La novella del buon vecchio e della bella fanciulla ed altri scritti/La novella del buon vecchio e della bella fanciulla/III

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La novella del buon vecchio e della bella fanciulla - II La novella del buon vecchio e della bella fanciulla - IV


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III

Il vecchio si avviò al Tergesteo col passo più elastico. Si sentiva molto bene, il buon vecchio. Forse tuttociò gli era mancato da troppo tempo. Causa le sue tante occupazioni egli aveva dimenticato qualche cosa di cui il suo organismo ancora giovanile realmente abbisognava. Sentendosi tanto bene non ne poteva dubitare.

Al Tergesteo arrivò troppo tardi. Dovette perciò correre al telefono per riparare al ritardo. Per una mezz’ora gli affari lo riebbero tutto. Anche tale calma fu per lui un argomento di soddisfazione. Ricordava che in gioventù l’attesa era stata tale tortura e delizia che poi la gioia aspettata in confronto impallidiva. [p. 32 modifica]La tranquillità gli apparve quale una prova di forza e qui certamente si ingannava.

Lasciati gli affari, s’avviò all’albergo ove sempre mangiava come molti altri abbienti che così risparmiavano le provviste immagazzinate. Continuava ad esaminarsi camminando. Il desiderio in lui era virilmente calmo, ma intero. Non aveva dubbi e non ricordava neppure che in gioventù, da persona fine quale egli era, ogni simile avventura aveva agitato nel suo petto tutti i problemi del male e del bene. Vedeva solo un lato del problema e gli pareva che ciò ch’egli prendeva gli spettasse se non altro quale un indennizzo per il tanto tempo in cui era stato privo di tanta gioia. In genere è certo che la maggior parte dei vecchi crede di aver molti diritti e soli diritti. Sapendo di non essere più raggiungibili da un’educazione, credono di poter vivere proprio come il loro organismo domanda. Il buon vecchio s’assise al tavolo con un desiderio d’assimilazione che gli ricordava la vera gioventù. Beato, pensò: — La buona e bella cura comincia.

Tuttavia nel tardo pomeriggio quando, abbandonato l’ufficio, il vecchio, per risparmiar[p. 33 modifica]si l’attesa inerte in casa andò a passeggiare lungamente alla riva ed al molo, vi fu nel suo petto un lieve sobbollimento morale, che non passò senza lasciar traccia di sè nella sua anima. Non ebbe però alcuna influenza sul corso delle cose perchè egli, come tutti i vecchi e i giovani, fece quello che gli piacque pur sapendo meglio.

Il tramonto estivo era chiaro e pallido. Il mare gonfio, stanco e immobile, sembrava scolorito in confronto del cielo ancora lucente. Si vedevano chiaramente i profili delle montagne digradanti verso la pianura friulana. Si intravedeva anche l’Hermada e si sentiva vibrare l’aria scossa dai colpi incessanti del cannone.

Ogni manifestazione di guerra cui il vecchio assisteva, gli faceva ricordare con uno stringimento di cuore ch’egli in seguito alla guerra guadagnava tanto denaro. A lui dalla guerra risultava la ricchezza e l’abiezione. Quel giorno pensò: — Ed io tento di sedurre una fanciulla del popolo che colà soffre e sanguina! — Era abituato da lungo tempo al rimorso dei buoni affari che faceva ed egli continuava a farne ad [p. 34 modifica]onta del rimorso. La sua parte di seduttore era nuova e perciò era più nuova e intensa la sua resistenza morale. I nuovi delitti non s’accordano tanto facilmente con le proprie moralissime convinzioni e ci vuole del tempo per fare adagiare pacificamente gli uni accanto alle altre, ma non c’è da disperarsene. Intanto là, al molo, in cospetto dell’Hermada in fiamme il buon vecchio abbandonò il suo proposito. Avrebbe avviata la sua giovinetta ad un sano lavoro e non sarebbe stato per lei altri che filantropo.

L’ora fissata per l’appuntamento era pressochè giunta. La lotta morale aveva reso ancora meno difficile il compito di attenderla. Il proposito del filantropo accompagnò il buon vecchio a casa lasciandogli sempre il passo da conquistatore che aveva adottato la mattina scendendo da quella piattaforma della tramvia.

Neppure a casa la risoluzione mutò, ma gli atti non vi si conformarono. Offrire una cenetta alla giovinetta non era più opera da filantropo. Egli aperse delle scatole di commestibili delicati e preparò una cenetta fredda pre[p. 35 modifica]libata. Sul tavolo, in mezzo a due bicchieri di cristallo, pose una bottiglia di sciampagna. Non per altro: il tempo era molto lungo.

Poi venne la giovinetta. Era molto meglio vestita che alla mattina, ma ciò non fu decisivo perchè più desiderabile non poteva divenire. Il vecchio in cospetto dei dolci e dello sciampagna assunse un aspetto paterno cui la giovinetta non badò perchè teneva sempre rivolto l’occhio innocente alla buona cena. Egli le disse che intendeva di farle insegnare un po’ di tedesco di cui avrebbe abbisognato per l’impiego e allora essa ebbe una parola che fu decisiva. Dichiarò che era disposta di lavorare tutto il giorno a patto che le si lasciasse mezz’ora di tempo per il suo bagno.

Il vecchio si mise a ridere: — Ci conosciamo dunque da molto tempo? Non è Lei quella giovinetta che venne da me con la mamma... Come sta quella cara Signora?

La parola fu veramente decisiva prima di tutto perchè così egli aveva appreso che si conoscevano da tanto tempo. La durata dà ad un’avventura un aspetto più serio. Poi anche la garanzia del bagno quotidiano è, specie per [p. 36 modifica]un vecchio, di un’importanza evidente. Adesso, appena, avrebbe potuto intendere, se ci avesse pensato, la ragione per cui la madre della giovane aveva menzionato il bagno. Il suo fare da filantropo sparì. La guardò ridendo negli occhi, quasi volesse irridere al proprio sforzo morale, l’afferrò per una mano e l’attrasse a sè.

Poi il vecchio avrebbe voluto riprendere subito il suo aspetto da filantropo. Che scopo c’era ormai di conservare l’aspetto odioso del seduttore? Ebbe il buon gusto di non parlare più di impieghi. Diede invece presto del denaro. Poi, dopo una lieve esitazione, ne diede separatamente una seconda volta e questo lo destinò a quella cara Signora, alla mamma. Per apparire filantropico bisogna pur dare anche a chi non ha meritato. Poi è vero che i vecchi danno sempre il denaro a rate, mentre i giovani vuotano con un solo gesto la tasca salvo a pentirsene poi.

La giovinetta ebbe così l’arduo compito di dover accettare per ben due volte il denaro, e fingere per due volte di non volerne. Per una volta è facile e tocca a tutte. Ma la seconda [p. 37 modifica]volta? Essa non trovò la variazione che occorreva e ripetè macchinalmente la parola e il gesto che aveva impiegati la prima volta. Anche la terza volta avrebbe detto: — Del denaro? Io non ne voglio! — e l’avrebbe preso dichiarando: — Ma io ti voglio bene! — Dopo la seconda volta restò un po’ turbata e il vecchio attribuì tale turbamento al suo disinteresse. Invece può anche essere ch’essa dubitasse che l’importo datole fosse stato piccolo e frazionato in due per farlo apparire maggiore.

Quest’avventura tanto semplice divenne più complessa nella mente torbida del buon vecchio. È destino! Per un verso o per l’altro, anche quando un vecchio paga sapendo che i favori non possono più essergli regalati, egli finisce sempre col falsare le avventure d’amore e merita presto il riso di Beaumarchais e la musica di Rossini. Il mio buon vecchio, — tanto intelligente — non rise delle parole pur così poco elaborate della giovinetta. L’avventura doveva restare «vera» ed egli collaborava volonteroso alla falsificazione. La giovinetta era tanto graziosa che nessuna sua parola poteva apparire stonata. Ora tale falsificazione [p. 38 modifica]ebbe qualche importanza ma solo nell’anima del vecchio. All’esterno non ne ebbe altra che di rendere un po’ più lunga la durata di quel primo abboccamento ed anche di quelli che seguirono. Se il vecchio avesse potuto comportarsi secondo il suo desiderio, avrebbe allontanata presto la giovinetta perchè i vecchi hanno l’immoralità breve. Ma con una donna che ama non si può mica procedere così alla spiccia. Egli non era un vanesio. Pensava: — La giovinetta ama il lusso del mio ufficio, della mia casa, della mia persona. Forse le piace anche la dolcezza della mia voce e la finezza dei miei modi. Ama questa mia stanza in cui vi sono tanti buoni cibi. Ama tante mie cose che un poco può amare anche me. — L’offerta dell’amore è un bellissimo complimento e piace anche quando non si sa che farsene. Alla peggio può almeno equivalere ai titoli cavallereschi delle persone che negoziano in buoi, eppure si sa che ne vanno tanto gelose. Essa gli disse, ma senza alcuna intenzione di farne una tragedia, ch’egli era stato il suo primo amante. Ed egli lo credette. Insomma il buon vecchio dovette trattenersi per non offri[p. 39 modifica]re denaro per la terza volta. S’adagiò tanto volentieri in così grande dolcezza da sentirsi ferito allorchè essa gli disse di non amare i giovani e di preferire i vecchi. Fu un brutto risveglio di sentirsi dare del vecchio e un dolore di dover inchinarsi per ringraziare della gentile dichiarazione. Però l’abboccamento anche quando fu meno amoroso non fu certo una tortura per il buon vecchio. La fanciulla era tutta occupata a distruggere la buona cena che le era stata offerta e così lui poteva riposare a suo agio.

Fu però lieto di vederla partire e di restare solo. Egli era uso alla conversazione delle persone serie e non gli era possibile di sopportare per troppo tempo il vacuo discorso della bella giovinetta. Si dirà che vi sono artisti e pensatori, gente più seria del mio vecchio commerciante, che da giovani sopportano con delizia il cinguettio di una bella bocca. Ma si vede che i vecchi per certi rapporti sono più serii dei più serii giovani.

Il buon vecchio andò a coricarsi sempre un po’ preoccupato. Quando fu nel suo letto disse: — Non pensiamoci più. Forse non la vedrò [p. 40 modifica]mai più. — Era tanto poco sicuro del proprio amore che aveva stabilito con lei che al prossimo ritrovo l’avrebbe invitata con un bigliettino. Bastava perciò non scrivere ed egli ridiveniva l’uomo virtuoso ch’era stato sempre.

Prima di pigliar sonno fu torturato dalla sete. Aveva bevuto troppo e mangiato delle cose troppo condite. Chiamò la donna che gli dirigeva la casa e ne ebbe un bicchiere d’acqua e un’occhiataccia di rimprovero. Essa — non più tanto giovine — aveva sempre sperato di finire padrona della casa. Poi aveva pensato che il ritegno del vecchio fosse dovuto al suo spirito di casta e vi si era rassegnata perchè in una o nell’altra casta si nasce senza propria colpa. Ora essa aveva potuto vedere per un istante la giovinetta quando costei s’allontanò. Apprese perciò che lo spirito di casta non impediva nulla al buon vecchio. Ciò equivalse per lei ad un vero e proprio schiaffo. Si dirà che anche le qualità che rendono più o meno desiderabili non dipendono dal proprio merito o demerito. Ma essa riteneva di avere quelle qualità e perciò era colpevole il vecchio di non avvedersene.