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La notte de' morti

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1847 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti La notte de' morti Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

La passeggiata In morte della fanciullina Lidia Vaglienti
Questo testo fa parte della raccolta VIII. Da 'Storia e fantasia'
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III

LA NOTTE DE’ MORTI



     È questa, Erína cara,
la notte dei defunti:
ho visto i miei congiunti
cader dentro la bara,
5come fronde di salice
e fogliette di rosa,
i miei padri, i miei figli e la mia sposa.


     Or io mi guardo intorno,
e son come il nocchiero,
10che in nemboso emisfero
domanda un fil di giorno,
e non trova che ténebra
desolata e profonda,
e la livida morte a sommo l’onda.

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     15E pur di novo amai!
Cosí l’anima vuole.
E tu, s’io t’ami, o sole
della mia vita, il sai!
T’amo siccome l’ultima
20ora d’un’ebbra gioia,
la qual morta, anche il cor uopo è che muoia.


     T’amo, perché del core
sui solchi inariditi
mi versi ancor le miti
25lusinghe e il dolce errore,
e la tristezza, amabile
dea, che d’un raggio spande
pur le cadenti dell’april ghirlande.


     Tale or son io. Ma i sacri
30riti son presti, i neri
panni, la croce, i ceri,
le rose ed i lavacri.
Deh! in quest’ora di lacrime
piena e di pii conforti,
35deh! prega, angiolo mio, per i miei morti.


     E a lor cosí ragiona:
— Ombre del tempo antico,
il nostro dolce amico
no, mai non v’abbandona;
40e, quando due gli spuntano
sospir dal petto anelo,
forse il primo per voi viensene al cielo.

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     Spesso al balcone assiso,
cogli occhi inverso a’ monti,
45nei rosati tramonti
tiene immobile il viso.
E, s’io lo scuoto e interrogo,
sua pia consolatrice,
non è sempre di me ch’ei pensa e dice.


     50Mai non andiam soletti,
ch’io parlar non l’ascolti
di tombe e di sepolti.
Sin tra i piú allegri detti
ei fa passar l’imagine
55della Morte gentile.
Morte, amore e dolor, questo è il suo stile.


     Cotanto egli si piace
d’ogni pensier funèbre,
che, quando le palpèbre
60chiude talvolta in pace,
l’odo nei brevi e taciti
sogni sclamar: — Son lasso!
Bella angelica Morte, aprimi un sasso. —


     Se spira un ventolino
65nella verde foresta,
egli mi dice: — È questa
l’anima d’un bambino,
che va passando e ai roridi
orti del ciel sorride.
70Povera madre, che passar lo vide! —

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     E, quando, all’alba, mira
sui campi un fior morente,
ristá subitamente,
mi guarda, e poi sospira,
75gridando: — È senza termine
disperato martire
nascer fiore un istante e poi morire.


     O padri miei! Caduti
voi siete in sepoltura,
80e all’iniqua natura
pagaste i suoi tributi
non fuor di tempo; e al tumulo
di voi, posto in ginocchi,
spargo, senza furor, pianto dagli occhi.


     85Quando cadiam, noi foglie,
per lo soffio del verno,
giú nel silenzio eterno,
poco dolor ci coglie,
però che questo è l’ordine
90al fragil uom prefisso:
ire a suo tempo nell’ingordo abisso.


     Ma sentirsi i giacinti
della morte sui panni,
e odorare a vent’anni
95l’incenso degli estinti,
qual fu d’Elisa, e ai zeffiri
del mattin profumato
nascer fiore e morir... questo è reo fato! —

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     Cosí dicendo, il tetro
100viso sul petto abbassa,
e ogni obbietto che passa,
sia letizia o ferètro,
lo tocca indarno. A spiriti
remoti ei parla e, come
105li avesse innanzi, ne susurra il nome.


     Ah! dal dí che mutaste
col ciel le umane tempre,
ei vi ricorda sempre,
anime amate e caste;
110e, se gelosa insania
mi potesse dar guerra,
il ciel me la daria, non giá la terra! —


     Pietosamente china
alle fosse de’ miei,
115cosí parlar tu déi,
cosí, mia dolce Erina;
mentre sull’arche in candido
velo la luna ascende,
occhio soave della notte, e splende.


     120Ed io dagl’irti pruni,
e dalle aiòle erbose
io coglierò due rose
pe’ tuoi capelli bruni:
una, perché compiangere
125ai cari estinti sai;
l’altra, perché i tuoi dolci occhi mi dái.

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     Odi: non va pel vento
un funeral tintinno?
Treman davanti all’inno
130la terra e il firmamento.
Ah! dunque di fantasimi
è tutta quanta ordita
quest’ora breve, che nomiam la vita?


     Dimmi: sará fors’anco
135il nostro amore un sogno?
Senti, o gentil. Bisogno
è lo ingannarci. Al fianco
ci fu messa la tenera
bellissima speranza.
140Sperando, amiam! Qual altro bene avanza?