La chioma di Berenice (1803)/Considerazione III

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Considerazione III. Diana Trivia

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Gaio Valerio Catullo - La chioma di Berenice (I secolo a.C.)
Traduzione di Ugo Foscolo (1803)
Considerazione III. Diana Trivia
Considerazione II Considerazione IV
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considerazione iii

Diana Trivia.

Dalla favola si deve ritrarre la storia; poiché la favola non è se non tradizione oscura di cose avvenute, e può avere assai circostanze false, ma non può essere fondata sul falso. Lo storico deve ricavare le sue congetture dalle passioni umane, dalla perpetua e costante successione delle cose, dai detti degli autori e de’ tempi più rischiarati per la storia, i quali possono illustrare il passato ch’eglino aveano meno lontano di noi. Sopra queste fondamenta mi proverò di dimostrare che Diana fu una delle prime divinità, e la prima forse, alla quale le antiche genti abbiano celebrato riti ed eretti templi. [p. 163 modifica] Primamente la storia di tutte le nazioni ci mostra che le prime adorazioni furono offerte al Sole ed alla Luna.

Esaminando il corso e le azioni della Luna, la quale or si perdeva ed or ritornava, quelle menti balorde ed inclinate allo stupore ed alla paura le diedero gli uffici e gli attributi del Dio tutto-oprante e tutto-veggente: la fecero re e preside dell’inferno, dove il Timore, unica fonte delle azioni umane, trae le menti a fabbricare un mondo di premio e di pena.

S’hanno sempre a distinguere nella teologia degli antichi le favole, che dirittamente derivano dalle inclinazioni umane, da quelle che nascono dalla sapienza de’ sacerdoti e de’ pastori de’ popoli. La Teogonia di Esiodo presume sapienza, che le prime genti non possono avere mai. Difatti la dea Terra, il dio Cielo, la Notte, il Caos sono idee metafisiche, alle quali sì poco arrivò l’intelletto e la credulità delle genti, che rari di que’ numi solenni ebbero templi. Da queste prime idee universali nacque poi la pluralità de’ numi, donde Giove, Nettuno, Plutone, e le loro schiatte. Ma prima di Giove fu il Sole, prima di Nettuno fu il Mare, prima di Plutone Ecate o la Luna. Quante più poi si scoprivano verità morali, quanto più le cause naturali si svelavano agli occhi de’ savi e de’ principi, tanto più si moltiplicavano le allegorie, onde vestirle a’ popoli sotto le sembianze di religione. Vedi Discorso quarto.

Il nume della Luna, o Diana-Ecate, fu dunque anteriore agli altri custodi e re dell’inferno. Donde derivarono gli incantesimi e le orrende evocazioni, alle quali presiede sempre la Luna (Teocrito, idil. ii; Orazio, Epod., Od. v, vers. 52; Od. xii, vers. 3). Questo soprannaturale e mirabile orrendo degli incantesimi nasce nei tempi barbari, come si vede sopra tutto dalle tragedie di [p. 164 modifica] Shakespeare. Quindi Diana può movere fin Radamanto (Teocr. Idil. ii), e se v’ha cosa altra più salda. È Dea mangiacani, κυνοσφάγης θεός (Licofrone, v. 77), rozzo e barbarico attributo; e le donne prese d’amore, passione eterna ed universale della natura, onde il Petrarca dice, (Trionfo d’Amore, iii, vers. 150, ch’ella aggiunge

di cielo in terra, universale antiqua,


invocavano la Luna (Scoliaste di Teocr. Idil. ii, v. 10).

Il nome stesso greco di Diana, Ἄρτεμις, è composto delle parole ἀέρα τέμνω, aere rompere, onde ella ha doinio anche sopra l’aria; e fu quindi consecrato da’ greci un promontorio col nome d’Artemisio, perché v’era il tempio di Diana, ch’essi chiamavano orientale (Plutar. in Temistocle; Erod. lib. vii).

Abbiamo da’ poeti (Callimac. in Diana) ch’ella era preside de’ porti e delle isole mediterranee, le prime che si conobbero, di tutti i monti e di tutte le selve, prime abitazioni de’ mortali: ed a Diana fu dedicato un timone di nave (Callim. loc. cit., v. 229); e Pindaro la chiama Fluviale (pitica ii, V. 12): ποταμίας ἕδος Αρτέμιδος .

Perché questa Dea aveva possanza in cielo, in terra e nell’inferno, venne ch’ella accompagnava gli uomini nel nascere, ed assisteva alle madri (Orazio carm. secolare, vers. 13). Gli ateniesi chiamavanla λυσίζωνος scioglicinto, ed a lei veggonsi ne’ poeti appese le zone muliebri (Teocrito, idil. xvii, 60). Era seguita dalle Parche ministre di tutta l’umana vita; però vediamo in alcuni monumenti etruschi ch’ella assiste con le Parche agli sponsali. Ed Orazio con Diana nomina le tre Dive (ibid., vers. 25). La lenis ilithia di questo poeta (vers. 14) è la ειλειθυια de’ greci, diva tutrice di tutti i parti. Da Platone (vi delle leggi) è mentovato il tempio di lei aperto alle incinte. [p. 165 modifica] È anche detta Lucifera, portatrice di luce; e nelle medaglie si rappresenta con una face. Questo nome fu dato anche al pianeta di Venere; quindi e Venere e Diana sono chiamate celesti. Vedi Considerazione nostra x.

Dagli infiniti attributi derivarono gl’innumerabili nomi, Πολυωνυμίν; e Catullo (carme xxxiv, v. 21): Sis quocumque placet tibi Sancta nomine. Per la quale moltiplicazione di attributi e progressione di culti, Diana venne finalmente adorata come simbolo della natura (Visconti nel Museo Pio-Clementino ), ed in un monumento del tesoro Gruteriano (xli, 4) è detta mater. Anzi Diana Efesia (Bellorio, lucerne antiche, parte ii, Museo Barberino) si rappresenta con grandi mammelle quasi nutrice di tutti gli animali; spiegazione che a questo simbolo delle mamme danno gli espositori di Paolo apostolo (Epist. ad Ephesios). S’è notato nella nota al pag. 136 che Diana è chiamata ὌΠΙΣ, Cura Divina, e gli inni a Diana diceansi per questo Ούπιτγοι<ref>Così l’ediz. del 1803, curata dal F.; gli edd. fior, corressero, non bene, in Ὄπύμνοι e si legge nelle iscrizioni (Tes. Grut ., xli, 8) Diana Opifera. Ma questi nomi o non sono primitivi, o non sono suoi proprj ed esclusivi, come il nome di cui diremo poi.

Tornando a’ primi riti della dea, tutti sono barbari e non dissimili a’ suoi nomi. Archi, belve, uccisioni, lire, tripudj, celebri ed acuti ululati (inno a Venere, attribuito ad Omero, vers. 19): ed a’ tempi de’ Romani restava ancora il rito degli ululati (Virg. eglog. iii, v. 26; e Servio, ivi); uso disceso sino da’ tempi iliaci: Eneid., iv, 609:

Nocturnisque Hecate triviis ululata per urbes.


Origine di sì fatte cerimonie ne’ trivi parmi l’antico uso e più naturale di piantare il simolacro de’ Numi su le strade a cielo scoperto, e di coprirlo con rami d’alberi; onde il vecchio poeta romano: Fascetiti’ tempia Dianae (Lucilio, frammenti, lib. iii, 13). Al che è posteriore [p. 166 modifica] la magnificenza degli edifici divini. Priapo e Pane Dei rusticani serbarono assai tempo le adorazioni alla scoperta, dalle quali venne, come s’è detto nella nota a pag. 75 il nome di Diana Trivia.

Ma il nome tutto proprio a Diana è quello di Cacciatrice; e che unito alle precedenti congetture,prova ognor più l’antichità di questo nume. Se sieno nati nello stato ferino i mortali, o tornati dopo grandi rivoluzioni dell’universo, non è questo il luogo di disputare. Credo bensì certo che allo stato ferino succedesse la caccia, e gli uomini ebbero quindi d’uopo di dDei predatori. Onde tutte le statue di Diana serbano un che di selvaggio; e fu detta Dio cacciatore appunto perché le umane menti sogliono venerare il dio aiutatore nelle loro necessità, e lo vestono de’ proprj attributi. Da’ primi sacerdoti della Dea derivarono i miracoli de’ cacciatori uccisi da Diana per non avere offerta parte della preda alla infingarda voracità sacerdotale; onde la favola di Adone uno degli Argonauti ucciso da’cinghiali (Ovid. in Ibim, v. 505), di Ati sirio, di Ati arcade, sbranati per vendetta di Diana (Plutarco in Sertorio), e la miseranda metamorfosi del cacciatore Atteone il quale fu morto forse da’ sacerdoti per avere svelati i loro misterij; però si dice ch’ei vide ignuda la Dea.

Ora i riti sono tutti di religione selvaggia, ma pel vigore delle genti né inoperosa né malinconica. Eguali a’ riti ed a’ devoti sono i sacrificj. Feroci pervennero sino dall’età della guerra troiana, poichè Diana solo dei Numi godeva, anche fra’ popoli inciviliti, di sangue umano, e tutti gli altri sacrificj d’uomini, che negli antichi poeti si leggono, sono inferie fatte agli eroi morti dagli alleati amici o parenti. E qui dirò le cagioni, inosservate dagli interpreti di Omero e de’ tragici greci, [p. 167 modifica] nel sacrificio di Ifigenia. Spiaceva (come succede in tutte le leghe) a’ più de’ re greci che il capitanato stesse in mano di Agamennone; e, poiché surse tempesta in Aulide ov’era l’armata, Calcante profeta e primate fra’ greci, congiurando con gli altri, affermò adirata la diva per una cerva ferita da Agamennone, né potersi propiziare la navigazione senza il sangue degli Atridi. Achille potentissimo dovea sposare Ifigenia, e si temeva non la parentela de’ due prepossenti regi riuscisse dannosa agli alleati; e sarebbesi rotta ove la vergine fosse immolata. Che se Agamennone per paterna pietà ricusava, l’impero sarebbe caduto in altre mani. Vinse l’ambizione; e la morte d’Ifigenia fu poi perenne sorgente dell’Ira Fatale fra gli Atridi ed Achille. Così a Diana venne il nome di Scitica; e fu sempre temuta come nume compiacentesi di umano sangue. Servono i principi ai tempi, ed i sacerdoti a’ principi. La necessità di un iddio terribile fe’ trasferire in molte repubbliche il nume Scitico. Cangiati i tempi, si cangiarono i sacrifici; e Licurgo compensò le umane vittime con i flagelli (Pausan. in Atticis). Numa intento ad incivilire i romani razza di masnadieri ricusò anch’egli l’umano sangue alla Dea che si dice trasportata in Italia da Oreste (Ovid. metam. xv, 481 e sg.; Lil. Giraldi, Syntag. xii). Ma,per adonestare presso a’ popoli ancor feroci questi miti sacrificj si favoleggiò la cerva sacrificata sotto sembianze della vergine Ifigenia; e, per mantenere il terrore, fu il simolacro tenuto ne’ luchi, ed appagato di molte vittime: Virg. Eneid. vii, 763.

           — Egeriae lucis, Hymettia circum
          litora, pinguis ubi et placabilis ara Dianae.

E per lungo ordine i sacerdoti si successero in Roma tutti barbari di nazione; disfidati da altro sacerdote doveano combattere ed il sacerdozio rimaneva al vincitore. [p. 168 modifica] Vedeasi in Sagunto di Spagna, sino da due secoli prima della guerra troiana (Plin. lib. xvi, cap. 40), un tempio di Diana trasportata dalla mia Zacinto.

Artemide s’è detto poc’anzi essere il nome proprio di Diana presso a’ Greci, ed ha la etimologia dalle parole ἀέρα, τέμνω. Presso i romani il regno dell’aria spettava a Giunone, Juno. Ma Diana e Juno vennero da un nome solo. Macrobio, Satur., lib. i, cap. 9: Pronunciavit Nigidius Apollinem Janum esse. Dianam Janam, apposita D litera, quae saepe I literae caussa decoris apponitur: ut reditur, redhibetur, redintegretur et similia. Oltre a questa etimologia, che divide fra Giunone, e Diana il regno dell’aria, due altre derivanti pure dal Lazio confermano l’antichità di questa dea. Diana viene da dies, e s’è veduto che si chiamava Lucifera; onde Lucifero appunto dagli italiani è chiamato Stella Diana, chiamata anche da Plotino (Ennead. lib. vi) Junonis stella, e da Platone nel Timeo: δύο δὲ ἰσόδρομοι Ἀελίῳ ἐντί, Ἑρμᾶ τε καὶ Ἥρας τῆς Ἀφροδίτης καὶ Φωσφόρον τοὶ πολλοὶ καλέοντι. Due astri vanno con corso al pari col Sole. L’astro di Mercurio e di Giunone, che da molti Venere e da altri Lucifero è detto. Anzi Plinio (lib. i, 8) la chiama stella d’Iside,e della madre degli Dei. Ecco la derivazione del nome Lucina dato alla Diva invocata ne’ parti, comune a Giunone ed a Diana: quindi è celebrato ne’ poeti (Callim., in Diana, vers. 228; Virg., Eneid. i, vers. 20) il culto che ambedue godeano in Samo. Da questa idea speciale si risali alla solenne, poiché, venendo a’ latini dal Δεύς de’ greci la voce Deus, e quindi Diespiter, Giove, la voce Diana suona divinità universale ed eterna.

Onde questa confusione di nomi deve essere distinta dalla filosofica osservazione della storia. Idee metafisiche sono il Caos, l’Amore, la dea Notte, il dio Cielo, ecc., come infatti si leggono in Esiodo, in Ovidio, e ne’ poeti [p. 169 modifica] teologi dell’antichità: da queste Deità universali nasce Saturno (Κρόνος il Tempo), Giove, Latona, Febo, Diana, ec. Volgasi l’ordine e si troverà Diana, Giove, Saturno, ecc., sino alla idea universale e la filosofica del Caos: il quale ordine ci condurrà alla progressione della storia umana, cacciatori, principi-sacerdoti, sacerdoti, apoteosi, poeti-teologi, filosofi. Onde non è meraviglia che il dio cacciatore, quantunque dotato d’infiniti attributi, tutti provenienti dalle prime idee del genere umano, sia poi divenuto ultimo nella teogonia del cielo. Ed ora è Diana nutrice di tutte le cose, ora è appena figliuola di Giove cultrice delle montagne. Ma drittamente videro gli antichi greci i quali col nome promiscuo di θεός Dio, chiamarono gli Dei e le Dee, il che s’è notato con esempj a pag. 77. Anzi Servio (Eneid. ii, 632) cita un sitnolacro di Venere barbata, col corpo e veste femminea, con natura e scettro virile.

L’attributo di perpetua virginità tutto proprio di Diana discende dagli antichissimi matrimonj dello stato selvaggio e geloso. S’è detto a pag. 137, che vergine suona sposa giovine. Così casta suona fedele: onde Catullo nel nostro poemetto (v. 83): Casto petitis quae jura cubili; e nell’epistola ad Ortalo da noi tradotta (v. 20) chiama casto il grembo della donzella che medita furti amorosi. Così dunque s’hanno ad intendere gli attributi di castità e di virginità cantati alla diva. Nell’inno a Venere, attribuito ad Omero (v. 16), cantasi che l’amorosa Dea non domò Diana col riso e con gli scherzi; e quel passo va interpretato col costume de’ matrimoni primitivi.

Gli Assirj e gli Egizj, antichissimi popoli, adoravano Diana o la Luna, poiché Semiramide nella medaglia degli Ascaloniti riportata dal Noris (Epoche de’ siromacedoni, dissert. v, cap. 4), è figurata con la luna crescente [p. 170 modifica] sul capo, associando al culto della Luna la famiglia dei principi; del che si parlerà nella Considerazione ix. Tralascio gli altri culti di Diana presso gli Assirj, poiché discesero a noi da un’età men lontana di questa.

Rispetto agli Egizj, la loro Iside è rappresentata or con le corna, or con la luna crescente, or con grandi mammelle, or col Sole e con la Luna sul petto; e s’è dimostrato dal Pluch ( Histoire du Ciel, tom. ii) ch’ella è l’Artemide de’ Greci e la Diana de’ Latini; il Dio insomma rappresentante la Natura. E, poiché Diana fu adorata nei luchi alla scoperta, come sopra è detto, però le viene ne’ marmi il nome di dea nemorensis, del cui tempio parlano Strabone (lib. v) e Filostrato (nella Vita di Apollonio ); e Seneca, per tacere di Virgilio e di Orazio, la chiama ( Ippolito, verso 406) regina Nemorum; così io credo che i Luchi proibiti nel Deuteronomio (xvi, 21), nell’Esodo (xxxiv, 13) e ne’ libri de’ Regi (ii, xxi, 3) fossero d’Iside o Diana. Ma per mostrare come gli Ebrei, antichissimo popolo, non abbiano traslata ne’ paesi invasi questa religione di cui pur s’erano imbevuti in Egitto, non abuserò di aiuti soprannaturali, poiché l’umana ragione ci guida bastantemente. Volle Mosè di tanti schiavi, razza di stranieri rifuggiti per fame in Egitto e domiciliatisi poi per l’abbondanza, fare un popolo. Né di schiavi si fa popolo senza mutar loro quella seconda natura, creata dal lungo costume negli uomini. Ond’ei si giovò delle reliquie dell’avita religione, e scrisse la Genesi per insuperbire gli ebrei dell’antica gloria e della schiatta celeste. E per costituire un popolo feroce ed intollerante rappresentò un Iddio sterminatore e feroce, perché la religione è l’immagine de’ costumi e dell’indole d’ogni nazione. Ove l’ebrea religione fosse stata tollerante non avrebbero essi potuto con tanta ferocia derubare ed uccidere gli [p. 171 modifica] Egizj, ed usciti d’Egitto acquistar nuove terre con la strage de’ popoli amici e nemici. Male gli scrittori tacciano queste opere di crudeltà, le quali sono, dati que’ casi, di alta sapienza politica. Mosè voleva assuefare gli ebrei a rispettare se stessi, odiando e spregiando tutto il genere umano; gli astrinse quindi a vivere nel deserto accattando la vita col ferro e col fuoco; e nel deserto scrisse gli statuti criminali e le leggi mandate da Dio; nel deserto lontano dalle orme di tutti i viventi fondò i fasti, la teologia e la politica di quel popolo. Anzi perché non restasse vestigio de’ costumi e delle religioni egizie, egli fece spendere quaranta anni pel viaggio di pochi mesi, acciocché morissero tutti quelli che erano stati infetti degli stranieri istituti, ed entrassero ne’ nuovi regni i soli giovani, nati nel deserto ed educati ferocemente. Il che avvenne.

Stringo e dico, che tutte queste congetture, sebbene nulla ciascuna per sé, coacervate, mi sembrano di alcun peso per stabilire: 1.° Che Diana Trivia abbia questo nome per le prime adorazioni de’ mortali a questo nume della caccia, primo stato dell’umanità; 2.° Che moltiplicandosi le idee e le necessità de’ popoli, si moltiplicarono gli attributi del dio Cacciatore. Gli uomini dotti possono con questi indizi andare più oltre nello studio della storia del genere umano. Per me poco ho detto, di moltissimo che avrei potuto dire: ma né io scrivo trattati, né stimo in fatto di erudizione grande merito il diffondersi, bensì il contenersi.