La santa alleanza dei popoli (Mazzini)/La santa alleanza dei popoli/II

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Il presentimento dei principi si avverò. Il popolo sorse; nè solamente in Francia, ma in quasi tutte le terre d’Europa, con tanto più vigore, quanto più vasta era la conquista da farsi: non politica soltanto, ma sociale. Sorse, dapprima appoggiando la classe degli abbienti che gli prometteva combattere la sua battaglia, la battaglia di tutti: poi, deluso da quegli uomini che, conquistato l’esercizio dei proprii diritti, gli si facessero alla loro volta nemici, con azione più diretta, con esigenze più esplicite. Errò, smembrandosi di programma in programma, da scuola a scuola, e taluna pericolosa, se non fosse assurda. Inesperto, fidato a instinti sublimi più che non a meditati disegni, tradito spesso dalla soverchia fiducia in capi mal noti, talora da diffidenza non meritata d’uomini buoni davvero, cadde, risorse per ricadere, sprecò dietro a illusioni forze gigantesche, capaci di disfare e rifare un mondo, versò sterilmente sangue puro e prezioso tanto da fondare una religione. Ma gli errori e le disfatte possono spengere fazioni, non popoli. Le nazioni non muoiono, si trasformano. E questo agitarsi profetico, di moltitudini, questo commovimento del genere umano, che Dio sprona a nuova meta, a più largo sviluppo di facoltà consociate, ha conquistato, come marea che salga, più sempre terreno, s’è fatto di lustro in lustro, d’anno in anno, più vasto e profondo. Oggi, checchè si faccia, la vittoria è nostra. Nè leghe di principi, nè artificii o persecuzioni di papi, possono ormai far altro che ritardarla e renderla più sanguinosa. Rapircela, non è dato a potenza umana. [p. 4 modifica]

La vittoria è nostra: e noi lo diciamo con profondo convincimento, dall’esilio, e quando la reazione monarchica sembra più insolentemente secura. Che importa il trionfo d’un’ora? che importa se, concentrando tutti i vostri mezzi d’azione, giovandovi di tutti gl’inganni, traendo partito da gelosie e pregiudizi di razze che anche oggi, per poco, rimangono, seminando l’egoismo la diffidenza e la corruttelaFonte/commento: vedi pag. 15, avete represso i nostri moti e restituito l’ordine antico di cose? Potete voi restituire le credenze in quell’ordine? O presumete di mantenerlo lungamente colla sola forza, e senz’appoggio di fede? Paragonate i moti italiani degli ultimi due anni con quei di ventotto, di diciotto anni addietro: paragonate le insurrezioni popolari di Sicilia e di Lombardia coi moti, fondati sull’aristocrazia o sulla milizia, del 1820 e 21: — le resistenze di Venezia, di Bologna e di Roma, colle fughe e le capitolazioni del 1831. I nostri giovani hanno imparato a morire; però, l’Italia vivrà. Vinceste, colle arti di Luigi Filippo, l’insurrezione monarchico-costituzionale del 1830; e noi, popolo, vi abbiamo risposto colla insurrezione repubblicana del febbraio 1848. Vinceste, giovandovi d’inganni atroci, in Gallizia; e noi vi rispondemmo coll’Ungheria. Vinceste or ora l’Ungheria, e vi risponderanno, forse tra non molto, i popoli Slavi. E i moti germanici? e Vienna? e i milioni d’operai chiedenti lavoro e pane a governi spolpati dallo spionaggio, dalla necessità di corrompere coll’oro, dagli eserciti permanenti, e da guerre intestine, rinascenti, continue? Minacciati, minati per ogni dove, manterrete per sempre l’Europa in stato di assedio?

La sete d’un potere prolungato anche per pochi giorni, acceca i principi: ma nessuno oggimai, da essi in fuori, può credere che sessantanni di lotta ostinata siano l’opera d’una setta, d’una fazione; che i popoli non possano soffrir tanto senza avvilirsi, e non essere chiamati a vincere quando che sia; che la guerra momentaneamente sopita non debba riardere più feroce quanto più contrastata, fino a che non sia raggiunta la meta. Una grave responsabilità pesa sugli uomini che, per paure inesplicabili, avversano il moto ascendente delle moltitudini, o si tengono inerti in disparte quando i loro fratelli combattono. Ricordino che Solone sentenziava d’infamia coloro che, in una sedizione, non si appigliavano a parte alcuna, che questa non è sedizione, ma [p. 5 modifica]rivoluzione; e che essi, colla loro condotta ostile o tiepida, ne perpetuano la crisi e i danni, e provocano nel core delle moltitudini una irritazione di vendetta, che può riescire tremenda: tremenda quanto lunga fu la loro pazienza. Seduzione e terrore: i governi hanno tutto, e inutilmente, tentato: Dio sta pei popoli: la partita è ineguale. Le idee procedono, la dottrina delle caste è spenta, spenta la credenza nella ineguaglianza: il paria ha levato il guardo ai padroni senza tremare, e da quel punto la questione fu vinta per lui. Voi potete, unendovi tutti, stringendovi intorno alla bandiera d’amore che i migliori sollevano, regolarizzare l’iniziazione sociale dei milioni, temperarne i moti, dirigerli nella via segnata: arrestarli non mai.