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La botte di sidro/Aspetto della folla (2)

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Aspetto della folla

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Octave Mirbeau - La botte di sidro (1919)
Traduzione dal francese di Anonimo (1920)
Aspetto della folla
I due viaggi Giorno di vacanze


Era la vigilia di Natale. Contrariamente alle poesie dei poeti e ai quadri cromolitografici, i quali vogliono che quel giorno il cielo sia color del piombo, le case e i giardini coperti di neve, la povera gente tremante di freddo, splendeva un bel sole caldo e lieto... un buon sole che indorava le case e i visi e carezzava le spalle dei vecchietti seduti sulle panchine della passeggiata in faccia al mare.

Le vie della città di C... erano piene di luce e i viandanti vi passeggiavano lentamente, pigramente, parati del loro bello e ridicolo abito domenicale...

Le officine erano deserte, le botteghe risplendevano, l’aria spandeva dovunque odori di arancio e di legno verniciato... Le vetrine, sontuosamente guarnite, offrivano con più pompa, più splendore e più malizia del consueto le loro varie e ripetute tentazioni, fiori più ricchi, gioielli più falsi, ghiottonerie più rare.

Non era gioia — la gioia non è mai tra le folle, sopratutto tra le folle in festa — ; era qualche cosa di grave e di raccolto, di quasi austero, di cui si sorprendeva la silenziosa espressione negli sguardi fermi davanti alle ghirlande di merletti, alle sete drappeggiate, agli scrigni scintillanti, ai trionfi di frutti canditi, ai maialetti di latte, grassi, rosei, lisci, canonicheschi, mollemente adagiati, con una rosa nel grugno, sopra un letto di foglie e di gelatina multicolori, preziosamente ornamentati. E ciascuno perseguiva un profondo sogno interiore, secondo la inclinazione della propria sensualità.

Elegantissima e graziosissima, una donna scese dalla propria vettura, davanti a un negozio di dolciere.

Era una signora forestiera, ma tuttavia conosciuta nella città, perchè essa ci tornava tutti gli anni a domandare al clima di C... e alla sua tranquilla esistenza, una salute che Parigi le negava con i suoi inverni tormentati e fangosi.

Ricca e generosa senza ostentazione, proprietaria d’una villa i cui giardini erano celebri e dove i poveri sapevano di trovar buona accoglienza, ella era amata, o piuttosto era rispettata, a cagione del suo lusso e delle spese che faceva nel paese... Ma incuriosiva la gente con le proprie abitudini, che non erano quelle di tutti ; apportava, in quella piccola città estremamente borghese, uno squisito profumo di libertà, un individualismo originale e grazioso, una cura di vivere per sè non per gli altri, tutte cose adatte a turbare gli abitanti incrostati nella mota dei vecchi pregiudizi e delle tradizioni decrepite... E poi, non era essa maritata ad un ebreo ?...

La signora entrò nel negozio già pieno di gente. Quella pasticceria, molto rinomata, nella quale si accumulavano le più bizzarre immaginazioni, scene di zucchero, aneddotti sentimentali in confetture, terribili episodi militari in frutti candidi, era il punto di richiamo di tutti i curiosi a spasso. Si andava là come a una rappresentazione a teatro o ad un panorama. La folla stazionava in permanenza davanti alla vetrina e vi si avvicendava tutto il giorno, ingombrando quella parte del marciapiede malgrado gli sforzi di una guardia civica per tenerlo sgombro a fine di permettere la circolazione.

Improvvisamente, profittando della distrazione generale, un essere assai miserabile, una specie di mendicante, scarnito, dalla pelle gialla, coperto di cenci, scorgendo sopra i cuscini della vettura, probabilmente dimenticata dalla signora, una bella borsa di velluto montata in oro, fece atto d’impadronirsene... Ma il cocchiere, voltatosi in tempo giusto, cacciò un gran grido :

— Al ladro !... Al ladro !...

La folla in estasi davanti alla vetrina, a quel grido si voltò... e subito tutte le facce si contrassero, con negli occhi un luccichio d’ebetismo selvaggio, e quasi di spavento...

— Che cosa ?... Che cosa ?... — gridò la folla.

Il cocchiere, terribile, con la bocca cattiva, ripetò :

— Al ladro !... Al ladro !...

Qualcuno domandò, mostrando i pugni :

— Qual’è il ladro ?

— Dov’è il ladro ?... — domandò un altro, i cui occhi sgranati esprimevano odio e paura.

Tutti si posero in atteggiamento di difesa e tutti, con una stessa voce compatta e fraterna, gridarono :

— Dov’è il ladro ?

— Là !... Là !... Eccolo !... — indicò il cocchiere.

E con la punta della frusta toccò la faccia scarnita del mendicante. Immediatamente, questi fu circondato e investito. Quaranta pugni si alzarono sopra lui... Venti bocche gli vomitarono addosso l’ingiuria :

— Ha rubato !... Ha rubato !...

— Che cosa ?... Che cosa ?... rubato che cosa ?

— Il delegato !... Il delegato !...

In quel momento appunto il delegato di pubblica sicurezza se ne andava a spasso con la propria famiglia. Vedendo un assembramento, pugni alzati, facce congestionate, si lanciò in mezzo.

— Che cosa c’è ?

— Ha rubato !.. Ha rubato !...

— Chi, ha rubato ?

— Il ladro, perbacco !

— Dov’è ?

— Eccolo là !... Eccolo là !..

— Che cosa ha rubato ?...

La folla non lo sapeva. Il cocchiere, contegnosissimo, spiegò :

— Ha rubato la borsa della signora !

E con la punta della sua frusta, ancora una volta, indicò la piccola borsa di velluto, la quale, afflitta da tanto baccano, si era nascosta tutta vergognosa in un angolo della vettura...

— Ah ! Ah ! — fece il funzionario, gravissimo — È abbominevole !.. Agguantatelo !... Si agguanti il ladro !... In prigione !...

— In prigione ! Sì... sì... in prigione !...

La folla battè le mani, esaltata dalla gioia della vendetta.

In quel momento l’elegante signora usciva dal negozio : si soffermò sulla soglia, stupita e inquieta per quell’agitazione... Ne domandò la causa... Fu acclamata.... alcuni cappelli, in segno di trionfo, ballarono sulla punta dei bastoni sollevati...

— È stato preso !... È stato preso !...

— È stato preso, chi ?... — interrogò la signora.

— Il ladro !... Il ladro !...

— Che ladro ?...

— Il ladro, perbacco !... Il ladro !...

Ma il delegato si avanzava, solenne, col cappello in mano...

— Sì, signora !... — disse, inchinandosi profondamente. — È stato preso, fortunatamente... Per la buona reputazione della città !...

La signora, sempre più stupita, ripetò :

— Chi è stato preso ?

— Il ladro !

— Quale ladro ?

— Il ladro che ha rubato la vostra borsa... Il suo caso è chiaro...

— Sì ! Sì ! — acclamò la folla.

— È un pezzente !... Un cencioso !...

— Sì !... Sì !...

— Sarà ben acconciato, ve lo garantisco !...

— Bravo !... Bravo !...

E la signora vide allora la piccola borsa nella sua vettura e il mendicante dalla faccia scarna, la cui spalla era artigliiata dalla mano brutale d’un poliziotto.

— In prigione !... — comandò il delegato.

— Sì !... sì... in prigione... picchiatelo !...

— Strappategli i capelli !...

— La pelle !...

— Sgozzatelo !...

La signera aveva tutto compreso... Disse :


— Perdonate, signor delegato... Non è cosa grave... non è niente... Poichè ho la mia borsa, non esigo che voi meniate questo pover’uomo in prigione...

La folla cominciò a mormorare... Si udirono qua e là degli « oh ! », degli « ah ! »...

— È impossibile altrimenti... signora — spiegò il delegato — ci vuole un esempio... per la buona reputazione della città...

— Non si tratta della buona reputazione della città... Io non sono lesa. Non sporgo nessuna denuncia... Vi domando di rendere la libertà a quell’uomo.

Il delegato si ostinò :

— La legge, signora... la città... il rispetto... il mio dovere... quale magistrato... quale cittadino...

— Rilasciate quest’uomo !...

Il brontollo si accentuò... Dapprima sguardi maravigliati... poi sguardi furiosi... poi sguardi pieni di astio si rivolsero su lei... Ella non li vide.

Alcune parole ingiuriose proruppero qua e là : ella non le intese.

Impazientita, con una voce imperiosa, essa ordinò :

— Voglio che rilasciate quest’uomo... Lo voglio !... È chiaro, questa volta ?

Nella folla ci fu un’esplosione : la collera, l’indignazione che fino allora si erano scagliate contro il mendicante, investirono la signora... Suonarono ben distinti oltraggi, sputi e ignobili minacce... Per qualche secondo la signora ebbe a sopportare qualcosa d’immondo, come lo stupro di tutta la sua persona compiutø da quella folla frenetica.

Un monello, con la bocca torta dagli insulti urlati, si precipitò alla brigli dei cavalli.

— Pitocca !

— Sgualdrina !

— Portatela via !

— Morte ai giudei !...

— Siete tanti selvaggi !... — urlò la signora.

Quindi se ne stette impassibile, sotto gli urli e i fischi, aspettando che fosse rimesso in libertà il pezzente.

Questo, con la facccia sanguinante... un lato della barba strappato... la testa nuda, essendo il suo cappello, il miserabile suo cappello, ruzzolato su strada..., si allontanò... tremante, sulle gambe scarne...

Allora soltanto la signora, tutta fremente, risalì nella vettura, inseguita dagli ingiuriosi urli di quella folla ai cui artigli le sue gracili dita di donna avevano strappato e messo in salvo un poco di carne umana.