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La parola (Prati)

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Giovanni Prati

Olindo Malagodi 1843 Indice:Prati, Giovanni – Poesie varie, Vol. I, 1916 – BEIC 1901289.djvu sonetti La parola Intestazione 23 luglio 2020 25% Da definire

Il poeta e i suoi pensieri La madre e la patria
Questo testo fa parte della raccolta II. Dai 'Canti lirici'
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VI

LA PAROLA

La contemplazione dell’universo insegna all’anima la parola che lo rivela.


     Nell’ombra, ai malinconici
occhi velata ancora,
arde una sacra fiaccola
che la mia mente adora;
5ben qualche raggio io sento
riverberar da lunge,
ma troppo tenue e lento
mi penetra nel cor,
e d’una brama il punge,
10che è simile al dolor.


     Che val che in me discendano
da non mortale altezza
caste e possenti immagini
d’amore e di bellezza,
15se tra quel mondo arcano
rapido il verbo gira,
perseguitato invano
dal cupido pensier,
che rivelar sospira
20ne la parola il ver?

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     In me dai sensi all’anima
passa un divin linguaggio,
che unisce il fior col turbine,
che mesce l’ombra al raggio,
25che d’un’occidua stella
mi ferma agli splendori,
che un’umile acquicella
lungo mirar mi fa,
ésca a quei forti amori
30che a tutti il ciel non dá.


     Ma la parola!... O povera,
che speri o tenti mai?...
L’arcano dello spirito
tutto non s’apre, il sai.
35Un vago regno ascoso
con noi germoglia insieme,
lo abbraccia il cor pietoso,
che col pensier lo amò;
ma inutilmente geme,
40perché svelar non può.


     Dunque passate, o candidi
visi, o leggiadre vesti,
labbra arridenti e pallide,
occhi sereni e mesti:
45date, o gioconde lire,
bando all’inutil verso;
inchínati a morire,
o benedetto sol;
non suoni all’universo
50che un’armonia di duol.


     A me talor l’oceano
povera stilla appare,
talor nell’umil gocciola

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sento diffuso il mare,
55e l’atomo, che in calma
lieve per l’aere vola,
cose infinite all’alma
comunicando vien;
ma la fatal parola
60mi muor consunta in sen.


     Cieca e superba polvere,
dunque m’ha Dio percosso,
un mondo rivelandomi,
ch’io rivelar non posso?
65E questo senso, e questa
aura del cor romita,
libera, ardente e mesta
un’arpa non avrá,
che spanda un fior di vita
70per la ventura etá?


     Mio Dio, quest’arpa oh! datemi,
squilla ai dormenti petti:
non di lusinghe, armatela
di coraggiosi affetti;
75e, accomunati in loro
i mal divisi amanti,
suoni una corda d’oro,
che ai figli del Signor
renda animosi i canti
80e valido il dolor.


     Oh mobili onde! oh libere
aure! oh campagne aperte!
anche nel verno vedove
d’astri e di fior deserte,
85voi la parola avrete,
che cerca il mio pensiero,

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e a temperar la sete,
che il cor mi consumò,
sovra l’altar del vero
90tutto svelar saprò.


     Tutto, dai gioghi inospiti
ai sorridenti calli,
dal campo dei cadaveri
allo splendor dei balli,
95tutto che impera il senso
e che lo spirto insegna,
i mondi che l’immenso
alimentando va,
l’uom che obbedisce e regna,
100Dio che sorride e sta.


     Dio sentirò nel barbaro,
che d’uman sangue ha voglia,
ma, festeggiando all’ospite,
gli dorme su la soglia;
105nel pellegrin, che assonna
sotto le palme assiso;
ne la selvaggia donna,
che insegna al suo figliuol
di tener vòlto il viso
110lá dove nasce il sol.


     Oh! nell’intatta tenebra
saprò trovarti allora,
misteriosa fiaccola,
che la mia mente adora:
115in quell’eccelso loco
l’arpa con Dio s’accorda:
ben l’immortal tuo foco
mi fará polve il cor,
ma la morente corda
120sará sonante ancor!