La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1895)/Ricette/Minestre/Minestre in brodo

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Minestre in brodo

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Ricette - Minestre Ricette - Minestre asciutte e di magro
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MINESTRE IN BRODO


6. - Cappelletti all’uso di Romagna

Sono così chiamati per la loro forma a cappello. Ecco il modo più semplice di farli onde riescano meno gravi allo stomaco. [p. 7 modifica]

Ricotta, oppure, metà ricotta e metà cacio raviggiolo, grammi 180.
Mezzo petto di cappone cotto nel burro, condito con sale e pepe, è tritato fine fine colla lunetta.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, uno intero e un rosso.
Odore di noce moscata, poche spezie, scorza di limone a chi piace.
Un pizzico di sale.

Assaggiate il composto per poterlo al caso correggere, perchè gl’ingredienti non corrispondono sempre a un modo. Mancando il petto di cappone supplite con grammi 100 di magro di maiale nella lombata, cotto e condizionato nella stessa maniera.

Se la ricotta o il raviggiolo fossero troppo morbidi lasciate addietro la chiara d’uovo oppure aggiungete un altro rosso se il composto riescisse troppo sodo. Per chiudere quest’ingredienti fate una sfoglia piuttosto tenera di farina spenta con sole uova servendovi anche di qualche chiara rimasta, e tagliatela con un disco rotondo della grandezza come quella segnata alla pagina seguente.

Ponete il composto in mezzo ai dischi e piegateli in due formando così una mezza luna; poi prendete le due estremità della medesima, riunitele insieme ed avrete il cappelletto compito.

Se la sfoglia vi si risecca tra mano bagnate, con un dito intinto nell’acqua, gli orli dei dischi. Questa minestra per rendersi più grata al gusto richiede il brodo di cappone; di quel rimminchionito animale che per sua bontà si offre nella solennità di Natale in olocausto agli uomini. Cuocete dunque i cappelletti nel suo brodo come si usa in Romagna, ove trovereste nel citato giorno degli eroi che si vantano di averne mangiati cento; ma c’è il caso però di crepare come avvenne [p. 8 modifica]ad un mio conoscente. A un mangiatore discreto bastano due dozzine.

A proposito di questa minestra vi narrerò un fatterello, se vogliamo di poca importanza, ma che può dare argomento a riflettere.

Avete dunque a sapere che di lambiccarsi il cervello su’ libri, i signori di Romagna non ne vogliono saper buccicata, forse perchè fino dall’infanzia i figli si avvezzano a vedere i genitori a tutt’altro intenti che a sfogliar libri e fors’anche perchè, essendo paesi ove si può far vita gaudente con poco, non si crede necessaria tanta istruzione; quindi il novanta per cento, a dir poco, dei giovanetti, quando hanno fatto le ginnasiali, si buttano sull’imbraca e avete un bel tirare per la cavezza che non si muovono. Fino a questo punto arrivarono col figlio Carlino, marito e moglie in un villaggio della bassa Romagna; ma il padre che la preten[p. 9 modifica]deva a progressista, benchè potesse lasciare il figliuolo a sufficienza provvisto, avrebbe pur desiderato di farne un avvocato e, chi sa, fors’anche un deputato, perchè da quello a questo è breve il passo. Dopo molti discorsi, consigli e contrasti in famiglia fu deciso il gran distacco per mandar Carlino a proseguire gli studii in una grande città, e siccome Ferrara era la più vicina per questo fu preferita. Il padre ve lo condusse, ma col cuore gonfio di duolo avendolo dovuto strappare dal seno della tenera mamma che lo bagnava di pianto.

Non era anco scorsa intera la settimana quando i genitori si erano messi a tavola sopra una minestra di cappelletti, e dopo un lungo silenzio e qualche sospiro la buona madre proruppe: oh se ci fosse stato il nostro Carlino cui i cappelletti piacevano tanto! Erano appena proferite queste parole che si sente picchiare all’uscio di strada, e dopo un momento, ecco Carlino slanciarsi tutto festevole in mezzo alla sala.

— Oh! cavallo di ritorno, esclama il babbo, cos’è stato? — È stato, risponde Carlino, che il marcire sui libri non è affare per me e che mi farò tagliare a pezzi piuttosto che ritornare in quella galera. — La buona mamma gongolante di gioia corse ad abbracciare il figliuolo e rivolta al marito: — Lascialo fare, disse, meglio un asino vivo che un dottore morto; avrà abbastanza di che occuparsi co’suoi interessi. — In fatti d’allora in poi gl'interessi di Carlino furono un fucile e un cane da caccia, un focoso cavallo attaccato a un bel barroccino e continui assalti alle giovani contadine.


7. - Tortellini all’italiana (Agnellotti)

Braciuole di maiale nella lombata circa grammi 300.
Un cervello di agnello, o mezzo di bestia più grossa.
Midollo di bue, grammi 50. [p. 10 modifica]
Parmigiano grattato, grammi 50.
Rossi d’uovo N. 3 e, al bisogno, aggiungete una chiara.
Odore di noce moscata.

Disossate e digrassate le braciuole di maiale, e poi tiratele a cottura in una cazzaruola con burro, sale e una presina di pepe. In mancanza del maiale può servire il magro del petto di tacchino nella proporzione di grammi 200, cotto nella stessa maniera. Pestate o tritate colla lunetta finissima la carne; poi unite alla medesima il cervello lessato e spellato, il midollo crudo e tutti gli altri ingredienti, mescolandoli bene insieme. Quindi i tortellini si chiudono in una sfoglia come i cappelletti e si ripiegano nella stessa guisa, se non che questi si fanno assai più piccoli.

Ecco, per norma, il loro disco.

Disco pei Tortellini
Disco pei Tortellini


8. - Tortellini alla bolognese

Quando sentite parlare della cucina bolognese fate una riverenza, che se la merita. È un modo di cucinare un po’ grave, se vogliamo, perchè il clima così richiede; ma succulento, di buon gusto e salubre, tanto è vero che colà le longevità di ottanta e novant’anni sono più comuni che altrove. [p. 11 modifica]I seguenti tortellini, benchè più semplici e meno dispendiosi degli antecedenti, non sono per bontà inferiori, e ve ne convincerete alla prova.

Presciutto grasso e magro, grammi 30.
Mortadella di Bologna, grammi 20.
Midollo di bue, grammi 60.
Parmigiano grattato, grammi 60.
Uova, N. 1.
Odore di noce moscata.
Sale e pepe niente.

Tritate ben fini colla lunetta il presciutto e la mortadella, tritate egualmente il midollo senza disfarlo al fuoco, aggiungetelo agli altri ingredienti ed intridete il tutto coll’uovo mescolando bene. Si chiudono nella sfoglia d’uovo come gli altri, tagliandola col piccolo stampo del N. 7. Non patiscono conservandoli per giorni ed anche per qualche settimana. Con questa dose ne farete poco meno di 300, e ci vorrà una sfoglia di tre uova.

Bologna è un gran castellazzo dove si fanno continue magnazze, diceva un tale che a quando a quando colà si recava a banchettar cogli amici. Nell’iperbole di questa sentenza c’è un fondo di vero del quale, un filantropo che vagheggiasse di legare il suo nome a un’opera di beneficenza nuova in Italia, potrebbe giovarsi. Parlo di un Istituto culinario, ossia scuola di cucina a cui Bologna si presterebbe più di qualunque altra città pel suo grande consumo, per l’eccellenza dei cibi e pel modo di cucinarli.

Nessuno apparentemente vuol dare importanza al mangiare, e la ragione è facile a comprendersi; ma poi, messa da parte l’ipocrisia, tutti si lagnano di un desinare cattivo o di una indigestione per cibi mal preparati. La nutrizione essendo il primo bisogno della vita è cosa ragionevole l’occuparsene per soddisfarlo meno peggio che sia possibile. [p. 12 modifica]Uno scrittore straniero dice: « La salute, la morale, le gioie della famiglia si collegano colla cucina, quindi sarebbe ottima cosa che ogni donna, popolana o signora, conoscesse un’arte che è feconda di benessere, di salute, di ricchezza, e di pace alla famiglia. »

Dico dunque che il mio Istituto dovrebbe servire per allevare delle giovani cuoche le quali, naturalmente più economiche degli uomini e di minore dispendio, troverebbero facile impiego e possederebbero un’arte che, portata nelle case borghesi, sarebbe un farmaco alle tante arrabbiature che spesso avvengono nelle famiglie a cagione di un pessimo desinare.

Ho lasciato cader questa idea così in embrione ed informe: la raccatti altri, la svolga e ne faccia suo pro qualora creda l’opera meritoria. Io sono d’avviso che una simile istituzione ben diretta, accettante le ordinazioni de’ privati e vendendo le pietanze già cucinate, si potrebbe impiantare, condurre e far prosperare con un capitale e con una spesa relativamente piccoli.

Se vorrete i tortellini anche più gentili aggiungete alla presente ricetta un mezzo petto di cappone cotto nel burro, un rosso d’uovo e la buona misura di tutto il resto.


9. - Panata

Questa minestra, con cui si solennizza in Romagna la Pasqua d’uovo, è colà chiamata tridura, parola della quale si è perduto in Toscana il significato, ma che era in uso al principio del secolo XIV come apparisce da un’antica pergamena in cui si accenna a una funzione di riconoscimento di patronato, che consisteva nell’inviare ogni anno alla casa de’ frati di Settimo posta in Cafaggiolo (Firenze) un catino nuovo di legno pieno [p. 13 modifica]di tridura e sopra al medesimo alcune verghe di legno per sostenere dieci libbre di carne di porco guarnita d’alloro. Tutto s’invecchia e si trasforma nel mondo, anche le lingue e le parole; non però gli elementi di cui le cose si compongono i quali, per questa minestra, sono:

Pane grattato, grammi 130.
Uova, N. 4.
Cacio parmigiano, grammi 50.
Odore di noce moscata.
Sale un pizzico.

Prendete una cazzaruola larga e formate in essa un composto sodo con gl’ingredienti suddetti aggiungendo del pangrattato se occorre.

Stemperatelo col brodo caldo, ma non bollente e lasciatene addietro alquanto per aggiungerlo dopo. Cuocetelo con brace all’ingiro, poco o punto fuoco sotto e con un mestolo, mentre entra in bollore, cercate di radunarlo nel mezzo scostandolo dalle pareti del vaso senza scomporlo. Quando lo vedrete assodato versatelo nella zuppiera e servitelo. Questa dose può bastare per sei persone.

Se la panata è venuta bene la vedrete tutta in grappoli col suo brodo chiaro all’intorno. Piacendovi mista con erbe o con piselli non avete che a cuocere queste cose a parte, e poi mescolarle nel composto prima di scioglierlo col brodo.


10. - Taglierini di semolino

Non sono molto dissimili da quelli fatti di farina, ma reggono di più alla cottura essendo la sodezza un pregio di questa minestra. Oltre a ciò lasciano il brodo chiaro e pare che lo stomaco rimanga più leggiero. [p. 14 modifica]Occorre semolino di grana fine; ed ha bisogno di essere intriso colle uova qualche ora prima di tirare la sfoglia. Se, quando siete per tirarla, vi riuscisse troppo morbida, aggiungete qualche pizzico di semolino asciutto per ridurre l’impasto alla durezza necessaria, onde non si attacchi al matterello. Non occorre nè sale nè altri ingredienti.


11. - Gnocchi

È una minestra da farsene onore; ma se non volete consumare appositamente per lei un petto di pollastra o di cappone, aspettate che vi capiti d’occasione.

Cuocete nell’acqua o meglio a vapore grammi 200 di patate grosse e farinacee e passatele per istaccio. A queste unite il petto di pollo lesso tritato finissimo colla lunetta, grammi 40 di parmigiano grattato, due rossi d’uovo, sale quanto basta e odore di noce moscata. Mescolate e versate il composto sulla spianatoia sopra a grammi 30 o 40 (che tanti devono bastare) di farina per legarlo e poterlo tirare a bastoncini grossi quanto il dito mignolo. Tagliate questi a tocchetti e gettateli nel brodo bollente ove una cottura di cinque a sei minuti sarà sufficiente. Questa dose potrà bastare per sette od otto persone. Se il petto di pollo è grosso due soli rossi non potranno bastare.


12. - Minestra di semolino composta

Cuocete semolino di grana fine nel latte e gettatene tanto che riesca ben sodo. Quando lo ritirate dal fuoco conditelo con sale, parmigiano grattato, un pezzetto di burro e odore di noce moscata e lasciatelo diacciare. [p. 15 modifica]Allora stemperate il composto con uova fino a ridurlo liquida crema. Prendete una forma liscia di latta, ungetene bene il fondo col burro, aderitegli un foglio egualmente unto e versate il detto composto nella medesima per assodarlo a bagno maria con fuoco sopra. Cotto e diaccio che sia, una lama di coltello passata all’intorno e la carta del fondo vi daranno aiuto a sformarlo. Tagliatelo a mattoncini o a mostacciuoli della grossezza di uno scudo e della larghezza di un centimetro o due e gettateli nel brodo bollente per qualche minuto.

Basta un bicchiere di latte e due uova a fare una minestra per quattro o cinque persone. Con un bicchiere e due dita di latte e tre uova ho fatto una minestra che è bastata per otto persone.


13. - Minestra di krapfen

Meno lo zucchero è la stessa composizione del N. 138.

Ecco le dosi di una minestra per sette o otto persone.

Farina d’Ungheria, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Lievito di birra quanto una noce.
Uova, N. 1.
Sale una presa.

Tirato il pastone a stiacciata della grossezza alquanto meno di mezzo dito, tagliatela con un cannello di latta del diametro qui accanto segnato per farne come tante pasticche che porrete a lievitare. Le vedrete crescere in forma di pallottole e allora friggetele nell’olio, se lo avete eccellente, altrimenti nel lardo o nel burro. Quando siete per mandare in tavola collocatele nella zuppiera e versate sulle medesime il brodo bollente. [p. 16 modifica]


14. - Minestra del Paradiso

È una minestra sostanziosa e delicata; ma il paradiso, fosse pur quello di Maometto, mi pare che qui non ci abbia che fare. Montate sode quattro chiare d’uovo, incorporateci dentro i rossi, poi versateci quattro cucchiaiate non tanto colme di pangrattato fine di pane duro, altrettanto di parmigiano grattato e l’odore della noce moscata. Mescolate adagino onde il composto resti soffice e gettatelo nel brodo bollente a cucchiaini. Fatelo bollire per sette od otto minuti e servitelo. Questa dose potrà bastare per sei persone.


15. - Minestra di carne passata

Vitella di latte magra, grammi 150.
Presciutto grasso, grammi 25.
Parmigiano grattato, grammi 25.
Pappa fatta con midolla di pane, acqua e un pezzetto di burro, due cucchiaiate.
Uova, N. 1.
Odore di noce moscata.
Sale quanto basta.

Tritate prima la carne e il prosciutto con un coltello a colpo, dopo colla lunetta, poi pestateli nel mortaio e pessateli per istaccio. Fatene quindi tutto un impasto coll’uovo e gli altri ingredienti, e quando bolle il brodo, gettatelo a cucchiaini o passatelo da una siringa per dargli forma graziosa e, dopo una bollitura sufficiente a cuocersi, servite la minestra.

Questa quantità basta per 4 o 5 persone, ma potete [p. 17 modifica]farla servire anche per 12 mescolandola in una zuppa. Prendete allora pane finissimo del giorno avanti, tagliatelo a piccoli dadi e rosolatelo in padella alla svelta con molto unto. Quando siete per mandare in tavola ponete il detto pane nella zuppiera e versate sul medesimo la sopra descritta minestra di carne passata.


16. - Minestra di passatelli

Eccovi due ricette che, ad eccezione della quantità, poco differiscono l’una dall’altra.

    Prima:

Pangrattato, grammi 100.
Midollo di bue, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Uova, N. 2.
Odore di noce moscata o di scorza di limone, oppure dell’una e dell’altra insieme.

Questa dose può bastare per 4 persone.

    Seconda:

Pangrattato, grammi 170.
Midollo di bue, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 70.
Uova, N. 3 e un rosso.
Odore come sopra. (Può bastare per 7 o 8 persone).

Il midollo serve per renderli più teneri, e non è necessario scioglierlo al fuoco; basta stiacciarlo e disfarlo colla lama di un coltello. Impastate ogni cosa insieme per formarne un pane piuttosto sodo; ma lasciate addietro alquanto pangrattato per aggiungerlo dopo se occorre. Si chiamano passatelli perchè prendono la forma loro [p. 18 modifica]speciale passando a forza dai buchi di un ferro fatto appositamente, poche essendo le famiglie in Romagna che non l’abbiano, per la ragione che questa minestra vi è tenuta in buon conto come, in generale, a cagione del clima, sono colà apprezzate tutte le minestre intrise colle uova delle quali si fa uso quasi quotidiano. Si possono passare anche dalla siringa.


17. - Minestra a base di ricotta

Prendete il composto dei cappelletti N. 6 e invece di chiuderlo nella sfoglia gettatelo a cucchiaini nel brodo quando bolle e appena assodato versatelo nella zuppiera e servitelo.


18. - Minestra di nocciuole di semolino

Latte, decilitri 3.
Semolino, grammi 100.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, uno intiero e un torlo.
Burro quanto una noce.
Sale quanto basta.
Farina, idem.
Odore di noce moscata.

Mettete il latte al fuoco col burro e quando bolle versate il semolino a poco a poco. Salatelo; quando è cotto e caldo ancora, ma non bollente, scocciategli dentro le uova; aggiungete il parmigiano e l’odore e mescolate. Lasciatelo diacciar bene e poi versatelo sulla spianatoia sopra a uno strato di farina. Avvoltolatelo leggermente sulla medesima tirandone un bastoncino che taglierete a pezzetti uguali per farne tante [p. 19 modifica]pallottole della grandezza di una nocciuola. Gettatele nel brodo quando bolle e, poco dopo, versatele nella zuppiera e mandatele in tavola.

A vostra norma, della farina vedrete che ne assorbiranno da 20 a 30 grammi soltanto: ma poi dipenderà il più e il meno dal come riesce il composto.

Questa dose potrà bastare per cinque o sei persone.


19. - Minestra di bomboline di farina

Sono le bombe composte del N. 140 meno la mortadella; per eseguirle guardate quindi quella ricetta, la cui quantità può bastare per otto o dieci persone, tanto rigonfiano per uso di minestra, anche se le terrete piccole quanto una nocciuola. Per gettarle in padella prendete su il composto col mestolo, e colla punta di un coltello da tavola, intinto nell’unto a bollore, distaccatelo a pezzettini rotondeggianti. Friggetele nel lardo vergine o nel burro, ponetele nella zuppiera, versate sopra loro il brodo bollente e mandatele subito in tavola.

Per avvantaggiarsi, se avete un pranzo, potete fare il composto il giorno innanzi e friggerle la mattina di poi; anzi, se d’inverno stanno fritte per qualche giorno non patiscono.


20. - Minestra di mattoncini di ricotta

Ricotta, grammi 200.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, N. 2.
Sale quanto basta.
Odori di scorza di limone e di noce moscata. [p. 20 modifica]Disfate la ricotta passandola per istaccio, aggiungete

il resto e le uova una alla volta. Mescolate bene e versate il composto in uno stampo liscio per cuocerlo a bagno maria. Sformatelo diaccio, levategli la carta colla quale avrete coperto il fondo dello stampo e tagliatelo a dadini della dimensione di un centimetro circa. Collocateli poi in fondo alla zuppiera, versate sui medesimi il brodo bollente e mandateli in tavola.

Questa dose basterà per cinque o sei persone.


21. - Minestra di mille fanti

Mezzo uovo per persona è più che sufficiente per questa minestra, quando si è in parecchi.

Prendete un pentolo e in fondo al medesimo ponete tanti cucchiaini colmi di farina quante sono le uova; aggiungete parmigiano grattato, odore di noce moscata, una presa di sale e per ultimo le uova. Frullate ogni cosa insieme ben bene e versate il composto nel brodo quando bolle, facendolo passare da un colino di latta a buchi larghi, rimestando in pari tempo il brodo. Lasciate bollire alquanto e servite.


22. - Minestra di latte composta

Farina, grammi 60.
Burro, grammi 40.
Parmigiano, grammi 30.
Latte, decilitri N. 4.
Uova, N. 4.
Sale quanto basta.
Odore di noce moscata, se piace.

Mettete il burro al fuoco e appena squagliato [p. 21 modifica]versate la farina: mescolate, e quando comincia a prender colore versate il latte a poco per volta. Fate bollire alquanto, poi ritirate il composto dal fuoco e conditelo aggiungendo le uova per ultimo quando sarà diaccio. Cuocetelo a bagno maria come la minestra di semolino N. 12 e regolatevi come per la medesima.

Questa dose potrà servire per otto o dieci persone.


23. - Minestra di pane angelico

Midolla di pane fine, grammi 150.
Presciutto grasso e magro, grammi 50.
Midollo di bue, grammi 40.
Parmigiano, grammi 40.
Farina quanto basta.
Uova due meno una chiara.
Odore di noce moscata.

La midolla di pane bagnatela col brodo bollente tanto che s’inzuppi appena appena e spremetela forte entro a un asciugamano. Il presciutto tritatelo finissimo e il midollo di bue stiacciatelo colla lama piatta di un coltello, e con essa rimestatelo tanto da ridurlo come un unguento. Mescolate queste tre cose insieme col parmigiano ed aggiungete le uova.

Distendete un velo di farina sulla spianatoia, versategli sopra il composto, copritelo con altra farina e fategliene prender tanta (qualcosa meno di 100 grammi possono bastare) per formarne delle pallottole, piuttosto morbide, e grosse come le nocciuole. Gettatele nel brodo bollente e dopo 10 minuti di cottura servitele.

Questa dose potrà bastare per dieci o dodici persone. [p. 22 modifica]


24. - Minestra di bomboline di patate

Patate, grammi 500.
Burro, grammi 40.
Parmigiano grattato, grammi 40.
Rossi d’uovo, N. 3.
Odore di noce moscata.

Cuocete le patate nell’acqua o, meglio, a vapore, sbucciatele, passatele calde dallo staccio e salatele. Aggiungete gl’ingredienti suddetti e lavoratele alquanto. Distendete un velo di farina sulla spianatoia e sopra la medesima versate il composto per poterlo tirare a bastoncini senza che la farina penetri nell'interno, e con questi formate delle palline grosse come le nocciuole. Friggetele nell’olio o nel lardo ove sguazzino e mettetele nella zuppiera versandovi il brodo bollente.

Questa dose potrà bastare per otto o dieci persone.


25. - Minestra di bomboline di riso

Riso, grammi 100.
Burro, grammi 20.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Un rosso d’uovo.
Odore di noce moscata.
Sale quanto basta.

Cuocete molto e ben sodo il riso nel latte e prima di levarlo dal fuoco aggiungete il burro e il sale, e quando non è più a bollore metteteci il rimanente; pel resto regolatevi come alla ricetta antecedente. Queste bomboline riescono al gusto migliori di quelle

di patate: questa dose basterà per sei persone. [p. 23 modifica]

26. - Minestra di due colori

Questa è una minestra delicata e leggiera che può piacere in Toscana specialmente alle signore; ma non sarebbe da presentarsi a un pranzo in Romagna ove il morbidume sotto ai denti non è punto del gusto di quel paese; meno poi lo sarebbe quella moccicaglia di minestra di tapioca la quale, salvo pochissime eccezioni, al solo vederla farebbe colà venir voglia di recere.

Farina, grammi 180.
Burro, grammi 60.
Parmigiano, grammi 40.
Latte, decilitri N. 4.
Uova due intere e due rossi.
Sale quanto basta.
Odore di noce moscata.
Un pugno di spinaci.

Lessate gli spinaci, strizzateli bene dall’acqua e passateli dallo staccio.

Mettete il burro al fuoco e quando è sciolto gettateci la farina mescolando bene; poi versateci il latte caldo a poco per volta, salatela e mentre cuoce lavoratela col mestolo per farne una pasta omogenea.

Levatela e quando sarà tiepida stemperatela colle uova aggiungendo il parmigiano e la noce moscata. Poi questo composto dividetelo in due parti eguali, in una delle quali mescolerete i detti spinaci in quantità sufficiente a farla prendere il color verde e non di più.

Ora ponete il composto nella siringa con lo stampino a buchi rotondi e spingetelo nel brodo bollente come i passatelli del N. 39; ma questa operazione occorre farla in due volte, prima col composto giallo e dopo col verde.

Questa dose sarà sufficiente per otto o dieci persone. [p. 24 modifica]


27. - Zuppa ripiena

Prendete mezzo petto di cappone o di un pollo grosso, una fettina di presciutto grasso e magro, un cannello di midollo; fatene un battuto, conditelo con parmigiano grattato, dategli l’odore della noce moscata e legatelo con un uovo. Il sale, essendovi il presciutto, non occorre.

Prendete un filoncino di pane raffermo, affettatelo in tondo alla grossezza di mezzo dito, levate alle fette la corteccia e alla metà del numero delle medesime spalmate il composto suddetto; ad ognuna di queste fette spalmate, soprapponete una fetta senza battuto e pigiatele insieme onde si attacchino. Poi queste fette così appaiate, tagliatele a piccoli dadi, e questi friggete nel lardo vergine o nell’olio o nel burro, conforme al gusto del paese o vostro. Quando è ora di servire la zuppa in tavola, ponete i dadi fritti nella zuppiera e versate il brodo bollente sopra ai medesimi.


28. - Zuppa di purè di piselli di grasso

Trattandosi qui di piselli da passare non occorre sieno de’ più teneri. Grammi 400 di piselli sgranati possono bastare per sei persone che pranzino alla moda, cioè con poca minestra. Cuoceteli nel brodo con un mazzetto, che poi getterete via, composto di prezzemolo, sedano, carota e qualche foglia di bassilico. Quando i piselli saranno cotti gettate fra i medesimi, per inzupparle, due fette di pane fritto nel burro e passate per istaccio ogni cosa. Diluite questo composto col brodo occorrente, aggiungete un po’ di sugo di carne se ne avete, [p. 25 modifica]e con questo bagnate la zuppa, la quale dovrà essere di pane sopraffine raffermo, tagliato a dadini e fritto nel burro.


29. - Zuppa santè

Questa zuppa si fa con diverse qualità di ortaggio qualunque. Dato che vi serviate, per esempio, di carote, acetosa, sedano e cavolo bianco, tagliate questo a mo’ di taglierini e fategli far l’acqua sopra al fuoco strizzandolo bene. Le carote e il sedano tagliateli a filetti lunghi tre centimetri circa, e insieme col cavolo e con l’acetosa nettata dai gambi, poneteli al fuoco con poco sale, una presa di pepe e un pezzetto di burro. Quando l’erbaggio avrà tirato l’unto, finite di cuocerlo col brodo. Frattanto preparate il pane, il quale è bene sia di qualità fine e raffermo di un giorno almeno; tagliatelo a piccoli dadi e friggetelo nel burro o anche nell’olio vergine o nel lardo; ma perchè assorba poco unto tenetelo abbondante e gettateci il pane quando è bene a bollore: altrimenti arrostitelo soltanto a fette grosse mezzo dito e tagliatelo dopo a dadi. Ponete il pane in fondo alla zuppiera, versategli sopra il brodo a bollore insieme coll’erbaggio, e mandate la zuppa subito in tavola.

Usando i ferri del mestiere si possono dare agli ortaggi forme graziose ed eleganti.


30. - Zuppa regina

Dal nome si dovrebbe giudicare per la migliore di tutte le zuppe. Certamente si può collocare fra le più signorili, ma c’è esagerazione nel titolo. [p. 26 modifica]Si fa colle carni bianche del pollo arrosto nettate dalla pelle e dai tendini. Tritatele bene colla lunetta, poi pestatele in un mortaio con cinque o sei mandorle dolci sbucciate, e con una midolla di pane inzuppata nel brodo o nel latte, in proporzione di un quinto o di un sesto della quantità della carne. Quando il composto sarà pestato ben fine, passatelo dallo staccio, ponetelo nella zuppiera e scioglietelo con un ramaiuolo di brodo caldo.

Tagliate il pane a dadini, friggetelo nel burro e gettate anche questo nella zuppiera. Dopo versate il brodo bollente, mescolate e mandate la zuppa in tavola col parmigiano a parte.

Questa minestra può venire opportuna quando, dopo un pranzo, rimangano avanzi di polli arrosto, o lessi, benchè sia migliore quando è fatta di tutto arrosto.

Le mandorle servono per dar maggiormente al brodo l'aspetto latteo, ma il liquido non deve riuscir troppo denso.

Alcuni aggiungono qualche rosso d’uovo sodo stemperato col brodo.


31. - Zuppa alla spagnuola

Prendete un petto di pollastra o di cappone, tagliatelo a pezzetti e mettetelo a cuocere nel burro a fuoco lento; conditelo con sale e pepe. Se non basta il burro bagnatelo col brodo. Levate il petto asciutto e nell’intinto che resta gettate una midolla di pane, grande quanto un pugno, e con brodo fate un poco di pappa soda. Questa col petto cotto versateli nel mortaio e, aggiuntivi due rossi d’uovo e poco odore di noce moscata, pestate ogni cosa ben fine e il composto lasciatelo in luogo fresco onde assodi. Al momento di [p. 27 modifica]adoperarlo, che può essere anche il giorno appresso, fate cadere sulla spianatoia un velo di farina e sopra alla medesima tirate col composto un bastoncino grosso un dito o meno e con un coltello infarinato tagliatelo in tanti pezzetti, tutti eguali, che rotonderete colle mani imbrattate di farina, per farne tante pallottole della grandezza di una nocciuola o meno. Gettatele nel brodo bollente e dopo cinque o sei minuti di bollitura versatele nella zuppiera ove avrete collocato avanti del pane a dadini soffritto nel burro o nel lardo vergine; oppure, che sarà anche meglio, se, per pane, vi servite della zuppa ripiena del N. 27.

Potrete così ottenere una minestra signorile bastevole per dieci o dodici persone.


32. - Zuppa di pane d’uovo

Questa minestra sa di poco, ma vedendola usata non di rado ne’ pranzi di gusto straniero ve la descrivo.

Uova, N. 3.
Farina, grammi 30.
Burro quanto una noce.

Lavorate prima i tre rossi con la farina e il burro, aggiungete le tre chiare montate e cuocete il composto al forno o al forno di campagna entro a uno stampo liscio il cui fondo sia coperto di una carta unta.

Quando questo pane sarà cotto e diacciato tagliatelo a dadi o a piccole mandorle, versategli il brodo bollente sopra e mandatelo in tavola con parmigiano a parte.

Dose per sei o sette persone. [p. 28 modifica]


33. - Risi e luganighe

Le popolazioni del Veneto si può dire non conoscano altra minestra che il riso, e però lo cucinano bene e in tante svariate maniere. Una è il riso sul brodo colla salciccia; ma colà le salciccie le lasciano intere; io preferisco di sminuzzarle nel brodo quando vi si mette a cuocere il riso, il quale non è bene lavare, ma soltanto nettare e strofinare in un canovaccio per levargli la polvere. A me piace di unire al riso colle salciccie o rapa o cavolo cappuccio. Sia l’una o l’altro vanno prima imbiancati, ossia mezzo lessati; tagliate la rapa a dadi, il cavolo a fettuccine e metteteli a soffriggere nel burro. Poco avanti di levare il riso dal fuoco aggiungete un buon pizzico di parmigiano per legarlo meglio e dargli più grato sapore.


34. - Riso alla cacciatora

Un negoziante di cavalli ed io, giovanotto allora, ci avviammo al lungo viaggio, per que’ tempi, di una fiera a Rovigo. Alla sera del secondo giorno, un sabato, dopo molte ore di una lunga corsa con un cavallo, il quale, sotto alle abilissime mani del mio compagno, divorava la via, giungemmo stanchi e affamati alla Polesella. Com’è naturale, le prime cure furono rivolte al valoroso nostro animale; poi entrati nello stanzone terreno che in molte di simili locande serve da cucina e da sala da pranzo: — Che c’è da mangiare? - domandò il mio amico all’ostessa. — Non ci ho nulla, rispose; poi pensandoci un poco soggiunse: ho tirato il collo a diversi polli per domani e potrei fare i risi. — Fate i risi e fateli subito, si rispose, che [p. 29 modifica]l’appetito non manca. — L’ostessa si mise all’opera ed io lì fermo ed attento a vedere come faceva a improvvisar questi risi.

Spezzettò un pollo escludendone la testa e le zampe, poi lo mise in padella quando un soffritto di lardone, aglio e prezzemolo aveva preso colore. Vi aggiunse di poi un pezzo di burro, lo condì con sale e pepe, e allorchè il pollo fu rosolato, lo versò in una pentola d’acqua a bollore, poi vi gettò il riso, e prima di levarlo dal fuoco gli diede sapore con un buon pugno di parmigiano. Bisognava vedere che immenso piatto di riso c’imbandì dinanzi, ma ne trovammo il fondo, poichè esso doveva servire da minestra, da principii e da companatico.

Ora, per ricamo ai risi dell’ostessa di Polesella, è bene il dire che invece del lardone, se non è squisito e di quello roseo, può servire la carnesecca pestata fine, che il sugo di pomodoro o la conserva non ci sta male e perchè il riso leghi bene col pollo, non deve essere troppo cotto nè brodoso.


35. - Quaglie col riso

Fate un battuto con presciutto e un quarto di una cipolla comune: mettetelo al fuoco con burro e, quando la cipolla avrà preso colore, collocateci le quaglie pulite, sventrate ed intere. Conditele con sale e pepe e, rosolate che sieno, tiratele a mezza cottura col brodo, indi versate il riso per cuocerlo con quel tanto di brodo che occorre, insieme colle quaglie. Conditelo quando è cotto col parmigiano e servitelo, brodoso od asciutto, come più piace, frammisto alle quaglie.

Quattro quaglie e grammi 400 di riso potranno bastare per quattro persone. [p. 30 modifica]


36. - Malfattini

In que’ paesi dove si fa un uso quasi giornaliero di paste d’uova fatte in casa, non vi è servuccia che non ne sia maestra; e molto più di questa che è semplicissima. Non è quindi per loro che la noto, ma per abitanti di quelle provincie ove non si conoscono, si può dire, altre minestre in brodo che di zuppa, riso e paste comperate.

I malfattini più semplici sono di farina. Intridetela colle uova e lavoratela colle mani sulla spianatoia per formarne un pane ben sodo: tagliatelo a strati grossi mezzo dito e lasciateli esposti all’aria perchè si rasciughino. Tritateli colla lunetta fino a ridurli in minuzzoli minuti quanto la metà di un chicco di riso, facendoli passare da un vagliettino, oppure grattateli dal pane intero; ma non imitate coloro che li lasciano grossi come il becco dei passerotti se non volete che vi riescano di difficile digestione; anzi, per questo motivo, invece di farina si possono fare di pangrattato semplice, oppure aggraziato con un pizzico di parmigiano e l’odore di spezie. In tutte le maniere al tempo dei piselli potete, piacendovi, unirli con quelli della ricetta N. 317, oppure colla bietola pestata minuta o cogli uni o coll’altra insieme. Anzi, a proposito di quest’ortaggio ho notato che, in Firenze, dove si fa grande uso di erbe aromatiche nella cucina, non si conosce l’aneto, che mescolato alla bietola, come si fa in altri paesi, le dà molta grazia.


37. - Cuscussù

Il cuscussù è un piatto di origine araba che i discendenti di Mosè e di Giacobbe hanno, nelle loro peregrinazioni, portato in giro pel mondo, ma chi sa quante [p. 31 modifica]e quali modificazioni avrà subite dal tempo e dal lungo cammino percorso. Ora è usato in Italia per minestra dagli israeliti due de’ quali per gentilezza loro me lo hanno fatto assaggiare e mi hanno fatto vedere come si manipola. Io poi l’ho rifatto nella mia cucina per prova, quindi della sua legittimità garantisco; ma non garantisco di farvelo ben capire:


                     Che non è impresa da pigliarsi a gabbo
                     Descriver bene questo grande intruglio
                     Nè da lingua che chiami mamma e babbo.
               

La dose seguente potrà bastare per sei o sette persone:

Spicchio di petto di vitella, grammi 750.
Vitella magra senz’osso, grammi 150.
Semolino di grana grossa, grammi 300.
Un fegatino di pollo.
Un uovo sodo.
Un rosso d’uovo.
Erbaggi di qualità diverse come cipolla, cavolo verzotto, sedano, carota, spinaci, bietola od altro.

Mettete il semolino in un vaso di terra piatto e molto largo oppure in una teglia di rame stagnata, conditelo con un pizzico di sale e una presa di pepe e versandogli sopra a gocciolini per volta due dita (di bicchiere) scarse di acqua, macinatelo colla palma della mano per farlo divenir gonfio, granelloso e sciolto. Finita l’acqua versategli sopra, poco per volta, una cucchiaiata d’olio e seguitate a manipolarlo nella stessa maniera durando fra la prima e la seconda operazione più di mezz’ora. Condizionato il semolino in questa maniera mettetelo in una scodella da minestra e copritelo con un pannolino il sopravanzo del quale, passandolo al disotto, legherete stretto con uno spago.

Mettete al fuoco lo spicchio di petto con tre litri [p. 32 modifica]d’acqua per fare il brodo e quando avrete schiumata la pentola copritene la bocca colla scodella, già preparata, in modo che il brodo resti a qualche distanza; ma badate che le bocche dei due vasi combacino insieme e non lascino uscir fumo. Lasciato così il semolino per un’ora e un quarto onde abbia il tempo di cuocere a vapore, aprite l’involto a mezza cottura per mescolarlo e poi rimettetelo.

Pestate col coltello i 150 grammi di carne magra, unite alla medesima un pezzo di midolla di pane sminuzzata, conditela con sale e pepe, fatene tante polpettine grosse poco più di una nocciuola e friggetele nell’olio.

Tritate alquanto gli erbaggi e mettete per prima la cipolla a soffriggere nell’olio e quando questa avrà preso colore gettate giù gli altri, conditeli con sale e pepe, mescolate spesso e lasciate che ritirino l’acqua che fanno. Ridotti quasi all’asciutto, bagnateli con sugo di carne oppure con brodo e sugo di pomodoro o conserva per tirarli a cottura insieme col fegatino di pollo tagliato a pezzetti e colle polpettine.

Levate il semolino dall’involto, mettetelo al fuoco in una cazzaruola e senza farlo bollire scioglietegli dentro il rosso d’uovo, versate nel medesimo una parte del detto intingolo, mescolate e versatelo in un vassoio; ma quasi asciutto onde presenti la colma, la quale fiorirete coll’uovo sodo tagliato a piccoli spicchi. Il resto dell’intingolo mescolatelo nel brodo della pentola e questo brodo mandatelo in tavola diviso in tante tazze quanti sono i commensali, accompagnate, s’intende, dal vassoio del semolino: così ognuno tira giù nel suo piatto una porzione di semolino e gli beve dietro il brodo a cucchiaiate.

Lo spicchio di petto si serve dopo per lesso. [p. 33 modifica]Fatta questa lunga descrizione sembrami verrà spontaneo nel lettore il desiderio di due domande:

1a Perchè tutto quell’olio e sempre olio per condimento?

2a Il merito intrinseco di questo piatto merita poi l’impazzamento che esso richiede?

La risposta alla prima domanda, trattandosi di una vivanda israelitica, la dà il Deuteronomio, Cap. XIV, ver. 21: Tu non cuocerai il capretto nel latte di sua madre; i meno scrupolosi però aggiungono un pizzico di parmigiano alle polpettine per renderle più saporite. All’altra posso risponder io e dire che, a parer mio, non è piatto da fargli grandi feste; ma può piacere anche a chi non ha il palato avvezzo a tali vivande, massime se manipolato con attenzione.


38. - Minestrone

Il minestrone mi fa tornare in memoria un anno di pubbliche angoscie e un caso mio singolare.

Mi trovavo a Livorno al tempo delle bagnature l’anno di grazia 1855 e il colèra, che serpeggiava qua e là in qualche provincia d’Italia, teneva ognuno in timore di un’invasione generale che poi non si fece aspettare a lungo. Un sabato sera entro in una trattoria e dimando: — Che c’è di minestra? — Il minestrone, mi fu risposto. — Ben venga il minestrone, diss’io. — Pranzai e, fatta una passeggiata, me ne andai a dormire. Avevo preso alloggio in Piazza del Voltone in una palazzina tutta bianca e nuovissima tenuta da un certo Domenici; ma la notte cominciai a sentirmi una rivoluzione in corpo da fare spavento; laonde passeggiate continue a quel gabinetto che più [p. 34 modifica]propriamente in Italia si dovrebbe chiamar luogo scomodo.

— Maledetto minestrone, tu non mi buscheri più! — andavo spesso esclamando pieno di mal animo contro di lui che era forse del tutto innocente e senza colpa veruna.

Fatto giorno e sentendomi estenuato presi la corsa del primo treno e scappai a Firenze ove mi sentii subito riavere. Il lunedì giunge la triste notizia che il colèra è scoppiato a Livorno e per primo n’è stato colpito a morte il Domenici. Altro che minestrone! Dopo tre prove, perfezionandolo sempre, ecco come l’avrei composto a gusto mio: padronissimi di modificarlo a modo vostro a seconda del gusto d’ogni paese e degli ortaggi che vi si trovano.

Mettete il solito lesso e per primo cuocete a parte nel brodo un pugnello di fagiuoli sgranati ossia freschi: se sono secchi date loro avanti mezza cottura nell’acqua. Trinciate a strisce sottili cavolo verzotto, spinaci e poca bietola, teneteli in molle nell’acqua fresca, poi metteteli in una cazzaruola all’asciutto e fatta che abbiano l’acqua sul fuoco scolateli bene strizzandoli col mestolo. Se trattasi di una minestra per quattro o cinque persone preparate un battuto con grammi 40 di presciutto grasso, uno spicchio d’aglio, un pizzico di prezzemolo, fatelo soffriggere poi versatelo nella detta cazzaruola insieme con sedano, carote, una patata, uno zucchino e pochissima cipolla, il tutto tagliato a sottili e corti filetti. Aggiungete i fagiuoli, un poco di sugo di pomodoro o conserva, condite con pepe e sale e fate cuocere il tutto con brodo. Per ultimo versate riso in quantità sufficiente onde il minestrone riesca quasi asciutto e prima di levarlo gettate nel medesimo un buon pizzico di parmigiano.

Vi avverto però che questa non è minestra per gli stomachi deboli. [p. 35 modifica]


39. - Passatelli di semolino

Semolino di grana fine, grammi 150.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Latte, decilitri 6.
Uova due intere e due rossi.
Sale e odore di noce moscata e scorza di limone.

Cuocete il semolino nel latte, e se vedete che non riesca ben sodo, aggiungetene un altro pizzico. Salatelo quando è cotto ed aspettate che abbia perduto il calore per gettarvi le uova e il resto.

Ponete il composto nella siringa con uno stampino a buchi rotondi piuttosto larghi, e spingetelo nel brodo bollente, tenendo la stringa perpendicolare, e fatelo bollire finchè i passatelli siensi assodati.

Questa dose potrà bastare per sei o sette persone.


40. - Riso con zucchini

Prendete zucchini piccoli del peso del riso che avrete a cuocere e tagliateli a tocchetti grossi quanto le nocciuole. Metteteli a soffriggere nel burro, conditeli con sale e pepe, e rosolati appena gettateli così durettini nel riso quando sarà arrivato a mezza cottura, onde finiscano di cuocere insieme.

Il riso è bene che resti poco brodoso e gli zucchini non si devono disfare.

Invece di brodo potete servirvi di acqua e farlo asciutto; ma allora dategli grazia colla salsa di pomodori N. 95, versata anch’essa nel riso a mezza

cottura. [p. 36 modifica]

41. - Strichetti alla bolognese

Intridete due uova di farina con grammi 40 di parmigiano grattato fine e l’odore della noce moscata. Tiratene una sfoglia non tanto sottile e tagliatela con la rotella smerlata in tante strisce larghe un dito e mezzo. Poi, con la stessa rotella, tagliate queste striscie in isbieco e alla medesima distanza di un dito e mezzo per farne tanti quadretti in forma di mandorla. Prendeteli uno alla volta e stringete colle dita le quattro punte, due al disopra e due al disotto per formarne come due anellini attaccati insieme. Cuoceteli nel brodo con poca cottura. La dose di due uova potrà bastare per cinque persone.

Se questa minestra vi piace, siatene grati a una giovane e simpatica bolognese, chiamata la Rondinella, che si compiacque insegnarmela.