La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene (1895)/Ricette/Umidi

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Umidi

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UMIDI


Gli umidi, generalmente, sono i piatti che più appetiscono; quindi è bene darsi per essi una cura speciale, onde riescano delicati, di buon gusto e di facile digestione. Sono in mala voce di esser nocivi alla salute; ma io non lo credo. Questa cattiva opinione deriva più che altro dal non saperli ben fare; non si pensa, cioè, a digrassarli, si è troppo generosi cogli aromi e coi soffritti e, ciò che è il peggio, se ne abusa.

Nelle grandi cucine, ove il sugo di carne non manca mai, molti umidi si possono tirare con questo insieme col burro; e allora riescono semplici e leggieri; ma quando il sugo manca, ed è necessario ricorrere ai soffritti, bisogna usarli con parsimonia e farli con esattezza tanto nella quantità, che nel grado di cottura.


195. - Stravolto di vitella

Lo stracotto di vitella per condire la minestra di maccheroni o per fare un risotto al sugo, è d’uso comune nelle famiglie della borghesia fiorentina; la cosa non è mal pensata se si considera che la pietanza fatta in questa maniera serve a doppio scopo, cioè di minestra e di companatico. Guardatevi però dal dissugar troppo la carne per voler molto sugo e sostituite in tutto o in parte l’olio toscano colla carnesecca, che dà un sapore più spiccato e più grato. Eccovi le proporzioni per condire 250 a 300 grammi di maccheroni:

Carne magra di vitella, compreso l’osso o la giunta, grammi 500. [p. 149 modifica]
Carnesecca, grammi 50.
Burro, grammi 30.
Un quarto di una cipolla grossa.
Una piccola carota.
Due pezzi di sedano.

Questi tre ultimi capi tagliateli all’ingrosso e la carnesecca a piccoli dadi.

Mettete al fuoco ogni cosa insieme e condite con sale e pepe. Voltate la carne spesso e, quando sarà rosolata, spargete sulla medesima un pizzico di farina, annaffiatela con sugo di pomodoro o conserva e tiratela cottura con acqua versata a poco per volta. La farina serve per legare il sugo e per dargli un po’ di colore; ma badate ch’essa non bruci chè altrimenti gli comunicherebbe un ingrato sapore e un colore quasi nero che il sugo non deve avere. Passatelo, e se gli darete odore con alcuni pezzetti di funghi secchi non farete che bene.

I maccheroni, cotti in acqua salata, scolateli bene, ma prima di servirli teneteli un poco nel sugo vicini al fuoco e conditeli con burro e con parmigiano a scarsa misura, perchè potete aggiungerlo in tavola.

Se trattasi di riso cuocete questo nell’acqua versandola a poco per volta, e a mezza cottura aggiungete il sugo e un pezzetto di burro e, prima di levarlo, un pizzico di parmigiano.

Il pezzo dello stracotto è bene mandarlo in tavola con un contorno di erbaggi o legumi. Il lucertolo è il taglio migliore. Se vi servite di olio basteranno circa grammi 20 di carnesecca.


196. - Stracotto alla bizzarra

Se avete, puta caso, un pezzo di magro di vitella del peso, senz’osso, di grammi 700 a 800 steccatelo [p. 150 modifica]con grammi 100 di lardone i cui lardelli, grossi un dito, avrete prima conditi con sale e pepe e così anche la carne. Legatela onde stia raccolta e ponetela al fuoco mezzo coperta d’acqua, con due foglie di salvia, una ciocca di ramerino e mezzo spicchio di aglio; se la carne è molto frolla metteteci meno acqua. Quando, nel bollire, sarà rimasta asciutta, fatele prender colore con un cucchiaino di farina; aggiungete un pezzetto di burro, poi bagnatela con un ramaiolo di brodo e con un dito (di bicchiere) di marsala. Passate il sugo senza spremerlo e versatelo sul pezzo della carne quando lo mandate in tavola.


197. - Fricandò

Prendete un pezzo di vitella di latte tutto unito, levato dalla coscia, e lardellatelo con prosciutto grasso e magro. Legate il pezzo e salatelo poco o meglio punto perchè il troppo salato è il peggior difetto delle vivande. Steccate una cipolla con due garofani e fate un mazzetto con carota tagliata a striscie, sedano e prezzemolo. Mettete ogni cosa in una cazzaruola con un pezzetto di burro, fate rosolare la carne e poi tiratela a cottura col brodo. Quando è cotta gettate via la cipolla e il mazzetto, passate il sugo, digrassatelo e restringetelo a parte fino a ridurlo una gelatina colla quale accompagnerete il fricandò quando lo mandate in tavola.

Qui è bene avvertire che il brodo (il quale ha tanta parte alla preparazione delle pietanze) può talvolta mancare; perciò alcuni stanno provvisti dell’estratto della carne di Liebig che, lì per lì, sciolto nell’acqua, può sostituirlo.

Ogni sorta di carne va lardellata pel lungo della fibra, dovendosi scalcare per traverso. [p. 151 modifica]

198. - Fricassea

La fricassea si può fare di petto o di muscolo di vitella di latte, d’agnello e di pollo. Prendiamo ad esempio il primo, cioè il petto, e questo, in proporzioni all’incirca eguali, serva per le altre qualità di carne indicata.

Petto di vitella di latte, grammi 500.
Burro, grammi 50.
Farina, grammi 5, ossia una cucchiaiata scarsa.
Acqua calda, non bollente, decilitri 2.
Due rossi d’uovo.
Mezzo limone.
Un mazzetto odoroso.

Spezzettate il petto lasciandolo con tutte le sue ossa.

Mettete una cazzaruola al fuoco colla metà del burro e, quando comincia a liquefarsi, versate la farina mescolando finchè questa abbia preso il color nocciuola. Allora cominciate a versare a poco per volta l’acqua e poi il mazzetto che potete comporre di alcune striscie di cipolla e di carota, di fili di prezzemolo, di sedano e di bassilico, il tutto legato insieme, escluse le foglie perchè queste potrebbero disfarsi e far bruttura alla fricassea, un pregio della quale è di avere un bel color paglia unito. Quando l’acqua bolle gettate giù la carne e il resto del burro e condite con sale e pepe bianco, il quale è il fiore del pepe comune. Coprite la cazzaruola con un foglio tenuto fermo dal coperchio e fate bollire adagio. A due terzi di cottura levate il mazzetto e, se fosse la stagione dei funghi freschi, aggiungetevene grammi 100 o 150 tagliati a fette sottili; se no un pizzico di funghi secchi.

Quando siete per mandarla in tavola ritirate la cazzaruola dal fuoco e versateci a poco per volta, mescolando, i rossi d’uovo frullati coll’agro di limone. [p. 152 modifica]Se la fricassea fosse di pollo, tagliatelo a pezzi nelle giunture, escludendo la testa, il collo e le zampe; per il resto regolatevi nello stesso modo.

La fricassea fatta in questa maniera è un piatto sano e delicato che piace specialmente a chi non ha il gusto viziato a sapori forti e piccanti.


199. - Cibreo

Il cibreo è un intingolo semplice, ma delicato e gentile, opportuno alle signore di stomaco svogliato e ai convalescenti.

Prendete fegatini, creste e fagiuoli di pollo; le creste spellatele con acqua bollente, tagliatele in due o tre pezzi e i fegatini in due. Mettete al fuoco, con burro in proporzione, prima le creste, poi i fegatini e per ultimo i fagiuoli, e condite con sale e pepe, poi brodo se occorre per tirare queste cose a cottura.

A tenore della quantità, frullate in un pentolino un rosso o due d’uova con un cucchiaino, o mezzo soltanto, di farina, agro di limone e brodo bollente onde l’uovo non impazzisca. Versate questa salsa nelle rigaglie quando saranno cotte, fate bollire alquanto ed aggiungete altro brodo, se fa d’uopo, per renderla più sciolta, e servitele.

Per tre o quattro creste, altrettanti fegatini e sei o sette fagiuoli, porzione sufficente a una sola persona, bastano un rosso d’uovo, mezzo cucchiaino di farina e mezzo limone.

I granelli del N. 132, lessati e tagliati a filetti, riescono buoni anch’essi cucinati in questa maniera. [p. 153 modifica]

200. - Pollo disossato ripieno

Per disossare un pollo il modo più semplice è il seguente:

Tagliategli il collo a metà, la punta delle ali e le zampe alla giuntura della coscia; poi, senza vuotarlo, apritelo lungo il dorso superficialmente, dalle ali al codrione, e con un coltellino ben tagliente cominciate a levar dall’interno le ossa delle ali scarnendole bene. Dopo, sempre dall’interno, levate quelle delle anche e delle coscie, quindi, radendo via via col coltello le ossa esterne della carcassa, vi riescirà di levarla tutta intera, comprese le interiora. I piccoli ossicini della stizza lasciateli, oppure levatela tutta e levate la forcella del petto.

Fatto questo, rovesciate le coscie e le ali, già nude d’ossa, ritirandole all’interno e portate via tutti i tendini che trovate framezzo alla carne.

Ora che il pollo è disossato, se fosse alquanto grosso, formate il composto per riempirlo con grammi 300 circa di magro di vitella di latte; se piccolo, regolatevi in proporzione. Tritatelo prima, poi pestatelo nel mortaio per ridurlo ben fine e a questa carne aggiungete una grossa midolla di pane inzuppata nel brodo, un pugno di parmigiano grattato, tre rossi d’uovo, sale, pepe e, se vi piace, odore di noce moscata. Per ultimo mescolate nel composto grammi 20 di prosciutto grasso e magro, e grammi 20 di lingua salata, tagliati l’uno e l’altra a piccoli dadi; riempito che abbiate il pollo cucitelo, involtatelo stretto in un pannolino e legatelo. Mettetelo a cuocere nell’acqua per un paio d’ore a fuoco lento, poi toglietegli l’involucro e fatelo prender colore prima col burro, poi in un sugo tirato nella seguente maniera: [p. 154 modifica]Spezzate tutte le ossa levate dal pollo, il collo e la testa compresi, e con carnesecca a pezzetti, burro, cipolla, sedano e carota mettetele al fuoco in una cazzaruola, condite con sale e pepe, tiratene il sugo con l’acqua in cui ha bollito il pollo, la quale è già divenuta un buon brodo.

Prima di mandarlo in tavola, da solo o con un contorno, levategli il filo con cui fu cucito.

201. - Pollo alla contadina

Prendete un pollastro e steccatelo con alcune ciocchette di ramerino e con uno spicchio d’aglio diviso in quattro o cinque pezzi. Mettetelo al fuoco con un battutino di lardone e conditelo con sale e pepe di fuori e di dentro. Quando sarà rosolato da tutte le parti aggiungete pomodori a pezzi, toltine i semi e, quando questi saranno disfatti, bagnatelo con brodo od acqua. Rosolate a parte nell’olio, nel lardo o nel burro alcune patate crude tagliate a spicchi, fate loro prender sapore nell’intinto del pollo e servitele per contorno. Al lardone battuto sostituite il burro, se volete il pollo di gusto più delicato.

202. - Pollo colla marsala

Tagliate il pollo a grossi pezzi e mettetelo in cazzaruola con un battutino di cipolla tritata fine e un pezzetto di burro. Conditelo con sale e pepe e quando sarà ben rosolato, aggiungete del brodo e tiratelo a cottura. Passate il sugo, digrassatelo se occorre e rimettete il pollo al fuoco con un po’ di marsala, levandolo appena

abbia ripreso il bollore. [p. 155 modifica]

203. - Pollo colle salsicce

Tritate minutamente mezza cipolla e mettetela in una cazzaruola con un pezzetto di burro e quattro o cinque fettine di presciutto larghe un dito. Sopra questi ingredienti ponete un pollo intero, conditelo con pepe e poco sale e mettetelo al fuoco. Fatelo prender colore da tutte le parti e quando la cipolla sarà tutta strutta, bagnatelo con brodo o con acqua e aggiungete tre o quattro salsicce intere fatte di fresco; lasciate cuocere a lento fuoco procurando che in ultimo resti dell’umido.


204. - Pollo in salsa d’uovo

Spezzettate un pollastro giovine e mettetelo nella cazzaruola con grammi 50 di burro. Conditelo con sale e pepe. Quando avrà soffritto alquanto spargetegli sopra un pizzico di farina per fargli prender colore e poi tiratelo a cottura col brodo. Levatelo asciutto in un vassoio, tenendolo in caldo, e nell’intinto che resta versate un rosso d’uovo, frullato avanti con l’agro di mezzo limone, per formare la salsa.

Rimestatela alquanto sopra al fuoco, versatela sul pollo e servitelo.


205. - Petti di pollo alla sauté

Il miglior modo di cucinare i petti di pollo mi pare che sia il seguente, perchè riescono delicati al gusto e fanno tale comparita che un petto di cappone può bastare per quattro o cinque persone.

Tagliate i petti a fette sottili quasi come la carta, date loro la miglior forma che sarà possibile e dei minuzzoli che ricavate nel ripulir bene lo sterno, [p. 156 modifica]formatene un intero pezzo, unendoli insieme e schiacciandoli. Poi conditeli con sale e pepe e metteteli in infusione nelle uova frullate. Dopo qualche ora passateli nel pangrattato fine e cuoceteli col burro nella sautè o in teglia. Se li aggradite naturali basta l’agro di limone; se poi li volete co’ tartufi potete trattarli come le cotolette dei N. 233, oppure nella maniera che segue:

Prendete un tegamino di metallo, versate nel medesimo tant’olio che appena ne ricopra il fondo, distendete un suolo di fettine di tartufi, spargendovi sopra pochissimo parmigiano grattato e una presa di pangrattato. Ripetete la stessa operazione per tre o quattro volte, secondo la quantità e per ultimo condite con olio, sale, pepe e qualche pezzettino di burro, il tutto a piccole dosi perchè non nausei. Mettete il tegame al fuoco e quando avrà alzato il bollore annaffiate con un ramaiuolino di sugo di carne o di brodo e un po’ di agro di limone. Ritirate presto dal fuoco questo intingolo e versatelo sopra i petti già rosolati nel modo anzidetto.

Non avendo i tartufi servitevi di funghi secchi rammolliti tritati all’ingrosso e invece dell’agro di limone servitevi di sugo di pomodoro o conserva.


206. - Germano ossia anitra selvatica

Quando comperate un germano (Anas boscas) in mercato, apritegli il becco per osservare la lingua. Se la trovate molto risecchita dite pure che l’animale è morto da lunga data e allora annusatelo per accertarvi che non puzzi.

Alcuni suggeriscono di lavar questi uccelli coll’aceto prima di cuocerli, oppure di scottarli nell’acqua per toglier loro il salvatico; ma siccome quel puzzo disgustoso, se troppo forte, risiede principalmente nella [p. 157 modifica]glandula urupigiale, io ritengo che basti il recider questa. Essa trovasi all’estremità del codrione, volgarmente chiamato stizza, e racchiude un umore giallastro e vischioso, abbondante negli uccelli acquatici, col quale essi spalmansi le penne per renderle impermeabili.

Vuotate il germano serbando il fegatino, il cuore e la cipolla, ma levategli la testa, e la pelle del collo, dopo averla aperta per estrarne le vertebre, ripiegatela sul petto dell’animale.

A questi uccelli, quando si fanno in umido, si addice un contorno di cavolo nero o di lenticchie intere; in ogni modo, si adopri l’uno o l’altro, preparate un soffritto nella seguente maniera:

Se il germano pesa circa un chilogrammo pestate fine col coltello grammi 30 di presciutto grasso e magro insieme con tutti gli odori, cioè sedano, prezzemolo, carota e un quarto di una grossa cipolla; mettete ogni cosa insieme con dell’olio in una cazzaruola e sopra al battuto adagiate il germano, condendolo con sale e pepe. Fatelo prender colore da tutte le parti e poi aggiungete acqua per tirarlo a cottura.

Cuocete nell’acqua il contorno di cavolo nero o di lenticchie e, sia l’uno o l’altro, rifatelo nel suddetto intinto; assaggiatelo per aggiungervi, se occorre, un pezzetto di burro, che lo rende più grato e saporito, e unitelo al germano quando lo mandate in tavola.

Il cavolo tagliatelo all’ingrosso e conditelo pure con sale e pepe.


206bis. - Anatra domestica

Preparatela come il germano del numero precedente e mettetela al fuoco con un battuto simile a quello.

Quando l’anatra avrà preso colore bagnatela con sugo [p. 158 modifica]di pomodoro o conserva e tiratela a cottura con acqua o brodo. Passate il sugo, digrassatelo e rimettetelo al fuoco con l’anatra e un pezzetto di burro.

Con questo sugo e parmigiano potete condire una minestra di strisce o di lasagne fatte in casa e l’anatra servirla con un contorno d’erbaggi rifatti in un poco di quel sugo medesimo.


207. - Folaghe in umido

La folaga (Fulica Atra) si potrebbe chiamare uccello-pesce, visto che la Chiesa permette di cibarsene ne’ giorni magri senza infrangere il precetto. La sua patria sono i paesi temperati e caldi dell’Europa e dell’Africa settentrionale, e come uccello anche migratorio viaggia di notte. Abita i paduli e i laghi, è nuotatore, nutrendosi di piante acquatiche, d’insetti e di piccoli molluschi. Due sole specie trovansi in Europa. Fuori del tempo della cova le folaghe stanno unite in branchi numerosissimi, il che dà luogo a cacce divertenti e micidiali. È assai cognita quella con barchetti, chiamata la tela, nelle vicinanze di Pisa sul lago di Massaciuccoli, di proprietà del marchese Ginori-Lisci, che ha luogo diverse volte nell’autunno inoltrato e nell’inverno.

La carne della folaga è nera e di poco sapore, e pel salvatico che contiene bisogna, in cucina, trattarla nella seguente maniera:

Prendiamo, ad esempio (come ho fatto io), quattro folaghe e, dopo averle pelate e strinate alla fiamma per tor via la gran caluggine che hanno, vuotatele e lavatele bene. Dopo trapassatele per la lunghezza del corpo con uno spiedo infuocato, poi tagliatele in quattro parti gettando via la testa, le zampe e le punte [p. 159 modifica]delle ali; indi tenetele in infusione nell’aceto per un’ora e dopo lavatele diverse volte nell’acqua fresca. Dei fegatini non me ne sono servito; ma le cipolle, che sono grosse e muscolose come quelle della gallina, dopo averle vuotate, lavate e tagliate in quattro pezzi le ho messe pure nell’infusione.

Ora, fate un battuto, tritato fine, con una grossa cipolla e tutti gli odori in proporzione, cioè sedano, carota e prezzemolo, e mettetelo al fuoco con grammi 80 di burro, e nello stesso tempo le folaghe e i ventrigli condendole con sale, pepe e odore di spezie. Quando saranno asciutte bagnatele con sugo di pomodoro o conserva sciolta in acqua abbondante per cuocerle e perchè vi resti molto intinto. Cotte che sieno, passate il sugo e in questo unite un petto e mezzo di folaga tritato fine e altri grammi 40 di burro, per condire con esso e con parmigiano tre uova di pappardelle o grammi 500 di striscie che, pel loro gusto particolare, saranno lodate. Le folaghe, con alquanto del loro intinto, servitele dopo come piatto di companatico e non saranno da disprezzarsi.

Tutta questa roba credo potrà bastare per sei o sette persone.


208. - Piccioni in umido

Guarnite i piccioni con foglie di salvia intere, poneteli in un tegame o in una cazzaruola sopra a fettine di presciutto grasso e magro e conditeli con olio, sale e pepe. Quando essi avranno preso colore, aggiungete un pezzo di burro e tirateli a cottura con brodo. Prima di ritirarli dal fuoco spremeteci sopra un limone e adoperate il loro sugo per servirli con fette di pane arrostito postevi sotto. Avvertite di salarli [p. 160 modifica]pochissimo a motivo del presciutto e del brodo. Al tempo dell’agresto potete usare quest’ultimo invece del limone, seguendo il dettato:

               Quando Sol est in leone.
               Bonum vinum cum popone,
               Et agrestum cum pipione.
               


209. - Piccione all’inglese

Avverto qui una volta per tutte che nella mia cucina non si fa questione di nomi e che io non do importanza ai titoli ampollosi. Se un inglese dicesse che questo piatto, il quale chiamasi anche collo strano nome di piccion paio, non è cucinato secondo l’usanza della sua nazione, non me ne importa un fischio; mi basta che sia giudicato buono, e tutti pari.

Prendete:

Un piccione giovine, ma grosso.
Vitella di latte magra, grammi 100, oppure un petto di pollo.
Fette sottili di presciutto grasso e magro, gr. 60.
Dette di lingua salata, grammi 20.
Burro, grammi 40.
Mezzo bicchiere di brodo buono digrassato.
Un uovo sodo.

Tagliate il piccione a piccoli pezzi nelle sue giunture scartando la testa e le zampe.

Tagliate la vitella di latte o il petto di pollo a braciuoline e battetele colla costola del coltello.

Tagliate il presciutto e la lingua a striscie larghe un dito.

Tagliate l’uovo in otto spicchi.

Prendete un piatto ovale di metallo o di porcellana che regga al fuoco e sul medesimo distendete a strati, [p. 161 modifica]uno sopra all’altro, prima la metà del piccione e della vitella, poi la metà del presciutto e della lingua, la metà del burro sparso qua e là a pezzettini e la metà, ossia quattro spicchi, dell’uovo; condite con pochissimo sale, pepe e odore di spezie, e ripetete l’operazione col rimanente in modo che tutto l’insieme faccia la colma. Per ultimo annaffiate col brodo suddetto, ma diaccio, che vedrete galleggiare sul primo orlo del piatto e che rimarrà in gran parte dopo la cottura.

Ora formate una pasta per ricoprirlo, nelle seguenti proporzioni:

Farina, grammi 150.
Burro, grammi 50.
Spirito di vino un cucchiaino.
Zucchero un cucchiaino.
Agro di limone uno spicchio.
Un rosso d’uovo.
Sale quanto basta.

Intridete la farina coi suddetti ingredienti e, se non bastano, aggiungete acqua tiepida per fare una pasta alquanto morbida. Lavoratela molto gettandola con forza contro la spianatoia, lasciatela un poco in riposo e tiratene una sfoglia addoppiandola quattro o cinque volte, riducendola, per ultimo, grossa come uno scudo col matterello rigato. Con essa coprite il piatto adornandolo, se è possibile, coi ritagli della stessa pasta, indi doratela con rosso d’uovo; cuocete questo pasticcio (che tale si può chiamare) al forno di campagna e servitelo caldo.


210. - Manicaretto di piccioni

Tagliateli a quarti o a pezzi grossi nelle giunture e metteteli al fuoco con una fetta di presciutto, un pezzetto di burro e un mazzetto guarnito, condendoli [p. 162 modifica]con sale e pepe. Quando cominciano ad asciugare bagnateli con brodo e, a mezza cottura, aggiungete le loro rigaglie, delle animelle a pezzi, e funghi freschi tagliati a fette, od anche secchi ma fatti prima rinvenire nell’acqua calda, oppure tartufi; questi però vanno messi a cottura quasi compita. Dopo averli bagnati con del brodo, versateci, se i piccioni son due, mezzo bicchiere di vino bianco consumato avanti, di metà, al fuoco. Continuate a farli bollire dolcemente, poi aggiungete altro pezzetto di burro intriso nella farina, oppure farina sola, per legarne la salsa, e per ultimo, avanti di mandarli in tavola, levate il prosciutto e il mazzetto, e strizzate sui piccioni un limone.

Le animelle scottatele prima e spellatele se sono di bestia grossa.

In questo stesso modo si possono cucinare i pollastri giovani, guarnendoli di rigaglie invece che di animelle.


211. - Timballo di piccioni

Questa pietanza dicesi timballo, forse dalla forma che si approssima all’istrumento musicale di questo nome. Fate un battuto con presciutto, cipolla, sedano e carota, aggiungete un pezzetto di burro e mettetelo al fuoco con un piccione o due, a seconda del numero delle persone che dovranno fargli la festa. Unite ai medesimi le loro rigaglie con altre di pollo, se ne avete. Condite con sale e pepe e, quando i piccioni saranno rosolati, bagnateli con brodo per tirarli a cottura, ma procurate che vi resti del sugo. Passate questo e gettatevi dei maccheroni che avrete già cotti, ma non del tutto, in acqua salata e teneteli presso al fuoco [p. 163 modifica]voltandoli di quando in quando. Fate un poco di balsamella, poi spezzate i piccioni nelle loro giunture, escludendone il collo, la testa, le zampe e le ossa del groppone quando non vi piacesse di disossarli del tutto, il che sarebbe meglio. Le rigaglie tagliatele a pezzi piuttosto grossi e alle cipolle levate il tenerume.

Allorchè i maccheroni avranno succhiato il sugo, conditeli con parmigiano, pezzettini di burro, dadini o, meglio, fettine di presciutto grasso e magro, noce moscata, fettine di tartufi o, mancando questi, un pugnello di funghi secchi rammolliti. Aggiungete per ultimo la balsamella e mescolate.

Prendete una cazzaruola di grandezza proporzionata, ungetela tutta con burro diaccio e foderatela di pasta frolla. Versate il composto, copritelo della stessa pasta e cuocetelo al forno; sformatelo caldo e mandatelo subito in tavola.

Con grammi 300 di maccheroni e due piccioni farete un timballo per dieci o dodici persone se non sono forti mangiatori.

Volendo, potete anche dargli la forma di pasticcio come quello del N. 260.


212. - Tordi colle ulive

I tordi e gli altri uccelli minuti in umido si possono fare come i piccioni N. 208; anzi ve li raccomando cucinati in quella maniera chè sono buonissimi. Le olive indolcite, state cioè in salamoia, si usano mettere intere col loro nocciolo quando i tordi sono a mezza cottura. Il nocciolo però è meglio levarlo: con un temperino si fa della polpa un nastrino, che, avvolto a spirale sopra sè stesso, par che formi un’oliva intera.

Una volta furono regalati sei tordi a un signore il quale, avendo in quei giorni la famiglia in campagna, [p. 164 modifica]pensò di mangiarseli arrostiti a una trattoria. Erano belli, freschi e grassi come i beccafichi e però, stando in timore non glieli barattassero, li contrassegnò tagliando loro la lingua. I camerieri entrati in sospetto cominciarono ad esaminarli se segno alcuno apparisse e, guarda guarda, aiutati dalla loro scaltrezza, lo ritrovarono. Per non la cedere a furberia o forse perchè con essi quel signore si mostrava soltanto largo in cintura, «gliela vogliamo fare» gridarono ad una voce; e, tagliata la lingua a sei tordi de’ più magri che fossero in cucina, gli prepararono quelli serbando i suoi per gli avventori che più premevano. Venuto l’amico coll’ansietà di fare in quel giorno un ghiotto mangiare e vedutili secchi allampanati, cominciò a stralunare gli occhi e voltandoli e rivoltandoli fra sè diceva: — Io resto! ma che sono proprio i miei tordi questi? — Poi, riscontrato che la lingua mancava, tutto dolente, si dette a credere che avessero operata la metamorfosi lo spiedo e il fuoco. Agli avventori che capitarono dopo, la prima offerta che in aria di trionfo facevano quei camerieri, era: — Vuol ella oggi un bellissimo tordo? — e qui a raccontare la loro bella prodezza, come fu narrata a me da uno che gli aveva mangiati.


213. - Storni in stufa

Gli storni, essendo uccelli di carne ordinaria e dura, hanno bisogno del seguente trattamento per renderli mangiabili.

Per numero sei storni fate un battuto, tritato fine, con un quarto di una grossa cipolla e grammi 30 di grasso di prosciutto. Mettetelo al fuoco con grammi 20 di burro, tre o quattro striscioline di presciutto grasso [p. 165 modifica]e magro e due coccole di ginepro. Collocateci sopra gli storni senza sventrarli e guarniti con foglie di salvia, condendoli con sale e pepe. Quando avranno tirato il sapore del battuto, voltandoli spesso, e che la cipolla sarà ben colorita, bagnateli con un poco di vino bianco asciutto e poi versatecene tanto che in tutto sia tre decilitri. Coprite la cazzaruola con un foglio di carta a quattro doppi tenuto fermo da un coperchio pesante e fate bollire a fuoco dolce fino a cottura completa.

Levateli col loro sugo e serviteli.


214. - Uccelli in salmì

Cuoceteli, non del tutto, arrosto allo spiedo conditi con sale e olio. Dopo levati, se sono uccelli piccoli o tordi, lasciateli interi; se sono grossi tagliateli in quattro parti, e levate loro tutte le teste che pesterete in un mortaio insieme con qualche uccellino pure arrostito o con qualche ritaglio di uccelli grossi. Mettete una cazzarolina al fuoco con un battuto composto di burro, qualche pezzetto di presciutto, sugo di carne, oppure brodo, madera o marsala nella quantità all’incirca del brodo, uno scalogno trinciato, una coccola o due di ginepro, se sono tordi, o una foglia d’alloro se sono uccelli di altra specie. Condite con sale e pepe e quando questo intingolo avrà bollito mezz’ora passatelo dallo staccio, e nel medesimo collocate gli uccelli arrostiti; fateli bollire fino a cottura completa e mandateli in tavola con fettine di pane arrostito sotto.


215. - Stufato di lepre

Vi descriverò più avanti il pasticcio di lepre e vi dirò anche come si cuoce arrosto; aggiungo ora che [p. 166 modifica]per farla dolce-forte potete servirvi della ricetta del cignale N. 216, e che si può mettere in istufato nella seguente maniera:

Prendiamo, per esempio, la metà di una lepre, e dopo averla spezzettata tritate fine un battuto con una cipolla di mediocre grandezza, due spicchi d’aglio, un pezzo di sedano lungo un palmo e diverse foglie di ramerino. Mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro, due cucchiaiate d’olio e quattro o cinque striscie di presciutto larghe un dito. Quando avrà soffritto per cinque minuti, gettateci la lepre e conditela con sale, pepe e spezie. Rosolata che sia, bagnatela con mezzo bicchiere di vino bianco, poi buttateci un pugnello di funghi freschi, o secchi rammolliti, e tiratela a cottura con brodo e sugo di pomodoro o conserva: ma prima di servirla, assaggiatela per aggiungere un altro poco di burro se occorre.


216. - Cignale dolce-forte

A me pare sia bene che il cignale da fare dolce-forte debba avere la sua cotenna con un dito di grasso, perchè il grasso di questo porco selvatico, quando è cotto, resta duro, non nausea ed ha un sapore di callo piacevolissimo.

Supposto che il pezzo sia di un chilogrammo all’incirca, eccovi le proporzioni del condimento.

Fate un battuto con mezza cipolla, la metà di una grossa carota, due costole di sedano bianco lunghe un palmo, un pizzico di prezzemolo e grammi 30 di presciutto grasso e magro. Pestatelo fine colla lunetta e ponetelo in una cazzaruola con olio, sale e pepe sotto al cignale per cuocerlo in pari tempo. Quando il pezzo ha preso colore da tutte le parti, scolate buona parte [p. 167 modifica]dell’unto, spargetegli sopra un pizzico di farina, e tiratelo a cottura con acqua calda versata di quando in quando.

Preparate intanto il dolce-forte in un bicchiere coi seguenti ingredienti e gettatelo nella cazzaruola:

Uva passolina, grammi 40.
Cioccolata, grammi 30.
Pinoli, grammi 30.
Candito a pezzetti, grammi 20.
Zucchero, grammi 50.
Aceto quanto basta; ma di questo mettetene poco, perchè avete tempo di aggiungerlo dopo. Prima di portarlo in tavola fatelo bollire ancora onde il condimento s’incorpori, anzi debbo dirvi che il dolce-forte vien meglio se fatto un giorno per l’altro. Se lo amate più semplice componete il dolce-forte di zucchero e aceto soltanto.


217. - Cignale fra due fuochi

Tenetelo in una marinata come quella della lepre N. 392 per 12 o 14 ore. Levato da questa, asciugatelo con un canovaccio e poi preparatelo nella seguente maniera:

Collocate nel fondo di una cazzaruola tre o quattro fette di lardone sottili come la carta, ponete il pezzo del cignale sopra alle medesime, conditelo con sale e pepe ed aggiungete una cipolla intera, un mazzetto guarnito, un pezzetto di burro e, se il cignale fosse un chilogrammo circa, mezzo bicchiere di vino bianco. Distendete sul pezzo della carne altre tre o quattro fette dello stesso lardone e copritelo con un foglio unto col burro, che vi stia aderente. Cuocetelo con fuoco sotto e sopra e, quando accenna di prosciugarsi, [p. 168 modifica]bagnatelo con brodo. Cotto che sia, passate il sugo senza spremerlo, digrassatelo e unitelo al cignale quando lo mandate in tavola.


218. - Coniglio in umido

Per il modo di cucinare questo piatto, vedi le Pappardelle col sugo di coniglio, N. 71.


219. - Lingua dolce-forte

Prendete una lingua di vitella di latte tutta intera colla sua pappagorgia, perchè questa è la parte più delicata; spellatela e lessatela a mezza cottura. Regolatevi del resto come per il cignale del N. 216, servendovi dell’acqua dove ha bollito, per finire di cuocerla.

Per spellare la lingua arroventate una paletta e ponetegliela sopra, ripetendo l’operazione diverse volte se occorre.


220. - Arnioni saltati

Prendete una pietra, come la chiamano a Firenze, cioè un arnione o rognone di bestia grossa oppure diversi di bestie piccole, apritelo e digrassatelo tutto perchè quel grasso ha un odore sgradevole. Tagliatelo per traverso a fette sottili, e ponetele in un vaso; salatele e versate sulle medesime tanta acqua bollente che le ricopra. Quando l’acqua sarà diacciata, levatele ed asciugatele bene in un canovaccio; poi mettetele in padella con un pezzetto di burro, rivoltatele spesso e quando avranno grillettato per soli cinque minuti legatele con un pizzico di farina, conditele con sale, pepe e mezzo bicchiere scarso di vino bianco; lasciatele ancora per poco sul fuoco e quando le levate [p. 169 modifica]aggiungete un altro pezzetto di burro, un pizzico di prezzemolo tritato e un po’ di brodo se occorre.

Per vostra regola gli arnioni tenuti troppo sul fuoco induriscono. Il vino è bene farlo prima bollire a parte finchè sia scemato di un terzo; se invece di vino bianco farete uso di marsala o di champagne, tanto meglio.


221. - Arnioni alla fiorentina

Aprite e digrassate gli arnioni come nella ricetta precedente e così spaccati a metà per lo lungo, cuoceteli nel modo seguente. Ponete un tegame al fuoco con un pezzo di burro proporzionato e quando accenna a bollire, poneteci l’arnione lasciandovelo un poco, poi ritiratelo dal fuoco e conditelo con sale, pepe e un pizzico di prezzemolo tritato. Involtatelo bene nel condimento e dopo parecchie ore, cuocetelo nello stesso tegame, oppure in gratella coperto di pangrattato.


222. - Cosciotto o spalla di castrato in cazzaruola I

Per associazione d’idee, la parola castrato mi presenta alla memoria quei servitori i quali, per un’esigenza ridicola de’ loro padroni (sono sfoghi di vanità rientrata), si tagliano i baffi e le fedine da sembrare tanti castratoni.

La buona fine di questi due pezzi di carne a me sembra di ottenerla nella seguente maniera. Prendiamo ad esempio la spalla e sulla medesima regolatevi nelle debite proporzioni per il cosciotto. Non ho bisogno di dirvi che il castrato deve essere di qualità [p. 170 modifica]fine e ben grasso. Supponiamo che la spalla sia del peso di un chilogrammo, benchè possa essere anche di chilogrammi 1 ½. Disossatela, steccatela con lardone, e conditela di dentro e di fuori con sale e pepe, poi arrocchiatela e legatela onde prenda una bella forma; indi mettetela in una cazzaruola con grammi 40 di burro per rosolarla, e dopo aggiungete i seguenti ingredienti:

Alcune cotenne di lardone o di presciutto.
Un mazzetto legato composto di prezzemolo, sedano e carota.
Una cipolla intera di mezzana grossezza.
Le ossa spezzate che avrete levate dalla spalla o dal cosciotto che sia.
Dei ritagli di carne cruda, se ne avete.
Un bicchiere di brodo o mezzo soltanto.
Due o tre cucchiaiate di acquavite.
Tanta acqua fredda che il liquido arrivi poco sotto alla superficie del castrato.

Coprite bene la cazzaruola e fatela bollire a fuoco lento finchè il pezzo sia cotto, per la qual cosa ci vorranno da quattro e più ore se la bestia è dura. Allora passate il sugo, digrassatelo e gettate via il superfluo, cioè mandate in tavola soltanto il castrato.

Questo piatto si suol guarnire o di carote o di rape o di fagiuoli sgranati; se di carote, mettetene due grosse intere fra la carne e quando saranno cotte levatele e tagliatele a fette rotonde per aggiungerle dopo; se di rape, avvertite che non sappiano di forte per non avere ancora sentito il freddo. Dividetele in quattro parti, imbiancatele, tagliatele a dadi, rosolatele appena nel burro ed unitele al sugo il quale deve vedersi piuttosto abbondante; se di fagiuoli, cuoceteli

prima e rifateli in questo sugo. [p. 171 modifica]

223. - Cosciotto o spalla di castrato in cazzaruola II

Questa è una ricetta più semplice e da preferirsi a quella del numero precedente quando non si richieda contorno alcuno di erbaggi o di legumi.

Prendete una spalla di castrato e dopo averla disossata steccatela con lardelli di lardone involtati nel sale e nel pepe. Salatela alquanto, poi arrocchiata e legata stretta, mettetela al fuoco con grammi 40 di burro e una mezza cipolla steccata con un garofano e fatele prender colore. Ritirata la cazzaruola dal fuoco versateci un bicchier d’acqua, o meglio brodo, una cucchiaiata d’acquavite, un mazzetto odoroso e, se è il tempo dei pomodori, alcuni di questi spezzati.

Fate bollire adagio per circa tre ore colla cazzaruola tenuta chiusa con doppio foglio di carta, rivoltando spesso il pezzo della carne. Quando sarà cotta, gettate via la cipolla, passate il sugo, digrassatelo ed unitelo alla carne quando la mandate in tavola.

Vi avverto di non cuocerla troppo chè allora non si potrebbe tagliare a fette.

Nella stessa maniera, colle debite proporzioni nel condimento, si può fare il cosciotto. Se vi è nauseoso il puzzo speciale al montone, digrassate la carne anche da cruda.


224. - Bue alla moda

Questo piatto va trattato poco diversamente da quello del N. 222.

Prendete non meno di un chilogrammo di magro della coscia o del culaccio di bestia grossa e steccatelo con [p. 172 modifica]lardelli grossi un dito di buon lardone che avrete involtati nel sale e nel pepe. Legate il pezzo della carne perchè prenda una bella forma, salatelo a sufficienza e ponetelo in una cazzaruola con grammi 50 di burro per rosolarlo; poi aggiungete gl’ingredienti qui appresso: mezza zampa di vitella di latte oppure un pezzo di zampa di vitella grossa, una grossa cipolla intera, due o tre carote intere, un mazzetto legato di erbe odorose come prezzemolo, sedano, bassilico e simili; alcune cotenne di lardone, un bicchiere ardito d’acqua, o meglio un bicchiere di brodo digrassato, e per ultimo mezzo bicchiere di vino bianco oppure due cucchiaiate di acquavite. Mettete al fuoco la cazzaruola ben coperta e fate bollire adagio finchè la carne sia cotta, ma le carote cuocendosi per le prime, levatele onde restino intere. Gettate via il mazzetto odoroso, poi passate il sugo e digrassatelo se occorre. Servite la carne non troppo cotta unitamente alla zampa e contornate il piatto colle carote tagliate a fette rotonde. Se vi riesce bene, sentirete un umido delicato e leggiero.

Alcuni steccano la cipolla con garofani; ma questo aroma non è a consigliarsi che agli stomachi forti. Meglio delle carote giudico il contorno di fagiuoli sgranati cotti e rifatti nel sugo del bue.


225. - Bue alla brace

Sarebbe il boeuf braisé dei Francesi. Procuratevi un bel tocco di carne magra e frolla e, dato che sia del peso di grammi 500 senz’osso, steccatelo con grammi 50 di lardone tagliato a lardelli grossi e lunghi un dito scarso, ma conditeli prima con sale e pepe.

Fate un battuto con un quarto di cipolla di media [p. 173 modifica]grandezza, mezza carota e una costola di sedano lunga un palmo. Tritatelo all’ingrosso con la lunetta e mettetelo al fuoco con grammi 30 di burro e sopravi il pezzo della carne legato e condito con sale e pepe.

Quando il battuto sta per consumarsi, bagnatelo per due volte con un gocciolo d’acqua fredda; consumata che sia e colorita la carne, versate due ramaiuoli di acqua calda, coprite la cazzaruola con foglio doppio di carta e fate bollire adagio finchè la carne sia cotta. Allora passate il sugo, digrassatelo e rimettetelo al fuoco con un altro pezzetto di burro per dar maggior grazia alla carne e all’intinto, col quale potrete tirare a sapore un contorno di erbaggi, come sarebbero spinaci, cavoli di Bruxelles, carote, finocchi, quale più vi piace di questi.


226. - Scaloppine alla livornese

Perchè si chiamino scaloppine non lo so e non so nemmeno perchè sia stato dato loro il battesimo a Livorno. Comunque sia, prendete delle braciuoline di carne grossa, battetele bene per renderle tenere e buttatele in padella con un pezzo di burro. Quando l’avranno ritirato, bagnatele con qualche cucchiaiata di brodo per portarle a cottura, conditele con sale e pepe, legatele con un pizzico di farina, date loro l’odore della marsala, e prima di levarle rendetele più grate con un pizzico di prezzemolo tritato.


227. - Scaloppine di carne battuta

Prendete carne magra di bestia grossa, nettatela dai tendini e dalle pelletiche e tritatela ben fine prima col coltello poi colla lunetta. Conditela con sale, pepe e parmigiano grattato; aggiungete l’odore delle spezie, [p. 174 modifica]piacendovi, ma c’è il caso allora che sappia di piatto rimpolpettato. Mescolate bene e date alla carne la forma di una palla; poi con pangrattato sotto e sopra, onde non s’attacchi, tiratela col matterello sulla spianatoia, rimovendola spesso per farne una stiacciata sottile poco più di uno scudo. Tagliatela a pezzi quadri e larghi quanto la palma di una mano e cuoceteli in una teglia col burro. Quando queste scaloppine avranno preso colore, annaffiatele con sugo di pomodoro o conserva diluita nel brodo o nell’acqua e servitele.

Potete anche, senza far uso del matterello, stiacciarle colle mani e dar loro, per più eleganza, la forma di un cuore.

Avendo carne stracottata avanzata, è conveniente il farle con questa e con carne cruda mescolate insieme.


228. - Scaloppine alla genovese

Formate braciuoline con carne magra di vitella e, dato che sia grammi 500 senz’osso, tritate un quarto di cipolla di mezzana grandezza e mettetela nel fondo di una cazzaruola con olio e un pezzetto di burro. Distendete sul battuto le braciuoline, uno strato sopra l’altro, conditele con sale e pepe e mettetele al fuoco senza scomporle che così attaccandosi insieme non si aggrinzano. Quando avrà preso colore la parte di sotto versate un cucchiaino di farina e dopo poco un pizzico di prezzemolo con mezzo spicchio d’aglio tritati e due dita scarse (di bicchiere) di vino bianco buono. Poi distaccate le braciuoline l’una dall’altra, mescolate, lasciatele tirar l’umido, indi versate acqua calda e un poco di sugo di pomodoro o conserva. Fate bollire adagio e non molto per terminare di cuocerle e servitele con intinto abbondante, e con fette di pane arrostito

sotto, se vi piace. [p. 175 modifica]

229. - Braciuoline ripiene


Braciuole sottili di vitella, grammi 300.
Carne magra di vitella o di vitella di latte, gr. 70.
Presciutto piuttosto magro, grammi 40.
Midollo di vitella, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 30.
Uova, N. 1.

Delle braciuole ne usciranno 6 o 7 se le tenete larghe quanto una mano: battetele ben bene con un manico di coltello intinto spesso nell’acqua per allargarle. Poi tritate fine il presciutto coi gr. 70 della seconda carne e a questo battuto unite il parmigiano e il midollo ridotto prima pastoso colla lama di un coltello; per ultimo aggiungete l’uovo per legare il composto e una presa di pepe, non occorrendo il sale a motivo del presciutto e del parmigiano. Distendete le braciuole e sul mezzo delle medesime distribuite il detto composto; poi arrocchiatele e col refe legatele in croce.

Ora che hanno già preso la forma occorrente, preparate un leggiero battutino con un po’ di cipolla, un pezzetto di sedano bianco, un pezzetto di carota e gr. 20 di carnesecca, e mettetelo al fuoco in una cazzaruola con grammi 20 di burro, in pari tempo che vi porrete le braciuoline. Conditele con sale e pepe, e quando avranno preso colore versate sugo di pomodoro o conserva e tiratele a cottura coll’acqua. Potete anche aggiungere, piacendovi, un gocciolo di vino bianco.

Quando le mandate in tavola togliete il filo con cui le avevate legate.


230. - Braciuoline alla contadina

Per me, che si ribellano al mio gusto, le lascio mangiare ai contadini; ma, poichè ad altri potrebbero non dispiacere, ve le descrivo. [p. 176 modifica]

Preparate le braciuoline con carne magra di vitella battuta bene, ungetele coll’olio e conditele con poco sale e pepe. Fate un composto di olive, capperi strizzati dall’aceto e un’acciuga, tritando il tutto ben fine. Lasciatelo così semplice, oppure aggiungete un rosso d’uovo e un pizzico di parmigiano; riempitene le braciuoline, legatele e quindi cuocetele con burro e sugo di pomodoro, oppure in un soffritto di cipolla.


231. - Braciuole nella scamerita

Eccovi un piatto di tipo tutto fiorentino. La scamerita è quella parte del maiale macellato ove, finita la lombata, comincia la coscia; essa è marmorizzata di magro e grasso, e quest’ultimo è in quantità tale che piace senza nauseare.

Ponete le braciuole in un tegame con pochissimo olio, due o tre spicchi d’aglio, con la loro buccia un po’ stiacciati, e conditele con sale e pepe. Quando avranno preso colore da ambedue le parti, versate nel tegame due o tre dita (di bicchiere) di vino rosso e lasciate che, bollendo, l’umido prosciughi di metà. Allora mettetele da parte asciutte conservandole calde, e in quell’intinto tirate a sapore del cavolo nero già lessato, spremuto dall’acqua, tagliato non tanto minutamente e condito anch’esso con sale e pepe. Mandatele in tavola col cavolo sotto.


232. - Cotolette di vitella di latte in salsa d’uovo


Dopo averle dorate e cotte alla sautè, come quelle dei N.i 233 e 234, spargete sopra alle medesime una salsa di rossi d’uovo, burro e agro di limone, tenetele ancora un poco sul fuoco e servitele. [p. 177 modifica]

Per sette od otto cotolette basteranno tre rossi d’uovo, grammi 30 di burro e mezzo limone, frullati in un pentolino prima di versarli.


233. - Cotolette di vitella di latte coi tartufi alla bolognese

Il posto migliore per questo piatto è il sotto-noce, ma può servire anche il magro del resto della coscia o del culaccio. Tagliatele sottili e della dimensione della palma di una mano; battetele e date loro una forma smussata ed elegante come, ad esempio, la figura del cuore, cioè larga da capo e restringentesi in fondo. Poi preparatele in un piatto con agro di limone, pepe, sale e pochissimo parmigiano grattato. Dopo essere state un’ora o due in questa infusione, passatele nell’uovo sbattuto e tenetecele altrettanto. Poi spolverizzatele di pangrattato fine, mettetele a soffriggere col burro in una teglia di rame, e quando saranno appena rosolate da una parte, voltatele e sopra la parte cotta distendete prima delle fette di tartufi e sopra a queste delle fette di parmigiano o di gruiera; ma sì le une che le altre tagliatele sottili il più che potete. Fatto questo, terminate di cuocerle con fuoco sotto e sopra aggiungendo brodo o sugo di carne; poi levatele pari pari e disponetele in un vassoio col loro sugo all’intorno strizzandoci l’agro di un limone, o mezzo solo se sono poche.

Nella stessa maniera si possono cucinare le cotolette d’agnello dopo aver ripulito, raschiandolo, l’osso della costola. [p. 178 modifica]

234. - Cotolette col presciutto

Preparate le cotolette come quelle del numero precedente e mettetele nell’uovo con una fetta sottilissima di presciutto grasso e magro della dimensione della cotoletta stessa. Avvolgetele nel pangrattato col presciutto appiccicato sopra, salatele poco e rosolatele nel burro dalla parte dove non è il presciutto. Sopra al presciutto, invece de’ tartufi, distendete fette sottilissime di parmigiano o di gruiera, finite di cuocerle col fuoco sopra e servitele con intinto di sugo di carne ed agro di limone, oppure con sugo di pomodoro.


235. - Polpette

Non crediate che io abbia la pretensione d’insegnarvi a far le polpette. Questo è un piatto che tutti lo sanno fare cominciando dal ciuco, il quale fu forse il primo a darne il modello al genere umano. Intendo soltanto dirvi come esse si preparano da qualcuno con carne lessa avanzata; se poi le voleste fare di carne cruda, non è necessario tanto condimento.

Tritate il lesso colla lunetta e pestate a parte una fetta di presciutto grasso e magro per unirla al medesimo. Condite con parmigiano, sale, pepe, odore di spezie, uva passolina, pinoli, alcune cucchiaiate di pappa, fatta con una midolla di pane cotta nel brodo o nel latte, legando insieme il composto con un uovo o due a seconda della quantità. Formate tante pallottole del volume di un uovo, schiacciate ai poli come il globo terrestre, involtatele nel pangrattato, e friggetele nell’olio o nel lardo. Poi con un soffrittino d’aglio e prezzemolo e l’unto rimasto nella padella passatele in [p. 179 modifica]una teglia ornandole con una salsa d’uova e agro di limone.

Se non tollerate i soffritti mettetele nella teglia con un pezzetto di burro, ma vi avverto che i soffritti, quando sieno ben fatti, non sono nocivi, anzi eccitano lo stomaco a digerir meglio. Mi rammento che una volta fui a pranzo con alcune signore in una trattoria di grido la quale pretendeva di cucinare alla francese -troppo alla francese! - ove ci fu dato un piatto di animelle coi piselli. Tanto quelle che questi erano freschi e di primissima qualità, ma essendo stati tirati a cottura nell’umido del solo burro senza soffritto, o almeno un buon sugo, e senza aromi di sorta, nel mangiare quella pietanza, che poteva riuscire un eccellente manicaretto, si sentiva che non l’abbracciava lo stomaco e a tutti riuscì pesante nella digestione.


236. - Polpettone

Signor Polpettone, venite avanti, non vi peritate; voglio presentare anche voi ai miei lettori.

Lo so che siete modesto ed umile perchè, veduta la vostra origine, vi sapete da meno di molti altri; ma fatevi coraggio e non dubitate chè con qualche parola detta in vostro favore troverete qualcuno che vorrà assaggiarvi e che vi farà forse anche buon viso.

Questo polpettone si fa col lesso avanzato, e, nella sua semplicità, si mangia pur volentieri. Levatene il grasso e pestate il magro colla lunetta; conditelo e dosatelo in proporzione con sale, pepe, parmigiano, un uovo o due e due o tre cucchiaiate di pappa. Questa può essere di midolla di pane cotta nel latte, o nel brodo o semplicemente nell’acqua aggraziata con un po’ di burro. Mescolate ogni cosa insieme, formatene un pane [p. 180 modifica]ovale ed involtatelo nella farina; indi friggetelo nel lardo o nell’olio e vedrete che da morbido qual’era da prima, diverrà sodo e formerà alla superficie una crosticina. Tolto dalla padella, mettetelo a soffriggere nel burro da ambedue le parti entro a un tegame, e quando siete per mandarlo in tavola, legatelo con due uova frullate, una presa di sale e mezzo limone. Questa salsa fatela a parte in una cazzaruolina, regolandovi come si trattasse di una crema, e versatela sopra il polpettone quando l’avrete messo in un vassoio.

Per non sciuparlo, se è grosso, quando l’avete in padella rivoltatelo con un piatto o con un coperchio di rame, come fareste per una frittata.


237. - Polpettone di carne cruda alla fiorentina

Prendete mezzo chilogrammo, senz’osso, di carne magra di vitella, nettatela dalle pelletiche e dalle callosità e prima con un coltello a colpo e poi colla lunetta pestatela fine insieme con una fetta di presciutto grasso e magro. Conditela con poco sale, pepe e spezie, aggiungete un uovo, mescolate bene e colle mani bagnate formatene una palla.

Fate un battutino con poca cipolla (quanto una noce), prezzemolo, sedano e carota, mettetelo al fuoco con un pezzetto di burro e quando avrà preso colore gettate dentro il polpettone. Rosolatelo da tutte le parti e poi versate nel recipiente mezzo bicchiere abbondante d’acqua in cui avrete stemperato mezza cucchiaiata di farina; copritelo e fate bollire a lentissimo fuoco badando che non si attacchi. Quando lo servite, col suo intinto denso all’intorno, strizzategli sopra mezzo limone. [p. 181 modifica]Se lo volete alla piemontese, altro non resta a fare che collocare nel centro della palla, quando la formate, un uovo sodo sbucciato il quale serve a dar bellezza al polpettone quando si taglia a fette. Non è piatto da disprezzarsi.


238. - Agnello trippato

Spezzettate grammi 500 di agnello nella lombata e friggetelo con lardo vergine. Fate quindi in un tegame un soffritto coll’unto che non ha assorbito, aglio e prezzemolo e, quando l'aglio avrà preso colore, gettateci l’agnello già fritto, conditelo con sale e pepe, rivoltatelo bene e lasciatelo alquanto sopra al fuoco perchè s’incorpori col condimento. Poi legatelo colla seguente salsa: frullate in un pentolo due uova con un buon pizzico di parmigiano grattato e mezzo limone. Versatela nell’agnello, mescolate e quando l’uovo sarà alquanto rappreso, servite in tavola.


239. - Agnello coi piselli all’uso di Romagna

Prendete un quarto d’agnello della parte di dietro, steccatelo con due spicchi d’aglio tagliato a striscioline e con qualche ciocca di ramerino; dico ciocche e non foglie, perchè le prime si possono levare, volendo, quando l’agnello è cotto. Prendete un pezzo di lardone o una fetta di carnesecca e pestateli fini col coltello. Mettete l’agnello al fuoco in un tegame con questo battuto e un poco d’olio; conditelo con sale e pepe e fatelo rosolare. Allorchè avrà preso colore, aggiungete sugo di pomodoro oppure conserva sciolta nel [p. 182 modifica]brodo o nell’acqua e tiratelo a cottura perfetta. Ritirate per un momento l’agnello, versate nell’intinto i piselli e quando avranno bollito un poco, rimettetelo sui medesimi, fateli cuocere e serviteli per contorno.

Si può cucinare nella stessa maniera un pezzo di vitella di latte nella lombata o nel culaccio.

In Toscana questi piatti si manipolano nella stessa guisa, ma si fa uso del solo olio.


240. - Spalla d’agnello all’ungherese

Se non è all’ungherese sarà alla spagnuola o alla fiamminga; il nome poco importa, purchè incontri, come credo, il gusto di chi la mangia.

Tagliate la spalla a pezzi sottili e larghi tre dita in quadro. Trinciate due cipolle novelline oppure tre o quattro cipolline bianche; mettetele a soffriggere con un pezzetto di burro e quando avranno preso il rosso cupo buttate giù l’agnello e conditelo con sale e pepe. Aspettate che la carne cominci a colorire ed aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina; mescolate e fategli prendere un bel colore, poi tiratelo a cottura con brodo versato a poco per volta.

Non lo mandate in tavola asciutto, ma con una certa quantità del suo umido.


241. - Testicciuola d’agnello

Per mettere in umido la testicciuola d’agnello non fate come quella serva a cui il padrone avendo detto che la dividesse in due parti, la tagliò per traverso; fu la stessa brava ragazza che un’altra volta aveva infilato i tordi nello spiedo dal di dietro al davanti. [p. 183 modifica]Tagliate dunque la testicciuola per la sua lunghezza e così come stanno i due pezzi naturalmente, metteteli a cuocere in un largo tegame; ma fatele prima un soffritto di aglio, prezzemolo e olio, e quando avrà preso colore, fermatelo con un ramaiuolo di brodo. Buttata giù la testicciuola, conditela con sale e pepe, aggiungete a mezza cottura un pezzetto di burro, un poco di sugo o conserva di pomodoro e tiratela a cottura con altro brodo se occorre.

È un piatto da non presentarsi ad estranei, ma per famiglia è di poca spesa, gustoso e divertente; la parte intorno all’occhio è la più delicata.


242. - Coteghino fasciato

Non ve lo do per un piatto fine, ma come piatto di famiglia può benissimo andare, anzi potrete anche imbandirlo agli amici di confidenza. A proposito di questi, il Giusti dice, che coloro i quali sono in grado di poterlo fare, devono di quando in quando invitarli ad ungersi i baffi alla loro tavola. Ed io sono dello stesso parere, anche nel supposto che gli invitati vadano poi a lavarsi la bocca di voi, come è probabile, sul trattamento avuto.

Prendete un coteghino del peso di grammi 300 circa e spellatelo da crudo.

Prendete una braciuola di magro di vitella o di manzo del peso di grammi 200 a 300 larga e sottile e battetela bene. Involtate con essa il coteghino, ammagliatelo tutto col refe e mettetelo al fuoco in cazzaruola insieme con un pezzetto di burro, sedano, carota e un quarto di cipolla, il tutto tagliato all’ingrosso. Sale e pepe non occorrono perchè il coteghino contiene ad esuberanza questi condimenti. Se col sugo vi piacesse [p. 184 modifica]di condire una minestra di maccheroni, aggiungete alcune fettine di prosciutto grasso e magro, oppure di carnesecca. Quando il pezzo avrà preso colore da tutte le parti, versate acqua bastante a ricoprirlo per metà e alcuni pezzetti di funghi secchi, facendolo bollire adagino fino a cottura completa. Passate il sugo, unite al medesimo i funghi anzidetti e con questo, cacio e burro condite i maccheroni, servendo il coteghino fasciato, sciolto dal refe, con alquanto del suo sugo all’intorno, per companatico.


243. - Stufatino di muscolo

Ognun sa che i muscoli di tutte le bestie, compresa la bestia-uomo, sono fasci di fibre che costituiscono la carne in genere; ma muscolo volgarmente si chiama in Firenze quella carne di vitella che, per essere alla estremità della coscia a della spalla verso le gambe, contiene tendini morbidi e gelatinosi che si addicono a questa cucinatura.

Tagliate a pezzetti grammi 500 di muscolo. Mettete al fuoco olio con due spicchi d’aglio senza sbucciarli, ma alquanto ammaccati; lasciate soffriggere e quindi gettateci la carne, condendola con sale e pepe. Rosolata che sia, spargetele sopra mezza cucchiaiata di farina, aggiungete sugo di pomodoro o conserva e un pezzetto di burro; quindi acqua o brodo, a poco per volta, per tirarlo a cottura; ma fate in maniera che vi resti dell’intinto. Disponete sopra un vassoio delle fette di pane arrostito, versate sopra le medesime lo stufatino e mandatelo in tavola. Potete anche servirlo senza crostini e metterci dei funghi freschi, tagliati

a fette, quando la carne sarà quasi cotta. [p. 185 modifica]

244. - Stufatino di petto di vitella di latte coi finocchi

Spezzettate il petto di vitella di latte lasciandogli le sue ossa.

Fate un battuto con aglio, prezzemolo, sedano, carota; aggiungete olio, pepe, sale e mettetelo al fuoco insieme colla carne suddetta. Rivoltatela spesso, e quando sarà rosolata alquanto, spargete sulla medesima un pizzico di farina, un po’ di sugo di pomodoro o conserva e tiratela a cottura con brodo o acqua. Per ultimo aggiungete un pezzetto di burro e i finocchi tagliati a grossi spicchi già ridotti a mezza cottura nell’acqua e soffritti nel burro. La cazzaruola tanto in questo che negli altri stufati tenetela sempre coperta.

Quando parlo di cazzaruole intendo quelle di rame bene stagnate. Hanno a dir quel che vogliono, ma il rame, tenuto pulito, è da preferirsi sempre ai vasi di ferro e di terra, perchè quelli si arroventano e bruciano le vivande; questa screpola e suzza gli untumi e col troppo uso comunica qualchecosa che sa di lezzo.


245. - Vitella di latte in guazzetto

Riesce un umido di non molto sapore, ma semplice e sano, perciò lo descrivo.

Prendete vitella di latte nel sottonoce o nel culaccio, battetela, legatela perchè stia raccolta e ponetela in cazzaruola come appresso.

Ammesso che il pezzo della carne sia grammi 500 senz’osso, coprite il fondo della cazzaruola con gr. 30 di carnesecca a fette sottilissime e grammi 30 di burro [p. 186 modifica]e sopra a questo strato collocate meno di mezzo limone tagliato in quattro fette sottili alle quali leverete la corteccia e i semi. Sopra a queste cose ponete la vitella per rosolarla ben bene da tutte le parti; ma badate che non prenda di bruciato a motivo del poco umido che vi si trova. Fatto questo, scolate l’unto superfluo, conditela con sale e pepe e poco dopo bagnatela con un bicchiere di latte caldo, che avrete prima fatto alquanto bollire a parte, ma non vi sgomentate se questo impazzirà com’è probabile.

Coprite la cazzaruola con carta a doppio e a fuoco lento tirate il pezzo della carne a cottura e quando sarete per servirla passate il sugo.

Questa dose potrà bastare per quattro persone.


246. - Petto di vitella di latte ripieno

In termine culinario si chiamerebbe petto farsito.

Petto di vitella di latte tutto in un pezzo, grammi 500.
Magro di vitella di latte senz’osso, grammi 170.
Presciutto grasso e magro, grammi 40.
Mortadella di Bologna, grammi 40.
Parmigiano grattato, grammi 15.
Uova, N. 1.
Un quarto appena di spicchio d’aglio e 4 o 5 foglie di prezzemolo.

Fate un composto col suddetto magro di vitella di latte in questa maniera: nettatelo dai tendini e dalle pelletiche, se vi sono, e pestatelo finissimo con un pezzetto di grasso di prosciutto levato dai suddetti 40 grammi. A questa carne battuta aggiungete l’aglio e il prezzemolo, tritati finissimi, il parmigiano, l’uovo, una presa di pepe, pochissimo sale e mescolate il tutto ben bene. [p. 187 modifica]Disossate quindi il petto dalle ossa dure e lasciategli quelle tenere; apritelo nel tessuto connettente passando il coltello al di sotto delle costole si che diventi doppio di superficie come si fa di un libro quando si apre. Sopra la metà del petto dove sono rimaste le ossa tenere, distendete parte del composto e sopra a questo disponete parte del presciutto e della mortadella tagliati a strisce larghe un dito intercalandole a poca distanza tra loro. Sopra a questo primo strato ponetene un secondo e un terzo, se avete roba sufficiente, tramezzando sempre col composto e i salumi. Finita l’operazione tirate sopra al ripieno l’altra metà del petto rimasta nuda, per chiudere, come sarebbe a dire, il libro e con un ago grosso e refe cucite gli orli perchè il ripieno non ischizzi fuori; oltre a ciò legatelo stretto in croce collo spago. Così acconciato mettetelo al fuoco in una cazzaruola con un pezzo di burro, sale e pepe e quando avrà preso colore da ambedue le parti, portatelo a cottura con acqua versata a poco per volta.

Servitelo caldo col suo sugo ristretto; ma prima scioglietelo dallo spago e dal refe. Se è venuto bene deve potersi tagliare a fette e far bella mostra di sè co’ suoi lardelli. Potete contornarlo di piselli freschi cotti nel suo sugo, o di finocchi tagliati a spicchi, ma prima lessati.


247. - Bue garofanato

Per bue, intendo carne grossa, comprendendovi, cioè, il manzo e la vitella.

Prendete un bel tocco di magro nella coscia o nel culaccio, battetelo, e ponetelo in infusione nel vino la sera per la mattina di poi. Dato che il pezzo sia di un chilogrammo all’incirca steccatelo con lardone e quattro [p. 188 modifica]garofani, legatelo e mettetelo al fuoco con mezza cipolla tagliata a fette sottili, burro e olio in quantità eguali e salatelo. Rosolatelo da tutte le parti e strutta la cipolla, versate un bicchier d’acqua e, coperta la bocca della cazzaruola con un foglio di carta a due o tre doppi e col suo coperchio, fatelo bollire adagio fino a cottura. Scioglietelo e servitelo col suo sugo all’intorno, passato e digrassato. I lardelli di lardone, già vi ho detto altre volte, che è bene tenerli grossi un dito e condirli con sale e pepe.

Non lo credo cibo confacente agli stomachi deboli.


248. - Animelle alla bottiglia

Quelle d’agnello non hanno bisogno di alcuna preparazione; a quelle di bestia più grossa bisogna dare mezza cottura nell’acqua, spellandole se occorre. Le prime lasciatele intere, le seconde tagliatele a pezzi e sì le une che le altre infarinatele bene e mettetele a rosolare nel burro condendole con sale e pepe. Poi bagnatele con vino di Marsala o di Madera, e dopo fatele alzare un solo bollore. Si può anche tirare la salsa a parte con una presa di farina, un pezzetto di burro e il vino.

Se poi le aggraziate col sugo di carne, da buone che sono, diventeranno squisite.


249. - Trippa col sugo

La trippa, comunque cucinata e condita, è sempre un piatto ordinario. La giudico poco confacente agli stomachi deboli e delicati, meno forse quella cucinata dai Milanesi, i quali hanno trovato modo di renderla [p. 189 modifica]tenera e leggiera, non che quella alla côrsa che vi descrivo più sotto. In alcune città si vende già lessata e questo fa comodo; non trovandola tale, lessatela in casa e preferite quella grossa cordonata. Lessata che sia, tagliatela a striscie larghe mezzo dito ed asciugatela fra le pieghe di un canovaccio. Mettetela poi in una cazzaruola a soffriggere nel burro e quando lo avrà tirato, aggiungete sugo di carne o, se non avete questo, sugo di pomodoro; conditela con sale o pepe, tiratela a cottura più che potete e quando siete per levarla, gettateci un pizzico di parmigiano.


250. - Trippa legata colle uova

Lessate e tagliate la trippa come la precedente, poi mettetela al fuoco in un soffritto di aglio, prezzemolo e burro, conditela con sale e pepe, e quando la credete cotta, legatela con uova frullate, agro di limone e parmigiano.


251. - Trippa alla côrsa

Sentirete una trippa unica nel suo genere, di grato sapore e facile a digerirsi, superiore a tutte le altre fin qui conosciute; ma tutto il secreto sta nel trattarla con sugo di carne ben fatto e in grande abbondanza, perchè ne assorbe molto. Oltre a ciò, è un piatto che non può farsi che in quei paesi ove si usa vendere le zampe delle bestie bovine rasate dal pelo, per la ragione che quella cotenna callosa è necessaria per legare il sugo.

Trippa cruda, grammi 700.
Zampa senz’osso, grammi 100.
Burro, grammi 80. [p. 190 modifica]
Lardone, grammi 70.
La metà di una grossa cipolla.
Due piccoli spicchi d’aglio.
Odore di noce moscata e spezie.
Sugo di carne quanto basta.
Un pugnello di parmigiano.

Dico cruda la trippa, perchè in molti paesi si usa di venderla lessata.

Dopo averla lavata ben bene, tagliatela a striscie non più larghe di mezzo dito e così pure la zampa. Fatto questo, trinciate minuta la cipolla e mettetela al fuoco col burro, e quando comincia a prender colore aggiungete il lardone tritato fine con la lunetta insieme coll’aglio. Allorchè questo soffritto avrà preso il color nocciuola gettateci la trippa e la zampa condendole con sale, pepe e gli aromi indicati, ma questi ultimi a scarsa misura. Fatela bollire finchè sarà asciutta, indi bagnatela col sugo e col medesimo finite di cuocerla a fuoco lento per ridurla tenera, al che ci vorranno in tutto da 7 a 8 ore, e se per caso il sugo vi venisse a mancare aiutatevi col brodo. Quando sarete per servirla, datele maggior sapore col parmigiano e versatela sopra fette di pane arrostito ove il sugo vi sguazzi.

Basterà per cinque persone.


252. - Zampa burrata

La trippa, per analogia di cucinatara e d’aspetto, richiama alla memoria la zampa burrata che è un piatto di carattere e di fisonomia al tutto fiorentina e che va lodato perchè nutriente e di natura gentile.

Usandosi in Firenze di macellare bestie bovine giovani, se n’è tirato partito per far servire come alimento [p. 191 modifica]quello che in altri paesi si lascia unito alla pelle per farne cuoio; intendo dire delle zampe, che dal ginocchio in giù, vengono rase dal pelo e così belle e bianche sono vendute a pezzi od intere.

Prendasi dunque un buon pezzo di questa zampa e si lessi, poi si disossi, si tagli a pezzetti e si metta al fuoco con burro, sale e pepe, un po’ di sugo di carne e parmigiano quando si leva.

Mancando il sugo di carne, può suppllire discretamente il sugo o la conserva di pomodoro.


253. - Fegato di vitella di latte alla militare

Tritate ben fine uno scalogno o una cipolla novellina, fatela soffriggere in olio e burro, e quando avrà preso il color rosso carico, gettate il fegato tagliato a fette sottili. A mezza cottura condite con sale, pepe e un pizzico di prezzemolo trito. Fatelo bollire adagio onde resti sugoso, e servitelo col suo sugo, unendovi l’agro di un limone quando lo mandate in tavola.

In questo e consimili casi quando si fa uso di scalogni e cipolla, per levar loro il forte, dopo averli tritati alcuni consigliano di porli in un pannolino, d’immerger questo nell’acqua fresca strizzandolo bene.


254. - Braciuole di castrato e filetto di vitella alla finanziera

Ponete nel fondo di una cazzaruola una fetta di prosciutto, alquanto burro, un mazzettino di carota, sedano e gambi di prezzemolo, e sopra a queste cose delle braciuole intere di castrato nella lombata, che condirete [p. 192 modifica]con sale e pepe. Fatele rosolare da ambedue le parti, aggiungete un altro pezzetto di burro, se occorre, e unite tramezzo alle braciuole ventrigli di pollo, e dopo fegatini, animelle e funghi freschi o secchi, già rammolliti, il tutto tagliato a pezzi; quando anche queste cose avranno preso colore, bagnate con brodo e fate cuocere a lento fuoco. Legate l’umido con un po' di farina, e per ultimo versate mezzo bicchiere, od anche meno, di vino bianco buono fatto prima scemare di metà al fuoco, e fate bollire ancora un poco perchè s’incorpori. Quando siete per mandarlo in tavola levate il presciutto e il mazzetto, passate il sugo dal colino e digrassatelo.

Nella stessa maniera si può fare un pezzo di filetto di vitella, aggiungendo ai detti ingredienti anche dei piselli.

Se farete questo piatto con attenzione sentirete che è squisito.


255. - Filetto colla marsala

La carne del filetto è la più tenera, ma se quel briccone del macellaio vi dà la parte tendinosa, andate franco che ne resterà la metà pel gatto.

Arrocchiatelo, legatelo e, dato che sia un chilogrammo all’incirca, mettetelo al fuoco con una cipolla di mediocre grandezza tagliata a fette sottili, insieme con alcune fettine di presciutto e un pezzo di burro; conditelo poco con sale e pepe. Quando sarà rosolato da tutte le parti e consumata la cipolla, spargetegli sopra un pizzico di farina, lasciatelo prender colore e poi bagnatelo con brodo o acqua. Fate bollire adagio, indi passate il sugo, digrassatelo e con questo e tre dita di marsala rimettete la carne al fuoco a bollire [p. 193 modifica]ancora, ma lentamente; mandatela in tavola con sugo ristretto, ma non denso per troppa farina.

Si può anche steccare il filetto con lardone e cuocerlo col solo burro e marsala.


256. - Carne alla genovese

Prendete una braciuola magra di vitella del peso di grammi 300 a 400, battetela e spianatela bene. Frullate tre o quattro uova, conditele con sale e pepe, un pizzico di parmigiano, alquanto prezzemolo tritato e friggetele nel burro in forma di frittata, della larghezza approssimativa della braciuola sulla quale la distenderete, ritagliandola dove sopravanza e collocando i ritagli dove essa è mancante. Fatto questo, arrocchiate la braciuola insieme colla frittata bene stretta e legatela; indi infarinatela e mettetela in una cazzaraola con burro, condendola con sale e pepe. Quando sarà ben rosolata da tutte le parti, bagnatela con brodo per finire di cuocerla e servitela col suo sugo, il quale, a motivo della farina, riuscirà alquanto denso.


257. - Sformato di semolino ripieno di carne

Gli sformati ripieni di braciuoline o di rigaglie si fanno ordinariamente di erbaggi, di riso o di semolino; se di quest’ultimo, servitevi della ricetta N. 175, mescolando tutto il burro e il parmigiano entro al composto, versandolo in una forma liscia oppure col buco in mezzo che avrete prima imburrata e di cui avrete coperto il fondo con una carta unta egualmente col burro. Il ripieno di carne che porrete in mezzo al [p. 194 modifica]semolino o nel buco dello stampo, tiratelo a sapor delicato con odore di tartufi o di funghi secchi. Cuocetelo a bagno maria e servitelo caldo con alquanto sugo sopra, per dargli migliore apparenza.


258. - Sformato di riso col sugo guarnito di rigaglie

Tirate un buon sugo di carne e servitevi del medesimo tanto pel riso che per le rigaglie. Questo, a cui potete aggiungere qualche fettina di prosciutto, fatele dapprima soffriggere nel burro, conditele con sale e pepe e tiratele a cottura col detto sugo. L’odore dei funghi o de’ tartufi non fa che bene.

Il riso fatelo soffriggere egualmente nel burro così all’asciutto, poi tiratelo a cottura coll’acqua bollente e dategli grazia e sapore col detto sugo, e per ultimo col parmigiano, aggiungendo due uova frullate quando avrà perduto il forte calore, ammesso che il riso sia grammi 300.

Prendete una forma liscia, tonda od ovale, ungetela col burro, copritene il fondo con una carta imburrata e versateci il riso per assodarlo al forno da campagna. Quando lo avrete sformato versateci sopra il sugo delle rigaglie, che avrete prima condensato alquanto con un pizzico di farina, e servitelo colle sue rigaglie in giro, avvertendovi che queste devono diguazzare nel sugo.


259. - Budino alla genovese

Vitella di latte, grammi 150.
Un petto di pollo di circa grammi 130.
Presciutto grasso e magro, grammi 50. [p. 195 modifica]
Burro, grammi 30.
Parmigiano grattato, grammi 20.
Uova, N. 3.
Odore di noce moscata.
Un pizzico di sale.

Tritate colla lunetta la vitella, il petto e il prosciutto e poi metteteli in un mortaio insieme col burro, col parmigiano, con un pezzetto di midolla di pane inzuppata nel latte e pestate moltissimo il tutto per poterlo passare per istaccio. Ponete il passato in una catinella ed aggiungete tre cucchiaiate di balsamella N. 105, che, per questo piatto, farete della consistenza di una pappa; unite al medesimo le uova e l’odore e mescolate bene.

Prendete uno stampo liscio di latta, ungetelo tutto col burro e ponete in fondo al medesimo, tagliato a misura, un foglio di carta ugualmente unto col burro; versateci il composto e cuocetelo a bagno maria.

Quando lo sformate, levate il foglio e sul posto di quello, cioè alla superficie, spargete un intingolo formato di un fegatino di pollo tritato fine e cotto nel sugo. Servitelo caldo e se vi verrà ben fatto, lo sentirete da tutti lodare per la sua delicatezza.

Però qui viene opportuno il dire che tutti i ripieni di carni pestate riescono più pesanti allo stomaco di quelle vivande che hanno bisogno di essere masticate perchè, come dissi in altro luogo, la saliva è uno degli elementi che contribuiscono alla digestione.


260. - Pasticcio di maccheroni

I cuochi di Romagna sono generalmente molto abili per questo piatto complicatissimo e costoso, ma eccellente se viene fatto a dovere, il che non è tanto [p. 196 modifica]facile. In quei paesi questo è il piatto che s’imbandisce nel carnevale, durante il quale si può dire non siavi pranzo o cena che non cominci con esso, facendolo servire, il più delle volte, per minestra.

Ho conosciuto un famoso mangiatore romagnolo che, giunto una sera non aspettato fra una brigata di amici mentre essa stava con bramosia per dar sotto a un pasticcio di dodici persone che faceva bella mostra di sè sulla tavola, esclamò: — Come! per tante persone un pasticcio che appena basterebbe per me? — Ebbene, gli fu risposto, se voi ve lo mangiate tutto, noi ve lo pagheremo. — Il brav’uomo non intese a sordo e messosi subito all’opra lo fini per intero. Allora tutti quelli della brigata a tale spettacolo strabiliando, dissero: — Costui per certo stanotte stianta! — Fortunatamente non fu nulla di serio; però il corpo gli si era gonfiato in modo che la pelle tirava come quella di un tamburo, smaniava, si scontorceva, nicchiava, nicchiava forte come se avesse da partorire; ma accorse un uomo armato di un matterello, e manovrandolo sul paziente a guisa di chi lavora la cioccolata, gli sgonfiò il ventre, nel quale chi sa poi quanti altri pasticci saranno entrati.

Questi gran mangiatori e i parassiti non sono a’ tempi nostri così comuni come nell’antichità, a mio credere, per due ragioni: l’una, che la costituzione dei corpi umani si è affievolita; l’altra, che certi piaceri morali, i quali sono un portato della civiltà, subentrarono ai piaceri dei sensi.

A mio giudizio, i maccheroni che meglio si prestano per questa pietanza sono quelli lunghi all’uso napoletano, di pasta sopraffine a pareti grosse e foro stretto perchè reggano molto alla cottura e succhino più condimento.

Eccovi le dosi di un pasticcio all’uso di Romagna, [p. 197 modifica]per dodici persone, che voi potrete modificare a piacere, poichè, in tutti i modi, un pasticcio vi riuscirà sempre:

Maccheroni, grammi 350.
Parmigiano, grammi 170.
Animelle, grammi 150.
Burro, grammi 60.
Tartufi, grammi 70.
Prosciutto grasso e magro, grammi 30.
Un pugnello di funghi secchi.
Le rigaglie di 3 o 4 polli, e i loro ventrigli, i quali possono pur anche servire, se li scattivate dai tenerumi.
Se avete anche creste, fagiuoli e uova non nate, meglio che mai.
Odore di noce moscata.

Tutto questo gran condimento non vi spaventi, poichè esso sparirà nella pasta frolla.

Imbiancate i maccheroni, ossia date loro mezza cottura nell’acqua salata, levateli asciutti e passateli nel sugo N. 4, e lì, a leggerissimo calore, lasciateli ritirare il sugo stesso finchè sieno cotti.

Frattanto avrete fatta una balsamella metà dose del N. 105 e tirate a cottura le rigaglie con burro, sale e una presina di pepe, annaffiandole con sugo. Tagliate le medesime e le animelle a pezzetti grossi quanto una piccola noce e dopo cotte, aggiungete il prosciutto a piccole striscie, i tartufi a fettine sottili, i funghi fatti prima rinvenire nell’acqua calda e qualche presa di noce moscata, mescolando ogni cosa insieme.

La pasta frolla suppongo l’abbiate già pronta, avendo essa bisogno di qualche ora di riposo. Per questa servitevi della intera dose del N. 431, ricetta A, dandole odore colla scorza di limone; ed ora che avete preparato ogni cosa, cominciate ad incassare il vostro pa[p. 198 modifica]sticcio, il che si può fare in più modi; io, però, mi attengo a quello praticato in Romagna ove si usano piatti di rame fatti appositamente e bene stagnati. Prendetene dunque uno di grandezza proporzionata ed ungetelo tutto col burro; sgrondate i maccheroni dal sugo superfluo e distendetene un primo suolo che condirete con parmigiano grattato, con pezzetti di burro sparsi qua e là e con qualche cucchiaiata di balsamella e rigaglie; ripetete la stessa operazione finchè avrete roba, colmandone il piatto.

Tirate ora prima col matterello liscio poi con quello rigato una sfoglia di pasta frolla grossa uno scudo e coprite con essa i maccheroni fino alla base, poi tiratene due striscie larghe due dita e colle medesime formanti una croce a traverso, rinforzate la copritura; cingetelo all’intorno con una fasciatura larga quanto gli orli del piatto e se avete gusto per gli ornamenti, fatene tanti quanti n’entrano nella pasta che vi rimane, non dimenticando di guarnirne la cima con un bel fiocco. Dorate l’intera superficie con rosso d’uovo, mandate il pasticcio in forno, e in mancanza di questo cuocetelo in casa nel forno da campagna; infine imbanditelo caldo a chi sta col desiderio di farne una buona satolla.


261. - Umido incassato

Fate una balsamella nelle seguenti dosi:

Farina, grammi 150.
Burro, grammi 70.
Parmigiano, grammi 30.
Latte, decilitri 6.
Uova, N. 3.
Sale quanto basta. [p. 199 modifica]
Spinaci, un mazzetto.

Gli spinaci lessateli, spremeteli e passateli dal setaccio.

Le uova scocciatele quando ritirate la balsamella dal fuoco, e alla metà della medesima date il color verde coi detti spinaci.

Prendete uno stampo di rame fatto a ciambella, col buco in mezzo e scannellato all’ingiro, ungetelo bene con burro diaccio e riempitelo prima colla balsamella verde, poi colla gialla e fatela ristringere a bagno maria. Sformatela calda e riempitela nel mezzo con un intingolo ben fatto di rigaglie di pollo e di animelle, oppure di braciuoline di vitella di latte con odore di funghi o tartufi.

Il manicaretto tiratelo a cottura col burro e col sugo di carne oppure in altra maniera, facendo in modo che riesca delicato, e vedrete che questo piatto farà bellissima figura in tavola e sarà lodato.


262. - Sformato di riso colle rigaglie

Riso, grammi 150.
Parmigiano, grammi 30.
Burro, grammi 20.
Latte, circa decilitri 7.
Uova, N. 3.
Sale quanto basta.

Cuocete il riso nel latte unendovi il burro, salatelo, in ultimo, e quando è diaccio, aggiungete il resto. Versatelo in uno stampo liscio col buco in mezzo e la carta imburrata sotto, mettetelo per poco tempo, onde non indurisca, a bagno maria, sformatelo caldo e guarnitelo colle rigaglie in mezzo.

Questa dose potrà bastare per cinque persone. [p. 200 modifica]

263. - Piccioni coi piselli

Vogliono dire che la miglior morte dei piccioni sia in umido coi piselli. Fateli dunque in umido con un battutino di cipolla, prosciutto, olio e burro collocandovi i piccioni sopra, bagnandoli con acqua o brodo quando avranno preso colore da tutte le parti per finirli di cuocere. Passatene il sugo, digrassatelo e nel medesimo cuocete i piselli co’ quali contornerete i piccioni nel mandarli in tavola.


264. - Lesso rifatto

Talvolta, per mangiare il lesso più volentieri, si usa rifarlo in umido; ma allora aspettate di avere un tocco di carne corto e grosso, del peso non minore di mezzo chilogrammo. Levatelo dal brodo avanti che sia cotto del tutto e mettetelo in cazzaruola sopra un battuto di carnesecca, cipolla, sedano, carota e un pezzetto di burro, condendolo con sale, pepe e spezie. Quando il battuto sarà strutto, tirate la carne a cottura con sugo di pomodoro o conserva sciolta nel brodo. Passate l’intinto, digrassatelo e rimettetelo al fuoco col pezzo della carne e con un pugnello di funghi secchi rammolliti.


265. - Osso-buco

Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai Milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. Intendo quindi descrivervelo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato.

È l'osso-buco un pezzo d’osso muscoloso e bucato dell’estremità della coscia o della spalla della vitella [p. 201 modifica]di latte, il quale si cuoce in umido in modo che riesca delicato e gustoso.

Mettetene al fuoco tanti pezzi, quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un battuto crudo e tritato di cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro; conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso sapore aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per legare il sugo e tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva. Il sugo passatelo, digrassatelo e, rimesso al fuoco, dategli odore con buccia di limone tagliata a pezzettini, unendovi un pizzico di prezzemolo tritato, prima di levarlo dal fuoco.