La Famiglia De-Tappetti/VIII - De-Tappetti al veglione

Da Wikisource.
VIII — De-Tappetti al veglione

../VII - Il Natale ../IX - Rivolta femminile IncludiIntestazione 12 settembre 2008 75% letteratura

VII - Il Natale IX - Rivolta femminile


[p. 72 modifica]

VIII.


De-Tappetti al veglione.


Sono le otto di sera e la signora Eufemia De-Tappetti non connette più. Agenore salta sulle sedie. Policarpo ha promesso di condurli, tutt’e due, al veglione del Costanzi.

La seta di un vecchio ombrello, prendendo la forma d’un prodotto assai comune della ceramica nazionale, sarà la cuffia della signora Eufemia: il resto del costume da maschera è composto d’una cortina e d’un vecchio scialle a scacchi neri e rossi, ridotto a qualche cosa che potrebbe essere classificata appena tra il dominò e il sacchetto della tombola.

Il costume di Agenore è, forse, meno [p. 73 modifica]splendido quanto ai particolari, ma di elegante e incantevole semplicità.

Egli ha indosso un paio di mutandine sue, una camicia della mamma legata alla [p. 74 modifica]cintura; un cachenez di papà messo a tracolla; infine un cappello conico, formato di gazzette, incollate una sull’altra, con rabeschi di carta dorata, il cui costo non può essere inferiore ai due soldi, senza contare una costellazione d’ostie da lettere, attaccate dalle mani stesse del genitore.

Il quale, quanto a sè stesso, ha deciso di non alterare le proporzioni quotidiane della persona.

Egli ha detto:

— Un funzionario dello Stato non può comecchessia obliterare la compagine individuale, e tu stesso, figlio mio, impara che, arrivati ad una certa età, se continui ancora a mangiare le ostie del cappello, ti mando subito a letto su due piedi, e anche sopra il mio.

L’andata dei coniugi De-Tappetti al veglione è un avvenimento per il vicinato.

La signora Eufemia, verso il meriggio, era scesa a comprare spilli e fettuccie, spesa [p. 75 modifica]molto notata dalla cicoriara che sta sul portone; e poi la stessa signora Eufemia aveva detto al norcino:

— Più tardi manderò la serva a prendere una costoletta di maiale; badate che sia buona, poichè stasera dobbiamo andare al Costanzi.

Al momento della partenza, casa De-Tappetti pare una maledizione. Policarpo, con gli occhi di fuori, ha un pezzo di sapone in una mano e la scatolina del grasso lucido nell’altra. Agenore strilla che gli cascano le calze. Policarpo sputa sul sapone, e lo strofina contro le scarpe. Accortosi dello sbaglio, butta lungi il sapone, corre alla catinella, e vi immerge la scatola del grasso lucido, per lavarsi le mani.

La signora Eufemia pare una spiritata: ella non fa che gridare:

— Dio mio, questi balli saranno la mia rovina.

Finalmente tutto è in ordine. La signora [p. 76 modifica]Eufemia s’è messa in testa la cuffia, e Agenore ha mangiato le ultime ostie rosse. Policarpo dà il braccio destro alla sua signora, prende per mano il bambino, e scendono in istrada, fra i susurri delle lavandaie, della cicoriara, del norcino e dell’orzarolo, il quale si mette a gridare:

— Fate largo, chè passa il tabernacolo....

Trafelati, con la lingua di fuori, le scarpe piene di fango, i De-Tappetti arrivano al Costanzi, dopo un’ora di cammino.

Ballottato dalle maschere, trascinato in mezzo a ondate di giovanotti, Policarpo conserva, a stento, la sua proverbiale dignità. Dopo una quantità di guai, i coniugi De-Tappetti riescono a penetrare nella platea. La signora Eufemia resta incantata. Dice che le pare di essere in chiesa. Agenore non vede nulla e pretende di salire sulle spalle del babbo. Policarpo resiste, Agenore piange e pesta i piedi. Per farla finita, Policarpo lo prende in collo. Ma una quantità di ma[p. 77 modifica]schere circonda la famiglia De-Tappetti e le dà la baia. Policarpo alzando gli occhi al cielo ha la fortunata ispirazione di salire in galleria.

Quivi respira. Eufemia si mette a sedere, Agenore può vedere tutto quanto, e tempesta di domande il genitore.

— Papà! che cos’è quella luce bianca? [p. 78 modifica]

— È la luce elettrica.

— Come la fanno?

— Mediante una combinazione chimica: si mettono a bagno i carboni, s’avvicinano i poli, s’accende un fiammifero davanti a uno specchio, si gira la corda di bengala, e allora viene l’ingegnere Sfondrini, e dice: questa è la luce elettrica.

— Anche il gaz è una luce elettrica?

— No, figlio mio. Il gaz non è altro che il risultato della compagnia che lo fabbrica, e che si chiama gazometro: poi lo chiudono nei tubi, e lo portano al Municipio, chi ne vuole va dal sindaco, paga, e si fa dare la pressione, che gli serve anche di ricevuta.

— Papà! guarda quella mascherina bianca.... la vedi? perchè quel signore le ha dato un bacio?

— Egli è un suo fratello, che le dà l’addio, essendo in procinto di partire per l’America. [p. 79 modifica]

— Policarpo — bisbiglia la signora Eufemia con accenti di terrore — mi si sono rotti parecchi uncinetti: mi casca.... tutto.... quanto.

— Per amor di Dio!

— Vedi un po’ di trovarmi degli spilli!

— E dove vuoi che te ne trovi?

— Papà: che significa tutte quelle figure nel soffitto?

— Sono le nove muse... dovevi badarci prima d’uscire di casa.... quelli sono i cavalli che tirano i carri del sole.... ti casca sempre qualche cosa!.... quest’altro è il genio della commedia.... bella figura facciamo, perdio!... il mare coi cigni rappresenta la mitologia.... vedi, se puoi aggiustarti in qualche modo.... e quelle nere che ballano, sono altre nove muse.... ce la fai! ce la fai?

— Non è possibile.

— Papà, papà.

— Ma stai zitto un momento, non vedi che la mamma si demolisce? [p. 80 modifica]

I coniugi De-Tappetti scendono con precipitazione. La signora Eufemia si regge le gonnelle, Agenore si fa trascinare come un carretto e giunto nel vestibolo, indica la statua di Giulio Cesare e grida:

— Papà, chi è quell’uomo nero?

— Quell’uomo è un imperatore romano, il quale.... il quale....

— Il quale che?

— Il quale, figlio mio, se me lo domandi ancora una volta t’arriva un paio di schiaffi.