La dimensione pluridisciplinare dei saperi - e l'area storico-civico-filosofica

Da Wikisource.
Giuseppe Deiana

2000 Saggi La dimensione pluridisciplinare dei saperi - e l’area storico-civico-filosofica Intestazione 5 maggio 2009 25% Saggi

tratto da:“Insegnare filosofia”, n. 2, febbraio 2000, pp. 12-20.



Il ripensamento delle discipline scolastiche e la ricerca di un diverso approccio ai saperi

Uno dei limiti della scuola superiore e del triennio in particolare è quello di aver ridotto le discipline scolastiche a materie chiuse e strutturate a scompartimenti separati, o uniti solo formalmente nelle classi di concorso, come quelle di storia-educazione civica e italiano, storia-educazione civica e filosofia, matematica e fisica, italiano e latino, latino e greco, chimica e biologia, economia e diritto, ecc., per citare solo quelle più note. La conseguenza di questo limite nella formazione culturale degli studenti è costituita, molto spesso, dall’enciclopedismo generico e astratto e dal mnemonicismo ripetitivo e passivizzante, che non vanno certo nella direzione della qualità dell’apprendimento, dell’istruzione e della formazione. In questo senso, affinché il processo di riforma scolastica non investa solo gli aspetti istituzionali e organizzativi, è necessario ridefinire il compito del docente ridisegnandone il ruolo come soggetto che si trasforma e che rinnova la scuola dal suo interno, sentendosi protagonista nel dare spessore e sostanza all’autonomia culturale e didattica, per risolvere uno dei problemi cruciali della formazione scolastica: quello del rapporto tra i saperi essenziali e le dinamiche dell’apprendimento. Oggi più che mai il ruolo e l’identità dell’insegnante sperimentatore e innovatore si gioca, tra l’altro, sulla capacità di affrontare la questione dei saperi, che si risolve essenzialmente nell’integrazione delle discipline curricolari per risolvere problemi culturali; essa costituisce forse l’essenza, o l’aspetto più rilevante della formazione di base . Ma come affrontare questa questione centrale? Come mettere in moto questo processo di trasformazione? A dare risposta a queste domande “non può che essere il mondo della scuola nel suo complesso: sono i suoi protagonisti a doversi chiedere quale sia la funzione cui possono legittimamente aspirare: se quella di semplici esecutori di direttive imposte dall’alto o di gerarchie stabilite da altri, o quella di intellettuali attivi e responsabili, in grado di valutare i mutamenti e le dinamiche che interessano il mondo della ricerca e di trarne le dovute conseguenze in termini di cambiamento degli itinerari e dei processi delle loro attività di insegnamento” .

In queste parole dell’epistemologo Silvano Tagliagambe ci sono gli elementi essenziali per la soluzione del problema posto, che può essere espressa nella seguente tesi generale: la riqualificazione dell’insegnamento, per renderlo più adeguato ai bisogni formativi delle nuove e future generazioni, dipende dal protagonismo dei docenti, come intellettuali attivi e responsabili, cioè capaci di trasformare la scuola in un grande laboratorio di idee e di ricerca. La tesi in realtà va assunta come ipotesi di lavoro che si regge su alcuni capisaldi essenziali:
a) l’idea del docente come intellettuale attivo e responsabile: attivo, nel senso di automotivato e capace di mettere in moto nuovi processi di crescita culturale; responsabile, in quanto consapevole della dimensione etica della professione formativa. Un nuovo intellettuale come professionista colto, portatore di una razionalità critica come substrato dell’educazione alla cittadinanza consapevole e libera, aperta e tollerante; espressione una “intellettualità diffusa” nella società di massa e nella scuola di tutti che si fa carico della “formazione civile”, valorizzando tutte le potenzialità del curricolo ufficiale, o ricorrendo al “curricolo nascosto”.
b) L’idea della ricerca come modello didattico, opzione forte nell’impostazione dei processi di insegnamento e di apprendimento che, convergendo sulla centralità dell’alunno, progetta e realizza esperienze di scoperta del sapere analoghe nella differenza al lavoro del ricercatore. In quest’ottica la parola “ricerca” è associata a quella di laboratorio, la quale è sinonimo di scientificità. Perciò, assumere il paradigma didattico della ricerca significa insegnare e apprendere secondo epistemologia, intesa sia come epistemologia disciplinare (nel nostro caso, filosofica e storica), sia come epistemologia didattica (o didattica di senso scientifico), a cui è riconosciuto un proprio statuto epistemologico che la distingue dalla didattica di senso comune (o tradizionalismo didattico). Assumere questo guadagno comporta immediatamente sottolineare la distinzione nella complementarietà tra la ricerca didattica che è propria della scuola e la ricerca scientifica che è compito dell’università: due dimensioni dinamicamente interagenti che possono dare adito ad esiti innovativi sorprendenti nella misura in cui vengano create le condizioni affinché si affermi in modo ampio e organico la collaborazione tra la scuola e l’università nella formazione dei docenti . Significa anche sottolineare e assecondare una svolta, che lega l’insegnamento ai modelli didattici, tra cui, insieme ad altri, quello della didattica “della ricerca” qui proposto.
c) L’idea di autoriforma dall’interno, in cui la cura della didattica e la passione pedagogica danno vita ad esperienze pionieristiche, a lungo riflettute, rielaborate e discusse dai docenti che puntano a risolvere la marginalità della scuola riportandola nel cuore della società. E’ la prospettiva orizzontale e contagiosa, soggettiva e molecolare, che predilige il lavoro nelle classi e la riqualificazione delle pratiche relazionali (intellettuali e umane) rispetto alla fredda modellistica delle riforme istituzionali calate dall’alto; è l’alternativa del movimento di “autoriforma gentile” di una scuola vivificata dalla corrente calda proveniente dai soggetti che interpretano il cambiamento del processo formativo con la lentezza e la leggerezza, la libertà e la creatività, l’ironia e la professionalità, la razionalità e la responsabilità dei docenti-intellettuali che si riconoscono nel motto “la riforma siamo noi!”, consapevoli che il cambiamento vero si fa nelle aule scolastiche più che nelle aule parlamentari e/o nei palazzi ministeriali.

2. La scuola come grande laboratorio di ricerca tra epistemologia e didattica

Dunque, la finalità della battaglia culturale per il rinnovamento qualitativo dell’istruzione è quella della trasformazione della scuola in un grande laboratorio di ricerca didattica, articolato in tanti laboratori settoriali: da quelli già esistenti (di scienze, di fisica, di lingue, di informatica, ecc.) a quelli da istituire ex novo in riferimento alle altre discipline insegnate, come il laboratorio di storia e di filosofia, che qui ci interessa direttamente. In questa nota sulla costruzione dell’area storico-civico-filosofica nella dimensione laboratoriale intendo ancorare il discorso al massimo di concretezza, a partire dal bilancio decennale di un’esperienza realizzata nel Liceo scientifico “S. Allende” di Milano, come pratica sperimentata che presenta molti elementi di generalizzabilità. Si tratta di un laboratorio territoriale per la documentazione, la didattica, la sperimentazione, la ricerca, l’aggiornamento, l’autonomia e la riforma.

Nato originariamente come laboratorio di storia (e come tale ancora denominato), si è trasformato gradualmente anche in laboratorio di filosofia e di educazione civica. La dimensione territoriale consiste nel fatto che esso è attivo nel territorio milanese attraverso la realizzazione di ricerche storico-dicattiche e di proposte di autoaggiornamento e autoformazione rivolte ai docenti interni e a quelli di altre scuole . Ma in primo luogo è uno spazio attrezzato per la qualificazione dell’insegnamento-apprendimento della storia, dell’educazione civica e della filosofia; è perciò dotato di cartografie storiche, di materiali audiovisivi, di progetti teorici elaborati individualmente e collettivamente, di esempi di ricerca didattica applicata, di prodotti dell’editoria elettronica di argomento storico e filosofico, ecc.

Nel quadro degli sviluppi dell’autonomia e della riforma del sistema scolastico il laboratorio si propone quindi:
a) di migliorare la proposta di cultura storica, civico-costituzionale e filosofica evidenziandone il valore didattico-formativo e la funzione etico-civile;
b) di fungere da archivio per la raccolta di documenti e di fonti per la ricerca didattica, e di esperienze realizzate particolarmente significative;
c) di sperimentare forme di riqualificazione professionale anche attraverso il collegamento con altre scuole medie, superiori e inferiori, ponendo particolare attenzione sia al curricolo verticale (per individuare e sviluppare i necessari raccordi tra media e biennio e tra biennio e triennio, e in prospettiva tra i nuovi cicli), che al curricolo orizzontale (per scoprire e potenziare i rapporti didattico-culturali con le altre discipline;
d) di realizzare convenzioni con le istituzioni del decentramento amministrativo (Distretto scolastico, Circoscrizione, Comune, Provincia, Regione, ecc.) intorno a progetti culturali di interesse pubblico;
e) di organizzare convegni di studio su temi mirati inerenti alle questioni scolastiche e sociali, rivolti agli studenti, ai docenti, ai genitori e ai cittadini; e) di curare la pubblicazione dei materiali prodotti, sia nella collana interna “Quaderni di cultura e vita scolastica” , sia come proposte editoriali di più ampio respiro , destinate al pubblico degli insegnanti e finalizzate alla riflessione e al dibattito sui temi forti dell’autonomia, della riforma e, soprattutto, della ridefinizione dei saperi nella forma disciplinare, pluridisciplinare e interdisciplinare, con particolare attenzione alla formazione etico-civile e all’educazione alla cittadinanza democratica, come possono derivare dall’interrelazione feconda tra la storia, l’educazione civica e la filosofia;
f) di sperimentare forme nuove di collaborazione tra la scuola e l’università relativamente alla formazione iniziale e in itinere dei docenti, ancorate ad una interazione forte tra ricerca scientifica e ricerca didattica, che consente di intravedere prospettive innovative originali e incoraggianti .

Onde evitare di scadere nel mondo dei sogni, intendo riferirmi alle “sensate esperienze” concretamente realizzate nel Liceo citato e sottoposte alle “necessarie dimostrazioni”, cioè alle verifiche e valutazioni, che consentono una relativa generalizzazione. La proposta che viene da essa sui saperi in generale e su quelli storico-civico-filosofico integrati è connotata dalla necessità di abbandonare sia la proposta enciclopedica sia la pretesa di trasmettere conoscenza e capacità definitive, per condividere l’idea dell’insegnamento–apprendimento come ricerca graduale e acquisizione di abilità per “tentativi ed errori”. Ciò significa sforzo di ridimensionamento dei contenuti nozionistici, di matrice puramente o prevalentemente quantitativa, a favore del potenziamento della formulazione di chiavi di lettura e di mappe concettuali per impostare e risolvere i problemi, nella direzione dell’approfondimento dei nuclei fondanti che costituiscono lo statuto epistemologico delle discipline, messe in relazione entro un modello scientifico di attività didattica che privilegia la connessione tra teoria e prassi, la consapevolezza critica e l’interazione tra momento cognitivo e momento socio-affettivo-relazionale, valorizzando la progettazione autonoma dei docenti nella forma laboratoriale, che esige dialogo e collaborazione, discussione e scelte consapevoli, animate dalla “passione del conoscere” e della pratica di relazione.

Si tratta di una proposta forte e alta di operazione sui saperi, che impone una profonda rivisitazione della funzione delle discipline e la capacità di pensare e progettare, verificare e riprogettare percorsi culturalmente significativi e didatticamente coerenti, cioè misurati sulle capacità di un ragazzo-giovane in formazione. Una proposta ispiratrice di tentativi di disegnare linee di svolta rispetto alla marginalità a cui la scuola è sospinta nella società, per riportarla ad un ruolo di centralità rispetto alle altre agenzie formative, come luogo significativo ed efficace di insegnamento e apprendimento; cioè, come esperienza unica di confronto di culture e di incontro tra generazioni, di educazione alla ricerca ed alla responsabilità verso se stessi, verso gli altri e verso il mondo: una responsabilità che per il docente-adulto è anche responsabilità culturale e sociale verso le nuove e future generazioni, che sono proiettate a vivere la dimensione locale e planetaria della convivenza umana. In questo senso è anche responsabilità ecologico-ambientale nel significato ampio e complesso condensato nella formula “pensare globalmente e agire localmente”. Se con Bateson possiamo dire che ecologia dell’ambiente ed ecologia della mente sono un tutt’uno, allora, tradotta in termini scolastici la trasversalità ecologica come nuovo paradigma culturale significa pensare il cambiamento da un punto di vista generale e strutturale; significa nel concreto decentrarci dalle “nostre” discipline per affrontare problemi globali e complessi, e in questo senso saper rispondere a domande come questa: che cosa dovrà conoscere un nuovo cittadino del mondo per una migliore comprensione di sé e del pianeta?

A queste finalità devono corrispondere obiettivi cognitivi e sociorelazionali adeguati, come i seguenti, per indicarne solo alcuni: a) saper riconoscere i limiti della disciplina-materia, spesso percepita dagli studenti nella forma asettica e passiva, senza tuttavia perdere di vista il valore dello specifico disciplinare inteso come riconoscimento dello statuto epistemologico, che costituisce il nucleo fondante storicamente costituito delle discipline che fanno parte del patrimonio culturale dell’umanità; b) saper cogliere la differenza e la complementarietà dialettica tra i saperi dinamici e le discipline codificate nelle sintesi manualistiche, elaborate dalla tradizione accademica e scolastica; c) saper assumere la consapevolezza che quello che viene appreso a scuola è solo una parte del sapere-disciplina, il quale non può mai essere acquisito in modo esaustivo e completo, a causa della sua natura intrinsecamente euristica che può essere colta solo se collegata all’idea di ricerca, mai conclusa; d) saper valorizzare la struttura logico-epistemologica delle discipline: sia nella metodologia e nei contenuti sia nei concetti e nei principi, che sono modi diversi, ma complementari, di spiegare il mondo come realtà globale; e) saper imparare a porsi nell’ottica della complessità per cogliere la continuità e la diversità, date più che dalle discipline dai problemi, che richiedono capacità di elaborazione e di aggregazione tra i saperi, di lavorare nelle aree pluridisciplinari e di esplorare i territori di confine ; f) saper formulare un’ipotesi di lavoro come ricerca tematica (educazione alla ricerca), i cui esiti siano condensati in forma analitica e sintetica in un “saggio breve” (educazione alla scrittura di tipo saggistico) di contenuto storico-civico-filosofico; g) saper dialogare, discutere e prendere coscienza dei problemi individuali e collettivi, in modo partecipato e impegnato, nella dimensione sociale e politica della visibilità giovanile, aperta alla ricerca di nuove frontiere della cittadinanza responsabile.

E’ chiaro quindi che la cultura delle nuove frontiere che può passare nella scuola esige la necessità di organizzare aree aggregate tra i saperi disciplinari secondo ragioni di carattere epistemologico e didattico, culturale e formativo. Anche alla luce delle esperienze realizzate nel laboratorio assunto come esempio, è facile pensare che ci si debba arrivare gradualmente, lavorando per progetti mirati, superando difficoltà (che sono materiali e psicologiche, culturali e relazionali), dedicando tempo e risorse intellettuali, senza pretendere di partire dall’adozione generalizzata bell’e pronta delle aree aggregate. Si può e si deve provare a sperimentare a partire dai temi fondamentali che qualificano il curricolo e la proposta culturale e formativa della scuola, come la formazione etico-civile dei giovani, che è compito diretto, ma non esclusivo, dell’area storico-civico-filosofica come area di progetto qualificata.

3. Dalle discipline chiuse ai saperi aperti per lavorare sui grandi temi di confine

Prima di entrare nel merito della consistenza culturale e didattica dell’asse che unisce la storia, l’educazione civica e la filosofia, è opportuno prospettare un quadro d’insieme di possibilità di lavoro pluridisciplinare per aree aggregate nell’ambito del consiglio di classe, coinvolgendo tendenzialmente tutte le discipline del triennio della secondaria, a partire da quelle che obbediscono al fine di dare una formazione di base, con particolare riferimento all’ultimo anno ed alle nuove prospettive poste dal nuovo esame di Stato. Questo lo schema di base degli assi possibili, con relative articolazioni interne, rapportate alle attuali classi di concorso vigenti nei diversi tipi di scuola:
1. Asse storico-linguistico-letterario-artistico: a) storico-linguistico-letterario (connessione intertestuale tra autori classici e autori moderni/contemporanei); b) storico-artistico (relazione tra il mutamento storico e i riflessi nell’arte e nella letteratura).
2. Asse storico-civico-costituzionale-filosofico: a) storico-civico-(giuridico-costituzionale): (diversi modelli di Stato e di costituzione nei diversi momenti storici); b) storico-civico-filosofico: ethos della Costituzione ed ethos degli italiani nella storia repubblicana).
3. Asse storico-scientifico/tecnologico-filosofico: a) storico-scientifico-tecnologico (sviluppo storico delle tecniche settoriali applicative delle conquiste scientifiche); b) storico-scientifico-filosofico (progresso storico della scienza in relazione con l’idea filosofica di scientificità).
4. Asse storico-economico-giuridico: a) storico-economico (correlazione tra le strutture economiche e i fatti storici); b) storico-giuridico: interazione tra fatti storici e codificazione legislativa).

Per motivi di brevità e di delimitazione tematica l’approfondimento qui proposto si riferisce solamente alla seconda tipologia, quella relativa all’area storico-civico-filosofica, che costituisce l’asse da noi privilegiato ed ha come referenti i docenti di filosofia e storia. Con due precisazioni: innanzitutto, non si può non notare il ruolo centrale della storia, che si scontra però con non pochi problemi e contraddizioni dato il ruolo ancillare - rispetto alla filosofia (ed anche a italiano) - a cui è costretta di fatto questa disciplina, a causa della carente o assente preparazione iniziale qualificata dei docenti di storia (laureati solo in filosofia, o in lettere), che determina preferenze ed “imperialismi” ingiustificati; in secondo luogo, la mia proposta deriva dai risultati di una riflessione personale che attinge alle “sensate esperienze” attivate e consolidate nel concreto fare scuola con metodo laboratoriale nel liceo assunto come riferimento esemplificativo della sperimentazione metodologico-didattica in esame. Perciò:
a) in riferimento all’asse storico-civico, uno dei progetti attivati nel laboratorio liceale è stato quello denominato La memoria della Repubblica e centrato sulla Resistenza come evento fondativo della democrazia italiana, che consente di ritornare “alle ‘origini’ del credo repubblicano”. La sua finalità di fondo è rivolta ad alimentare nella scuola di massa il dovere di ricordare e, quindi, a sviluppare nei giovani la consapevolezza democratica contro l’eclisse della memoria, lavorando sulla Resistenza intesa tra mito e realtà, come esperienza storica rivisitata attraverso un approccio culturale che fa interagire la ricerca scientifica con la ricerca didattica , in un fecondo rapporto euristico-formativo. Ciò a partire dalla valorizzazione del territorio urbano – la città di Milano, “capitale” della Resistenza – con un lavoro didattico sul campo, di microstoria e storia locale, per scoprirne la dimensione popolare e diffusa nei quartieri e realizzare “sensate esperienze” di educazione alla ricerca storica ed alla nuova cittadinanza, costruita sul rapporto solidale tra le generazioni, anche tra quella dei giovani del Duemila e quella dei partigiani protagonisti della lotta antifascista. Un altro filone di ricerca didattica interna al progetto citato è quello finalizzato a potenziare la cultura costituzionale, recuperando le radici storiche della carta fondamentale, come antidoto al revisionismo superficiale e strumentale, per fissare punti di riferimento solidi rispetto al crescente uso pubblico della storia nei media e alla formazione civile come educazione etico-politica alla cittadinanza responsabile, che è compito anche di una rinnovata educazione civica, integrata e arricchita dal contributo della disciplina storica.
b) In un senso più ampio l’asse storico-civico-filosofico consente di sostenere che una vera cultura costituzionale è quella che sa penetrare a fondo e cogliere i principi etici sottesi all'impianto complessivo della nostra Carta allargando alla dimensione filosofica l’ipotesi di lavoro come percorso formativo forte su cui costruire le basi di una rinnovata coscienza civile e democratica. Nella contingenza storica attuale, in cui si fanno sempre più concrete le spinte alla riforma e spesso anche allo stravolgimento della Costituzione italiana, chi esercita la funzione educativa non può sottrarsi al compito di guidare i giovani a comprendere non solo il senso storico delle istituzioni repubblicane, ma anche l’ethos fondante condensato nei principi fondamentali che ispirano i diritti e doveri: la democrazia e il repubblicanesimo, l’inviolabilità e la solidarietà, l’eguaglianza e la diversità, la partecipazione e il lavoro, l’autonomia e il decentramento, la laicità e la cultura, l’ambientalismo e il regionalismo, l’internazionalismo e il pacifismo, ecc. Questo compito risulta particolarmente urgente soprattutto oggi in cui i giovani manifestano una pericolosa estraneità (non senza buone ragioni) alla partecipazione politica. Per scoprire le radici dell’etica civile nel terreno costituzionale una pista di lavoro è costituita dalla valorizzazione anche a scuola degli scritti di un personaggio in un certo senso straordinario, o fuori dal comune, come Giuseppe Dossetti, che è stato prima membro cattolico autorevole della Costituente e poi monaco contemplativo, ritornato alla vita pubblica solo negli anni Novanta per difendere in modo appassionato, soprattutto agli occhi dei giovani, i valori della Costituzione, di fronte ai rischi di involuzione pericolosa sempre più concreti. Con argomentazioni ed esortazioni come questa: “Alla fine, vorrei dire soprattutto ai giovani: non abbiate prevenzioni rispetto alla Costituzione del 1948, solo perché opera di una generazione ormai trascorsa. La Costituzione americana è in vigore da duecento anni, in questi due secoli nessuna generazione l’ha rifiutata o ha proposto di riscriverla integralmente, ha soltanto operato singoli emendamenti puntuali al testo originario dei Padri di Philadelphia, nonostante che nel frattempo la società americana sia passata da uno Stato di pionieri a uno Stato oggi leader del mondo. Non lasciatevi influenzare da seduttori fin troppo palesemente interessati non a cambiare la Costituzione, ma a rifiutare ogni regola (…). Cercate quindi di conoscerla, di comprendere in profondità i suoi principi fondanti, e quindi di farvela amica e compagna di strada. Essa, con le revisioni possibili ed opportune, può garantirvi effettivamente tutti i diritti e tutte le libertà a cui potete ragionevolmente aspirare; vi sarà presidio sicuro, nel vostro futuro, contro ogni inganno e contro ogni asservimento, per qualunque cammino vogliate procedere, e per qualunque meta vi prefissiate”. Ora che questa voce “profetica” si è spenta, resta l’eredità preziosa di una passione civile per chi si riconosce in una scuola pluralista e laica, qualificata e democratica, come luogo e momento imprescindibile per la formazione culturale ed etico-civile delle nuove generazioni.

Entro il progetto denominato Educazione alla cittadinanza democratica, il percorso didattico laboratoriale che ho attivato come area pluridisciplinare di storia, educazione civica e filosofia e che mi sento di proporre alla sperimentazione e alla discussione per potenziare la cultura costituzionale in senso etico-fondativo (in un contesto scolastico in cui è facile trovare e scontrarsi con l’analfabetismo costituzionale), è riconducibile ai seguenti nodi essenziali: a) l’inquadramento del problema (con particolare riferimento alla natura dello Stato, al rapporto tra la Costituzione e il costituzionalismo moderno, alle radici storiche dell’Assemblea costituente, allo sviluppo della Costituzione nella storia repubblicana) per la riscoperta dell’ethos della Costituzione ; b) il riconoscimento della tavola dei principali valori costituzionali, tra cui il repubblicanesimo, la democrazia, la rappresentanza, i diritti umani, la solidarietà, la responsabilità, l’uguaglianza, il lavoro, il progresso, l’unità, il decentramento, la laicità, la cultura, l’istruzione, l’internazionalismo e il pacifismo ; c) la giustificazione delle istituzioni, in prospettiva europea: dal parlamento al sistema dei partiti, dal governo alla presidenza della Repubblica, dalla magistratura agli organi di garanzia, ecc., rapportati alle ipotesi di cambiamento formulate dalle fallite commissioni bicamerali, con particolare riferimento all’ultima del 1997-‘98 ; d) il dibattito generale sulla riforma, per comprendere e orientarsi nelle valutazioni globali, tra Costituzione ferita e Costituzione silenziosa, tra Costituzione impossibile e Costituzione contesa, tra occasione mancata e pericolo scagionato, tra difesa e ripensamento della Costituzione, tra passato e futuro della Costituzione, tra valori da conservare e regole da cambiare, ecc.

Un secondo percorso, di natura complemetare, sperimentato e attivabile come esperienza culturale significativa è quello rivolto alla ricerca dell’ethos dell’Italia repubblicana, seguendo la pista tracciata da Remo Bodei, che propone una riflessione ben strutturata sugli orientamenti di fondo che hanno ispirato la vita e i sentimenti valoriali degli italiani nel periodo del dopoguerra segnato da profonde trasformazioni, mettendo in risalto i risvolti complessi e contraddittori del passaggio dalla società contadina al mondo industrializzato, dalla ricostruzione allo sviluppo tumultuoso, segnati dal ruolo della Chiesa cattolica e dei partiti politici, dalla contestazione studentesca e operaia, dal “bipartitismo imperfetto”, dalle “stragi di Stato”, dal condizionamento del sistema di relazioni internazionali, dalla disinvolta gestione della cosa pubblica, dalla corruzione diffusa, ecc., come fattori che hanno determinato un disorientamento collettivo in una società, progressivamente “divisa” anche nelle convinzioni interiori, che ha perduto il senso della propria identità e la capacità di riconoscersi in alcuni valori condivisi dalla coscienza comune. Tutto questo processo è messo in relazione con l’evoluzione del pensiero filosofico e con l’affermazione, in Italia come nel mondo occidentale, in particolare del relativismo etico e la riconosciuta incapacità del “pensiero debole” di fondare valori forti e assoluti e di riconoscere, quindi, un ethos universalmente condiviso. La conclusione, non necessariamente pessimistica, è che “innegabilmente vi è tra milioni di italiani un deficit di etica pubblica (…). Ciò, tuttavia, non significa affatto che (…) siano assenti ‘minoranze virtuose’ capaci, in situazioni di emergenza, di andare controcorrente” di fronte ad un futuro che “esige scelte che introducano novità nel mondo che lascino filtrare il reale condannando all’oblio i possibili scarti. Se questo ci può consolare, l’ignoranza del futuro non ha mai impedito a nessuno di andare avanti ugualmente”. E’ la fragile speranza in un futuro sottratto al nichilismo radicale e aperto ad una pluralità di esperienze di ricerca nella società di nuove forme di espressioni culturali e di democrazia politica, che nella scuola corrispondono alle nuove dimensioni della formazione etico-civile.

Naturalmente le due ipotesi di lavoro didattico-formativo di contenuto etico (il riconoscimento dell’ethos della Costituzione e l’orientamento nell’ethos degli italiani) non esauriscono le possibilità di realizzare altre “sensate esperienze” relative al problema di come riqualificare l’insegnamento della storia, dell’educazione civica e della filosofia in una prospettiva pluridisciplinare per trasformarlo in asse fondamentale della formazione culturale in ambito scolastico, anche e soprattutto nella prospettiva dell’attuazione dell’ipotesi di estensione della filosofia a tutti gli indirizzi e, quindi, a tutti i giovani cittadini “come diritto di cittadinanza irrinunciabile” . Il laboratorio di storia e filosofia è il modo e il luogo per l’elaborazione di riflessioni teoriche e di proposte operative per la sperimentazione didattica di un fecondo rapporto tra istruzione qualificata e orientamento valoriale. Esso è posto come traguardo alto anche dal cosiddetto Documento dei saggi che prospetta “l’esigenza di definire saperi e valori che possano risultare comuni a tutti i cittadini, indipendentemente dalla religione, dall’etnia, dallo stato sociale, dal sesso”. Tra questi saperi-valori ho posto in primo piano l’antifascismo, il costituzionalismo, l’internazionalismo, il pacifismo, l’ambientalismo, l’egualitarismo, il democratismo, il multiculturalismo, lo sviluppo umano, la legalità, ecc. Essi si ricompongono unitariamente in un sapere scolastico trasformato e rinnovato in quanto capace di trasmettere la maturazione di un senso di responsabilità e di solidarietà a cui legare la speranza di una società tendenzialmente più “decente” e su cui costruire il futuro delle nuove generazioni.

4. L’orientamento metodologico per la ricerca didattica operativa in classe

Per ripensare l’insegnamento e apprendimento valorizzando la dimensione pluridisciplinare dei saperi, ancorata al nesso tra epistemologia e didattica, il modello tradizionale dell’aggiornamento risulta del tutto insufficiente e persino aleatorio. La strada nuova da percorrere, non senza fatica e difficoltà di vario genere, è una naturale derivazione dall’idea di “autoriforma”: quella dell’autoformazione, come formazione individuale e di gruppo, centrata nella pratica dei laboratori settoriali coordinati in ogni scuola e tra le scuole, come laboratori territoriali, presenti nel distretto scolastico, nella città, nella provincia, ecc., secondo una prospettiva che può essere condensata nella formula “il sapere come ricerca nella scuola come laboratorio”. Se la ricerca didattica, epistemologicamente guidata, è rivolta a risolvere problemi, essa non può non mettere in moto processi e procedure di aggregazione pluridisciplinare in forma limitata, come l’area storico-civica, o in forma più ampia, come l’area storico-civico-filosofica (che è al centro di questa riflessione).

==In quest’ottica, l’approccio pluridisciplinare ai saperi che ho cercato di delineare ha effetti dirompenti sulla concezione e sull’azione didattica. Infatti, docenti e studenti lavorando insieme, in un rapporto di doppia centralità e di apprendimento reciproco, sono messi nella condizione di attivare dinamiche interpersonali e culturali nuove: lo spirito di collaborazione, la familiarizzazione con la struttura epistemica e logica delle discipline, la visione d’insieme e l’articolazione interna dei loro contenuti concettuali pluridisciplinari per affrontare un argomento con un progetto di percorso integrato di ricerca, secondo indici di complessità e difficoltà graduati, che comporta la riflessione sui risultati raggiunti e sulle dinamiche sottese ai fini di una ripuntualizzazione e riprogettazione come metariflessione, rivolta a valorizzare dubbi e certezze, successi e fallimenti che sono momenti naturali di un processo di coeducazione piena, in cui interagiscono positivamente gli aspetti cognitivi con quelli emozionali, che fanno la storia e l’identità di un gruppo-classe, il quale cresce secondo un percorso proprio di produzione culturale nella misura in cui gli studenti sono messi nella condizione di padroneggiare la grammatica e la sintassi dei saperi nella dimensione disciplinare e pluridisciplinare.

5. Alcuni punti fermi per i “lavori in corso”

Dalle pur brevi considerazioni svolte si deduce che soprattutto oggi, nel contesto delle ampie (e forse epocali) trasformazioni imposte dalla globalizzazione economica e culturale, l’identità del docente-intellettuale nella scuola di massa, che è scuola di tutti, si gioca sulla capacità di saper coniugare efficacemente i saperi essenziali del curricolo con i problemi dell’apprendimento, facendo leva sul concetto di ricerca didattica. Intesa: a) come progettazione di percorsi per la soluzione di problemi legati alla vita personale e sociale, nella dimensione locale e planetaria, lavorando sugli assi forti che costituiscono la trasversalità delle discipline come concetti euristici in grado di interpretare la complessità del mondo; b) come attivazione di esperienze significative sotto l’aspetto culturale e formativo, che consolidino la convinzione della scuola come luogo di socializzazione arricchente, di istruzione qualificata e di educazione coscientizzante, capace di rinnovarsi dal suo interno misurandosi con le culture giovanili, valorizzando le loro energie intellettuali ed emotive come condizione per sviluppare il piacere di imparare e per maturare i valori della responsabilità e della solidarietà, come capisaldi etici del sapere e della vita.

In questo quadro, pur nei suoi limiti l’ipotesi di area storico-civico-filosofica qui proposta come asse pluridisciplinare, caratterizzata dalla curvatura in senso etico-civile, rivela la possibilità di realizzare numerose altre opzioni di integrazione didattica tra le due discipline portanti, la storia e la filosofia. Per superare la prevalente separatezza che le caratterizza nella prassi didattica ancora vigente, è necessario assumere come criterio di fondo l’esigenza di insegnare e apprendere secondo epistemologia ancorata al paradigma didattico della ricerca, che significa apertura verso i diversi settori disciplinari. In questo senso si tratta di accogliere in modo coraggioso e radicale questa indicazione per far uscire dal dualismo ancora imperante che tende a irrigidire e impoverire il rapporto tra i due saperi, a partire dal riconoscimento della loro pari dignità culturale e formativa entro una operatività didattica rinnovata dalla prospettiva pluridisciplinare, che può garantire esiti inediti se sviluppata nella logica e nella pratica del laboratorio didattico. Esigenze di spazio impediscono di andare oltre lo schema sintetico della proposta teorico-operativa (che ho sviluppato in altri testi ). Queste le indicazioni di massima:

a) La ricerca di ipotesi di soluzione al problema della riqualificazione dell’insegnamento e apprendimento del sapere storico-filosofico in una prospettiva pluridisciplinare come asse culturale e formativo portante.
b) La specificità e le intersezioni di confine tra le due discipline: epistemologia e ricerca scientifica.
c) Lo spessore culturale e la valenza etico-civile e civico-politica del lavoro degli storici e dei filosofi.
d) La traduzione didattica come progettazione pluridisciplinare di area per la realizzazione di percorsi significativi aperti alle altre discipline (sociali, letterarie, scientifiche, ecc.): finalità, obiettivi, contenuti e metodi.
e) Verso il laboratorio di storia e filosofia in ogni scuola, intesa come grande laboratorio di ricerca didattica secondo il metodo delle “sensate esperienze e necessarie dimostrazioni”.

In conclusione, l’idea che propongo alla riflessione e alla discussione, a partire da un progetto di sperimentazione in corso di realizzazione, è quella del laboratorio come luogo di ricerca e di formazione a due dimensioni (quella docente e quella discente), poste in rapporto “virtuoso” per un’elaborazione epistemologica ed un’operatività didattica di tipo “artigianale”, nel senso creativo e innovativo del termine, come cantiere aperto di “lavori in corso”, capace di sviluppare nuove motivazione al piacere di insegnare e di apprendere, per una comune maturazione intellettuale ed umana tra soggetti generazionalmente diversi che si riconoscono nella effettiva assunzione di responsabilità e nella solidarietà che animano l’impegno per il progresso culturale e civile della società. In una scuola riconosciuta come luogo visibile non solo di socializzazione e di istruzione, ma anche di trasmissione di valori , con metodo laico e pluralista.