Dio, o contra l’officiali maggiori sensa misericordia s’eseguisce, q̃sti solo si puniscono con morte, e quel che more ha da dire tutte le cause perche nõ deve morire, e li peccati dell’altri, e dell’officiali, dicendo quelli mentano peggio, e se vince lo mandano in esilio e purgano la Città con preghiere, sacrificÿ, et amẽde ma nõ però travagliano li nominati; li falli di fragilità e d’ignoranza si puniscono solo cõ vituperÿ, e cõ farli imparare à contenersi, e q̃ll’arte in cui peccò, ò in altra e si trattano in modo che par l’uno mẽbro dell’altro. E qui è da sapere, che l’un peccatore sẽsa aspettare accusa va da se stesso all’officiali ad accusarsi, e dimandar mercede lo liberano dalla pena dell’occulto peccato, sia chi si vuole, mentre nõ fu accusato. Si guardan’assai dalla calunia per nõ patir la medesima pena. E p̃chè quasi semp̃ stanno accompagnati, ci vuol cinq̃ testimonÿ à convincere, se nõ se libera col giuramento, ma se due altre volte è accusato da doi, ò trè testimi al doppio paga la pena. Le leggi son pochissime tutte scritte in una tavola di rame alla porta del tempio cioè nelle colonne, nelle quali ci sono scritte tutte le quidità delle cose in frecce, che cosa è Dio, che cosa è ang̃lo, che cosa è mondo, stella, homo, & con gran sale. E d’ogni virtù la diffinitione: e li giudici d’ogni virtù hãno la sedia in quel luoco qǹ giudicano, dicono, ecco tu peccasti contra questa diffinitione; leggi: e cossi lo condannano, o d’ingratitude, e di pigritia, o d’ignoranza. E le condanne sono certe, vere medicine più che pene, e di soavità grande. Hosp. Hor dir si bisogna delli Sacerdoti, sacrificÿ, e credenze loro. G. Sommo Sacerdote è ☉, e tutti l’officiali sono sacerdoti parlando delli capi. et officio loro è purgar le coscienze, onde tutti si confessano à quelli: et essi imparano che sorte de peccati vegnano, e si confessano alle trè maggiori tanto li peccati proprÿ, quãto strani in genere sensa nominare, e li trè si confessano ad ☉, il quale conosce che sorte d’errori correno, e soviene alli bisogni della Città, e fà à Dio sacrificio, et orationi, à cui esso confessa li peccati suoi e di tutto il popolo pubblicamỹ in sù l’altare ogni volta che s’è necessario per emendarli, sensa nominare alcuno, e cossi assolve il popolo ammonendolo, che si guardi da q̃lli errori. E confessa li suoi in publico, e poi fà sacrificio a Dio, che voglia assolvere tutta la Città et ammaestrarla, e difenderla. Il Sacrificio è questo, che dimanda al popolo, chi se vuol sacrificar p̃ li suoi membri, e cossi un dì q̃lli più buoni si sacrifica, et il sacerdote lo pone sopra una tavola ch’è tenuta da quattro funi, che stano a quattro girelle dalla cupola, e fatta l’oratione a Dio, che riceva quel sacrificio nobile, volontario, humano (nõ di bestie involontarie come fanno li Gentili) fa tirar le funi, et questo saglie in alto alla cupoletta, e cqui si mette in oratione, e se li dà da mangiare parcamỹ fin à tanto che la Città è espiata, et esso cõ orationi, e digiuni p̃ga Dio, che riceva il pronto sacrificio suo, e cossi dopo venti, ò trẽta giorni placata l’ira di Dio torna a basso p̃ le parti di fuori, e questo è semp̃ honorato, e ben voluto, p̃ch’esso si dà p̃ morto, ma Dio nõ vuol che muora. Di più vi stanno ventiquattro sacerdoti sopra il tẽpio, li quali à mezza notte, à mezo di la matina, e la sera cantan’alcuni salmi à Dio; e l’officio loro è di guardar le stelle, e notare con astrolabÿ tutti li movimenti loro, e l’effetti che producono; onde sanno in che paese che mutatione è stata, et hà da essere, e questi dicono l’hore della generatione, e li giorni del seminare e racogliere, e servono come mezani trà Dio, e l’huõi, e d’essi p̃ lo più si fãno l’☉ e serveno gran cose, e investigano scienze; nõ vengono a basso se nõ p̃ mangiare con donne nõ s’impacciano, se nõ qualche volta p̃ medicina del corpo. Và ogni dì ☉ in alto, e parla cõ loro di quel ch’hanno investigato sopra il beneficio della Città e di tutte le nationi del mondo. In tempio a basso semp̃ hà d’essere uno che faccia onore à Dio et ogn’hora si muta, come noi facciamo le quaranta hore, e questo si dice continuo sacrificio. Dopo mãgiare si rendeno gratie a Dio cõ musica, e poi si cantano gesti d’Heroi Christiani, Hebrei, Gentili e di tutte le nationi p̃ spasso, e per godere. Si cãtano hinni d’amore, di sapientia, e d’ogni virtù. Si piglia ogn’uno quella che più ama, e fanno alcuni balli sotto chiostri bellissimi. Le donne portano li capelli lunghi inghirlandati, e tutti in un groppo in mezo la testa, et una treccia: gl’huõi solo un cerro, un velo, e berrettino. Usano cappelli in campagna, in casa berrette bianche, ò rosse, ò varie secondo l’officio, et arte che fanno, e l’officiali più grande, e pompose. Tutte le feste loro sono quattro principali cioè quand’entra il Sole in ♈, in ♋, ♎, et ♑. e fanno gran rapresentationi belle, e dotte, et ogni ☌, et ☍ di ☽ fanno certe feste, e nelli giorni che fundano la Città, et hebbero gran Vittorie fanno il medesimo cõ musica di voci femenine, e cõ trombe, e tamburi, et artigliarie, e li poeti cantano le laudi delli più virtuosi, ma chi dice bugia in laude è punito; nõ si può dir poeta chi finge menzogne trà loro, perche questa licenza dicono ch’è ruina del mondo. Non si fà statua à nullo se nõ dopo che muore, ma vivendo si scrive nel libro dell’Heroi. Chi hà trovato arti nuove, o secreti d’importanza, ò fatto gran beneficio in guerra, ò pace al publico, no s’ atterrano li corpi morti ma se brugiano per levar la peste, e convertirsi in fuoco cosa tanto nobile, e viva, che vien dal Sole, et à lui torna, e p̃ nõ restar sospetti d’idolatria restano pitture solo, ò statue di grand’huõi, e quelli mirano le donne formose ch s’applicano all’uso della razza. L’oratione si fà à quattro angoli del mondo horizentali, e la matina prima a levante poi à ponente, poi ad Austro, et in ultimo a Settentrione. La sera al riverso prima à ponente, poi a levante poi a settentrione, et in ultimo ad Austro; e ne replicano solo un verso che dimanda corpo sano, mente sana à loro, et à tutte genti, e beatitudine, e conclude come par meglio a Dio. Ma l’oratione attentamỹ è lunga; si fà in cielo però l’altare è tondo, et in croce spartito per dov’entra ☉. Dopò le quattro ripetitioni, e prega mirando in tuto, questo lo fanno p̃ grã misterio. Le vesti ponteficiali sono stupende di bellezza e significato a guisa di quelle d’Aron. Distingueno li tempi secondo l’anno tropico, nõ siderio ma semp̃ notano quanto anticipa questo di tempo. Credeno ch’il sole semp̃ cali à basso, e però facendo più stretti circoli arriva alli tropici et equinotÿ prima che l’anno passato: ò vero pare arrivare che l’occhio vedendo più basso in obligo, lo vede prima giungere, et obliquare. Misurano i mesi cõ la luna e l’anno con il Sole, e però nõ accordano questi cõ q̃lla fin al decimo nono anno qǹ pur 🐉 finisce il suo corso; del che han fatto nuova Astronomia, laudano Tolomeo, et ammiravano Copernico (benche Aristarco e Filolao prima dell’altri) ma dicono che l’uno fà il cõto con le pietre, e l’altro cõ le fave, ma nullo con le stesse cose contate, e pagano il mondo di scudi di conto, e nõ d’oro, però essi cercano assai sottilmỹ questo negotio, perch’importa a saper la fabrica del mondo, e se perirà, e quando; e credeno esser vero quello che disse Christo delli24 segni delle stelle, li quali alli stolti nõ paiono, ma li veniva come ladro di notte, il fin delle cose: onde aspettano la rinovatione di secoli, e forse il fine. Dicono ch’è gran dubio sapere s’il mondo fu fatto di nulla, ò delle ruine d’altri mondi, o del Chaos. ma par verisimile che sia fatto anzi di certo. Son nemici d’Aristotele, e l’appellano pedante. Honorano il sole e le stelle come come cose viventi, e statue di Dio, e tempÿ celesti, ma nõ l’adorano, e più honorano il Sole. Nulla creatura adorano de latria altro che Dio, e però à lui serveno solo sotto l’insegna del Sole, ch’è insegna, e volto di Dio, da cui viene la luce, il calore, et ogn’altra cosa, però l’altare è come un sole fatto; e li sacerdoti pregano Dio nel Sole, e nelle stelle, e chiamano l’angioli buoni per intercessori, che stanno nelle stelle vive case loro, perche le bellezze sue Dio le mostrò più in cielo, e nel sole come suo trofeo, e statua. Negano l’[Heretici]25 centrici, et epicicli di Tolomeo, e di Copernico; affermano che sia un solo cielo, che li pianeti da sè si muoveno, et alzino quãdo al sole s’opponeno, ò congiungono p̃ la luce maggiore che riceveno, et abbassino nelle quadrature, et per quello pareno le stelle tarde di ♄, ♈, ♂, ♀, ☿, di retrogradare in questi tempi che fann’altro circolo e nel alzare paiono gire adietro, e cossi si veggono perch’il stellato cielo corre velocemỹ in 24 hore, et ess’ogni di restano più à dietro talche sendo passate dal cielo paiono tornare, ma la ☽ velocissima in ☌, et ☍ non par tornare ma solo tardare, et alquanto oscura, ma contiene il nero, e par bugia; scriverò altrove meglio, perch’il primo cielo nõ è più di lei veloce, onde nõ pare retrograda; ma solo tarda, e cossi si vede che ne epicicli, ne ecẽtrici ci voleno à farl’alzare e retrocedere, e cossi pur nel calore si fanno retrogradi perche nõ correno col primo cielo, ma abbassano, onde restano adietro li trè pianeti primi; Del sole poi rendeno la causa fisica che nel settentrione s’alza per contrastar la terra dov’essa prese forza, mentre esso scorse nel merigio, qñ fù il primo del mondo talche in settembre bisogna dire che sia stato fatto il mondo come l’Hebrei, e Caldei antichi, nõ li moderni excogitano, e cossi alzando p̃ rifar il suo stà più giorni in Settentrione che in Austro, e par salire in eccentrico & Tengono dai Principÿ fisici il sole padre, e la t̃ra madre e l’aere essere cielo impuro, et il fuoco venir dal sole; et il mare esser sudor della t̃ra liquefatta dal sole: e l’unir l’aere con la terra com’il sangue, il spirito col corpo humano; et il mondo esser’animale grande, e noi star intra lui, come i vermi nel ñro corpo, e però noi appartenemo alla providenza di Dio, e non del mondo, e delle stelle perche rispetto à loro siamo casuali, ma rispetto à Dio, di cui essi sono stromenti siamo previsti, et provisti, però à Dio solo havemo l’obligo di Signore, di Padre, e di tutto. Tengono per certa cosa l’immortalità dell’anima, et che s’accompagni morendo cõ spiriti buoni, e rei secondo il merito, ma li luochi delle pene, e premÿ nõ l’hanno pertanto certe; ma assai ragionevole pare che sia il cielo, et li luochi sotterranei. Stanno anche molto curiosi di sapere se queste pene sono eterne, ò nò. Di più son certi che vi siano angeli buoni, e tristi, com’avviene frà l’huõi; ma quello, che sarà di loro aspettano aviso dal cielo. Stanno26 in dubio se ci siano altri mondi fuor di questo; ma stimano pazzia il dire che nõ ci sia niente, perche il niente ne dentro ne fuori del mondo è, et Dio infinito nõ comporta il niente seco. Fanno à metafisici principÿ delle cose l’Ente, ch’è Dio, et il niente che è il mancamento d’essere come condittione sensa cui nulla si fà, perche nõ si faria se fusse, dunque non era quel che si fà. Dal correr’al niente nasce il male, il peccato, però il peccatore si dice annichilarsi, et il peccato hà cause deficiente, nõ efficiente, la deficienza è il medesimo, che mancanza, cioè è ò di poter, ò di saper, ò di volere, et in questo ultimo mettemo il peccato, perche chi può, e sà ben fare deve volere, perche la volontà nasce da loro, ma nõ è contra. Qui ti stupisci che adorano Dio in Trinità, dicendo ch’è som̃a possanza, da cui procedere somma sapienza, e d’essi entrambi sommo Amore; ma nõ conosceno le persone destinte, e nominate al modo ñro, perche nõ hebbero revelationi, ma sanno, che in Dio c’è processione, e relatione da sè a sè. E cossi tutte cose compongono di possanza, sapienza, et Amore in quanto han l’essere; d’impotenza, insipienza et disamore in quanto pendeno dal nõ essere, e per quelle meritano, per queste peccano, ò di pecato di natura nelli primi, ò d’arte in tutti dui, e cossi la natura particulare pecca nel far i mostri per impotenza, ò ignoranza; ma tutte queste cose sono intese da Dio Potentissimo. Sapientissio et Ottimo, onde in lui null’ente pecca, e fuor di lui si, ma nõ si và fuor di lui se nõ per noi nõ per lui: perche in noi la deficienza è in lui l’efficienza. ond’il peccare è atto di Dio in quanto hà essere, et efficienza, ma in quanto hà nó essere, e deficienza, nel che consiste la quidità d’esso peccare è in noi. Hosp. oh come sono arguti. G. s’io havesse tenuto à mente, e nõ havesse prescia e paura io ti sfondecaria gran cose; ma perdo la nave se nõ mi parto. Hosp. per tua fè dimmi questo solo, che dicono del peccato d’Adamo. G. essi confessano, che nel modo ci sia gran corruttela, e che l’huõi si reggono follemỹ e nõ con ragione, e ch’i buoni pateno, e i tristi reggono; benche chiamano infelicità quella loro, perch’è annichilarsi mostrarsi quel che nõ è; cioè d’essere Rè, d’esser buono, d’esser savio. Dal ch’argomentano che ci sia stato gran scompiglio nelle cose humane; e staccano p̃ dire con Platone, che li cieli prima giravano dall’occaso, là dove adesso è il Levante, e poi variano. Dissero anche che può essere che governi qualche inferior virtù, e la prima lo permetta, ma quello pur stimano pazzia, più pazzia è dire, che prima resse ♄ bene, e poi ♃ ma confessano, che l’età del mondo soccedono secondo l’ordine de pianeti, e credeno, che la mutanza dell’assi27 d’ogni mill’anni, ò mill’e cinquecento variano il mondo et questa ñra età par che sia di ☿, se ben le ☌ magne l’intravariano: finalmỹ dicono che è felice il Christiano, che si contẽta di credere, che sia avvenuto per il peccato d’Adamo, e credeno che dalli padri alli figli corr’il male più della pena chè della colpa, ma da i figli al padre torna la colpa perche trascurano la generatione, la fecero fuori di tempo, e luogo, in peccato, e sensa scelta di genitori, ò trascurano l’educatione, che mal l’indottrinano, però essi attendeno assai à questi doi punti, e dicono che la pena, e la colpa redonda alla Città tanto de figli, quanto de padri, però nõ si vedeno bene, e par ch’il mondo si vegga à caso, ma chi mira la costruttione del mondo, la notomia del huõ (come si fanno de condennati à morte anatomizandoli) e delle bestie e delle piante, e gl’usi delle parti, e particelle loro è forzato à confessare la providenza di Dio ad alta voce; però si deve l’huõ molto dedicare alla vera religione, et honorar l’autor suo, e questo nõ può ben fare, chi nõ investiga l’opere sue, e nõ attende à ben filosofare, e chi nõ osserva le sue leggi sante. Quel che nõ vuoi per té nõ far’ad altri, e quel che vuoi per té fà tu il medesimo, dal che ne segue, che se dalli figli, e dalle genti noi cercamo honore alli quali poco damo assai più dovemo noi à Dio; da cui tutto recevemo, in tutto siamo e p̃ tutto che sia semp̃ lodato. Hosp. Se questi che segueno solo la legge della natura son tanto vicini al Christianesimo, che nulla cosa aggiungeno alla legge naturale se nõ li sacramenti, io cavo argomento da questa relatione, che la vera legge è la christiana, che tutti l’abusi sarà Signora del mondo, e che però li spagnoli trovano il resto del mondo, bench’il primo trovatore fù il Colombo ũmo Genovese per unirlo tutto ad una legge: e questi filosofi saranno testim̃ della verità eletti da Dio, e vedo che noi nõ sappiamo quel che facemo, ma siamo instrumenti di Dio. Quelli vanno p̃ avaritia di danari cercando nuovi paesi, ma Dio intende più alto fine. Il sole cerca struggere la tr̃a nõ far piante, et huõi ma Dio si serve di loro in questo. Sia laudato. G. e se sapessi che cossi dicono p̃ astrologia, e per li stessi profeti ñvi, et hebrei, et altre genti di questo secolo ñvo: ch’ha più historia in cent’anni che nõ habbe il mõdo in quattro mila, e più libri si fecero in questi cento, ch’in cinq̃ milia, e dell’inventioni stupendo della calamita e stampe, archebugi, gran segni dell’unità del mondo, e com’entrando in ♋ l’asside di ☿ à tẽpo che le ☌ magne si facevano in ♋, fece queste cose inventare per la ☽ e ♂ ch’in quello segno valeno al navigare novo novi regni, e novi armi. Ma entrando l’asside di ♄ in ♑ pur segno di mutatione sarà gran Monarchia nova, e di leggi reforma, e dicono ch’a Christiani questo apporterà grand’utile, ma prima si svelle, e monda, poi s’edifica e pianta. Habbi pacienza, ch’ho da fare questo sappi, ch’hanno trovato l’arte del volare che sola manca al mondo & Hosp. Oh, oh, oh, mi piace, ma ♋ è segno feminile di ♀ et ☽, e che può far di bene? G. essi dicono che la femina porta fecondità di cose in cielo, e virtù mãco gagliarda rispetto à noi haver dominio. Onde si vede ch’in questo secolo regnano le donne, come l’Amazoni trà la Nubia, e il Monopotapa; e trà l’Europei la Rossa in Turchia, la Bona in Pollonia, Maria in Hungaria, Elisabeth in Inghilterra, Catherina in Francia, Margarita in francia, Maria in Scotia, Camilla in Roma: el Poeta di questo secolo incominciò dalle donne dicendo, Le donne, i Cavalieri, l'armi, e l’amori & e l’huõi s’affeminano, e si chiamano Vossignoria. Et in Africa dove regna ♋ oltre l’Amazone ci sono in Fezt, e Maroch li bordelli dell’affeminati publici, e mille sporchezze. Non però restò per esser tropico segno ♋ et esaltazione di ♃ et elevatione del Sole, e di ♂ trigone: si come p̃ la ☽, e p̃ ♀ hà fatto la nova inventione del mondo, e la stupenda maniera di girar tutta la tr̃a, e l’Imperio donnesco et p̃ ☿, e ♂ le stampe, et archibugi di non far anche di leggi gran mutamento, che nel mondo novo et in tutte le marine d’Africa, et Asia australi è intanto il Christianesimo per ♃ et ⊙, et in Africa la legge del Serifo p̃ la ☽ et ♂ in Persia quella de Allè rinovata dal Sophi con mutamenti imperio in tutti questi paesi. Ma in Germania, Francia, et Inghilterra entrò l’Heresia per esser essi a ♂, et alla ☽ inchinati e Spagna p̃ ♃, et Italia p̃ il ⊙, à cui sottostamo per ♐ et ♌ segni loro restano nella bellezza della legge Christiana pura, et quante cose saranno più d’hora innanzi, e quãto imparai da questi savÿ, cioè sopra l’asside di ♃ in ♎ aereo mobile casa di ♄, e ♀ et ☿ padre dell’arti; et inventioni, e sopra la ☌ magna, che sarà in ♐ casa di Giove e del ⊙; e sicome per ♋ aqueo se trova la navigatione cossi per ♒ aereo il volare si trovava, e perche segueno dopo la ☍ magna l’eclissi in ♈, et ♎ segni equin con l’alternatione dell’asside faran case stupende in confirmar il decreto della ☌ magna, e muta tutto il mondo, e rinovalo, ma per tua fè non mi trattenere più ch’ho da fare, sai come stò di prescia non ti lo potresti imaginare. Un'altra volta questo si sappi, ch’essi tengono la libertà del arbitrio, e dicono che s’in quarant’hore di tormento un huõ nõ si lascia dire quel che si risolve tacere, manco le stelle, ch’inclinano con modi lontani ponno sforzare, ma perche nel senso suavemỹ fanno mutanza, chi segue più il senso, che la ragione è soggetto à loro. Onde la costellatione, che da Luthero cadavero cavò vapori infetti; da Giesuini nostri, che pur al suo tempo cavano odoros’esalationi di virtù. et a Fernando cortese che prolungò il Christianesimo in Messico nel medesimo tempo. Ma di quanto è per seguire presto nel mondo t’el dirò un’altra fiata. L’Heresia è opera sensuale, come dice S. Paolo, e le stelle nelli sensuali inchinano a quella, nelli rationali alla vera legge santa della prima ragione semp̃ laudanda. Amen. Hosp. di gratia non ti partire segui quello mi prometti adesso che è tempo, che mi sarà di soma Gratia. G. non posso, non posso. |
Ospitalario, Genovese marinaro
Nel che io restai confuso per le ragioni sue e la prova di quelli fanciulli, ch’intendevano la mia lingua; perché d’ogni lingua sempre han essi tre che la sappiano. E tra loro non c’è ozio nullo, se non quello che li fa dotti; che però vanno in campagna a correre, a tirar dardi, sparar archibugi, seguitar fere, lavorare, conoscer l’erbe, or una schiera, ed or un’altra. Li tre officiali primi non bisogna che sappiano se non quell’arti che all’officio loro appartengono. Onde hanno l’arti comuni a tutti, istoricamente imparandole; e poi le proprie, dove più si da uno ch’un altro. Così il Potesta saperà l’arte cavalieresca, fabricar ogni sorte darmi, così di guerra, machine, arte militare, ecc. Ma tutti questi officiali han d’essere filosofi di più, ed istorici naturalisti, ed umanisti.
Si dona a ciascuno il suo piatto. E li medici hanno cura di dire alli cochi in quel giorno, qual sorte di vivanda conviene; e quale alli vecchi, quelle alli giovani, e quale all’ammalati; e l’officiali hanno la miglior parte, e mandano spesso in tavola del loro a chi più s’ha fatto onore la matina nelle lezioni, e dispute delle scienze, e d’armi. E questo si stima per grande onore, e favore. E nelle feste fanno cantar una musica pur in tavola. E perché tutti metteno mano alli servizi, mai non si trova che manchi cosa alcuna. Son vecchi savi soprastanti a chi cocina; et nelle7 stanze; nelli vasi, e nelle vestimenta stimano assai la politia Vesteno dentro camisa bianca di lino, sopra8 un vestito con giubbone, e calze insieme sensa pieghe; e spaccato per mezo dal lato, e di sotto e poi imbottonato. Ed arriva la calza sin al tallone, a cui si pone un pedal grande come bolzacchino, e la scarpa sopra; e son ben attillate, che quando si spogliano la sopravveste si scerneno tutte le fattezze della persona. Si mutano le vesti quattro volte varie, qando il Sole entra Cancro, e Capricorno Ariete e Bilancia; e, secondo la complessione, e decenza sta al medico di distribuirle col vestiario di ciascun girone, ed è cosa mirabile che in un punto hanno quante vesti vogliono grosse, sottili, secondo il tempo ecc. Veston tutti di bianco, ed ogni mese si lavan le vesti col sapone, o bugata quelle di tela. Tutte le stanze sottane officine, cucine, granari, guardarobbe, dispense, vivandari, e lavatori ma si lavano nelle pile delli chiostri, l’acqua si getta per le latrine, o canali che vanno a quelle. Hanno in tutte le piazze delli gironi le loro fontane, che tirano l’acque dal fondo solo con muover un legno, onde esse spicciano per li canali, v’è acqua sorgente; molta nelle conserve a cui vanno le piogge per li canali delle case, passando per arenosi acquedotti; si lavano le persone loro spesso, secondo il maestro, e il medico ordina. L’arti si fanno tutte ne chiostri di sotto, e le speculative di sopra, dove sono le pitture; e nel tempio si leggono nell’atri di fuori son orologi di Sole, e di squille per tutti i gironi, e banderuole per saper li venti.
Se alcune di queste donne non concipeno con uno, la mettono con altri. Se poi si trova sterile si può accomunare, ma non ha l’onor delle matrone in consiglio della generazione, e nella mensa e nel tempio, e questo lo fanno perch’essa non procuri la sterilità per lussuriare. Quelle che hanno concepito per quindici giorni non s’esercitano, poi fanno leggeri esercizi per rinforzar la prole, e aprir li meati del nutrimento a quella. Partorito ch’hanno, esse stesse allevano li figli in luochi comuni, per due anni lattando, e più, secondo pare al Fisico. Dopo si smamma la prole, e si dona in guardia delle mastre se son femine, o delli mastri con gli altri fanciulli. E qui s’esercitano al’alfabeto, a caminare correre, e lottare; o vero alle figure istoriate. Ed han vesti di color vario e bello. Alli sett’anni si donano alle scienze naturali, e poi all’altre, secondo pare all’officiali, e dopo di questo si metteno in meccanica. Ma li figli di poco valore si mandano alle ville e quando riescono poi si riducono alla Città. Ma per lo più sendo generati nella medesima generazione li contemporanei sono di virtù consimili, e di fattezze, e di costumi, e s’amano grandemente, e aiutano l’un l’altro. Li nomi loro non si mettono a caso, ma dal metafisico secondo la proprietà, come11 usavano li Romani: onde altri si chiamano il bello, altri il nasuto, altri il peduto, altri bieco, altri Crasso ecc. ma quando poi diventano eccellenti nell’arti loro o fanno qualche prova in12 guerra, s’aggiunge il cognome dall’arte, come Pittor Magno, Aureo, eccellente, gagliardo, dicendo Crasso aureo, ecc. o pur dall’atto, dicendo: Crasso forte, astuto, vincitore, magno massimo. E dal nemico vinto come Africano, Asiano, Tosco, & manfredi, Tortelio dall’aver superato Manfredi o Tortelio ecc. E questi nomi s’aggiungono dall’officiali grandi, e si donano con una corona conveniente all’atto, o arte sua, con applauso, e musica, e si vanno a perdere per quest’applausi, perch’oro, e argento non si stima, se non come materia di vasi o di guarnimenti comune a tutti.
Devesi sapere ch’essi han tutte sorti d’armi apparecchiate nell’armarii, e spesso si provano quelle in guerre finte; hanno per tutti li gironi18 nell’esterior muro, l’artellerie, e l’archebugi preparati; e molti altri cannoni di campagna che portano in guerra, e così sopra le carra le conducono, l’altra munizione nelli muli, e bagaglie. E se sono in campo aperto, saranno le bagaglie in mezo, e l’artegliarie combatteno gran pezzo, e poi fanno la ritirata, e il nemico credendo, che cedeno s’inganna, perch’essi fanno ala, e pigliano fiato e lasciano l’artegliaria, spartata, e poi tornano alla zuffa contra nemici scompigliati. Usano fare li padiglioni alla Romana con steccati, e fossi intorno con gran prestezza, ci sono li mastri di bagaglie, d’artegliarie, e dell’opere; tutti soldati sanno maneggiare la zappa, e la scure. Vi son cinque, otto o dieci Capitani di consiglio di guerra e di stratagemme che comandano alle squadre loro19 secondo insieme si consigliano. Sogliono portar seco una squadra di fanciulli a cavallo per imparar la guerra, e incarnarsi,20 come lupaccini al sangue: e ne pericoli si ritirano, e molte donne con loro. E dopo la battaglia esse donne, e fanciulli fanno carezzi alli guerrieri, li medicano, serveno, abbracciano e confortano, e quelli per mostrannosi valenti alle donne, e figli loro fanno gran prove. Nell’assalti, chi prima saglie il muro ha dopo in onore una corona di gramigna con applauso militare delle donne, e fanciulli, chi aiuta il compagno ha la corona civica di quercie; chi uccid’il tiranno, le spoglie opime, che porta al tempio; e si dona dal Sole il cognome dell’impresa; usano li Cavalieri una lancia, due pistole avanti cavallo, di mirabil tempra, e stretti in bocca, che per ciò fanno gran passata, e hann’anche lo stocco, altri portano la mazza, e questi sono l’uomini d’arme, perché, non potendosi ferire una armatura con spada, o con pistola assaltano il nemico con la mazza com’Achille21 contra Cigno, e lo sconquassano e gettano, ha due catene la mazza inpunta, a cui pendeno due palle, che menando, circondano il collo del nemico, tirano e gettano, e per poterla manegiare, non tengono briglia con mani, ma con li piedi incrocicciata in la sella, e avvinchiata nell’estremo alle staffe, non alli piedi, per non impedirsi e le staffe han di fuori la sfera, e dentro il triangolo onde il piè torcendo ne lati le fan girare ché stà affibbiate alli staffili; e cossì tirano a sé o allungano il freno con mirabil prestezza, e con la destra torceno à sinistra et in contra; questo secreto manco i Tartari hann’inteso, che tirare e torcere non sanno con le staffe. Li cavalli leggeri cominciano con schioppi, e poi entrano l’aste, e le frombole, delle quali tengono gran conto; e usano combattere per fila intessute, andando altri, e altri aretrandosi avicenna, e hanno li squadroni saldi delle picche per fermezza del corpo, e le spade all’ultima prova. Ci son poi li trionfi militari ad uso di Romani, e più belli, e li supplicazioni ringraziatorie. E si presenta al tempio il Capitano, e si narrano li gesti dal Poeta, o Istorico, ch’andò con lui: e il princepe lo corona, e a tutti li soldati fa qualche regalo e onore, e per molti giorni sono assenti dalle fatiche publiche. Ma essi l’hanno a male, che non sanno star oziosi, e aiutano l’altri. All’incontro questi, che per loro colpa han perduto si ricevono con vituperio, e chi fu il primo a fuggire non può scampar la morte se non quando tutto l’esercito dimandi la sua vita, e ognuno piglia parte della pena, ma poco s’ammette tal’indulgenza e se non v’è gran ragione. Chi non aiutò l’amico, o fece atto vile è frustato. Chi fu disobidiente si pone a morire dentro a un palco di bestie con un bastone in mano, e se vince li leoni e l’orsi, ch’è impossibile torna in gratia. Le Città superate, o date a loro subito mettono ogni cosa in in comune, e riceveno l’officiali solari, e la guardia, e si van sempre acconciando all’uso della Città del Sole maestra loro, e mandano li figli ad imparare in quella, sensa contribuire a spese. Saria lungo dirti del mastro delle spie, e sentinelle dell’ordini loro fuori, e dentro la Città, che ti li puoi pensare, che sono eletti da bambini secondo l’inclinazione e costellazione vista nella genitura loro. Onde ognuno operando secondo la proprietà sua naturale fa bene quell’esercizio e con piacere per esserli naturale. Così dico delle stratagemme, e altri. La Città di notte e di giorno ha le guardie nelle quattro porte, e nelle mura estreme su li torrioni, e valguardi, e il giorno al più le femine, la notte i maschi guardano; e questo lo fanno per non impoltronire e per li casi fortuiti; han le vegilie come li nostri soldati divise di tre in tre ore, la sera entrano in guardia, usano le caccie per imagini di guerra, e li giuochi in piazza a cavallo, e a piedi ogni festa, e poi segue la musica, ecc. Perdonano volentieri a’ nemici, e dopo la vittoria li fanno bene, se gettano mura, o voglion’occider i capi, o altri tutto fann’in un giorno, e poi li fanno buoni, li fanno bene, e dicono che non si deve far guerra se non per fare l’uomini buoni, e non per estinguerli. Se tra loro c’è qualche gara d’ingiuria, o d’altro, perch’essi non contendono se non d’onore; il principe e i suoi officiali puniscono il reo secretamente. S’incorse ad ingiuria di fatto dopo le prime ire, se di parole aspettano in guerra a difinirle dicendo che l’ira si deve sfogare contra li nimici; e chi fa più atti eroici quelli è tenuto, che abbia ragione nell’onoranza, e l’altro cede. Ma nelle cose del giusto ci son le pene ecc. però in duello di mano non ponno venire. E chi vuol mostrarsi migliore faccialo in guerra publica.
Hanno poi le montagne, e le caccie d’animali spesso l’esercitano. La marinaria è di molta reputazione, e tengono alcuni vascelli, che senza remi, e sensa vento caminano, e altri con vento, e remi. Intendeno assai le stelle, e flussi, e reflussi del mare e navigano per conoscer genti, e paesi, à nullo fan torto senza esser stimolati non combattono. Dicono che il Mondo si riducerà a vivere com’essi fanno, però cercano sempre sapere s’altri vive meglio di loro. Han confederazione con li Cinesi, e con più Populi secolari, e del continente di Siàm, e de Cancacina e Calecut, solo per spiare. Hanno anco gran segreti di fuochi artificiali per le guerre marittime, e terrestri, e stratagemmi, che mai non restan di vincere.
E tutti questi hanno li particolari artefici soggetti. Or qui hai da sapere ch’ognuno è giudicato da quello dell’arte sua, talch’ogni capo dell’arte è giudice e punisce d’esilio, di frustra, di vituperio, di non mangiar in mensa comune, di non andar in Chiesa ne parlar alle donne. Ma quand’occorre caso ingiurioso, l’omicidio si punisce con morte, e occhio per occhio, naso per naso, si paga per la pariglia quando è caso pensato: qundo è rissa subitania si mitiga la sentenza: ma non dal Giudice perché condanna subito secondo le leggi, ma dalli tre principi, e s’appella pur’al Sole. per grazia non per giustizia, e quello può far la grazia. Non tengono carcere, se non per qualche ribello nemico un torrione. Non si scrive processo, ma in presenza del giudice, e del Potestà si dice il pro, e contra, e subito si condanna dal Giudice, e poi dal Podestà, se s’appella il sequente dì se condanna, e poi dal Sole il terzo dì s’aggrazia, o condanna, e non può morire se tutto il popolo a man comune non l’uccide, che boia non hanno, ma tutti lo lapidano, o brugiano, facendo ch’esso si leghi la polvere per morir subito, e tutti piangono, e pregano Dio che plaghi l’ira sua dolendosi, che sian venuti a secar un membro infetto dal capo della Republica. E fanno di modo che esso stesso accetti la sentenza, e disputano con lui fintanto ch’esso convinto dica che la merita: ma quando è cosa contra la libertà, o contra Dio, o contra l’officiali maggiori sensa misericordia s’eseguisce, questi solo si puniscono con morte, e quel che more ha da dire tutte le cause perché non deve morire, e li peccati dell’altri, e dell’officiali, dicendo quelli mentano peggio, e se vince lo mandano in esilio e purgano la Città con preghiere, sacrifici, e amende ma non però travagliano li nominati; li falli di fragilità e d’ignoranza si puniscono solo con vituperi, e con farli imparare a contenersi, e quell’arte in cui peccò, o in altra e si trattano in modo che par l’uno membro dell’altro. E qui è da sapere, che l’un peccatore sensa aspettare accusa va da sé stesso all’officiali ad accusarsi, e dimandar mercede lo liberano dalla pena dell’occulto peccato, sia chi si vuole, mentre non fu accusato. Si guardan’assai dalla calunia per non patir la medesima pena. E perché quasi sempre stanno accompagnati, ci vuol cinque testimoni a convincere, se non se libera col giuramento, ma se due altre volte è accusato da doi, o tre testimoni al doppio paga la pena. Le leggi son pochissime tutte scritte in una tavola di rame alla porta del tempio cioè nelle colonne, nelle quali ci sono scritte tutte le quidità delle cose in frecce, che cosa è Dio, che cosa è angelo, che cosa è mondo, stella, uomo, ecc, con gran sale. E d’ogni virtù la diffinizione: e li giudici d’ogni virtù hanno la sedia in quel luoco quando giudicano, dicono, ecco tu peccasti contra questa diffinizione; leggi: e cossi lo condannano, o d’ingratitudine, e di pigrizia, o d’ignoranza. E le condanne sono certe, vere medicine più che pene, e di soavità grande.
Distingueno li tempi secondo l’anno tropico, non siderio ma sempre notano quanto anticipa questo di tempo. Credeno ch’il sole sempre cali a basso, e però facendo più stretti circoli arriva alli tropici ed equinozi prima che l’anno passato: ò vero pare arrivare che l’occhio vedendo più basso in obligo, lo vede prima giungere, ed obliquare. Misurano i mesi cõ la luna e l’anno con il Sole, e però non accordano questi con quella fin al decimo nono anno qǹ pur 🐉 finisce il suo corso; del che han fatto nuova Astronomia, laudano Tolomeo, et ammiravano Copernico (benche Aristarco e Filolao prima dell’altri) ma dicono che l’uno fà il conto con le pietre, e l’altro con le fave, ma nullo con le stesse cose contate, e pagano il mondo di scudi di conto, e non d’oro, però essi cercano assai sottilmente questo negozio, perch’importa a saper la fabrica del mondo, e se perirà, e quando; e credeno esser vero quello che disse Christo delli24 segni delle stelle, li quali alli stolti non paiono, ma li veniva come ladro di notte, il fin delle cose: onde aspettano la rinovazione di secoli, e forse il fine. Dicono ch’è gran dubio sapere s’il mondo fu fatto di nulla, o delle ruine d’altri mondi, o del Caos. Ma par verisimile che sia fatto anzi di certo. Son nemici d’Aristotele, e l’appellano pedante. Onorano il sole e le stelle come come cose viventi, e statue di Dio, e tempi celesti, ma non l’adorano, e più onorano il Sole. Nulla creatura adorano de latria altro che Dio, e però a lui serveno solo sotto l’insegna del Sole, ch’è insegna, e volto di Dio, da cui viene la luce, il calore, et ogn’altra cosa, però l’altare è come un sole fatto; e li sacerdoti pregano Dio nel Sole, e nelle stelle, e chiamano l’angioli buoni per intercessori, che stanno nelle stelle vive case loro, perché le bellezze sue Dio le mostrò più in cielo, e nel sole come suo trofeo, e statua. Negano centrici, e epicicli di Tolomeo, e di Copernico; affermano che sia un solo cielo, che li pianeti da sè si muoveno, e alzino quando al sole s’opponeno, o congiungono per la luce maggiore che riceveno, e abbassino nelle quadrature, e per quello pareno le stelle tarde di Saturno, Ariete, Marte, Venere, Mercurio, di retrogradare in questi tempi che fann’altro circolo e nel alzare paiono gire adietro, e cossi si veggono perché il stellato cielo corre velocemente in ventiquattro ore, e ess’ogni dì restano più a dietro talché sendo passar dal cielo paiono tornare, ma la Luna velocissima in congiunzione, et opposizione non par tornare ma solo tardare, et alquanto oscura, ma contiene il nero, e par bugia; scriverò altrove meglio, perch’il primo cielo no è più di lei veloce, onde non pare retrograda; ma solo tarda, e cossi si vede che ne epicicli, né ecentrici ci voleno a farl’alzare e retrocedere, e cossi pur nel calore si fanno retrogradi perche nõ correno col primo cielo, ma abbassano onde restano adietro li tre pianeti primi; Del sole poi rendeno la causa fisica che nel settentrione s’alza per contrastar la terra dov’essa prese forza, mentre esso scorse nel merigio, quando fu il primo del mondo talché in settembre bisogna dire che sia stato fatto il mondo come l’Ebrei, e Caldei antichi, non li moderni excogitano, e cossi alzando per rifar il suo sta più giorni in Settentrione che in Austro, e par salire in eccentrico. Tengono dai Principi fisici il sole padre, e la terra madre e l’aere essere cielo impuro, et il fuoco venir dal sole; e il mare esser sudor della terra liquefatta dal sole: e l’unir l’aere con la terra com’il sangue, il spirito col corpo umano; e il mondo esser’animale grande, e noi star intra lui, come i vermi nel nostro corpo, e però noi appartenemo alla providenza di Dio, e non del mondo; e delle stelle perché rispetto a loro siamo casuali, ma rispetto a Dio, di cui essi sono stromenti siamo previsti, e provisti, però a Dio solo avemo l’obligo di Signore, di Padre, e di tutto. Tengono per certa cosa l’immortalità dell’anima, et che s’accompagni morendo con spiriti buoni, e rei secondo il merito, ma li luochi delle pene, e premi non l’hanno pertanto certe, ma assai ragionevole pare che sia il cielo, e li luochi sotterranei. Stanno anche molto curiosi di sapere se queste pene sono eterne, o no. Di più son certi che vi siano angeli buoni, e tristi, com’avviene fra l’uomini; ma quello, che sarà di loro aspettano aviso dal cielo. Stanno in dubio se ci siano altri mondi fuor di questo; ma stimano pazzia il sire che non ci sia niente, perché il niente ne dentro ne fuori del mondo è, et Dio infinito non comporta il niente seco. Fanno a metafisici principi delle cose l’Ente, ch’è Dio, e il niente che è il mancamento d’essere come condizione sensa cui nulla si fa, perché non si faria se fusse, dunque non era quel che si fa. Dal correr’al niente nasce il male, il peccato, però il peccatore si dice annichilarsi, e il peccato ha cause deficiente, non efficiente, la deficienza è il medesimo, che mancanza, cioè è o di poter, o di saper, o di volere, e in questo ultimo mettemo il peccato, perché chi può, e sa ben fare deve volere, perché la volontà nasce da loro, ma non è contra. Qui ti stupisci che adorano Dio in Trinità, dicendo ch’è somma possanza, da cui procedere somma sapienza, e d’essi entrambi sommo Amore; ma non conosceno le persone destinte, e nominate al modo nostro, perché non ebbero revelazioni, ma sanno, che in Dio c’è processione, e relazione da sé a sé. E cossi tutte cose compongono di possanza, sapienza, e Amore in quanto han l’essere; d’impotenza, insipienza e disamore in quanto pendeno dal non essere, e per quelle meritano, per queste peccano, o di pecato di natura nelli primi, o d’arte in tutti dui, cossi la natura particulare pecca nel far i mostri per impotenza, o ignoranza; ma tutte queste cose sono intese da Dio Potentissimo, Sapientissimo et Ottimo, onde in lui null’ente pecca, e fuor di lui si, ma non si va fuor di lui se non per noi non per lui: perché in noi la deficienza è in lui l’efficienza. Ond’il peccare è atto di Dio in quanto ha essere, e efficienza, ma in quanto ha non essere, e deficienza, nel che consiste la quidità d’esso peccare è in noi.
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- ↑ 1,0 1,1 "ancini", ndt.
- ↑ 2,0 2,1 Interpretazione incerta, ndt.
- ↑ 3,0 3,1 Oscillazione del gruppo ti usato per indicare probabilmente una pronuncia postalveolare dell'affricata sorda.
- ↑ 4,0 4,1 esser, lacuna, ndt.
- ↑ 5,0 5,1 disegni, cancellato ndt.
- ↑ 6,0 6,1 Interpretazione non chiara, ndt.
- ↑ 7,0 7,1 [nelli?], ndt.
- ↑ 8,0 8,1 [poi], ndt.
- ↑ 9,0 9,1 Annotazione sul margine sinistro, ndt.
- ↑ 10,0 10,1 Annotazione sul margine sinistro, ndt.
- ↑ 11,0 11,1 che, modificato nel manoscritto, ndt.
- ↑ 12,0 12,1 di modificato nel manoscritto, ndt.
- ↑ che nõ, cancellato, ndt.
- ↑ 14,0 14,1 amo, cancellato, ndt.
- ↑ 15,0 15,1 Dittografia, solo solo per solo, ndt.
- ↑ 16,0 16,1 e lancia, cancellato, ndt
- ↑ 17,0 17,1 Dittografia, come [...] come, ndt.
- ↑ 18,0 18,1 giorni per gironi, refuso cancellato, ndt.
- ↑ 19,0 19,1 facendo insieme si, cancellato, ndt.
- ↑ 20,0 20,1 Dittografia, incarnarnasi per incarnarsi, ndt.
- ↑ 21,0 21,1 Parola cancellata, ndt.
- ↑ 22,0 22,1 Refuso, simbolo di Mercurio, probabilmente per Venere, ndt.
- ↑ 23,0 23,1 Dittografia, la, ndt.
- ↑ 24,0 24,1 del, cancellato fine riga, ndt.
- ↑ Heretici, cancellato, ndt.
- ↑ Possibile lettura Hanno in dubio' ecc., ndt
- ↑ astri, cancellato, ndt
- ↑ Sul manoscritto: 7, NdT.
- ↑ che non, cancellato, ndt.
- Testi in cui è citato Euclide
- Testi in cui è citato Archimede
- Testi in cui è citato Maometto
- Testi in cui è citato Aristotele
- Testi in cui è citato Platone
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