La Zecca di Reggio Emilia/Capitolo II

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Capitolo II

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Capitolo I Capitolo III

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CAPITOLO II.


Gli Estensi fino a Borso. — Il Comune chiede a questi facoltà di aprire una zecca di moneta minuta che non è poi messa in esecuzione. — Ercole I. — La zecca speciale dei bagattini. — Gl’incisori dei conii Antonio Magnani, Giacomo e Lazzaro Martelli, Battista Parolari alias Sforzani. — La zecca del 1492. — Il locale della zecca. — Marco e G. Battista Cacci. — Nel 1500 Taddeo Zacchetti assume l’appalto dei bagattini. — Nuova battitura di monete di piccolo valore nel 1502. — Il duca impone che i conii siano incisi a Ferrara. — Giannantonio da Foligno orefice e medaglista li eseguisce.

Alla morte di Ottobono Terzi parmense, signore di Reggio, ucciso nel 1409 dopo quattro soli anni di signoria, la città cadeva sotto il dominio del Marchese Nicolò d’Este che seppe approfittare del momento per attuare il suo progetto di impossessarsene. Nicolò d’Este governò fino al 1442, nel qual anno cessò di vivere. Gli successe Leonello, uno dei suoi figli naturali che, morendo anzi tempo nel 1450, lasciò erede universale Borso. Questi nel 1452 veniva fatto duca di Reggio e Modena da Federico III d’Austria. Durante tutto questo tempo a Reggio non si battè moneta e vi ebbe corso quella ferrarese.

Soltanto dal tempo di Borso ricominciamo ad avere notizie sull’argomento che trattiamo. Nel 1460, [p. 183 modifica]per le esigenze del commercio locale, il Comune deliberava di chiedere al duca la facoltà di battere mille o millecinquecento lire di moneta minuta, e a questo scopo tre degli Anziani venivano eletti per formulare i capitoli secondo cui regolare la nuova coniazione. 11 permesso del principe al quale spettava il diritto di concessione di batter moneta e che non di rado si riserbava la facoltà d’imporre gì’ incisori dei conii, era necessario. Quando già il Comune di Reggio si credeva sicuro della concessione e aveva ordinato di far condurre in città un valente fabbricatore di monete, a troncare le speranze arrivava una lettera di Borso del 18 aprile dello stesso anno, che rifiutava di accettare in pagamento delle entrate le monete che si volevan battere. La nuova coniazione non potè quindi venire eseguita.

È questa l’unica notizia della zecca reggiana sotto il dominio di Borso, nel cui tempo è probabile che l’officina sia rimasta inoperosa; ciò è avvalorato dal fatto di non conoscersi monete reggiane del suo periodo.

Con maggiori particolari è dato invece seguire la storia della nostra zecca, dal tempo di Ercole I (succeduto al fratello nel 1471) in avanti.

Al 1477 rimonta la prima battitura dei bagarini, zecca speciale di rame puro e che, caso singolarissimo nella storia delle zecche italiane, restò sempre distinta dalla zecca vera e propria dell’oro e dell’argento.

Nella seduta del 3 marzo di quell’anno, gli Anziani stabilivano di chiedere al duca il permesso di coniare della nuova moneta minuta per soddisfare ai bisogni del piccolo commercio: la nuova moneta sarebbe stata di bagattini di puro rame, e di due qualità: gli uni, tali che due di essi equivalessero a un denaro e gli altri del valore di un denaro ciascuno.

[p. 184 modifica]Da l’un lato della nuova moneta si sarebbe impresso il diamante, insegna dell’Estense, e dall’altro l’arma della Comunità1. Furono inviati a tale scopo al duca degli incaricati anche per intendersi sulle modalità del conio. Nella seduta del 18 dello stesso marzo, gli oratori, già di ritorno, poterono riferire che il principe acconsentiva alla battitura dei bagattini e stabiliva che vi si imprimesse da un lato l’effigie sua o la sua insegna detta il Maxenino alias la Maxeneta e dall’altro lo stemma della Comunità. Si decise allora di scegliere tosto il maestro di zecca e che, quanto al peso delle nuove monete, dodici esemplari di esse dovessero equivalere ad un’oncia 2. Nell’altra seduta del 23 dello stesso mese il numero dei bagattini da coniarsi fu fissato in quattrocento o cinquecento lire3.

Il primo incisore dei bagattini di cui s’abbia notizia è Antonino Magnani orefice reggiano ricordato più volte per lavori da lui eseguiti, nelle carte della Tesoreria del Comune.

Egli fu nei primi anni dell’apertura della zecca dei bagattini il fabbricatore dei conii, coadiuvato poi da Giacomo di Francesco Martelli. Ciò si rileva da una supplica che quest’ultimo, nel 1486, dopo la morte del Magnani, dirigeva ai sovrastanti della zecca, nella quale, dicendo di aver aiutato il Magnani per più anni, domandava la concessione della zecca dei bagattini per quattro anni. A questo scopo prometteva di dar compiti i conii in ragione di sei soldi per lira di oncie dodici e in numero di 146 per libra, stampati in modo che non sia homo in reco che li sapese meglio farli; di lavorare quanto ai soprastanti piacesse, di [p. 185 modifica]consegnare di mano in mano i bagattini stampati; di custodire in ogni circostanza le stampe e non consegnarle in altre mani che in quelle dei soprastanti sotto pena di lire io e di perdere la condotta4. Il Comune accettò i patti e nominò il Martelli appaltatore della zecca dei bagattini per un anno5. Da un’altra carta però in data 21 agosto 1486 risulta che i bagattini da coniarsi pesavano ogni 160 una libbra e che per la loro battitura Giacomo Martelli fu coadiuvato dal fratello Lazzaro6.

Un altro artista che aveva lavorato attorno ai conii dei bagattini è Battista Parolari alias Sforzani, orefice e fonditore reggiano, che circa nel 1486 prometteva di fare i bagattini per 10 soldi la libbra e di coniarli anche più belli di quelli fatti pel passato.

Veniamo ora a parlare della apertura della zecca principale di Reggio, alla quale convennero più volte artisti di grido per la fabbricazione dei conii delle monete d’oro e d’argento e delle cui vicende è dato poter raccontare quasi senza lacune, per l’abbondanza di importanti documenti che ne rimangono.

La zecca dell’oro e dell’argento, come quella dei bagattini, era data dal Comune in locazione e formava così un cespite importantissimo delle finanze cittadine. Al Comune spettava la sorveglianza pel buon andamento di questo ramo del pubblico servizio e a questo scopo si nominavano ogni anno i superstites cichae, cioè sei deputati e sovrastanti alla zecca fra i quali doveva essere un dottore in leggi, un notaio, un mercante e un cittadino esperto. Ciascun anno essi sceglievano, fra loro, due che dovevano rimanere [p. 186 modifica]in carica anche per l’annata prossima: gli altri scaduti venivano sostituiti con nuove nomine. L’incombenza di tali sovrastanti era di fare il contratto di locazione della zecca, nominare i depositari o assistenti che dovevano di continuo star presenti quando si battevano monete ed essere in rapporto col conduttore della zecca, dal quale dipendevano i maestri di zecca, o zecchieri. Gli assaggiatori invece venivano delegati dai soprastanti a fare le prove della bontà delle monete, delle quali davano una breve relazione scritta e in proporzione del loro lavoro venivano retribuiti dal Comune7.

Gli Anziani di Reggio adunque, nella seduta del 21 ottobre 1491, considerato il vantaggio grande di ottenere dal duca la facoltà di aprire una tal zecca, deliberavano di chiedergli di poter coniare due sorta di monete, l’una del valore di un soldo, l’altra del valore di sei denari, fino alla somma di cinquecento o mille ducati d’oro; poco dopo, nella seduta del 27 dicembre, fissavano le norme per facilitare l’attuazione del progetto8.

La risposta da Ferrara venne nel marzo del susseguente 1492 e fu favorevole. Il duca raccomandava che le nuove monete si facessero " de arzento fino et bono come se costuma in li altri luoghi„, affinchè potessero aver corso dovunque e più difficilmente potessero venir falsificate 9.

Sembra però che solo due anni dopo incominciassero i Reggiani a valersi del permesso ducale di batter monete, perchè soltanto dal 1494 i documenti accennano a un lavoro di zecca iniziato allora.

[p. 187 modifica]Da una lunga nota di spese per l’impianto della zecca e acquisto di bilancio, cesoie, catenacci, utensili e restauri di casse ferrate per custodire le monete, rilevo che si addattò a locale della zecca un pianterreno del palazzo del Capitano, nel centro della città.

Vedremo che solo più tardi il locale fu definitivamente trasportato in casa di messer Bartolomeo Zanelletti, nella parrocchia di S. Silvestro, corrispondente oggi al luogo dove si estende il ghetto degli ebrei10.

Il 7 giugno dello stesso 1494 il Comune bandiva inoltre una grida, invitando chiunque "a valersi a la dicta Cecha in fare battere ogni suo arzento et quello affinare et partir l’oro dall’arzento senza suspicione de inganno ni de fraudo alcuna„11.

L’appalto della zecca fu dato a Marco Cacci, bresciano, ma l’incisore dei nuovi conii fu il figlio di quegli, Giambattista, che aveva chiesta ed ottenuta la cittadinanza reggiana12. Questo incisore, a giudicare dalle monete che ne rimangono, esercitava l’arte sua con discreta abilità.

Vennero tosto mandati al duca come "una primizia et monstra „ della nuova moneta che s’era incominciata a battere, due soldi reggiani del valore di cinque quattrini l’uno e due altri del valore di dieci quattrini ciascuno, d’argento fino.

Il duca rispondeva tosto: "molto ni sono piaciute et ni pare che siano belle et che potrano capire in ogni loco et ve ne comendemo grandemente„. Consigliava anzi farne battere in grande quantità per maggior vantaggio del commercio13.

[p. 188 modifica]A quest’epoca, dopo la coniazione delle monete piccole d’argento, deve ascriversi la coniazione del testone reggiano, moneta da soldi sei di Reggio e cinque di Ferrara. Quando, parecchi anni dopo, colla lettera 7 Marzo 1502 il duca concedeva la nuova battitura, ne abbassava il corso di un denaro e permetteva che a questo tasso se ne potessero ribattere, quella moneta era già in corso da parecchio tempo14.

Incoraggiati dal favore del duca, gli Anziani, per mezzo degli eletti Aliprando Arlotti e Baldassarre de Lajata, tre anni dopo chiedevano la concessione di poter battere dei ducati d’oro coli’ impronta o l’insegna del duca e quella della Comunità, della bontà di peso di quelli Ferraresi, Fiorentini e Bolognesi; confermando ed ampliando la concessione data nel marzo del 1492.

Anche questa volta la risposta ducale fu favorevole e la battitura dei nuovi ducati d’oro, dei quali eseguì i conii ancora Giambattista Cacci, fu tosto iniziata15.

Questa moneta non arrivò fino a noi o almeno nelle più ricche collezioni non se ne conosce alcun esemplare. Soltanto se ne ha il disegno in una tariffa olandese e sarà descritta a suo luogo16.

Poco dopo, nell’anno 1500, aveva luogo una battitura di bagattini. Ne assunse l’appalto per un anno l’orefice reggiano Taddeo Zacchetti e i patti imposti della Comunità, dei quali rimane copia, furono i seguenti:

1.° che il locatario fosse tenuto coniare quel numero di bagattini che sarebbe stato fissato come [p. 189 modifica]necessario pel commercio della città e ducato di Reggio, col conio consueto della Comunità;

2.° che della nuova moneta "vadant centum quiguaginta sex ad libram et prò libra qualibet ponderis et non minus nec plus „ salvo ulteriori deliberazioni del Comune;

3.° che l’appaltatore fosse obbligato a presentare i bagattini coniati agli agenti del Comune, di tempo in tempo, a loro beneplacito;

4.° che non potesse venderli per suo privato uso ne presentarli sotto pena di una multa e di vedersi tolta la condotta 17.

L’artista reggiano si rimise tosto al lavoro e i documenti ne fanno cenno18.

Nel 1502, essendo insorte contestazioni cogli esattori delle imposte, il Comune mandava a Ferrara al duca Ercole tre delegati per ottenere una giusta limitazione delle monete in corso e per chiedere la facoltà di far coniare nuove monete di piccolo valore ad uso del popolo. Il duca rispondeva favorevolmente e con lettera 7 Marzo 1502 concedeva che si battessero pezzi da un soldo, due soldi e testoni del valore di soldi sette, denari tre, a moneta reggiana. I soldi dovevano avere per impronta lo stemma di Reggio e l’unicorno, impresa nota degli Estensi: i due soldi una mezza figura di S. Prospero, protettore della città e un’aquila, parte dello stemma ducale; i testoni da un lato l’immagine di Ercole 1 con la berretta in capo, dall’altro l’arme della Comunità.

Il duca però poneva la condizione che i nuovi conii fossero fabbricati a Ferrara, sotto pena di nullità della concessione.

[p. 190 modifica]Il Comune non potè quindi valersi dell’opera di Giambattista Cacci (il cui padre frattanto era passato alla zecca di Modena)19. Egli però conservò il posto di maestro della zecca e cercò a Ferrara un altro artista che volesse assumersi la delicata impresa della fabbricazione dei conii.

Il prescelto, come da documenti preziosi rilevò il Dott. Umberto Rossi, fu Giannantonio da Foligno, artista provetto in questo ramo e le cui monete sono ancora oggi ritenute fra le più belle del Rinascimento20.

I punzoni per la zecca di Reggio, terminati sulla fine di giugno del 1502, vennero spediti da Ferrara il 4 luglio e non fu piccola la difficoltà ch’ebbe a superare Giovanni Soavi agente di Reggio presso la corte ducale, per trovare una sicura occasione per farli trasportare, chiusi e legati in una cassetta, fino a Reggio. Il 12 dello stesso luglio gli Anziani finalmente scrivevano al Soavi che le stampe erano arrivate.

Giannantonio da Foligno ricevette in ricompensa quindici ducati d’oro larghi, corrispondenti a lire 56, soldi 15 di moneta reggiana e le stampe furono subito consegnate al nobile Alberto Caselini, depositario della zecca, che racchiusili in apposita cassetta serrata a chiave, ne ebbe speciale cura per l’avvenire.

La coniazione incominciò tosto e probabilmente continuò fino alla morte di Ercole I.

Note

  1. V. Documento VII.
  2. V. Documento VIII.
  3. V. Documento IX.
  4. V. Documento X.
  5. V. Documento XI.
  6. Arch. cit. — Carte di corredo alle Provvigioni.
  7. V. Arch. cit. — Provvigioni del Comune.
  8. V. Documento XII.
  9. V. Documento XIII.
  10. La chiesa di S. Silvestro sorgeva circa nel luogo dove ora sorge la Sinagoga.
  11. V. Documento XIV.
  12. Arch. cit. — Mandati di pagamento, 1497, 17 aprile, 31 ottobre.
  13. Arch. cit. — Carteggio degli Anziani, 12 giugno 1494.
  14. Ibid.
  15. V. in Appendice la descrizione delle monete.
  16. V. la descrizione delle monete.
  17. Arch. cit. — Com. Rif. 1500, c. 30 e 31.
  18. Arch. cit. — Coni. Rif. 1500. c. 34. v.
  19. G. Crespellani, Op. cit., pag. 16.
  20. Umberto Rossi, Lodovico e Giannantonio da Foligno orefici e medaglisti ferraresi, nella Gazzetta Numismatica, Anno VI, n. 9-11, da cui tolgo quanto riguarda le monetazioni di Giannantonio da Foligno per la zecca reggiana.